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Autore: Yvaine0    05/12/2014    3 recensioni
Questa è la storia di qualcuno che, semplicemente, è distratto; di qualcuno che è disattento e di qualcun altro che invece è fin troppo premuroso. È la storia di chi parla troppo, di chi nuota troppo veloce, di chi ha paura di parlare e di chi, invece, dice sempre le cose come stanno. È la storia di come la disattenzione di qualcuno può portare alla sofferenza di un altro e a volte, di conseguenza, alla nostra. È la storia di errori di distrazione notati un po' in ritardo, ma mai troppo. È la storia di chi ama, di chi ascolta e di chi parla, di chi sbaglia e di chi corregge, di scelte giuste ed errate. È la storia di Michael e Shae-Lee, di Calum, di Debbie, di Ashton, River e Luke.
«River sta con Luke. Ma allora perché sembra avere una cotta per Ashton?»
«È complicato».
«Allora spiegamelo».
«Ho un'idea migliore. Perché non mi spieghi perché Debbie ce l'ha tanto con me».
«Perché sei troppo distratto e non ti accorgi di come stanno le cose».
Michael si acciglia. Questo cosa dovrebbe significare? «E come stanno le cose?»
Genere: Fluff, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton, Irwin, Calum, Hood, Luke, Hemmings, Michael, Cliffors, Nuovo, personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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9.

 

L'odore del cloro impregna l'aria e pizzica il naso di Luke, al quale però non dispiace affatto. Non riesce a fare a meno di sorridere mentre cammina a passo incerto e scalzo sul pavimento umido, diretto verso quella che fino a qualche settimana prima era stata la sua corsia. Il suono dell'acqua mossa, l'odore del disinfettante, gli improvvisi fischi e gli strilli dell'istruttore: rientrare in contatto con la routine della piscina è come riprendere a respirare dopo un lungo periodo di apnea. Gli manca tuffarsi, trattenere il fiato fino a sentire i polmoni bruciare, il pizzicore delle vie respiratorie quando l'acqua gli entra nel naso, gli manca scorrerci in mezzo come fosse parte di quella stessa materia.

Si avvicina lentamente al professor Toomey appena lo avvista, si ferma a pochi passi da lui ad aspettare che termini di dare consigli al ragazzo del primo anno – sta annaspando, agganciato alla corsia, come ha visto tanto volte fare Michael. Sorride.

Non appena lo vede, Toomey spalanca le braccia in segno d'accoglienza e si volta completamente verso di lui, come se non volesse concentrarsi su nient'altro. «Luke Hemmings!» esclama entusiasta. «Pensavo che non ti avrei più rivisto tra noi! Bentornato!»

Luke arrossisce appena sulle orecchie, sorride e distoglie lo sguardo, mentre dissimula l'effettivo imbarazzo scompigliandosi i capelli. «Grazie» risponde solo.

Il professore gli batte una pacca sulla spalla, senza riuscire a smettere di mostrare radiosamente la sua dentatura non poi così perfetta: il suo asso nella manica è tornato! Ha di nuovo una possibilità di vedere uno dei suoi ragazzi vincere le regionali!

«Be', che stai aspettando? In vasca! Se vogliamo vincere...»

Luke fa una smorfia; non vorrebbe smorzare l'entusiasmo del suo allenatore, ma la verità è che lui non ha alcuna intenzione di partecipare alle gare. Vuole tornare a nuotare, ma non ha intenzione di accettare la proposta del professore. Quindi glielo dice, massaggiandosi la spalla sinistra con la mano destra, lo sguardo basso e gli occhi socchiusi, come se temesse di ricevere qualche colpo da un momento all'altro – ma non succede.

Per qualche istante cala il silenzio, mentre Toomey vede i suoi sogni infrangersi come una tazzina di ceramica cinese caduta dal tavolo. Annuisce lentamente e cerca di non sembrare troppo deluso quando dice: «D'accordo. Questo non significa che sarò più gentile con te: metti la cuffia ed entra in vasca! Dieci vasche in più per il ritardo. Scattare!»

Luke non se lo fa ripetere due volte: in un attimo indossa la cuffia, abbandona l'accappatoio sulla panca e si tuffa di testa nella piscina. L'impatto è improvviso ma atteso, l'acqua è fredda, ma gli basta un istante per abituarcisi. La percepisce scorrere sulla pelle, lungo tutto il corpo, restituendogli la forza che nell'ultimo periodo gli manca sempre. Sorride a labbra strette mentre riemerge e subito si fa strada nel liquido, avanzando veloce, bracciata dopo bracciata, boccata dopo boccata. È di nuovo a casa.

Il professor Toomey lo guarda da lontano con sguardo critico, sperando che l'osservazione gli dia elementi validi per non rimpiangere la sua rinuncia alla competizione: si sforza di trovarlo un po' più fiacco, un po' più lento, non poi così portato. Non ha idea del perché quel ragazzo sia così deciso a rinunciare a una così bella opportunità, ma sa che è uno spreco. Luke Hemmings è probabilmente lo studente più portato di tutta la scuola, se solo credesse un po' di più in se stesso e prendesse ad allenarsi seriamente – se solo non fosse così pigro! – avrebbe una concreta possibilità non solo di superare le selezioni per le regionali, ma anche di piazzarsi sul podio.

Di una cosa Toomey è convinto: non lascerà che Luke Hemmings butti via quell'opportunità, troverà un modo per convincerlo a provarci, dopotutto non è mai troppo tardi per mettersi sotto con gli allenamenti.

«Fammene venti a farfalla, Hemmings!»

 

Quando esce dallo spogliatoio, un paio d'ore più tardi, a Luke fanno male le spalle e non si sente più le gambe, ma si sente sereno come mai da qualche settimana a quella parte. Trascina il borsone da ginnastica lungo il pavimento umido, reggendolo per i manici, senza curarsi di non rovinarlo. È felice. Stanco come poche volte in vita sua, sì, ma felice. Ha voglia di materializzarsi in camera propria e spalmarsi sul letto, non ha nemmeno il coraggio di pensare al percorso in bicicletta che lo aspetta per arrivarci; quindi non ci pensa, limitandosi ad arrancare per i corridoi, fuori dalla scuola, la testa vuota e il cuore leggero.

Gli mancava sentirsi così. Da quando ha ammesso a se stesso i propri sentimenti per River e trascorre di nuovo tutte le sue giornate assieme a lei, non è mai stato così tranquillo. Non che la sua presenza lo agiti, ma il fatto che lei continui a pensare ad Ashton, la gelosia e la consapevolezza di provare per lei sentimenti non ricambiati non smettono mai di turbarlo. È sempre irrequieto, che si trovi da solo con lei oppure nel garage di casa Irwin per le prove. È stato questo continuo senso di frustrazione a convincerlo a tornare a nuotare: ha bisogno di sfogarsi, di sentirsi al posto giusto al momento giusto, buono a qualcosa, di sentirsi abbastanza.

Sta pensando al sorriso raggiante che di sicuro comparirà sul volto di River non appena lui le avrà detto di essere tornato in piscina, chino sulla ruota anteriore della sua bici, quando nota qualcuno camminare a passo spedito lungo lo spiazzo ghiaioso adibito a parcheggio della scuola. Rizza la schiena e fissa lo sguardo su quella che riconosce come Deborah Melvin; all'inizio pensa che sarebbe carino salutarla – dopotutto ultimamente stanno uscendo tutti insieme –, ma poi ricorda la freddezza con cui lei puntualmente li tratta tutti e decide che in tutta probabilità a lei non farebbe piacere avere a che fare con lui. Quindi sfila il catenaccio dalle razze della bici, lo lega al manubrio e trascina il suo prode destriero verso i cancelli, sperando in cuor suo che il borsone malamente fissato al portapacchi non cada in mezzo alla strada lungo il percorso.

Non fa in tempo a raggiungere l'uscita, però, ché qualcuno lo richiama: «Ehi! Luke Hemmings!» Tra tutte le persone con cui ha avuto a che fare durante la sua vita, Luke ne ha incontrate solo due a cui piace chiamarlo usando nome e cognome: il professor Toomey e sua madre, quando ne ha combinata una grossa. Ora, nonostante la voce che lo ha chiamato sia femminile – e quindi non può trattarsi del professore –, lui è abbastanza sicuro che quella non sia sua madre. Per forza di cose, quindi, non essendoci nessun altro, dev'essere stata Deborah Melvin a chiamarlo.

Si ferma, quindi, e si volta a controllare di averci visto giusto: di fatto la ragazza sta camminando in sua direzione, un plico di fogli stretto tra le braccia e la tracolla che batte ritmicamente contro la sua coscia passo dopo passo. Debbie interrompe la sua marcia a pochi passi da Luke; lo guarda fisso, con lo sguardo duro di sempre, ma non sembra arrabbiata. «Che ci fai qui?» chiede.

Lui si passa una mano sulla nuca, confuso, e risponde in tono incerto: «Sono... c'erano gli allenamenti».

«Nuoto?» Debbie sembra sorpresa da quella rivelazione. «Non avevi mollato?»

Luke non ha idea di come lei sappia tutte queste cose, non sa nemmeno perché dovrebbe importarle, ma è così confuso dall'insolita loquela della ragazza che non si azzarda a contraddirla né a troncare la conversazione. «Be', sì, ma ho cambiato idea. È un periodo un po'... complicato – si sente in dovere di spiegare; – ho bisogno di tenermi occupato».

La ragazza annuisce con aria grave, come se comprendesse perfettamente ciò di cui Luke sta parlando – questo pensiero, sotto un certo punto di vista lo turba: Debbie conosce forse i suoi sentimenti per River?

«Tu invece? Come mai qui?» aggiunge in fretta; è ansioso di portare la conversazione su un diverso percorso. Deborah lo intimorisce: guarda tutti dall'altro in basso a labbra strette, con severità, come se fosse l'unica adulta tra un mare di ragazzini spericolati; sembra quasi che, prima ancora che uno di loro possa pianificare una marachella, lei sappia già come andrà a finire. Ha un'aria coscienziosa e impersonale: lo mette a disagio, lo fa sentire piccolo e sciocco.

Debbie abbassa lo sguardo sul plico di fogli che sta reggendo, mentre sposta il peso del proprio corpo su una sola gamba, quella che regge la tracolla. «Mi sono offerta volontaria per aiutare in segreteria» spiega; «sono venuta a prendere un po' di documenti da riordinare. Ne ho la borsa piena».

Insomma volontariato, riflette Luke: tipico di una persona responsabile come lei. Si sente quasi inutile se pensa che Deborah si stava dando da fare in segreteria mentre lui sguazzava in piscina – ma solo per un istante, poi ricorda che, essendo lui un tipo piuttosto disordinato, sarebbe stato poco d'aiuto al posto della ragazza. «Fico» commenta, non sapendo bene cosa rispondere.

A quel punto cala un silenzio pesante che nessuno dei due sembra essere in grado di colmare con qualche chiacchiera di cortesia. Forse il comportamento più logico sarebbe salutarsi e proseguire ognuno per la propria strada, prima che la situazione diventi troppo imbarazzante, ma per qualche motivo nessuno dei due si decide a congedarsi per primo.

Luke si guarda attorno, impacciato, tamburellando le dita sulle manopole di gomma sul manubrio della bici. Di cosa si parla con una persona come Deborah Melvin? Filosofia? Politica? Economia?

«River mi ha detto che avete fatto pace».

Di River. Evidentemente River è l'argomento di conversazione più adatto e Luke un po' se ne rallegra, visto che è una materia che conosce molto bene. Solo un po', però, perché nel tono di voce di Debbie è tornata la solita nota di diffidenza.

«Sì» risponde. Abbozza un sorriso e osserva una macchia di fango sulla punta della sua scarpa sinistra.

«Ed è tutto a posto?» chiede lei; lo guarda dritto negli occhi, studia ogni suo movimento, anche la più piccola espressione nel tentativo di leggerlo come leggerebbe uno dei suoi libri. Debbie, purtroppo, non è brava come vorrebbe nell'interpretazione del linguaggio del corpo, ma spera comunque di riuscire a capire che cosa passi nella testa di Luke Hemmings.

È passata ormai una settimana da quando Ashton ha spezzato il cuore di River senza nemmeno accorgersene e da allora, contrariamente ad ogni sua aspettativa, le cose stanno andando molto meglio. Temeva che i tempi di ripresa di River da quella caduta fossero più lunghi, invece la riappacificazione con Luke ha funzionato da cicatrizzante e ora le sue ferite sono quasi del tutto rimarginate. Certo, ancora fanno male, ma il ritorno in carica dello storico migliore amico ha permesso a River di rallegrarsi un po', di bearsi di una compagnia che temeva di aver perso per sempre.

Debbie, non può negarlo, ne è sollevata. Con una migliore amica perennemente al settimo cielo che non ha ancora smaltito l'entusiasmo da primo appuntamento, impegnata in fantasticherie interminabili, preda ventiquattro ore su ventiquattro delle temibili farfalle nello stomaco, non era certa di riuscire a gestire anche le – comprensibilissime – turbe mentali di una nuova e fragile amica col cuore spezzato. Fortunatamente non ha bisogno di dividersi tra le due facce della medaglia dell'amore, perché c'è Luke a ricucire insieme i pezzi di River. Non che le dispiacesse il pensiero di prendersi cura di entrambe, ma Shae-Lee da sola è già abbastanza difficile da tenere sotto controllo. Se solo ripensasse a tutte le volte che le ha raccontato nel dettaglio come è andato il suo appuntamento con Michael, le verrebbe la nausea.

Ora che si trova Luke Hemmings tra le mani, ha tutta l'intenzione di capire se possa effettivamente fidarsi di lui. Non che il giudizio di River sia poco affidabile, ma River si fida anche di Calum Hood e Michael Clifford, quindi... be', diciamo che hanno canoni differenti per valutare le persone.

Stando al racconto della sua amica, Luke si è presentato a casa Loveday con un barattolo di gelato confezionato e, come se niente fosse, si è ripreso il ruolo che aveva volontariamente abbandonato non molto tempo prima: ha indossato i panni da migliore amico, si è seduto sul suo letto e l'ha consolata, come se non avessero mai discusso.

Ma avete chiarito? le ha chiesto Debbie; River ha scosso la testa e si è stretta nelle spalle: «Non è stato necessario» ha risposto.

Inconcepibile. Per Debbie è davvero assurdo che una persona, dopo aver fatto una scenata e aver portato avanti con ostinazione la politica di mutismo per settimane, possa tornare nella vita di qualcuno facendo finta di niente, senza scusarsi né dare spiegazioni, dando per scontato di essere perdonata. «Sei troppo buona» ha commentato, e River ha riso.

Luke sembra pensarci su per qualche istante, poi annuisce mordendosi il labbro inferiore. «Credo di sì».

Debbie sa che non sono affari suoi e non dovrebbe insistere, ma davvero vuole capire qualcosa di più in quella faccenda. «Ma... cos'è successo di preciso? Se posso chiedere».

Cos'è successo tra loro? Anche Luke se lo chiede, non è sicuro di saper dare una risposta. Ricorda di essersela presa a morte quando River ha insistito perché lui accettasse la proposta di Toomey e partecipasse almeno alle selezioni per le gare di nuoto regionali. Ricorda di averle dato dell'egoista, di averle rinfacciato l'abitudine di mettere becco in tutte le decisioni che lo riguardavano. Se ci ripensa, si sente in colpa; non sa spiegare perché si sia comportato in quel modo, sa solo che era così maledettamente arrabbiato da non aver saputo tenere a freno la lingua. Era convinto di ciò che aveva detto tanto da mantenere le proprie posizioni per giorni, senza rivolgerle la parola. Poi aveva cominciato a sentire la sua mancanza e aveva mantenuto il silenzio solo perché si vergognava troppo per tornare a parlare – non avrebbe nemmeno saputo giustificare il proprio comportamento, a conti fatti. Alla fine la storia di Ashton era capitata loro tra capo e collo, senza nessun preavviso, e in quello stato di emergenza Luke non aveva saputo resistere ed era corso da lei, sapendo che avrebbe avuto bisogno di aiuto.

A Debbie quella spiegazione piace, le piace parecchio. Si avviano fianco a fianco verso i cancelli, poi continuano a camminare lungo i marciapiedi finché non giunge il momento di prendere direzioni differenti; per tutto il tempo l'argomento di conversazione rimane uno solo, l'unico, forse, che hanno in comune: River.

Al momento di salutarsi, Debbie si morde l'angolo del labbro inferiore e distoglie lo sguardo. Rimane in silenzio per qualche istante, poi «Sei un bravo ragazzo, Luke Hemmings» ammette a voce bassa, in tono confidenziale, tanto che con quelle parole sembra gli abbia appena rivelato il suo più grande segreto. Poi gli sorride, un sorriso di quelli belli e sinceri, che giungono fino agli occhi e li illuminano.

Se glielo chiedessi, Luke non saprebbe spiegarti le dinamiche precise di quello che è successo, ma saprebbe dirti che in quel momento il rapporto tra lui e Debbie Melvin è cambiato. In quel momento, ne è certo, qualcosa è cambiato: lei gli ha appena dato fiducia.

 

*

 

Sono passati giorni e giorni da quando il cuore di River si è infranto in mille pezzi e ora, strano ma vero, le cose stanno iniziando ad andare leggermente meglio. Tanto per cominciare, River si è resa conto di non aver la minima speranza con Ashton Irwin e che, sostanzialmente, fino a quel sabato non ha fatto che illudersi, scambiando ogni sua attenzione per un “segnale”. Si sente tanto stupida quando ci ripensa, ma questo è niente in confronto a come si sente se per caso se lo ritrova davanti; non riesce più a guardarlo in faccia, né a parlargli: in sua presenza si esprime a suon di mormorii e movimenti del capo. A questo punto sembra quasi strano pensare che ci sia stato qualche miglioramento nel suo umore in questo lasso di tempo, ma, be', è così: ha smesso di piangere, tanto per cominciare, di autocommiserarsi e di chiedersi cosa ci sia di male in lei – Luke è stato piuttosto chiaro su questo punto: assolutamente nulla, solo non è il tipo di ragazza giusto per Ashton (grazie al cielo, avrebbe voluto aggiungere).

D'altro canto, ora sembra quasi esserne spaventata. Non vuole vederlo – mai, per nessun motivo, lo evita come la peste. È sempre l'ultima ad uscire dalla classe all'ultima ora, turbata all'idea che nel parcheggio possa esserci lui ad aspettare i ragazzi come sempre; si ferma ad aiutare i professori, a riordinare tutte le sedie dimenticate scostate dal banco, a chiacchierare coi bidelli e, se per caso Luke riesce a trascinarla fuori in tempo, arrivata all'uscita si ricorda puntualmente di aver dimenticato qualcosa in classe, quindi torna indietro chiedendo di non aspettarla. Luke sospira, lascia che gli altri se ne vadano, e la aspetta comunque, per poi accompagnarla a casa.

Se Michael e Calum si sono a malapena accorti di quell'ormai consolidata abitudine, ad Ashton non è passata inosservata. Lo ferisce che la loro amicizia sia scoppiata così, senza avere nemmeno l'opportunità di parlarne, ma non cerca di obbligarla a farlo, perché ora sa cosa la spinge a scappare da lui. E gli dispiace, davvero, ma non può che accettare la sua scelta: l'ha fatta soffrire abbastanza.

Luke, in piedi davanti al portone della scuola, aspetta che River lo raggiunga; ha salutato Ashton la mano, notato Shae-Lee che, cercando chissà cosa nello zaino, ne approfitta per sbirciare i comportamenti di Michael. Si chiede dove sia Debbie e perché non sia al fianco della migliore amica: che sia forse andata a cercare River? È un comportamento che le si addice, quindi decide che probabilmente è così.

Rimane lì a dondolare sui talloni ancora un po', alternando occhiate a lei, a loro, ai passanti, e aspetta. Aspetta finché uno sbrigativo ma allegro «Ciao» non annuncia la presenza di Debbie; sembra essere di fretta, cammina a grandi passi verso Shae-Lee e, al contrario di quanto Luke ha pensato, non c'è River con lei.

«Ciao!» ripete, sgranando leggermente gli occhi per la sorpresa, poi, senza sapere bene il perché, la segue. «Hai visto River?» le domanda, il tono di voce un po' impacciato, perché non è abituato al fatto che Deborah Melvin non lo odi e, anzi, parli con lui.

La ragazza rallenta, ma non interrompe la marcia; si volta di tre quarti, continuando a camminare, e scuote il capo. «No, perché? L'hai persa?» Ridacchia con una serenità che stona con l'immagine che di solito da di sé.

Luke sorride e si scompiglia i capelli con un gesto imbarazzato. «Non è ancora uscita, pensavo fosse con te».

Deborah a quel punto di ferma; un'ombra di preoccupazione le sporca il viso, ma sparisce in fretta, sostituita da chissà quale pensiero rassicurante. «Non l'ho vista. Perché non vai a cercarla, Luke Hemmings?» propone; e gli fa l'occhiolino.

Luke arrossisce – si tratta di uno di quei cenni d'intesa che non sarebbe aspettato da una persona distaccata come lei – poi però segue il suo suggerimento e sgattaiola all'interno della scuola. Durante tutta la sua ricerca non riesce a smettere di pensare a quello strano gesto così... confidenziale. Lui e Debbie sono in confidenza, ora? Sono qualcosa come... amici?

Quando Luke la trova, River è davanti alla porta dell'aula professori e parla con qualcuno al suo interno, che però lui non riesce a scorgere; la trova bellissima nella sua semplicità, con i capelli rossicci lasciati liberi di arricciarsi sulle spalle, il sorriso dolce che la caratterizza da quando era alta poco più di un metro, le guance arrossate, gli occhi chiari socchiusi dal sorriso smagliante.

Le si avvicina lentamente, tranquillizzato dall'averla trovata, e le pizzica piano un braccio con due dita per annunciare la propria presenza; lei sobbalza, si ripara la parte lesa con una mano e gli mostra la lingua. «Hey» sussurra a mo' di saluto; sembra felice di vederlo.

«Ciao» risponde sorridendo, mentre già le sta sottraendo lo zainetto che, appeso alla spalla, la incurva leggermente da un lato.

Dopo essersi assicurato di aver alleggerito River, Luke alza finalmente lo sguardo verso la porta della sala professori, per scoprire l'identità della persona con cui lei sta parlando: il professor Toomey. «Salve, prof!» esclama subito, con un gesto di naturale simpatia verso il suo allenatore.

«Hemmings!» risponde l'uomo, sembra contento di vederlo. «Stavamo proprio parlando di te! Sia io che la signorina Loveday pensiamo sia un peccato che tu non provi nemmeno a partecipare alle selezioni per le gare regionali».

River sgrana leggermente gli occhi, spaventata da quell'argomento. Non ne ha più parlato con Luke da quando hanno litigato per paura di vedere quell'assurda situazione ripetersi. Spia di sottecchi la sua reazione e si sente sollevata quando lui scrolla le spalle con tranquillità. «Non lo so, non credo sia il caso».

Luke non vuole impegnarsi, vuole solo rilassarsi e divertirsi: il nuoto per lui è una passione, non un impegno.

Ma è talento sprecato, Hemmings! Senza troppo sforzo potrebbe superare le selezioni e addirittura piazzarsi sul podio alle gare.

Luke ride, perché proprio non ci crede. Sono ormai mesi che non entra più in acqua, ancora sente le gambe dolere a causa del primo allenamento dopo tanto tempo; non solo non trova credibile quell'eventualità, ma pensa di non meritarla nemmeno.

Okay, dice Toomey, insistere sembra inutile, ma vuole che gli prometta di pensarci su. Luke gli dà la sua parola, ma non crede che cambierà idea.

A quel punto River, sentendosi in un campo minato nell'affrontare quell'argomento, sorride, saluta e trascina via Luke. «Siamo già abbastanza in ritardo. Buona giornata, professore!»

 

*

 

La mattina dopo, quando si incontrano per andare a scuola, Calum dà loro la grande notizia: «Sapete la novità?» inizia, calciando avanti lungo il marciapiede un sassolino, che allontanerà di nuovo appena lo raggiungerà, tra qualche passo.

«No» risponde River, più sveglia di Luke a quell'ora di mattina. «Quale novità?»

«Ashton ha smesso di farci da autista: ha finalmente trovato un lavoro».

 

«No, davvero, sono contenta» ripete River per la quinta volta, turbata dagli sguardi preoccupati che le stanno rivolgendo le due amiche dal momento in cui ha comunicato loro la notizia. Sono nel bel mezzo del corridoio della scuola, pochi minuti prima che comincino le lezioni, accanto all'aula dentro cui sarà proprio River a dover sparire al suono della campanella. «Così non dovrò vederlo» aggiunge, nella speranza che questo sia il modo giusto per acquietare la loro ansia. Davvero, è stata contenta di sapere che Ashton ha trovato un lavoro: un po' perché lo cercava da mesi e mesi, ma soprattutto perché ora non dovrà cercare una scusa ogni giorno per dover uscire tardi ed evitare di incontrarlo nel parcheggio. Nemmeno immagina che Ashton ha accettato al volo l'offerta fattagli soprattutto per non scombussolare la vita di River con la sua assidua presenza a scuola, né mai lo saprà.

Debbie, in ogni caso, non si fida. È stato davvero così facile per River superare quella delusione amorosa? È davvero contenta di non dover più vedere Ashton tutti i giorni? Non le mancherà?

No, no, lei glielo assicura: è sinceramente contenta che lui abbia accettato quel lavoro, anche se questo significherà vederlo molto meno. Soprattutto perché questo significa vederlo molto meno.

Deborah stringe le labbra, poca convinta, e fa per aggiungere qualche altra osservazione, ma Shae-Lee la interrompe ricordandosi improvvisamente di una cosa successa il giorno prima – e di cui, in fondo, non vedeva l'ora di parlare loro.

La storia, più o meno, è questa: il pomeriggio precedente, Michael è andato a casa sua per le lezioni di matematica; sua sorella Kerrie, però, non era ancora tornata, quindi hanno aspettato assieme che rincasasse. Sono rimasti seduti sul divano in sala per almeno quaranta minuti, suonando alternativamente la sua chitarra e – lei potrebbe giurarlo – non ha mai visto niente di così bello come Michael Clifford che imbraccia quello strumento. Era così tenero, con quell'aria concentrata! «E... e... e...»

«Oh, ti prego, Shae – la interrompe Debbie, roteando gli occhi: – mi stai facendo alzare la glicemia».

Shae-Lee ride, poi prende un respiro profondo e prima ancora di poter concludere la frase, arrossisce. «È quasi successo» mormora, lo sguardo basso e un sorriso che proprio non riesce a trattenere.

È un coro meravigliato a risponderle: «Cosa?»

«Ci siamo quasi baciati» ammette quindi, arrossendo ancora un po' di più. Ancora non riusciva a crederci, ma era sicura che se non fosse entrata sua sorella proprio in quel momento sarebbe successo; lui si era avvicinato così tanto e aveva gli occhi socchiusi – solo a ripensarci sentiva i battiti accelerare pericolosamente.

«Quasi?!» squittisce River entusiasta, aggrappandosi all'improvviso al braccio di Shae-Lee, un sorriso a trentadue denti in viso. «Perché 'quasi'?»

Quella fa una smorfia e ridacchia, scrollando le spalle. «Perché poi è entrata mia sorella...»

River quasi riesce a vederli, così carini e vicini e assorti l'uno nell'altro, finché Kerrie non spalanca la porta di botto, l'allegra parlantina già attiva, e loro si allontano in fretta, saltando, letteralmente, ai lati opposti del divano. «Accidenti!» esclama contrariata, ma comunque fin troppo felice per quella quasi bella notizia.

Debbie non ne è altrettanto compiaciuta, ma nessuna delle due si aspettava che lo fosse: fa una smorfia, alza gli occhi al soffitto e incrocia le braccia in silenzio, per non smorzare l'entusiasmo delle sue amiche. Vorrebbe davvero essere contenta per Shae-Lee, ma non riesce a fidarsi di Michael Clifford. Le piacerebbe, per una volta, non essere così pesante, non dover razionalizzare tutto, poter festeggiare l'accaduto come sta facendo River, ma non ci riesce. A volte si sente sbagliata, si sente troppo seria, troppo critica, troppo diffidente e distaccata. Shae-Lee non gliene ha mai fatta una colpa, questo è vero, ma Debbie nel profondo vorrebbe poter essere serena e irrazionale come tutti gli altri. Vorrebbe poter spegnere il cervello.

Sospira in silenzio e abbassa lo sguardo.

 

*

 

La campanella della pausa a pranzo è suonata già da un po', ma Luke non è a mensa come tutti gli altri. Ha deciso di prendersi un po' di tempo per riflettere sulla possibilità di partecipare alle selezioni e poi andare a cercare Toomey per comunicargli il suo responso. Scendere al primo piano, quindi, e si siede sull'ultimo gradino, nell'angolo.

Mentre ieri pomeriggio camminavano verso casa, sia lui che River hanno attentamente evitato l'argomento “gare di nuoto”, entrambi troppo turbati dai ricordi che porta con sé. Per la prima volta da quando si sono riappacificati, Luke ha sentito di nuovo quella sensazione di distacco e timore farsi strada tra loro, minando la loro serenità. Questo pensiero lo turba: sarà la sua più grande passione a separarlo dalla sua migliore amica? Sospira sommessamente.

È così immerso nei propri pensieri che quasi non si accorge di qualcuno che si è seduto accanto a lui, finché quel qualcuno non parla. «Anche tu hai bisogno di solitudine? Cosa ti affligge, Luke Hemmings?»

Luke sobbalza, sentendo la voce di Debbie, sgrana gli occhi e si volta di scatto verso di lei. Batte le palpebre diverse volte, prima di riuscire a metabolizzare la richiesta e darle una risposta. Non sa bene il perché, ma, seppur con lo sguardo basso e il volto arrossato, le spiega il motivo del suo volontario isolamento: parlare del da farsi con River non si può, i ragazzi non riuscirebbero a dargli un parere oggettivo e, be', non gli resta che rifletterci per conto proprio.

Debbie allunga le gambe in avanti e abbozza un sorriso. «Vuoi sapere cosa ne penso?» gli chiede, lo sguardo fisso sull'estintore rosso proprio di fronte a loro, dall'altro lato del corridoio.

Luke, che non sa a chi altri rivolgersi, annuisce.

Così lei sorride e gli confida tutto ciò che pensa riguardo a quella faccenda: «Credo che il nuoto non c'entri niente: il problema tuo e di Riv è che non siete amici, se capisci cosa intendo. Prima di conoscervi ho sempre pensato foste una coppia» ammette; poi torna all'argomento principale, prima che Luke abbia finito di arrossire e boccheggiare in preda all'imbarazzo: «Inoltre, trovo che Toomey ti stia offrendo una grande opportunità. Tentar non nuoce, no?»

Luke la guarda ad occhi sgranati, ancora incapace di dire alcunché, poi sposta lo sguardo sui propri piedi nel tentativo di riportare un certo ordine nella propria mente. Deborah si è accorta dei suoi sentimenti per River, ha sempre pensato che stessero insieme. Il cuore gli batte all'impazzata, ma non saprebbe dire se si sente più a disagio o più felice di quella rivelazione: sembrano una coppia. Non sapendo bene come reagire, scoppia a ridere e scuote lentamente il capo. «Quindi secondo te dovrei provare?» Parte dall'argomento più facile da affrontare.

Debbie sorride e scrolla le spalle. «La cosa peggiore che può accadere è perdere, ma in quel caso non sarebbe un problema, no?, perché a quanto ho capito la competizione non è-- », ma si interrompe, perché il ragazzo sta ridendo così forte da rendere impossibile udire le sue parole.

«Inesatto» la corregge lui, una volta ricompostosi: «in effetti sono competitivo, ma non mi interessa il nuoto agonistico». Era il suo rifugio, non voleva sporcarlo di competizione: il nuoto era relax, non stress.

Debbie è spiazzata da quella risposta: tutto avrebbe detto, tranne che Luke Hemmings fosse uno di quegli uomini esagitati che fanno di tutto pur di vincere, di quelli che pestano i piedi dopo aver perso, inventando imbrogli avversari come giustificazione della propria sconfitta. Ride, poi scuote il capo e commenta: «Sei pieno di sorprese, Luke Hemmings!»

Parlano a lungo, questa volta parlano davvero.

Si nota così tanto, le chiede Luke, che sono cotto di lei?

Debbie ride ancora e gli risponde di sì, che il loro rapporto è così denso di affetto che tutti riescono a notare che tra loro c'è qualcosa di più di semplice amicizia fraterna. C'è amore – e mentre lo dice si sente un po' sciocca, perché quella non è una frase da lei, troppo poco razionale, ma anche rincuorata: forse non è così fredda come pensava di essere.

Parlano a lungo, tutta l'ora di pranzo, al punto che Luke, quando suona la campana, non è andato a parlare col professor Toomey e nemmeno ha mangiato. Ridono nel rendersi conto di aver entrambi lo stomaco vuoto, poi si alzano e raggiungono l'uscita della mensa, dove aspettano che il resto della compagnia esca per unirsi a loro. Continuano a scherzare tra loro come amici di vecchia data; Debbie commenta in maniera sarcastica gli stralci dei discorsi dei passanti che riesce ad udire, Luke ride fino alle lacrime.

Quando escono e li trovano lì, a ridere insieme, tutti i ragazzi si sorprendono; Michael fischia sommessamente e si scambia un'occhiata divertita con Shae-Lee; Calum batte le mani: ammira il suo amico per essere riuscito in un'impresa titanica quale aver stretto amicizia con Deborah Melvin, dopo che tutti i suoi tentativi sono andati a fondo come sassi in una pozzanghera; River sorride, ma un velo di tristezza impedisce al sorriso di coinvolgere gli occhi: c'è qualcosa che le brucia dentro, all'altezza dello stomaco, a quella visione, anche se non saprebbe dire che cosa. O forse non vuole ammetterlo a se stessa: è gelosa.

 



Ssssìììì, gente, sono davvero qui! :D
Non so nemmeno quanto tempo sia passato dall'ultimo aggiornamento e ho paura di scoprirlo, per cui non ci guarderò. Non so se c'è ancora qualcuno qui, che mi segue, ma se c'è chiedo scusa per il ritardo. Ormai non dirò più "non succederà più", perché sappiamo tutti che succederà, non ci so fare con le scadenze e a quanto pare ho un grossissimo problema con la scrittura da ormai mesi e mesi -- non solo ho postato solo due one shot da mesi a questa parte, ma non ho davvero scritto altro, capite? È una cosa inconcepibile per me, che fino ad un anno fa non trascorrevo giorno senza scrivere. Grazie università. ♥ Cooomunque, a parte questo, ho un serio problema con questi ragazzi; ho mollato in tronco il fandom dei 5sos ormai mesi fa, disgustata da certe testimonianze, e ora faccio un po' fatica a scrivere di loro, in particolare di Michael, che sto cercando di farmi tornare simpatico almeno per riuscire a finire la storia. Anche perché ci sarebbero ancora un po' di cose da scrivere su di lui e... be', prometto che ci proverò.
Per il betaggio del capitolo ringrazio come al solito la mia Bobbol Fede, che ora su efp si chiama m a y h e m (questa volta l'ho imparato in fretta!).
Poi, niente, se c'è ancora qualcuno che legge, spero che almeno il capitolo sia valso il capitolo dell'attesa. Sto già provando a scrivere il prossimo, ma non si sa mai.
Detto questo, come state? Va tutto bene? Spero di sì. Siete pronti alle feste? Quest'anno io ho iniziato presto ("presto") a occuparmi dei regali. Scommetto che comunque mi ritroverò il giorno della vigilia a fare acquisti folli perché avrò dimenticato qualcuno. 
Okay, me ne vado, prima che vi venga - giustamente - la voglia di linciarmi. Prima di dileguarmi del tutto, vi ricordo che QUI potete trovare tutti i miei contatti. 
Un abbraccio a chiunque sia arrivato fin qui! ♥

  
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