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Autore: cup of tea    05/12/2014    0 recensioni
[Fic già pubblicata circa due anni fa, ma poi cancellata, riveduta e corretta e ora pubblicata nuovamente]
Kurt e Blaine non si parlano da quando (SPOILER! 4x04) si sono lasciati. Ora è passato qualche anno da quella sera e entrambi hanno le loro vite; Kurt lavora a Vogue.com e si sta preparando per rifare l’audizione per la Nyada, Blaine invece è all’ultimo anno alla NYU e frequenta Sebastian.
Ma il caso vuole che si rincontrino in un negozio di spartiti a New York: il riavvicinamento sarà tanto inevitabile quanto difficoltoso.
Note: I personaggi potrebbero risultare lievemente Out Of Character, ma solo perchè sono più adulti e teoricamente più maturi. Il racconto non tiene ovviamente conto delle vicende successive alla 4x04.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry, Sebastian Smythe, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Blaine/Sebastian, Finn/Rachel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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LA TAVOLA DI CUP OF TEA:
E' arrivato anche il capitolo 2 e in merito a questo ho due precisazioni da fare:
1- ci sono riferimenti alla 2x04, 3x18 e alla 4x04
2- ricordo che da qui parte il lungo flashback di Kurt
Buona lettura e… non dimenticate di farmi sapere che ne pensate!
cup of tea


https://www.facebook.com/CupOfTeaEfp?ref=hl


 
"NON FARMI RIPETERE TUTTO OTTANTA VOLTE!"
OVVERO IL CAPITOLO 2 DI QUESTA STORIA
 


 
“I could follow you to the beginning
Just to relive the start
And maybe then we'll remember to slow down
And all of our favorite parts”
(Paramore – All I Wanted)
 



 
Essere ammesso alla New York Academy of Dramatic Arts, o semplicemente Nyada, è quello che si può definire come la massima aspirazione per chiunque sogni di esibirsi in futuro su un palco di Broadway, davanti a milioni di persone.
Insegnanti competenti e severi tutors gestiscono corsi di danza, canto e recitazione con metodi all’avanguardia e i programmi più aggiornati, con lo scopo di formare i nuovi Liza Minnelli e Gene Kelly. Ma come succede anche per molte altre cose nella vita, solo in pochi vengono ritenuti in grado di potercela fare, mentre gli altri vengono lasciati in balia di sé stessi e della loro inevitabile corsa a trovarsi un nuovo sogno.

Il fascino di un’università così prestigiosa non aveva lasciato indifferente Kurt, quando la Pillsbury, la consulente del suo liceo, aveva suggerito a lui e alla sua amica Rachel Berry di provare a spedirvi la propria domanda di ammissione.

Sfortunatamente però, le cose poi non erano andate per il meglio per lui, perché – nonostante la sua esecuzione di Not the Boy Next Door avesse fatto una buonissima impressione all’esaminatrice e insegnante di canto, Carmen Tibideaux – non era stato ritenuto all’altezza di frequentare quell’Accademia. Si era così rassegnato a vedere Rachel partire per esaudire il loro sogno, e a lasciare la sua famiglia e quello che all’epoca era il suo ragazzo, per raggiungerla a New York, in cerca di un nuovo scopo nella vita.

Le cose erano migliorate solo quando venne preso come stagista da Vogue.com. Si ritrovò ad ammettere che fosse un ottimo piano B e l’assunzione che ne derivò, poi, fu un toccasana sia per la sua autostima, sia per il suo animo da fashionista eclettico, ma soprattutto per il suo portafoglio, che ora era abbastanza gonfio da permettergli di mantenersi - almeno in parte - gli studi da solo.

Era fortemente intenzionato a riprovare a coronare quello che da sempre era stato il suo sogno, mai completamente messo da parte, però questa volta con l’animo di chi - nel caso malauguratamente le cose non fossero andate bene di nuovo - aveva la certezza di un futuro altrettanto gratificante, in un campo che amava quasi allo stesso modo.



Era l’inizio di ottobre quando aveva cominciato a pensare a quale assolo cantare per il suo primo provino, previsto per gennaio. Insieme a Rachel aveva pensato alle più belle canzoni dei musical di sempre, ma poi lei era dovuta partire per il suo primo tour di Cabaret come stagista, quando ancora non erano giunti a una decisione.

Kurt sentiva che l’appartamento era insopportabilmente vuoto ogni volta che Rachel tornava in Ohio o non era a casa per via degli stage  accademici che la portavano in altre città per pochi giorni.

Non era mai successo prima d’ora che se ne andasse per dei mesi, e Kurt si sentiva quasi abbandonato. Ovviamente era contento per lei, ma il loro modesto loft a Bushwick sembrava tremendamente triste senza la sua adorabile follia. Per fortuna gli rimaneva ancora Mr Claws, il loro grasso ed egocentrico gatto.

Per fuggire da quei tristi pensieri, una mattina uscì di buon’ora per andare al suo negozio di spartiti di fiducia, in cerca di qualche illuminazione per la sua audizione. Il piccolo negozio si trovava vicino a Central Park e raggiungerlo con i mezzi pubblici a volte richiedeva anche più di mezzora, ma Kurt lo amava soprattutto per la sua atmosfera vintage e per la sua ottima fornitura, quindi riteneva che quel piccolo viaggio non fosse affatto una perdita di tempo.

Sebbene gli scaffali fossero sempre ben riempiti e raramente non trovasse quello che cercava, la disposizione degli spartiti non era di facile intuizione. Così, Kurt si avvicinò a una cassettiera in legno scuro simile a quelle che si vedevano nelle vecchie biblioteche. All’interno dei vari cassetti, erano contenuti gli elenchi degli spartiti presenti in archivio, e con le mani sicure di chi sa esattamente dove cercare, il ragazzo aprì lo schedario che conteneva i titoli di tutti i più famosi musical messi in scena sui palchi dei teatri o nei cinema del mondo.

Scorse i titoli in ordine alfabetico.

Across the Universe, Cats, Singin’in the Rain, West Side Story, Wicked… molti dei titoli gli ricordavano il suo passato al Glee Club, l’unica ragione per cui non odiava il liceo McKinley. Si ricordò delle belle performances che aveva fatto all’epoca e non riuscì a credere di non averci pensato prima: “Le Jazz Hot”, da Victor Victoria, era stata una delle sue esibizioni migliori, nonostante avrebbe preferito avere un partner con cui duettare come i suoi compagni. Era una di quelle performances che sentiva più sue, una “masturbazione vocale”, come l’aveva definita Santana.

Scorse le dita di nuovo in su, verso la lettera V, e lesse l’indicazione per trovare lo spartito della canzone scelta: sezione Musical Comedy Film (Metro-Goldwyn Mayer, 1982).
Mentre si dirigeva verso lo scaffale designato, inviò un sms a Rachel per dirle della sua folgorante idea: “Missione compiuta.Le Jazz Hot, baby, ‘Cause I love my Jazz…hot!” Amava mandare messaggi del genere all’amica, perché citare versi di canzoni famose era un po’ il loro linguaggio in codice.
Sentì un grande sorriso nascergli in viso, mentre sfilava la cartelletta di plastica che conteneva lo spartito dal ripiano. La consapevolezza di essere un piccolo passo più vicino al suo obiettivo era tanto rassicurante quanto eccitante, e sentì le mani cominciare a tremargli per l’entusiasmo. Accarezzò la cartelletta che aveva appena preso e, stringendosela al petto, sospirò, dirigendosi verso la cassa.

Non fece in tempo a raggiungerla, perché qualcosa - o meglio, la vista di qualcuno - lo bloccò improvvisamente.
La persona in questione era di spalle, ma bastò quello perché il cuore di Kurt perdesse un battito. Si nascose in fretta dietro uno scaffale, per poter osservare meglio la figura di quel ragazzo a cui era sicuro di poter dare un nome, un volto e una voce senza pensarci troppo.

Quello era senza dubbio Blaine. Blaine Anderson.

Che ci fa a New York?! Che ci fa lui QUI?! Sta profanando il mio tempio della storia della musica con le sue zampacce da hobbit ancora sporche di gel… 

Il ragazzo girò la testa verso Kurt, che, preso alla sprovvista da quello sguardo nel bel mezzo dei suoi insulti telepatici, fece cadere lo spartito e il cellulare che aveva ancora in mano, facendo un gran baccano. Si abbassò tenendo la testa china verso il pavimento, sperando con tutto sé stesso che Blaine non si avvicinasse mentre raccoglieva in fretta i pezzi del cellulare, perché le occhiate curiose degli altri clienti erano già sufficienti a farlo sentire osservato e umiliato senza che ci si aggiungessero le sue.

Ma no, ovviamente Mr Ti-Salvo-Io Anderson deve venire qui a farmi sentire in colpa per aver pensato male di lui! 

Blaine, che lo aveva riconosciuto e che nel frattempo gli si era avvicinato, gli passò lo spartito che nel cadere si era infilato sotto uno scaffale. Rivolse a Kurt uno di quegli splendidi e dolci sorrisi che – una volta, ora non più, sia chiaro! –  erano capaci di mozzargli il fiato.

“Kurt.” Il bellissimo ragazzo ora era inginocchiato sul pavimento davanti a lui. Kurt dovette ammettere a sé stesso che quegli occhi scuri e profondi avevano ancora un grande fascino, anche dopo quasi tre anni che non si vedevano. Forse soprattutto perché erano passati quasi tre anni.
Si sforzò di essere cordiale mentre prendeva il plico che Blaine gli stava ancora porgendo e gli  sorrise timidamente.
“Grazie… queste cartellette di plastica sono davvero… scivolose –ma che stai dicendo? -  e il cellulare… si è messo a vibrare così all’improvviso che mi è…”
“…scivolato?”
“Già.” Kurt gli fu grato per aver assecondato la sua scusa assurda. Si alzarono nello stesso momento, ammutoliti, come se prima di dire qualsiasi cosa sentissero il bisogno di studiarsi per qualche minuto. Sembrava fosse trascorso veramente un secolo da quando si erano visti l’ultima volta, e quell’occasione non si era rivelata nemmeno una delle migliori.

Blaine, dopo qualche settimana da quando Kurt era partito per New York, gli aveva fatto una sorpresa giungendo in città prima della data prevista per la sua visita. Gli aveva portato dei fiori, erano usciti insieme con Rachel e Finn e gli aveva perfino dedicato una versione acustica tremendamente commovente di Teenage Dream al Callback, il bar degli studenti della Nyada. Quella canzone aveva segnato il loro primo incontro e l’inizio della loro storia, ma purtroppo quella sera ne aveva segnato anche la fine. Mentre passeggiavano per le strade del parco, Blaine gli aveva confessato di essere stato con un altro e Kurt non era più stato in grado di perdonarlo. Una volta che Blaine ebbe lasciato New York, Kurt chiuse definitivamente una porta, deciso a non riaprirla mai più. Lo tagliò fuori dalla sua vita, ignorando i ripetuti tentativi dell’ex di rimettersi in contatto con lui. Fino a che quest’ultimo non ebbe deciso di mollare il colpo e lasciargli vivere la sua vita in pace.

Ora, rivederselo lì davanti agli occhi, in tutto lo splendore che solo la lunga lontananza lo aveva reso in grado di cogliere di nuovo, lo faceva sentire come i suoi primi giorni alla Dalton, con inspiegabili farfalle nello stomaco. E questo non va affatto bene, perciò appena arrivi a casa ricordati di  bruciarle bevendo dell’acido.
Blaine sembrava più adulto adesso, non portava più nessun papillon che costringesse il colletto della camicia, lasciando invece libero il suo collo perfetto. Anche i capelli non erano più schiacciati sotto montagne di gel – nonostante fosse evidente che non ci avesse rinunciato ancora del tutto – ed erano più sbarazzini pur risultando nel complesso assolutamente in ordine. Portava ancora i pinocchietto come quando andavano al liceo, però su quello Kurt non aveva mai avuto niente da ridire; anzi, pochi li portavano con il suo stesso impeccabile stile.

“Allora…” cominciò Blaine per rompere il ghiaccio. Si sentiva sotto esame come non mai, e si guardava intorno intimidito dallo sguardo concentrato di Kurt. “…Vieni qui spesso?”
“A volte.” Gli sibilò Kurt.
“A volte.” Ripetè annuendo Blaine. Ora era davvero a disagio ed era come se Kurt fosse contento del risultato. Si rilassò solo quando l’altro gli disse: “Ti trovo bene.”
“Stai bene anche tu.” Ed era vero: Kurt non era stato mai così radioso. L’aria di New York lo aveva reso un bellissimo uomo, sicuro e fiero. Eccentrico come sempre, ma più consapevole e meno stravagante.
“Ora scusami, ma devo andare a pagare questo” Kurt indicò la cartelletta e gli voltò le spalle, lasciandolo lì in piedi e inebetito. Dopo quella lunga lontananza, come poteva Kurt volersene andare via così? Blaine non gliel’avrebbe permesso.  Lo rincorse fuori dal negozio, urlando il suo nome per fermarlo.
“Cosa c’è?!” Kurt era visibilmente scocciato, ma per lo meno aveva smesso di camminare.
“Ti… andrebbe un caffè?” Giunto di corsa a pochi passi da Kurt, teneva le mani sulle ginocchia per riprendere fiato, ma sapeva che il respiro corto non era dovuto a quello scatto da velocista.

Era la paura che Kurt rifiutasse.
O l’emozione che dicesse di sì.
 

 
***

“Non ci credo!”

“E invece devi! E’ tutto vero!”

Rachel aveva telefonato a Kurt quella sera, dopo aver letto il messaggio sull’assolo.
Si era complimentata con lui per l’ottima scelta e per assicuragli il suo appoggio nel caso avesse avuto bisogno di dritte o semplicemente supporto morale nelle prove, e poi lui l’aveva spiazzata con un secco: “Non indovinerai mai chi ho incontrato al negozio!”.
In effetti non aveva indovinato, né tanto meno riusciva a crederci quando lui le aveva svelato il nome.
Il fatto, poi, che fossero finiti a bere un caffè insieme era altrettanto inverosimile, e Kurt dovette ripeterglielo due volte, prima che recepisse il messaggio.

“Beh? E che è venuto a fare a New York? Gita fuori porta?”

“A dir la verità è qui da due anni, almeno.”

“Come?! Due anni?!”

“Oddio, Rachel, non farmi ripetere tutto ottanta volte! Sì, due anni. Mi ha detto che è stato preso alla NYU e ora frequenta il terzo anno in Musica e Arti Teatrali.”

“Uhm, poteva anche venire a salutare! Voglio dire… me, non te, ovviamente.”

“Immagino abbia evitato di farlo per non metterti in difficoltà con me.” Strano difendere qualcuno che fino a quello stesso mattino si era ripromesso di odiare per il resto della vita. Si sentiva tanto come Elizabeth Bennet che accetta di ballare con Mr Darcy a Netherfield.

Si lasciò sprofondare tra i cuscini del divano e cominciò ad accarezzare Mr Claws, che si acciambellò accanto a lui facendo le fusa.

“Oh. Okay. Tu come stai?” Riprese Rachel.

“Bene. E’ stato un bell’incontro, in fin dei conti. E’ contento per il mio lavoro a Vogue, e io sono contento che sia stato ammesso all’università. Era al negozio di spartiti perché deve preparare un progetto per il suo corso.”

“Gli hai detto della tua intenzione di riprovare alla Nyada?”

“Sì, e mi ha fatto gli auguri.”

“Davvero formale.”

“Già. Ma ehi, è normale no? Siamo quasi due estranei.”

“Kurt, tu e Blaine non sarete mai due estranei.”

“Se lo dici tu.”

“E dimmi… avete parlato di… quella sera?”

“No. Nessuna menzione a riguardo. Credo che entrambi non ci volessimo rovinare la mattinata. In ogni caso, siamo andati avanti con le nostre vite. Lui, per esempio, sta con Sebastian, adesso.”

“Sebastian?!”

“Oh, no. Ricominciamo con le ripetizioni?”

“Scusa. Sono solo sorpresa. Sembrava non gli piacesse affatto.”

“Dice che è diverso. Ma cambiamo argomento, per carità. Come vanno le prove? Non te l’ho ancora chiesto oggi…” In realtà, sentire Rachel dirgli per l’ennesima volta come tutto fosse eccitante e incredibile e decisamente broadwayiano non era una grande novità, ma gli serviva al volo una via di fuga per la piega che stava assumendo la conversazione.

“Oh, tutto come al solito. Quello che invece non è affatto “come al solito” è il tuo tono di voce mentre parli di Blaine. Ti sei intenerito?” Cavolo, non ha funzionato.

“Intenerito? Cosa? No! Io.. sto solo provando a guardarlo con un po’ meno pregiudizi. Voglio dire, siamo adulti adesso. E abbiamo due vite completamente diverse. Sentirlo parlare di come sono trascorsi questi due anni mi ha fatto tornare in mente perché alla Dalton mi aveva così colpito: la passione che mette nel fare le cose e nel parlarne, il suo garbo e la gentilezza dei suoi gesti…”

“Kurt, allarme rosso!!”

“Macchè allarme, so badare a me stesso. Nonostante tu lo stia pensando, non voglio affatto rimettermi con lui – anche perché, ripeto, ora sta con Sebastian – ma questo non significa che non possiamo provare ad essere amici.”

“Va bene. Non insisto solo perché adesso devo scappare. Ma non pensare di farla franca, perché riprenderemo presto questo discorso!”

“Vedremo. Buona serata, Rachel.”

“Buona serata anche a te, Kurt. E ricordati che ti adoro!”

Kurt riattaccò ridacchiando, mentre Mr Claws protestava perché aveva smesso di accarezzarlo. Lasciò il cellulare sul divano per alzarsi a preparare la cena, e il gattone lo prese come un invito a fare un dispetto al suo coinquilino umano: si acciambellò proprio sul cellulare e riprese a fare le fusa soddisfatto e beffardo.
Fu solo quando lo sentì suonare e vibrare che saltò via spaventato, soffiando e rizzando il pelo. “Così impari a farmi gli scherzi!” gli disse Kurt, che era appena tornato a riprendersi il telefono.

Lesse sul display l’arrivo di un nuovo messaggio e lo aprì.

“Da Blaine Usignolo” – non ricordavo di averlo salvato così! Dopo la rottura, aveva tenuto il suo numero solo per poter evitare facilmente le sue chiamate o i suoi messaggi, ma adesso la curiosità era troppa per cancellarlo direttamente come era solito fare. “E’ stato bello incontrarti, oggi. Forse potremmo rifarlo.”

Trattenendo a mala pena un sorriso, pigiò sul tasto rispondi. “Forse.”

Di lì a qualche minuto il cellulare squillò di nuovo. “Domani, tre del pomeriggio. Va bene per te?”

“Sarò quello bello e impossibile.”
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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