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Autore: blackmiranda    04/12/2014    3 recensioni
(Questa storia è stata ispirata dall'OC Contest organizzato da smartys_ayane sul forum di EFP).
Kisshu rischia di venire congedato dall'esercito a causa dei suoi comportamenti aggressivi e violenti.
Zori è la giovane aliena a cui hanno affidato il suo caso e che tenterà in tutti i modi di comprenderlo e aiutarlo.
Zori attese che il rimbombo della porta si acquietasse prima di parlare. “Che è successo?” chiese cercando un contatto visivo che lui si rifiutò di concederle.
Kisshu sbuffò. “Mi hanno beccato.” rispose semplicemente, ostinandosi a fissare un punto indefinito del pavimento.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kisshu Ikisatashi/Ghish, Nuovo Personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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II

 

 

Il giorno seguente, Zori fu piacevolmente sorpresa nel vedersi comparire di fronte il ragazzo. “Non credevo saresti tornato.” confessò accennando un sorriso.

Kisshu scrollò le spalle. “A quanto pare non ho niente di meglio da fare.” replicò in tono noncurante, oltrepassandola e andando ad appoggiarsi pigramente in un angolo della stanza.

“Non ti avranno beccato di nuovo, spero.” gli fece lei incrociando le braccia.

Il ragazzo si stiracchiò. “Non sono così stupido.”

“Hmm.” commentò Zori di rimando, andandosi a sedere al proprio posto. “Ti va di parlare un po'?”

Kisshu ammiccò. “Certo, dolcezza. Di cosa vuoi parlare?” chiese con voce suadente.

Zori fece una smorfia. “Sarebbe tutto molto più semplice se la smettessi di provarci con me.”

Kisshu scoppiò a ridere. “Ehi, non illuderti. Faccio così con tutte...beh, tutte quelle carine, per lo meno.”

“Perché non parliamo di questo?” propose lei chinandosi in avanti. “Come mai ti comporti in questo modo?”

Il ragazzo la squadrò. “Perché è divertente.” disse, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.

“Ma tu stesso hai detto che non ti importa niente di tutte queste ragazze...”

“È così, infatti.”

“La trovi comunque una cosa divertente, anche se non ti importa niente di come potrebbero reagire o di cosa pensino di te?” lo incalzò lei, decisa a non farsi sfuggire il focus della conversazione.

Kisshu corrugò leggermente la fronte. “Non capisco dove tu voglia andare a parare.”

Zori prese un respiro profondo. “Io credo, Kisshu, che il tuo comportamento aggressivo nei confronti delle donne – e non solo - sia scatenato da un bisogno di attenzioni che deriva, almeno in parte, da una delusione amorosa che non hai ancora superato.”

Il ragazzo parve congelarsi sul posto. “Ma davvero.” commentò senza lasciare trasparire alcuna emozione.

Zori avvertì il suo cuore accelerare i battiti. Non doveva cedere alla paura e al nervosismo, si disse, non ora che erano arrivati al nocciolo della questione. “Davvero. E credo anche che queste sedute potrebbero essere un'occasione per...”

“Non sprecare il tuo tempo con me...sei già la voce dentro la mia testa.”

Fu come aver ricevuto una secchiata d'acqua gelida addosso. Il tono funereo con cui il ragazzo aveva pronunciato quelle parole la fece rabbrividire e indietreggiare sulla sedia.

Non sapeva cosa rispondere e, per una volta, lui la aiutò continuando a parlare.

“Mi sono lasciato consumare dall'amore che provavo per lei, fino a morirne. Letteralmente.” Sollevò lo sguardo al soffitto, le braccia abbandonate lungo i fianchi sottili. “Ho tradito il mio stesso pianeta, per lei...la mia specie...la mia casa...”

Zori sgranò gli occhi. “Era un'umana?” chiese con un filo di voce.

Kisshu si lasciò sfuggire un gemito. “Era molto più che umana.”

“Fiera, combattiva, focosa?” recitò lei dolcemente.

Lui sorrise amaramente. “Ci puoi giurare.”

Tutto si era fatto improvvisamente più chiaro. Zori chiuse gli occhi per un istante, preparandosi psicologicamente ad affrontare un argomento di tale entità. Percepiva chiaramente come il ragazzo si sentisse ancora legato alla misteriosa umana e come si estraniasse di proposito da qualunque altro tipo di rapporto che non fosse superficiale.

“...parlami di lei.”

 

***


Quando, il giorno successivo, uscirono da quella stanza asettica e opprimente, Kisshu non poté trattenersi dal chiedere: “Cos'è che hai in mente, si può sapere?”

Zori sorrise senza dire nulla. “È una sorpresa.”

Si incamminarono in silenzio lungo il corridoio principale della Base operativa, ancora per gran parte localizzata sottoterra. Kisshu notò pigramente che il generatore principale stava avendo problemi: le luci bianche che illuminavano le pareti si spegnevano a tratti, sfrigolando all'unisono.

“Da quant'è che il generatore non funziona?” chiese, giusto per parlare di qualcosa. Si meravigliò di quanto avessero parlato, nel giro di due giorni: Zori era una perfetta sconosciuta, eppure aveva condiviso con lei più cose della sua vita di quante non ne avesse condivise con Pai nel corso di anni. Era strano, senza dubbio. Gli sembrava di potersi fidare di lei, ma forse era solo la sua immensa solitudine che lo spingeva a pensarlo...

Zori sbuffò. “Ho perso il conto dei giorni. Un mese, forse, o anche di più. Finché non finiranno di portare tutto in superficie nessuno di occuperà di quello che resta quaggiù, temo.”

Kisshu la guardò di sottecchi. Aveva sempre un atteggiamento così maledettamente sicuro, come se possedesse tutta la saggezza dell'universo. Ai suoi occhi, il più delle volte risultava buffa, come una bambina che giocasse a fare l'adulta.

Oltrepassarono una porta ad apertura automatica e un paio di guardie a cui la ragazza fece un cenno con la testa.

Quando sbucarono in superficie, una brezza leggera solleticò loro le guance. Il loro sole brillava pigramente nel cielo terso con sfumature violette.

“Non avrei mai creduto, in tutta la mia vita, che sarei riuscita a vedere il giorno in cui saremmo usciti da sottoterra e avremmo camminato senza fatica sulla superficie.” confessò lei mentre imboccavano il sentiero lastricato che conduceva fuori dal perimetro del villaggio. Tutto intorno a loro, gli operai si davano incessantemente da fare per costruire quante più case fosse possibile: da quando il clima si era assestato, nessuno di loro aveva più intenzione di vivere sottoterra.

“Nemmeno io lo credevo possibile...” ammise Kisshu.

“Tutto questo è merito tuo, lo sai? Tu e di Pai e di Taruto. Non saremmo qui se non fosse per voi.”

Il ragazzo scosse la testa. “Io non ho fatto niente. È stato un colpo di fortuna che la Mew Aqua...” si fermò, lanciandole un'occhiata rassegnata. “Segreto militare. Spiacente.”

Zori sorrise, comprensiva. “Non chiederò altro, allora.”

Arrivarono ai limiti esterni di un boschetto. “Vedi, questo sì che è merito di Taruto.” si lasciò sfuggire lui mentre Zori poggiava una mano sulla corteccia bianca di un albero dalle foglie a forma di falce.

“Io so solo che tutto questo è stato possibile grazie al Cristallo.” disse la ragazza girandosi a guardarlo. “E so che è grazie a voi che il Cristallo è arrivato sul nostro pianeta. Avete reso la nostra vita migliore. Siete degli eroi. Tu sei un eroe, eppure ti comporti come un emarginato.”

“Io sono un emarginato.” replicò lui. “Lo sono sempre stato. Mi hanno scelto per questo, perché ero sacrificabile.”

“O forse per le tue capacità in battaglia.” lo contraddisse lei, appoggiando la schiena all'albero. “Forse non sei realmente emarginato: ti senti emarginato e ti convinci di esserlo davvero.”

Kisshu fece un mezzo sorriso. “Ed ecco che iniziamo con i classici discorsi da strizzacervelli.”

Zori si accigliò. “Perché non provi seriamente a considerare questo punto di vista?”

Il ragazzo non le prestò attenzione. “Sei capace di volare?” chiese dando un'occhiata alle cime degli alberi.

Lei aggrottò la fronte. “Un pochino, sì...”

“Ottimo!” fece lui prendendola per mano e spiccando il volo.

“Aspetta! Sei impazzito?!” protestò lei puntando i piedi per terra.

Kisshu avvertì chiaramente il suo corpo che lo zavorrava, ma non lasciò la presa. “Avevi detto che sapevi volare!” si giustificò, divertito dall'agitazione che le aveva appena provocato.

“Ho detto un pochino! Smettila di tirarmi!” esclamò mentre cercava di divincolarsi. “Kisshu, dico sul serio! Non mi piace volare!” Aveva gli occhi grigi sgranati e la faccia arrossata.

“Come sarebbe 'non mi piace volare'?” la canzonò lui, salendo di quota.

“Kisshu, mi stai facendo male! Lasciami subito!” gridò lei, chiaramente arrabbiata.

Il ragazzo mollò la presa controvoglia, senza però scendere a terra.

Zori lo fulminò con lo sguardo. “Cosa accidenti ti è preso?! Possibile che tu non capisca che quando una ragazza dice no vuol dire no?!” Aveva il fiatone, gli occhi lucidi e il viso distorto in una smorfia a metà tra l'arrabbiato e l'offeso.

Kisshu si portò le mani davanti al petto. “Ehi, non è il caso di agitarsi così! Non lo sapevo che avevi paura di volare, isterica che non sei altro!” Iniziava ad innervosirsi. Perché accidenti se la stava prendendo con lui? Era lei che aveva un problema! “E comunque tu non hai mai detto no!”

La ragazza prese un paio di respiri profondi e si asciugò gli occhi in silenzio.

Kisshu incrociò le braccia, contrariato. Forse aveva fatto male a fidarsi di lei, dopotutto. Aveva iniziato a vederla come una specie di amica, ma evidentemente lei pensava a lui solo come un caso clinico, magari senza speranze.

Indispettito, le diede le spalle e andò ad appollaiarsi su uno dei rami più alti, fuori dalla portata visiva della ragazza.

 

***

 

Zori si addentrò nel boschetto dopo essersi calmata e aver riacquistato lucidità. Non sapeva se Kisshu fosse ancora lì dentro oppure no, tuttavia teneva lo stesso lo sguardo rivolto verso l'alto nel vano tentativo di scorgerlo tra le fronde.

La terra del sottobosco era umida, tanto da trasformarsi in fango in molti punti, e il muschio, di una curiosa sfumatura azzurra fosforescente, rischiarava il sentiero in un modo troppo preciso e calcolato per non essere artificiale.

Le sembrò di sentire la voce di Kisshu sussurrarle Vedi, questo sì che è merito di Taruto.

Aguzzò la vista quando le parve di percepire un movimento tra i rami, ma era solo un uccello a quattro ali, che svolazzò via gracchiando.

Non poté fare a meno di chiedersi come fosse la vista da lassù, e a cosa stesse pensando Kisshu. Si diede della stupida per averlo allontanato; d'altronde, doveva imparare a rispettare la volontà degli altri e capire che non poteva semplicemente trattare le persone come voleva lui, e a questo fine i suoi no dovevano essere fermi, decisi e inequivocabili.

Appoggiò nuovamente una mano sulla corteccia di un albero. Era piuttosto malleabile al tocco, notò imprimendo delicatamente l'impronta della sua mano sulla superficie bianca.

Forse avrebbe dovuto semplicemente confessare a Kisshu la sua paura di volare, si disse riprendendo a camminare. Lui si era aspettato che lo seguisse senza difficoltà, ma la verità era che erano anni che non provava a spiccare il volo. Nel suo lavoro, del resto, non era un'abilità richiesta, così come non lo era nella vita di tutti i giorni.

Si avvicinò ad un altro albero, notando come uno dei rami più bassi si trovasse ad un'altezza ideale per tentare una scalata.

Soppesò l'idea per un momento. Non era delle altezze che aveva paura, ma della sensazione instabile del volo e di come bastasse un attimo di distrazione per precipitare a terra.

Posò un piede sul ramo, facendo pressione per assicurarsi che avrebbe retto il suo peso. Sembrava tutto a posto. Salita sul ramo, si issò su quello successivo facendo forza con le braccia. A mano a mano che scalava l'albero, lasciava dietro di sé una scia di impronte, che si augurò non causassero dolore alla pianta.

Ricordò come da bambina amasse scalare gli alberi artificiali che il suo popolo aveva costruito nelle caverne in cui era stato costretto a vivere da millenni. Era stato quando suo padre si era messo in testa di insegnarle a volare che il divertimento era finito.

Quando, dopo parecchia fatica, si issò sull'ultimo ramo che era certa non si sarebbe spezzato sotto il suo peso, per poco non mollò la presa a causa dello spavento di trovarsi il ragazzo di fronte. Le era comparso davanti da un momento all'altro, con un ghigno malefico stampato in volto.

“K-Kisshu.” lo salutò lei, aggrappandosi al tronco con entrambe le braccia.

“Lo sai come fanno a insegnarti a volare, all'Accademia?” le domandò lui, avvicinandosi un po' troppo per i suoi gusti.

Zori fece un cenno di diniego, assottigliando le labbra.

“Semplice. Ti fanno salire in alto e poi ti costringono a buttarti giù.”

La ragazza deglutì rumorosamente. “Mio padre fece la stessa cosa con me, e come vedi non ha funzionato.”

“Forse non hai fatto abbastanza tentativi.”

“Mi ruppi un braccio e una gamba, quella volta.” disse seccamente lei. “Non desidero ripetere l'esperienza.”

“Uh-hu. Allora ti conviene reggerti forte.” mormorò lui sogghignando.

“Kisshu, smettila.” gli intimò Zori stringendosi al tronco. Il ragazzo le si avvicinò ulteriormente, tanto da sfiorarle il naso con il suo. Zori fu costretta a indietreggiare, tentando disperatamente di non perdere l'equilibrio. “Ti ho detto di smetterl-” Non riuscì a finire di parlare perché lui la baciò. Sentì il cuore schizzarle in gola e la rabbia ribollirle nelle vene. Quel gesto andava contro tutto quello che lei si era ripromessa di insegnargli, oltre ad essere estremamente sconveniente e forzato. Lei non era un oggetto e soprattutto non era di sua proprietà. Cercò di sottrarsi a quel contatto e di spingerlo via con una mano, ma lui fu più veloce di lei e le passò un braccio dietro la schiena, stringendola a sé.

Mentre le si riempivano gli occhi di lacrime, un pensiero le attraversò la mente: se lui effettivamente provava divertimento nel farle paura, la mossa migliore da fare sarebbe stata non dargli quella soddisfazione.

Chiuse gli occhi, cercando in tutti i modi di calmarsi, serrando le labbra e concentrandosi sul restare in equilibrio sul ramo.

Di lì a poco il ragazzo si staccò. “Scusami, dovevo farlo. Eri tutta scarmigliata e accaldata...” le sussurrò leccandosi le labbra.

Tutte le sue risoluzioni e i suoi buoni propositi andarono in fumo. Gli diede uno schiaffo, perse l'equilibrio, cadde e urlò, il tutto in meno di tre secondi. Riuscì ad aggrapparsi per un attimo a un ramo più in basso, poi perse la presa e atterrò nel fango con un tonfo.

 

***

 

“Accidenti, ti sei fatta male?!” esclamò Kisshu andando a recuperarla. La guancia sinistra gli bruciava a causa dello schiaffo, ma tutto sommato ne era valsa la pena...a meno che lei non si fosse rotta qualcosa cadendo, in tal caso sarebbe finito in un mare di guai.

Era caduta a pancia all'aria, macchiandosi di terra e fango dalla testa ai piedi. Aveva gli occhi sbarrati, le pupille dilatate e sembrava non avere più fiato in corpo.

“Mi dispiace,” si lasciò sfuggire, inginocchiandosi di fianco a lei, “non avrei mai voluto che cadessi sul serio.” Le scostò delicatamente una ciocca di capelli rossi dal viso. “Riesci a parlare..?”

La ragazza sbatté le palpebre e inspirò, gemendo per il dolore.

Le tastò prudentemente braccia e gambe. Non sembrava esserci niente di rotto...

“Non...toccarmi...” sibilò Zori digrignando i denti.

Kisshu si irrigidì. Perché ce l'aveva tanto con lui? Si era trattato solo di un bacio, dopotutto...

“Non voglio che mi tocchi più...senza il mio permesso...da questo momento in poi...mi rifiuto di passare altro tempo con te.” disse lei a fatica, respirando rumorosamente. Cercò di alzarsi a sedere con piccoli movimenti controllati, gemendo pietosamente.

Kisshu rimase a guardarla in silenzio, scostandosi giusto un po' per darle libertà di manovra. Sembrava essersi davvero arrabbiata...d'un tratto, per sua somma sorpresa, si sentì in colpa. Corrugò la fronte, senza perderla di vista un attimo.

La ragazza tossì, portandosi una mano alla spalla.

“Ti fa male?” le chiese d'istinto, allungando una mano ma fermandosi all'ultimo momento. Lei gli lanciò un'occhiata piena d'astio. Aveva le orecchie abbassate, segno inequivocabile che stava soffrendo.

“Scusami. Non ti tocco più, giuro. Ma per tornare indietro avrai bisogno di aiuto...”

Lo fissò in silenzio, seduta nel fango. “Sai perché ti ho schiaffeggiato?” chiese infine, con voce tagliente.

Lui distolse lo sguardo. “Non volevi essere baciata, immagino.” borbottò, sentendosi come un bambino rimproverato dalla maestra.

“Infatti. Ti ho chiesto di smetterla, tu non mi hai ascoltata e hai infranto una barriera che non doveva essere oltrepassata.”

“Era solo un bacio!” protestò lui.

“C'è una cosa che si chiama consenso, Kisshu! Alla gente...alle ragazze non piace essere toccate senza che tu prima chieda loro il permesso. Un bacio per te potrà anche essere una cosa da niente, ma per me è una cosa intima che non voglio condividere con una persona che ho appena conosciuto, e a maggior ragione in posizione precaria in cima ad un albero!” Fece una pausa per riprendere fiato. “Inoltre, quando una ragazza ti spinge via e cerca di divincolarsi e tu la costringi a restare ferma, si chiama molestia sessuale. Ti avverto, rischi di venire denunciato. Toccami un'altra volta e ti giuro che...”

“Scusa.” mormorò il ragazzo abbassando lo sguardo. “Non credevo che fosse così importante, per te.”

“Lo è eccome. E non solo per me.” disse lei, addolcendosi lievemente. “Kisshu, io voglio aiutarti, ma non posso farlo se tu non cambi atteggiamento. Forse sarebbe meglio che andassi da qualcun altro, per queste ultime sedute.”

Fu come essere pugnalato alle spalle. Si rese conto che lo stava rifiutando, a suo modo, e sentì di non poterlo accettare. Non di nuovo.

“Aspetta, ti prego. Starò alle tue condizioni, lo prometto.” Gli bruciava da morire supplicarla, ma sentiva di non poter fare altrimenti. Dovette ammettere a se stesso di avere bisogno di lei.

Zori lo squadrò attentamente. Sembrava dubbiosa: Kisshu capì all'istante che non si fidava di lui.

“...d'accordo.” acconsentì infine. “Ma è la tua ultima possibilità, sia chiaro.”

Kisshu annuì, incredibilmente sollevato.

Zori sospirò pesantemente. “Aiutami ad alzarmi, per favore. Niente scherzi.”

Kisshu sorrise debolmente. “Niente scherzi.”

 

 

 

 

 

   
 
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