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Autore: hiromi_chan    05/12/2014    9 recensioni
“Non temere, piccoletto,” disse Arthur, accarezzando distrattamente l'uovo adagiato sulle sue gambe. “Non permetterò mai che mammina ti metta nome Norberto, fosse anche l'ultima cosa che faccio.”
Merlin alzò un sopracciglio, fulminandolo con un'occhiataccia. “Mammina?”
“Non posso farla mica io la donna, ti pare?” disse il Grifondoro, oltraggiato.
Merlin si strizzò il ponte del naso tra le dita.
E il preside pretendeva anche che lui salvasse l'osso del collo di quell'individuo.

HP!AU in sei capitoli.
[Prima classificata al contest "AU- Wherever we are" indetto da Emmastarr sul forum di EFP.]
Genere: Fantasy, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Gwen/Lancillotto, Merlino/Artù
Note: AU, Cross-over, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Merthur a Hogwarts'
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III. Terzo anno – La coppia d'oro

 

 

 

Camminava come una furia per il corridoio, attirandosi addosso gli sguardi curiosi degli studenti. Gli sembrava che pure gli occhi di tutti gli abitanti dei quadri fossero puntati su di lui. Cercò di sbatacchiare la teca con l'uovo il meno possibile e alla fine, sotto l'impulso di un viscerale istinto di protezione, se la strinse al petto, coprendola bene con la copertina rosa e azzurra.

Proprio quando svoltò l'angolo del corridoio est del secondo piano, trovandolo miracolosamente vuoto, sentì qualcuno pronunciare il suo nome con una voce melodiosa e bassa.

Merlin si voltò, ritrovandosi impreparato alla visione di Nimueh Blacke che correva verso di lui. I suoi capelli castani fluttuavano nell'aria morbidamente, i suoi occhi erano più blu che mai...

Lo stregone ingoiò; aveva sempre avuto una specie di debole, per lei. Apparteneva alla sua stessa Casa, ma era più grande e non avevano mai parlato davvero... non fino a quel momento, a quanto pareva.

“Ehi,” salutò la ragazza, scostandosi una ciocca dal viso. “Ti stavo chiamando, prima. Non mi avevi sentito?”

“Oh, uhm, no. Scusami. Ma, ehi, adesso sono tutto per te,” disse Merlin, allargando le braccia.

Lei ridacchiò. “Non ti preoccupare. Con tutta quella gente intorno che parlottava... nessuno ha nulla di meglio da fare che spettegolare, vero?”

“Già,” disse il mago, aggrottando le sopracciglia. “Ehm, come posso aiutarti?”

“Ah, sì, vedi, in realtà sto cercando Arthur per conto della sua sorellastra. Sai che siamo amiche, io e Morgana?”

Certo che lo sapeva. Non c'era nessuno che non lo sapesse. Al pensiero di Morgana, nella testa di Merlin si riallacciò immediatamente l'immagine del viso austero del Terribile Prefetto Morgause, e lui si irrigidì un po'.

“Ho saputo di te e di Arthur, come tutta la scuola, penso,” disse ridendo Nimueh, “quindi credevo di poterlo trovare in tua compagnia.”

“In realtà è da stamattina che lo cerco anche io, ma pare che non si sia fatto vedere da nessuna parte.”

“Capisco,” disse Nimueh, avvicinandoglisi con una mossa languida.

Inaspettatamente, un fortissimo aroma di fiori lo colpì come un pugno, facendogli girare la testa.

“Dev'essere difficile avere a che fare con Arthur,” continuò la strega, comprensiva. “Pare che sia un tipo permaloso. Oh, hai della polvere, qui...” E si allungò appena per toccargli la spalla.

“Ehm, non saprei,” farfugliò Merlin, scuotendo la testa. Quell'odore di fiori era... insopportabile. “In fondo, non lo conosco tanto bene.”

“Eppure ho sentito che siete quasi venuti alle mani,” insistette l'altra, premendo vigorosamente le dita sulla sua spalla. “Diresti che è un tipo forte? Come lo descriveresti?”

“Io...”

Merlin iniziava a sentirsi invadere da uno strano torpore; le palpebre si abbassarono per metà sugli occhi, sotto le ciglia ogni cosa si ridusse a macchie indistinte di blu, giallo e bianco.

“Quale diresti che siano le abitudini di Arthur? Pare che gli piaccia parecchio il succo di zucca, me lo confermi? Vuoi che ti tenga la teca, intanto che ci rifletti su? Dalla a me, sembra pesante...”

“No!” esclamò Merlin. Gli bastò sentire la pressione dell'altra mano di Nimueh sulla culla per rinsavire e stringersela con rinnovata forza al petto. “Midispiacenonpossoaiutarticiao,” disse in un'unica emissione di fiato. Poi girò i tacchi e si fiondò giù per le scale il più in fretta possibile.

Arrivato all'imboccatura per i sotterranei, si accorse che stava correndo; non si era nemmeno reso conto di aver puntato in quella direzione. Doveva essere stata una mossa inconscia... anche se era molto umida, quella era sempre casa sua.

Ormai si era fatta sera e nessuno se ne andava in giro per quell'ala dei sotterranei, visto che le lezioni di Pozioni erano terminate da un pezzo. Merlin optò per andare a rifugiarsi proprio in nel laboratorio di Pozioni, visto che aveva bisogno di un po' di solitudine e che la Sala Comune non si sarebbe spopolata prima delle una. Aveva già sfoderato la bacchetta per lanciare un Alohomora quando si sentì toccare il braccio.

Sussultò, dandosi dello stupido perché ovviamente Nimueh, Serpeverde come lui, avrebbe saputo dove cercarlo, ma...

“Guarda guarda, non avrei mai detto che fossi uno studente così ribelle.”

“Oh, Troll... Arthur,” esalò Merlin, schiantandosi con così tanta forza contro la porta dell'aula che si fece male alle testa. “Dove accidenti eri finito? Oggi è stato un inferno, avevo bisogno di te!”

“Mi dispiace di essere sparito in quel modo, non era nelle mie intenzioni,” disse mesto il Grifondoro.

La scelta di parole sorprese così tanto Merlin da tappargli la bocca per qualche secondo. “Non volevi sparire, eh?” borbottò alla fine, incredulo.

Arthur scosse la testa. “I Grifondoro non spariscono,” disse, e Merlin non sapeva se fosse sinceramente solenne o se lo stesse solo prendendo in giro.

In ogni caso, quando l'altro gli si affiancò contro la porta e la luce fioca di una torcia appesa al muro lo illuminò, il Serpeverde notò quanto fosse pallido. Il suo viso era sciupato in modo inconsueto e delle linee violacee sotto agli occhi gli indurivano l'espressione.

“È stata una giornata... particolare,” disse Arthur, rispondendo al suo sguardo indagatore.

“Puoi dirlo forte. Ritiro tutto quello che pensavo su Nimueh Blacke e, a proposito, stai alla larga da lei. Forse mi ha incantato in qualche modo, poco fa, non ne sono sicuro.”

La testa di Arthur scattò verso di lui; Merlin avrebbe potuto giurare che in quel momento sembrasse allarmato.

“Mi chiedeva cose strane su di te,” continuò. “Ha anche tentato di allungare le mani sull'uovo.”

L'occhiata palesemente preoccupata e colpevole che Arthur lanciò alla teca lasciò Merlin davvero stordito. Ok, era un idiota a farsi smuovere da piccolezze del genere, ma che poteva farci? Aveva il cuore tenero, lui.

“Va tutto bene, stiamo bene,” disse, tentando di rassicurarlo. “Puoi controllare,” aggiunse schiaffando la culla tra le braccia di Arthur, che la strinse con una certa insicurezza. Dopodiché scivolò contro il legno fino a sedersi a terra.

Da lì restò a guardare un Arthur Pendragon decisamente imbronciato che non sapeva cosa fare di se stesso e di ciò che stringeva al petto.

Gli venne in mente che quella, in effetti, era la prima volta in cui il Grifondoro era insieme al loro ovetto da quando l'aveva visto nello studio del preside. Si ritrovò curioso di osservare come si sarebbe comportato – il motivo per cui gli veniva da ridere non lo sapeva, ma in ogni caso non sarebbe stata una scelta molto furba, visto che avrebbe voluto avercela con Arthur almeno per un altro po'.

“Mio padre non ha preso tanto bene questa novità dell'uovo,” brontolò il biondo, guardando fisso il reticolo di mattoni davanti a sé.

Oh, suo padre. L'articolo sul Profeta, già. Merlin si sentì molto stupido per non aver considerato neanche per un attimo che magari era stato per quello, che Arthur non si era fatto vedere a scuola. Forse era stato trattenuto da qualche altra parte. “Gliel'hai raccontato tu?” chiese di slancio.

“Non ho potuto evitarlo. Comunque, quando mi aveva fatto chiamare era già venuto a sapere tutto. Non posso tenergli nascosto neanche se mi bevo una burrobirra, Merlin,” e c'era del vero rammarico nella sua voce, adesso.

“Non-non che avresti dovuto. Insomma... uhm. Anche io dovrei dirlo alla mamma. Ho usato la sua copertina, in realtà, è questa, vedi? Sarà contenta di saperlo, lei...”

Capì di aver detto la cosa sbagliata al momento sbagliato quando Arthur lo incenerì assottigliando gli occhi fino a ridurli a due fessure.

Bene, allora, niente madri.

Rimasero in silenzio per alcuni minuti, ognuno concentrato nei propri pensieri. I loro respiri si disperdevano in nuvolette lungo l'oscurità che inghiottiva il corridoio. Le fiamme delle torce, incantate per poter offrire solo un pizzico di luce e calore, bruciavano crepitando.

“Questa cosa diventerà un affare di dominio pubblico, voglio che tu lo capisca,” disse a un certo punto Arthur, andando a sederglisi accanto sul pavimento. “Dovremmo condividerlo con molte più persone di quante tu non possa immaginare.”

“Tipo?”

“Sei proprio scemo,” sferzò, arricciando il labbro. “C'è la stampa di mezzo, Merlin. Mio padre è una figura pubblica e in un certo senso lo sono anche io. Lo saprà tutto il mondo magico.”

Il Serpeverde si strinse nelle spalle. “Be', non fa niente,” disse. “Saremo bravi, proteggeremo l'uovo da occhi e orecchie indiscrete.” Poi si allungò per sistemare meglio la copertina di lana sopra un angolo di vetro nero che era rimasto scoperto.

Proprio in quell'esatto momento gli rivenne in mente che pochi mesi prima si era ripromesso di stare lontano da qualunque tipo di guaio. Troppo tardi, vero?

Rialzata la testa, il mago trovò ad attenderlo qualcosa che non si aspettava: un sorriso stanco, ma genuino, tutto dedicato a lui.

 

 

Quando aveva ricevuto la sua lettera per Hogwarts, Merlin si era sentito il bambino più felice sulla faccia della Terra. Nel momento esatto in cui aveva capito dove sarebbe andato, il suo piano di vita era stato delineato: a scuola si sarebbe trovato un gruppo di amici degno di questo nome, avrebbe studiato con impegno e alla fine si sarebbe diplomato con dei bei voti, rendendo sua madre fiera di lui.

Dopo il diploma avrebbe seguito le orme di suo padre, trasferendosi in Romania per andare a lavorare nel più grande allevamento di draghi del mondo. Lì sarebbe vissuto per sempre felice e contento facendo ciò che più gli piaceva.

Quello che Merlin non si era affatto immaginato era che si sarebbe ritrovato a gestire un uovo di drago molto prima del previsto, e che sarebbe stato incastrato in una situazione assurda per colpa di una profezia ancora più assurda; perché, che lui fosse il prescelto destinato dall'inizio dei tempi a far schiudere l'uovo del drago che avrebbe unito due mondi, oh, quello andava bene. Ma se il suo destino comprendeva scegliere nomi per cuccioli stravaccato sul divano della Sala Comune di Grifondoro, in compagnia di uno che credeva che i Serpeverde fossero il male incarnato, be', allora non gli andava tanto bene. Perché qualche volta era sorprendentemente facile andare d'accordo con Arthur Pendragon... la maggior parte delle volte, però, non lo era affatto.

“Non temere, piccoletto,” disse Arthur, accarezzando distrattamente l'uovo adagiato sulle sue gambe. “Non permetterò mai che mammina ti metta nome Norberto, fosse anche l'ultima cosa che faccio.”

Merlin alzò un sopracciglio, fulminandolo con un'occhiataccia. “Mammina?”

“Non posso farla mica io la donna, ti pare?” disse il Grifondoro, oltraggiato.

Merlin si strizzò il ponte del naso tra le dita.

E il preside pretendeva anche che lui salvasse l'osso del collo di quell'individuo.

 

 

Con il passare dei mesi, i Grifoni si erano abituati alla presenza di Merlin nel loro territorio. In genere lo si poteva trovare appollaiato sulla poltrona sfondata della loro Sala Comune, o accartocciato sul pavimento sotto al ritratto della Signora Grassa, quando aspettava il ritorno di Arthur dagli allenamenti e non c'erano i suoi amici a suggerirgli la parola d'ordine.

Quasi nessuno si prendeva nemmeno più gioco della “coppia d'oro” se loro portavano a lezione l'uovo. Quel piccolo ovale bianco che sempre più spesso, con l'avvicinarsi della stagione calda, veniva esposto all'aria aperta, era diventato anzi una specie di mascotte per molti; almeno per quelli che erano favorevoli all'integrazione tra le Case e non storcevano la bocca all'idea di “un'adozione interrazziale e interculturale di una coppia di maghi gay” (ovviamente bisognava ringraziare Gwaine per la dicitura).

Si era perfino sparsa la strana voce che l'uovo portasse fortuna e funzionasse come un amuleto contro le fatture. Era capitato che qualcuno chiedesse di poterlo toccare come gesto scaramantico prima di una verifica. In quelle occasioni Merlin aveva notato, con gran divertimento, che Arthur si comportava in modo incredibilmente territoriale: la sua faccia si faceva una maschera tirata di diffidenza o, nel peggiore dei casi, il Grifondoro ringhiava e scacciava in malo modo le attenzioni e le persone indesiderate.

Quando Merlin gli aveva fatto notare che sarebbe diventato uno di quei padri che pedinavano gli spasimanti delle figlie, lui si era tolto una scarpa e gliel'aveva lanciata in testa.

Il Serpeverde continuava a considerarlo la persona più ottusa dal cervello più ristretto che avesse mai conosciuto, mentre per Pendragon lui era semplicemente un idiota.

Però trovavano sempre un punto d'incontro quando si trattava dell'uovo, ed era questo che contava, alla fine.

Arthur, a sorpresa, si era rivelato molto collaborativo da quel punto di vista.

Si erano messi d'accordo per custodire l'uovo a turni e lui sembrava sempre bendisposto a tenerlo con sé.

Merlin si era aspettato un sacco di storie e capricci; invece Arthur, che non pareva essere in grado di prendersi cura nemmeno di se stesso, l'aveva stupito, dimostrandosi davvero affidabile. Era stato addirittura lui a proporre che, nel caso l'uovo non si fosse schiuso prima, l'avrebbero tenuto una settimana ciascuno durante le vacanze.

Ovviamente, trattandosi sempre di Merlin e Arthur, gli idilli familiari erano di breve durata.

I due continuavano a battibeccare ogni qualvolta ne avevano l'occasione, spesso per dei motivi francamente futili (“È Leviòsa, non Leviosà,” e poi giù a lanciarsi insulti perché “Serpeverde rompipalle che si crede superiore agli altri” e “Babbano decerebrato che non sei altro”).

Un giorno litigarono ferocemente, anche.

Successe quando Grifondoro perse una partita contro Serpeverde.

Quella volta Merlin stava aspettando Arthur nella Sala Comune dei Grifoni, accarezzando l'uovo come avrebbe fatto con un gatto.

Pendragon comparve con due ore di ritardo, bagnato fradicio, sporco di fango e con la faccia scura. I compagni di squadra erano intorno a lui al pari di uno scudo. Il gruppo portava con sé un odore di burrobirra talmente forte da far arricciare il naso a Merlin.

Chiaramente avevano sfogato la tensione post partita in fiumi di boccali, ma la bruciante vergogna della sconfitta non aveva l'aria di essere scemata. Mentre occupavano rumorosamente sedie e pouf, infatti, si scambiavano commenti e insulti alle spalle dei vincitori, dicendo che Grifondoro era stato battuto solo perché le Serpi avevano barato.

Ecco, a Merlin non importava un bel niente del Quidditch, ormai lo sapevano tutti.

La sua intenzione era stata quella di rimanere rannicchiato sulla poltrona fino a che Arthur non avesse deciso di ricordarsi di lui e non avesse preso l'uovo per il suo turno. Ci aveva provato davvero, ma poi gli schiamazzi dei Grifoni feriti erano degenerati in “i Serpeverde vincono solo perché barano”, e lui ne aveva avuto abbastanza di quelle stronzate, grazie tante.

Non erano arrivati alle mani, alla babbana... peggio, erano arrivati alle bacchette.

Una fattura di Arthur aveva beccato in pieno Merlin in un occhio facendoglielo diventare nero e qualcuno di non ben identificato gli aveva rotto il labbro. Lui, però, aveva gloriosamente Schiantato Gwaine, Percival e, per la felicità di tutti, persino Valiant.

Dopo quella baruffa, Merlin e Arthur non si erano parlati per due settimane.

La notizia che la “coppia d'oro” fosse definitivamente scoppiata era arrivata anche tra i professori, tanto che un preoccupato Gaius si era recato da Merlin per chiedergli se non avesse avuto bisogno di qualche filtro magico per placare le acque tra loro.

Una iper-eccitata Gwen era stata usata come tramite per il passaggio dell'uovo, ma ben presto anche lei si stancò di fare da portavoce tra le due parti offese.

“Mi avere stufato,” dichiarò una mattina, sbattendo sul tavolo la tazza con i depositi di tè che stava tentando di interpretare. “Siete impossibili, tutti e due. Anche Arthur lo è. Credevo fosse più maturo, invece sarebbe disposto a tenerti il muso a vita, pur di non essere il primo a chiedere scusa. Me lo conferma anche la lettura di questi fondi. Vedi l'immagine? La vedi? È un... pollo o un gallo, credo. Un drago, forse? In ogni caso, è chiaramente riferito a questo.”

Fu così che la cotta di Gwen per Pendragon scemò, sostituita abbastanza in fretta da un'infatuazione per il bel Lancelot, che lei aveva conosciuto durante i suoi numerosi andirivieni tra Arthur e Merlin.

Il Serpeverde decise saggiamente di non far notare all'amica quanto poco le ci fosse voluto per cambiare idea. “Ecco cosa dovrebbero insegnarci qui,” pensò tra sé, “come funziona la testa delle ragazze. Sarebbe molto più utile di Divinazione, se non altro...”

 

Poi, una mattina, durante un'esercitazione di Pozioni, Merlin trovò tra le pagine del libro un foglietto strappato dal bordo di una pergamena. Vergato in una grafia frettolosa ma elegante c'era scritto:

 

Se è maschio:

Simba, Aragorn, Zoro o uno a scelta tra: Donatello, Raffaello, Michelangelo, Leonardo, Maestro Splinter.

 

Se è femmina:

Regina Elisabetta, Mary Jane Watson, Sailor Mars, Lois Lane, Aithusa.

 

 

All'inizio rimase perplesso, poiché la maggior parte di quei nomi gli erano oscuri. Strizzandosi la lingua tra i denti, si guardò intorno e individuò un Arthur che lo fissava immobile, il mestolo di legno sospeso a mezz'aria. Gli effluvi del calderone gli avevano fatto diventare i capelli elettrici e gli avevano colorato le guance di rosa.

Merlin scoppiò a ridere talmente forte che il professor Muirden tolse dieci punti a Serpeverde.

Fu così che, per tacito accordo di tutti, il litigio venne dimenticato.

 

 

Merlin si rigirava sul divano, cambiando posizione ogni pochi secondi. Per la prima volta, la luce verdastra delle lampade di vetro e del lago non riusciva a calmarlo.

Chiuse gli occhi e respirò profondamente, senza che la sua inquietudine accennasse a svanire. Un nodo gli aveva bloccato la gola, appesantendogli il respiro.

Di certo non poteva andare a dire al preside “stamattina ho incrociato Nimueh Blacke mentre usciva dal dormitorio delle ragazze, mi ha sorriso in modo spaventoso e poi nessuno l'ha più vista”...

Soprattutto perché, l'ultima volta che era entrato nel suo antro-ufficio a riferirgli di come Nimueh avesse tentato di ammaliarlo, il preside l'aveva liquidato con una delle sue frasi enigmatiche (“Una strega va fermata!”).

“C'è qualcosa sotto, non è vero?” disse Merlin, sporgendosi verso l'uovo adagiato sul tavolinetto. “Ho questa sensazione...”

Ma forse stava esagerando ed era semplicemente troppo preoccupato per Arthur. Quest'ultimo era impegnato ad attendere ad un evento importante; il Primo Ministro Babbano aveva deciso finalmente di visitare la comunità magica e, sotto le pressioni del Ministero della Magia, era stata fissata come ultima tappa dell'itinerario nientepopodimeno che Hogwarts. Al momento, Uther Pendragon stava cenando in Sala Grande insieme al preside, a tutti i professori, ad alcuni membri importanti del Ministero e a chissà chi altri. Ovviamente Arthur, in quanto simbolo vivente dell'integrazione tra la comunità magica e i Babbani, era stato obbligato... invitato a partecipare. La faccia che aveva fatto qualche ora prima quando aveva consegnato la teca a Merlin aveva parlato al posto suo.

“È stupido che io mi senta così agitato per quell'asino,” disse all'uovo, quasi per chiedere conferma.

Dal guscio niveo non provenne alcun segno di vita e Merlin si prese la testa tra le mani, attirandosi le occhiatacce Will che era seduto sulla poltrona accanto.

“Sei ridicolo,” gli fece presente il compagno di stanza.

Merlin annuì; sì, era assolutamente ridicolo. Questo non cambiava il fatto che avesse il cuore legato in una morsa gelata, sempre più stretta ad ogni minuto che passava.

Era come se qualcuno l'avesse Appellato e Merlin sentisse la necessità irrefrenabile di andarsene di lì, fiondarsi in Sala Grande e sincerarsi dello stato di Arthur, ora. Di rispondere al richiamo.

“Ah, per tutti i draghi,” esclamò, alzandosi di botto e facendo sobbalzare l'amico. “Vado a vedere come sta papà, torno presto, ok?” disse alla volta dell'uovo. Aggiunse una raccomandazione volante a Will, chiedendogli di badare all'ovetto per lui, e poi caracollò fuori dalla Sala Comune.

Non aveva mai salito più in fretta la scalinata che conduceva ai piani superiori.

Le torce mandavano ombre inquietanti che si allungavano sui muri, forme oscure di dita affusolate che lo guidavano verso l'alto, Vieni, vieni...

Merlin svoltò l'angolo che l'avrebbe portato in Sala Grande proprio nel momento in cui Nimueh Blacke percorreva la stessa strada a senso inverso; incrociò il suo sguardo, affilato e attento. Un baluginio pericolosamente soddisfatto le illuminò le iridi, spronando Merlin a non perdere tempo, a proseguire ancora.

Col fiato corto, spalancò le porte della Sala Grande, ritrovandosi di colpo al centro dell'attenzione.

I quattro tavoli delle Case erano occupati per metà da maghi e streghe sicuramente troppo vecchi per essere studenti. Merlin riconobbe a colpo d'occhio che alcuni indossavano la divisa dei Guaritori, altri ancora i distintivi degli Auror. Lungo il tavolo dei professori spiccavano il mezzo sorriso inappropriato del preside, il viso di cera del Primo Ministro Pendragon e l'espressione dura e lievemente stupita di suo figlio.

Arthur aveva in mano un bicchiere colmo di un liquido arancione.

Quale diresti che siano le abitudini di Arthur? Pare che gli piaccia parecchio il succo di zucca, me lo confermi?

Merlin quasi si sentì svenire. “Fermo, non lo bere! È avvelenato!” urlò di slancio.

Un silenzio attonito cadde nella stanza. Poi, uno scoppio di mormorii ed esclamazioni indignate.

“Chi è quel ragazzino?”

“È in questo modo che educate i giovani, qui a Hogwarts?”

“Merlin, sei impazzito del tutto?” Questo era Arthur, e più che confuso era irritato dall'entrata in scena del Serpeverde. Tipico di quella testa di fagiolo!

“Arthur, metti giù il bicchiere,” disse Merlin, avanzando con le mani a mezz'aria. Il battito cardiaco era fuori controllo; intimamente aveva la certezza di essere arrivato appena in tempo, di essere riuscito ad evitare il peggio.

Non era ancora finita, però.

Uther Pendragon, di cui Merlin conosceva la faccia grazie al Profeta (ancora più burbera dal vivo), si alzò. Tutti ammutolirono e Merlin si fermò dov'era.

“Che significa questa pagliacciata?” sferzò il Primo Ministro Babbano. Con gli occhi, però, aveva preso a scandagliare attentamente la Sala Grande, già alla ricerca di pericoli in agguato.

“Hanno avvelenato la bevanda di Arthur,” disse Merlin, deglutendo. “Non so perché, non ne ho la minima idea... Una strega della scuola... Nimueh...”

Arthur sbatté le palpebre; la consapevolezza passò come un'ombra in lui, incupendogli l'espressione.

Il professor Tristan fece per parlare, se in sua difesa o per buttarlo fuori di lì Merlin non lo sapeva. In ogni caso non fece in tempo a pronunciare più di una sillaba, perché Uther Pendragon lo zittì con un gesto imperioso. “Quelle che stai muovendo sono accuse gravi, ragazzo. Quali prove hai?”

Merlin sospirò per la frustrazione, stanchissimo. Si sentiva spaventato e spossato, Arthur non aveva ancora mollato la presa sul bicchiere e nessuno pareva afferrare la gravità della situazione. “Non ho prove, è solo... una sensazione,” disse, allargando le braccia. Poi chiuse la bocca. Ok, in effetti non era suonato molto affidabile, né tantomeno credibile.

Ma era la verità!

Merlin lanciò un'occhiata allarmata al preside, sperando che almeno lui avrebbe capito. Quello gli rispose con un ghigno enigmatico, e dal labiale sembrava proprio stesse articolando un “bene bene” che non gli era affatto d'aiuto, al momento.

“Che qualcuno mandi via lo studente, per favore,” fece una strega grassoccia, esasperata.

“Non deve aver digerito bene le sue Cioccorane,” ridacchiò un tipo del Ministero.

“Merlin, sei sicuro di quello che stai dicendo?” domandò con calma glaciale il professor Muirden.

“Sì,” disse il Serpeverde, sicuro di sé come non mai. Alzò la testa con fierezza, facendo scorrere lo sguardo su tutti i presenti con gravità. “Credetemi, vi prego, è la verità.” Poi fissò l'amico Grifondoro con urgenza. “Arthur...” disse solo.

E miracolosamente bastò, perché Arthur poggiò il bicchiere sul tavolo con forza.

Merlin non si era mai sentito così legato a qualcuno come in quel momento.

“Non metto in dubbio la possibilità che si sia tentato di avvelenare mio figlio,” disse a sorpresa Uther, mortalmente serio. “È tutto il giorno che mi aspetto un qualche tipo di attacco nei confronti miei o di coloro che mi rappresentano. Ero consapevole dei rischi che correvo mettendo piede in... nella comunità magica,” disse, spuntando le ultime due parole tra i denti.

Accanto a lui, il preside vibrò per l'irritazione.

“Ma, ragazzo,” riprese il Ministro Babbano, aggirando il tavolo con movenze plateali. Il suo era un vero e proprio discorso pubblico, una dimostrazione di potenza e controllo della situazione. “Se non hai prove concrete che confermino le tue accuse, né nient'altro a parte una sensazione, mi chiedo come tu possa davvero sapere che qualcuno abbia avvelenato la bevanda di Arthur.”

Merlin si portò d'istinto le dita sul petto, a sinistra. Come spiegare che sentiva un dolore, lì, una stretta che gli sarebbe stata fatale se fosse arrivato solo un po' più tardi?

“... A meno che l'artefice del piano non sia tu.”

“Papà, non essere ridicolo,” scattò subito Arthur, alzandosi.

Nello stesso momento le voci di tutti si levarono in coro, mischiando accuse, sospetti e sbuffi increduli – ah, sì. Bel modo di stare lontano dai guai, Merlin.

I professori si schierarono in un unico fronte e, uniti contro la paranoia del Ministro Babbano, volarono a circondarlo. Il preside, vedendo accusato in quel modo un suo studente, non nascose più l'antipatia che provava per Pendragon e scoprì i denti aguzzi alla sua volta in palese segno di disprezzo.

“Potrebbe essere stato lui ad avvelenare in qualche modo il succo,” riprese il padre di Arthur, ignorando tutto il resto. “Aspetta, ti riconosco,” mormorò, avvicinandosi a Merlin. “Sei Emrys, il mago che affianca Arthur in quella sua... missione. Mi sono informato, ovviamente; studente brillante, bravo in Pozioni, quindi abile nel fabbricare intrugli pericolosi. Purosangue, dunque probabilmente alla tua famiglia non piace l'idea di mischiarsi con i 'Babbani'. Serpeverde... e questo dice molte cose.”

Merlin abbassò le palpebre, inghiottendo l'irritazione che pulsava in lui con sempre maggiore violenza. Ora non lo stupida più così tanto che Arthur fosse diventato quello che era.

Quell'uomo non gli avrebbe mai creduto, era chiaro.

“La sua sarebbe una posizione ottimale per studiare le abitudini di mio figlio da vicino, per poter apprendere i suoi punti deboli e attaccarlo al momento giusto,” dichiarò Uther Pendragon ai professori.

“Lei è un folle,” protestò la giovane professoressa Isolde, beccandosi una gomitata dal suo collega Tristan. “Merlin è solo un ragazzino, non potrebbe avere né le capacità né l'esperienza per compiere un delitto del genere. E poi, perché mai avrebbe dovuto sabotare il proprio piano con le sue stesse mani?”

“Senso di colpa,” disse allegramente un omettino del Ministero, come se stessero partecipando a un gioco di società.

“Inesperienza?” disse una vecchia strega seduta al tavolo di Corvonero.

“Perché così passerebbe nella lista delle persone non sospette,” disse Uther, in uno slancio trionfale. “Nessun colpevole confesserebbe mai di essere tale, o almeno così saremmo normalmente portati a pensare. È una mossa astuta per scrollarsi di dosso ogni sospetto. Devono averlo istruito bene.”

“Ora basta!” tuonò Arthur, aggirando il tavolo di corsa per afferrare il gomito di suo padre. “Papà, so che sei stato teso tutto il giorno e che non è facile per te, ma ora stai esagerando...”

Fu quello. Fu la ruga innaturale nel mezzo delle sue sopracciglia, furono le occhiaie e la preghiera fiera e vergognosa insieme a far parlare Merlin. “Se non mi credete, lo berrò io,” disse.

“Oooh.”

“Ma tu pensa cosa si inventano i giovani al giorno d'oggi per attirare un po' d'attenzione.”

“Cosa succederà, adesso? Dovremmo chiamare Gaius?”

“Bene,” disse il preside, annuendo senza nascondere neanche un briciolo dell'orgoglio per il suo studente.

“Bene,” fece eco Uther, soddisfatto del compromesso.

Arthur, invece, pareva aver voglia di strapparsi i cappelli. “No, Merlin! Ma che diavolo – è una follia,” disse, mettendogli una mano sulla spalla per spingerlo indietro. “Siamo a Hogwarts! È pieno di maghi, qui, di certo ci saranno mille modi per verificare se il succo sia avvelenato o no.”

Merlin puntò lo sguardo su Uther. Una strana calma si era impossessata di lui; dire che non aveva paura per se stesso sarebbe stata una bugia, ma la verità era che aveva paura di più per Arthur.

“Lei non mi crederebbe in ogni caso, non è così?” disse, la voce ferma che rimbalzava sulle candele fluttuanti, amplificandosi. “Anche se mi interrogassero sotto l'effetto del Veritaserum, il Ministro non sarebbe soddisfatto del risultato. Si tratta di una proceduta antiquata, ormai facile da aggirare. Inoltre, potrei aver agito comunque, magari per mano di altri sotto maledizione Imperius, e ora potrei non conservare alcun ricordo della cosa. Per non parlare degli incantesimi di memoria...”

Arthur lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite. “Idiota,” sillabò silenziosamente.

Merlin stirò le labbra nel sorriso più incoraggiante che gli riuscì di fare, ma senza molto successo.

“Ottimo,” disse Uther, compiaciuto. “Davvero brillante, Emrys. Se c'è una cosa che ho imparato, è che le arti magiche possono tutto.”

Merlin annuì, stringendo i pungi. In bocca non gli era rimasta nemmeno una goccia di saliva.

“Procediamo con la dimostrazione, allora,” disse il preside, stroncando sul nascere le proteste degli altri professori.

Merlin si fece ancora coraggio e scartò Arthur, stavolta senza guardarlo. Mentre avanzava verso il tavolo dei professori dove il bicchiere di succo di zucca giaceva abbandonato, sentì che il Grifondoro lo chiamava nel silenzio fatto di respiri trattenuti. Si rese conto che Uther lo aveva bloccato in qualche modo, e combatté l'istinto di voltarsi.

Che diavolo stava facendo? Avrebbe ancora fatto in tempo a fare dietrofront, avrebbe potuto trovare un'altra soluzione...

Il vetro sembrava una lastra di ghiaccio attorno alle sue dita.

Merlin!”

Sì, avrebbe potuto evitarlo. Eppure, si portò il bicchiere alle labbra perché era orgoglioso e perché, se quello era l'unico modo che aveva per farsi ascoltare senza perdere altro tempo, per far sì che sapessero che Arthur era veramente in pericolo...

Merlin ingoiò il succo tutto d'un fiato, gli occhi ruotarono nelle orbite e lui non vide più nulla.

 

 

“Oh, sante fate! Ci sono dei miglioramenti?”

“Non si è ancora svegliato...”

“Sua madre è già stata avvisata?

“...”

“Ehi?”

“Pendragon, cazzo, rispondi!”

“Will!”

“Ehm. Gaius ha detto che avrebbe pensato lui ad avvertire la madre e tutto il resto.”

“Vai a riposare, Arthur, ti diamo il cambio noi.”

“No... no.”

 

 

“Esca, le ho detto!”

“Per la barba di Merlino, calmati, giovanotto! Lo scopo della mia scrittura è sempre stimolare le menti al dubbio nella ricerca della verità! La gente ha il diritto di sapere-”

“Un malato ha il diritto alla propria privacy!”
“... di sapere se Emrys, come sostenuto da un'anonima fonte, sia davvero in combutta con gli avvelenatori-”

Fuori di qui.”

 

 

La fioca luce lunare disegnava i contorni dei letti vuoti nell'oscurità. Merlin fece schioccare le labbra secche. Dio, ecco cosa si provava quando ti scagliavano un Bolide in testa...

Cosa... Oh...

Una mano tra i suoi capelli.

Goffa ma gentile, accarezzava il suo dolore come fosse stata una bestia da lenire.

Mmh... sì, mi piace molto. Grazie.

Lo cullava, accompagnandolo nel sonno... facendolo sentire un po' meno solo.

 

 


 

UN COLPO AL CUORE DI HOGWARTS:

ATTACCO AL FIGLIO DEL PRIMO MINISTRO PENDRAGON

 


 

Pare che le polemiche relative alla Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts siano destinate a non trovare mai fine, ma fin dove ci si può spingere nell'ennesimo tentativo di ricerca della notorietà? Di certo nessuno si aspettava che a pagare le conseguenze della sregolata gestione dell'istituto sarebbe stato uno studente... o forse sì. Potremmo, in questo caso, azzardarci a parlare di disastro annunciato, visto che nell'occhio del ciclone è finito il giovane Arthur Pendragon.

Il figlio del noto Ministro Babbano ha infatti corso un grosso pericolo, scampando miracolosamente a un avvelenamento. Il fatto è avvenuto proprio durante una cena tenuta nella Sala Grande di Hogwarts, alla quale presenziavano pezzi grossi del nostro Ministero e delle alte sfere della comunità magica. Qualche mano misteriosa ha, dunque, attentato alla vita dell'innocente Arthur proprio nel giorno in cui suo padre ha compiuto l'attesa visita a tappe per la nostra comunità. Nonostante l'evento puzzi chiaramente di sabotaggio politico, il Ministro della Magia ha intimato ai giornalisti di, testuali parole, “non azzardarsi neanche a scrivere tre righe su presunti colpi a opera dei Druidi.” Di fatto ho l'obbligo di fermarmi qui, ad appena due righe.

Vi starete ora chiedendo cosa ne sia stato del povero figlio del Ministro Babbano. L'orribile tragedia è stata sventata grazie a Merlin Emrys, coetaneo di Arthur e compagno di quest'ultimo, lo ricorderete, nella cura di un uovo di drago. Pare che Emrys, stralunato e agitato, abbia fatto irruzione in Sala Grande facendo saltare in aria la porta e che si sia fatto largo a suon di incantesimi tra i maghi e le streghe che cercavano di riportare ordine. Il ragazzo ha poi annunciato che qualcuno aveva avvelenato il succo di zucca del compagno. Quando gli è stato chiesto come fosse entrato in possesso di quell'informazione, lui non ha saputo metter su una spiegazione esaustiva, inventandosi di aver avuto una qualche sorta di “presentimento”.

Alle sagge proteste giustamente sollevate da professori e membri del Ministero, Emrys, una luce folle negli occhi, ha risposto gettandosi sull'infausta bibita e scolandosela tutta d'un sorso. Immediatamente dopo, ci raccontano, è caduto a terra privo di sensi. L'intervento tempestivo del preside Kilgharrah, che una volta tanto si è dimostrato capace di un'azione assennata, ha salvato la vita del povero ragazzino esaltato; il “Vecchio Drago”, come lo chiamano affettuosamente studenti e colleghi, ha Appellato un Bezoar, procedendo a schiaffarlo prontamente nella gola di Emrys.

Tutto è bene quel che finisce bene, direte voi. In realtà non è esattamente finita; molti dettagli oscuri e misteriosi aleggiano ancora intorno alla faccenda.

Prima di svenire, Emrys ha fatto il nome di una certa Nimueh, identificata poi da uno sconvolto ma ancora affascinante Arthur Pendragon come Nimueh Blacke, Serpeverde. Sembra che la ragazza avesse già avvicinato Emrys, e molti testimoni affermano di averla sentita racimolare in giro notizie sul bel Pendragon.

La Blacke è stata subito prelevata dalla scuola e portata via dagli Auror presenti. Un probabile interrogatorio potrebbe addirittura essere tutt'ora in corso, ma sulla faccenda è stato imposto dalle autorità riserbo totale.

Nonostante la palese ingiustizia rappresentata dal mettere a tacere la voce dell'informazione, possiamo solo riportarvi le brevi parole con cui si è espresso il preside Kilgharrah in merito alla faccenda: “Alla studentessa verrà garantito dalla scuola il totale supporto e la protezione più sincera.

Sono pronta ad assumermi tutte le responsabilità quando affermo che, a differenza di quanto detto, il preside non sia sembrato affatto sincero.

I lettori più arguti e sagaci ora si chiederanno se sia mai possibile un collegamento tra la Blacke e un qualunque tipo di organizzazione estremista. Per quanto ci risulti fastidiosa l'idea che una giovane strega possa essere reclutata in gruppi dalle intenzioni nefaste, nessuno è riuscito a dimenticare davvero i Mangiamorte, pertanto niente dovrebbe più stupirci. Alla luce di questo, non sembra così folle l'idea che perfino l'insospettabile ragazzino che ha denunciato l'attentato possa essere coinvolto in esso.

Ancora non si sa bene, infatti, come Emrys sia potuto venire a conoscenza dell'informazione chiave che ha permesso di salvare Arthur.

L'ipotesi avvalorata dal preside di Hogwarts sul legame che esisterebbe tra le anime di chi si prende cura di un uovo di drago (qualora una si trovasse in pericolo, l'altra lo sentirebbe) sembra, a una mente concreta, davvero poco probabile e quantomai fantasiosa.

Che il Ministro Babbano ci abbia visto giusto, almeno stavolta, nell'accusare l'eccentrico Merlin Emrys dell'avvelenamento del figlio?

Sarebbe interessante, a questo punto, poter sentire anche una campana diversa. Se della natura problematica della famiglia del Ministro Babbano abbiamo parlato diverse volte, oggi voglio rimandarvi all'articolo apparso sul numero XIII di quest'anno del nostro quotidiano preferito; parlo di “L'altra Pendragon, la primogenita dimenticata”.

Ebbene, cosa avrebbe da dire alla luce degli eventi recenti Morgana Pendragon, Serpeverde e figlia del Ministro Babbano? Questo personaggio rimasto sempre tra le ombre nella comunità magica ma, soprattutto, nel mondo Babbano, non si sentirà forse spaventato tanto quanto il fratellastro, visto che a venire colpita è stata la sua famiglia? Come mai nessuno considera le ragioni della bella Morgana? Come mai non è stata lei la Pendragon prescelta dal preside per la cura dell'uovo o la Pendragon attaccata dai Druidi? E bisogna ascoltare i maligni che affermano che la giovane possa trarre beneficio da tutto il caos nebuloso che avvolge il padre e il fratellastro?

Io mi considero una purosangue,” ci disse Morgana nel corso di un'intervista esclusiva che potrete rileggere in versione integrale nell'articolo sopracitato. “Mia madre era una strega e mio padre per me non esiste nemmeno, dunque il sangue che scorre nelle mie vene è quello della stirpe magica più pura.”

Lasciamo tratte a voi le vostre conclusioni; vi ricordiamo che non si sta parlando di una famiglia affiatata come potremmo aspettarci che sia quella di un personaggio tanto in vista, e che la ragazza potrebbe addirittura guadagnare visibilità, una volta tolto di mezzo l'ostacolo dell'astro nascente fraterno.

Ci chiediamo con preoccupazione ancora più pressante se, dopo tali fatti, Uther Pendragon si azzarderà a mettere ancora piede nella comunità magica (e ci auguriamo di no, per la sua salvezza quanto per la nostra).

Vi lascio con questi inquietanti quesiti, poiché lo scopo della mia scrittura è sempre stimolare le vostre menti al dubbio nella ricerca della verità.

Non smettete mai di cercare!

 

Domitilla Skeeter

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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