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Autore: Amantide    04/12/2014    2 recensioni
Una FF ambientata tra il secondo e il terzo libro, in cui Annabeth e Percy saranno alle prese con qualcosa di più insidioso dei soliti mostri con cui li abbiamo visti combattere... i loro sentimenti.
Come se questo non bastasse a complicare la situazione ci sarà la profezia che l'Oracolo ha pronunciato per Annabeth tanti anni prima. La perseveranza di Annabeth e il coraggio di Percy li porteranno alla ricerca della verità che si rivelerà assai diversa da come se la immaginavano.
Dal testo:
"Mia madre ha fatto centro. Il problema è che non è mia mamma ad avere una cotta per Annabeth, sono io. E io, nonostante le nostre avventure insieme, non penso di aver mai fatto colpo su di lei."
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Percy Jackson, Percy/Annabeth
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Angolo dell'autrice: Ciao a tutti voi che state leggendo la mia storia. Vi ringrazio per le recensioni e soprattutto per i vostri giudizi positivi. Siete troppo buoni! Ed è per questo che ho deciso di premiarvi con il secondo capitolo! L'ho scritto in tempo record perchè avevo le idee già ben chiare e sono felice di essere riuscita ad inserire un po' di leggerezza e comicità nella storia. Ma non vi dico altro... leggerete tutto da voi e capirete a cosa mi riferisco! ;-) Finisco solo specificando che l'età dei ragazzi non corrisponde a quella dei libri. Come ho già fatto presente a qualcuno che me l'ha chiesto, ho preferito immaginarli più grandi in modo da poter sviluppare meglio la storia. Scusate se l'altra volta mi sono scordata di precisarlo! Buona lettura e mi raccomando non abbiate paura di commentare! Io son qui che non vedo l'ora di sapere cosa ne pensate! A prestissimo!



 
Grazie Grover



Nel corso delle passate estati avevo perso il conto delle volte in cui ero finito in infermeria. Solo il primo anno Luke mi aveva procurato una quantità di ferite con la spada che mi sarebbero bastate per l’eternità. Clarisse non era stata da meno, anche se lei , essendo figlia del Dio della guerra prediligeva armi più brutali e decisamente meno convenzionali rispetto alla solita spada. L’avevo vista maneggiare ogni genere di arma: mazze chiodate, asce e lance erano solo alcune delle armi che aveva nel suo arsenale, e nel corso della passata estate le avevo sperimentate quasi tutte sulla mia pelle. L’anno scorso quel pazzo di Tantalo aveva avuto la brillante idea di reinserire la storica corsa con le bighe, cosa che aveva mandato quasi tutti su di giri rendendo la gara ancora più pericolosa. Dovevo ringraziare Tyson se ne ero uscito quasi illeso, le sue invenzioni mi avevano letteralmente salvato la pelle. E come se tutto questo non fosse sufficiente, riuscivo a farmi del male anche nel corso degli allenamenti individuali. La parete di free-climbing e il percorso a ostacoli mietevano una vittima più o meno a settimana e io ovviamente ero stato una di quelle.
“Avanti, siediti qui e comincia a toglierti la maglietta. Io vado a chiamare qualcuno.” Mi dice Annabeth appena raggiungiamo l’infermeria che è allestita come un ospedale da campo.
Mi siedo su una branda e comincio a slacciarmi l’armatura. La sfilo e mi rendo conto che è impregnata di sangue più di quanto mi aspettassi.
‘Certo che Annabeth poteva anche andarci un po’ più piano!’ Penso tra me e me mentre mi sfilo quello che resta della maglietta mezza squarciata.
Annabeth rientra accompagnata da un satiro anziano e un bicchiere in mano.
“Inizia col berti questo.” Dice porgendomi il bicchiere.
Il Nettare è un’altra di quelle cose che mi mancavano del campo. Berlo è qualcosa d’indescrivibile. Ne bevo una sorsata e subito mi sento meglio, come se quel liquido divino avesse il potere di mandarmi l’adrenalina alle stelle.
Sono talmente inebriato da quel sapore che non mi accorgo nemmeno che il vecchio satiro mi sta sciacquando la ferita.
“Temo che questa volta l’acqua non basterà…” Mormora il satiro osservando con attenzione il taglio. Abbasso lo sguardo e per la prima volta vedo che bel lavoro ha fatto Annabeth. Il taglio sul costato è netto e molto profondo. Le scocco un’occhiata e lei mi guarda come per dire ‘non è colpa mia se sei fuori allenamento!”, poi torno ad osservare la ferita preoccupato. Due anni fa avevo scoperto che l’acqua era in grado di curarmi, il suo contatto faceva riassorbire graffi e piccoli tagli, ma in questo caso anche il potere di mio padre sembrava limitato. Il satiro continua a rovesciarci acqua speranzoso. Mentre io osservo la ferita ripulirsi, i lembi di pelle stracciati si riallineano ma il taglio è talmente profondo da rimanere ben visibile.
“Questa è opera tua Annabeth?” Chiede il satiro con leggerezza.
Lei annuisce quasi soddisfatta mentre a me sale il nervoso. Sembra quasi che ci provi gusto a farmi del male. Ma lei è fatta così, ha l’animo da guerriera.
“Percy! Amico mio!” Strilla Grover scostando la tenda d’ingresso. “Non sei tornato nemmeno da ventiquattro ore e già ti trovo in infermeria!” Commenta divertito mentre mi assesta una pacca sulla spalla. “Stai battendo ogni record!”
Sono infastidito.
Sono al campo solo da un giorno e sono già riuscito a fare una figuraccia con Annabeth. Perdere il duello con lei non è sicuramente la migliore idea per farmi notare e adesso ci si mette anche Grover a farmi sentire un’idiota. Forse era meglio se mi facevo fare a pezzi da Clarisse. Almeno lei mi avrebbe abbandonato sul campo di battaglia e adesso me ne starei qui per i fatti miei senza nessuno che mi prende in giro.
“Qui ci vogliono dei punti!” Esclama il vecchio satiro rassegnato. “Tutti fuori, questo è un ospedale!” Aggiunge rivolto ad Annabeth e Grover che assistono curiosi. Gliene sono grato. La loro presenza non mi stava aiutando.
 
Dopo essere stato ricucito me ne torno alla casa numero tre. Questo ricovero imprevisto mi ha fatto saltare il pranzo ma non m’importa. Ho voglia di farmi un bagno. Uno di quelli come dico io. Uno di quelli che i mortali non possono fare. Appena arrivato a casa indosso il costume da bagno e corro lungo il molo, giunto alla fine mi tuffo di testa obbligando le Nereidi a scansarsi.
Il rumore dell’acqua mi riempie le orecchie mentre vengo avvolto da un turbinio di bollicine. Nuoto verso il basso e mi siedo sul fondale. Amo stare sott’acqua. Riesco a trattenere il fiato per quasi dieci minuti, è una cosa che ho imparato da piccolo e che non ho mai smesso di fare. Sott’acqua tutto mi sembra lontano anni luce, compresi i miei problemi che ho bellamente abbandonato in superficie prima di tuffarmi. Qui sotto sono a mio agio. Il movimento delle onde mi culla e l’unico suono che sento è il battito del mio cuore. Cuore che, diciamocelo, in quest’ultimo periodo è stato messo a dura prova dalla mancanza di Annabeth. D’istinto mi guardo la coscia destra, la prima ferita che mi ha inferto si è rimarginata dopo un paio di risciacqui, il fianco invece è stato ricucito, ma fa ancora male. Inizio a sentire i polmoni esigere ossigeno. Il mio tempo sta scadendo. Penso a mia madre. Penso che non sarebbe contenta di vedermi affettato da una spada, ma questa è una cosa che avrebbe dovuto mettere in conto prima di fare un figlio con un Dio.
È ora Percy. È ora di tornare in superficie ad affrontare la realtà.
A malincuore, muovo le braccia e mi do una spinta verso l’alto. Riemergo un istante dopo avido di ossigeno, apro gli occhi e vedo Annabeth seduta sul molo che mi guarda con i suoi occhi magnetici.
“Ma sei matta?” Esclamo spaventato cercando di non arrossire. “Mi hai fatto venire un infarto!”
“Io ti ho fatto venire un infarto?” Dice lei arrabbiata. “Te ne sei stato sott’acqua dieci minuti!” Mi urla con gli occhi fuori dalle orbite. “Credevo ti fossi sentito male!” Aggiunge incrociando le braccia al petto.
“Non mi sembri una che si preoccupa della mia salute!” Commento sprezzante uscendo dall’acqua e mostrandole la ferita rattoppata. In realtà sto facendo un po’ di scena, voglio vedere come reagisce lei.
 “E comunque sono figlio di Poseidone, non ci vedo nulla di strano a stare sott’acqua dieci minuti! Ma forse la figlia della Dea della saggezza non ci era arrivata!”
Lei cambia espressione. Ok, l’ho fatta grossa. Annabeth non sopporta quando si mette in dubbio la sua intelligenza.
“Volevo solo sapere come stavi Testa d’alghe!”
Me ne rientro in casa facendo una faccia poco convinta, ma in realtà sono felice di averle sentito dire quella frase. Mi vesto e decido di uscire nuovamente sul molo. Lei è rimasta fuori. Sta guardando il cielo. Forse anche lei cerca un modo di comunicare con sua madre. Mi domando se sia il caso di interromperla.
“Che fai? Mi spii?” Mi domanda voltandosi.
“No!” Esclamo preso alla sprovvista. “Ma ti pare!”
Le vado incontro mentre mi rendo conto di non essere già più in collera con lei. Mi siedo al suo fianco e rimaniamo un attimo ad osservare l’orizzonte. Sento il battito del mio cuore aumentare e mi auguro che lei non lo percepisca.
“Scusa per quella…” Dice ammiccando verso il mio costato. “Per colpa mia hai passato tutta la prima giornata in infermeria.” Aggiunge con rammarico.
“Ah, non è niente, è già quasi a posto!” Sto mentendo bellamente. La ferita mi fa ancora male, e penso che lo farà anche per i prossimi giorni, ma non voglio apparire debole davanti a lei. Non dopo quella pessima figura nell’arena.
“Il sole sta già tramontando.” Aggiunge rimirando gli ultimi bagliori di sole che si riflettono sulla superficie dell’acqua.
Si volta di scatto e mi sorprende a fissarla. ‘Dannazione che figura!’ Penso sentendomi un completo imbecille. Rimaniamo un istante a guardarci negli occhi, l’istinto di baciarla mi pervade ma sono terrorizzato dalla sua reazione. Indugio sul da farsi ancora un secondo e noto che nemmeno lei sembra riuscire a staccarmi gli occhi di dosso.
“Hai ragione… il sole sta tramontando.” Balbetto ancora completamente rapito dai suoi occhi.
“Sai cosa significa questo?” Mi chiede avvicinandosi con uno sguardo che la dice lunga.
“Che voi due state per perdervi la cena, ecco che cosa significa!” Grida Grover alle nostre spalle facendoci sobbalzare.
“Mie Dei! Ma da quanto ci stava guardando?” Sibila Annabeth indignata mentre ripercorre il pontile.
“E… e io che diavolo ne so!” Rispondo ancora sbigottito da tutta quella situazione mentre la seguo.
Raggiungo Grover e gli faccio un sorriso di circostanza. Mi sento un idiota. “Scusa amico.” Mormora lui. “Ma sono il tuo custode e non posso permetterti di saltare un altro pasto.”
“Si certo, come no!” Dico superandolo e avviandomi verso il cuore del campo. Annabeth ci ha seminati e non credo che sia un buon segno. Mi domando cosa sarebbe successo se Grover non ci avesse fatto un’imboscata. A quel pensiero sento le viscere contorcersi e sono convinto che non sia per la fame.
“Ehi!” Mi dice Grover assestandomi una pacca sulla spalla. “Non essere arrabbiato!” La mia faccia gli basta come risposta. In quel momento passano un paio di ragazze dai lunghi capelli biondi che fanno l’occhiolino a Grover camminando come due modelle in passerella. Il mio amico ricambia l’occhiolino e mi sussurra: “Ho un paio di cosette da raccontarti su quelle due!” Mi servo del pollo e faccio finta di non aver sentito ma lui rincara la dose. “Sono figlie di Afrodite… non so se mi spiego!”
“La vuoi smettere con questi occhiolini!” Sbotto alla sua ennesima strizzata d’occhi.
“No ma dico… le hai viste?” Mi chiede lasciandosi scappare un belato.
Mi faccio convincere a dedicargli uno sguardo più attento ed è proprio mentre mi sto rifacendo gli occhi sul loro lato B che interviene Annabeth.
“Attento, Eroe! O ti cadranno gli occhi nell’insalata di riso!” Commenta mentre cerco di ricompormi sapendo di aver fatto la figura del maniaco. ‘Grazie Grover!’ Penso mentre mi rendo conto che il mio amico si è già dileguato e sta brindando con la tavolata dei figli di Ares.
Non so cosa dire. Non penso sia una buona cosa essersi fatti beccare dalla ragazza che stavi per baciare con gli occhi incollati sul fondoschiena di un’altra. Decido che il silenzio è meglio di qualunque cosa io possa dire in mia difesa e finisco di mangiare. Annabeth mi guarda ammutolita. Forse si aspettava che dicessi qualcosa, ma la verità è che ho fatto una figura talmente pessima che ogni mia giustificazione sarebbe ridicola. Lei si lascia scappare un sospiro sconsolata e finisce di mangiare a testa bassa. Poi si alza, prende del cibo e va a bruciarlo nel fuoco come omaggio agli Dei.
Peggio di così non potrebbe andare.
  
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