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Autore: Kalyma P Jackson    05/12/2014    1 recensioni
[Titolo provvisorio]
"Mancavano solo pochi metri quando la corda iniziò a cedere. Melissa sapeva che non era molto resistente. Aveva accumulato, rubandole dalla lavanderia, lenzuola per giorni e giorni, poi le aveva intrecciate strettamente. Dopo ore e ore passate a spremersi le meningi, aveva ritenuto che la finestra fosse l’ unica via di fuga. La porta di notte veniva chiusa, e sapeva che tentare di procurarsi le chiavi era inutile, e di giorno non era permesso uscire, se non accompagnati. Ed erano molto ligi al dovere, nella sua Casa- Famiglia.
[...]
"Zaccarias Costello..." aveva sibilato il rettile, strisciandogli intorno sospettosa.[...] "Ascoltami bene, perché non ho voglia di perdere tempo. Tu sei un Figlio della Natura. No, non vuol dire hippie. Ti sarai sicuramente accorto del piccolo particolare di, che so, tu parli con gli animali e gli altri no, giusto? Benissimo. Sono i primi sintomi, ed è un abilità naturale che non richiede nessuno sforzo. Gli altri poteri (il pezzo grosso, per intenderci) si manifestano più tardi. Si tratta del dominio di alcuni elementi naturali, ovvero, acqua, fuoco, terra e aria. Ora, c’è questo posto dove si... “addestrano” quelli come te. E dove siete al sicuro, tra parentesi."
Genere: Avventura, Comico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Mancavano solo pochi metri (due, massimo tre) quando la corda iniziò a cedere. Melissa sapeva che non era molto resistente. Aveva accumulato, rubandole dalla lavanderia, lenzuola per giorni e giorni, poi le aveva intrecciate strettamente. Dopo ore e ore passate a spremersi le meningi, aveva ritenuto che la finestra fosse l’ unica via di fuga. La porta di notte veniva chiusa, e sapeva che tentare di procurarsi le chiavi era inutile, e di giorno non era permesso uscire, se non accompagnati. Ed erano molto ligi al dovere, nella sua Casa- Famiglia.
Melissa deglutì, cercando di andare più veloce. Si sentì uno strappo. Imprecò. Ancora pochi secondi e si sarebbe rotta qualcosa, come minimo, e la sua fuga sarebbe saltata. Decise, infine, che giocare d’ anticipo era la mossa migliore e, oscillando leggermente, saltò. Una volta a terra (dove, fortunatamente, era atterrata in piedi come aveva sperato) notò che si era tirata dietro la sua “corda”. Poco male, si disse infilandola nello zainetto malmesso che portava in spalla, può sempre essere utile. Magari in mancanza di carta igienica … Ridacchiò per il pensiero stupido, poi iniziò a correre. Una risata le uscì dalle labbra: era libera, libera!
Addio bulletti idioti! Addio, educatori! Addio orari da rispettare! Addio, dittatura! E soprattutto, addio, Case-Famiglie! Le veniva da saltellare, se pensava che non ne avrebbe più vista una. Da quando aveva perso i genitori, se n’ era trovate davanti a migliaia, come anche di persone che volevano darle una nuova famiglia. Ma la sua unica famiglia, dopo i genitori, era stata Mo.
Da quello che poteva ricordare, era un cane. O forse un lupo. Non ne era sicura. Ma questo non le aveva mai creato troppi problemi. Lei aveva il Dono. O almeno, Mo lo chiamava così. Diceva che era per questo che riuscivano a parlare. E non doveva, diceva sempre lui, parlarne ad altri. Loro, se ne sarebbe accorta da sé, non lo avevano. Era raro trovare qualcuno come lei. Più o meno quanto trovare un pelo bianco sulla sua pelliccia, le ripeteva spesso. E Melissa rideva. Mo aveva la pelliccia nera e lucente.
Melissa si lasciò cadere a terra, improvvisamente esausta. Non doveva pensare a Mo, si disse. Aveva altri problemi. E lui non c’ era più. Passato. Sparito. Smaterializzato. Scacciando quell’ emozione agrodolce che aveva preso a roderle le viscere a quel pensiero, si alzò, guardandosi intorno, spaesata.
Dov’era? Non ricordava neanche se, dopo la fuga, si era diretta a destra o a sinistra. Osservò meglio il posto.
Si trovava in una viuzza stretta tra due grandi palazzoni moderni, tutti e due con le facciate di un triste color grigio. In fondo, una cancellata, che probabilmente serviva a dividere due diversi condomini, faceva sì che diventasse un vicolo cieco. Sembrava un luogo tranquillo. Non era neanche troppo sporco.
Melissa si strinse in un angolino, la schiena appoggiata al muro, le gambe strette al petto, la testa poggiata sul ginocchio. Non si stava male. Era in Primavera. Non faceva nemmeno troppo freddo.
Che farò, d’ ora in poi? si chiese, prendendosi la testa tra le mani. Aveva tredici anni. Non poteva lavorare. Per un secondo, si chiese cosa diavolo le era passato per la mente. Come poteva sperare di sopravvivere? Non aveva soldi, né casa, né niente. Ma nella Casa- Famiglia? Lì, aveva del cibo e un posto dove dormire. E nient’ altro. Tutto sommato, non stava molto meglio. Meglio affamata che reclusa, concluse alla fine. In quel posto aveva trovato solo ragazzini depressi, bulletti da quattro soldi e educatori motivati quanto un aspirapolvere. Altri cinque anni lì non se li faceva.
Si sistemò un po’ più comodamente. Il giorno dopo, avrebbe visto dove la portava il treno. Poi, beh, si sarebbe arrangiata.
                                                                                         ∞ Ω ∞
Zac arrancava tra rifiuti e cumuli di spazzatura, facendo un elenco di tutti i capoluoghi delle regioni italiane, per evitare di pensare alla puzza più di quanto non facesse già. Zandra, davanti a lui (molto davanti a lui), si girò per scoccargli un occhiataccia. << E’ piacevole la passeggiata?>> chiese ironica, sbattendo con forza la punta della coda sul terreno, sottolineando la sua irritazione.
Zac la ignorò, anche se aveva una mezza idea di farle presente che lui non era una biscia, ergo, non poteva strisciare facilmente in ogni anfratto superando qualunque ostacolo. Dopo un paio di minuti, finalmente, la raggiunse, e lanciò un occhiata a quanto restava da percorrere. Fortunatamente, ancora una decina di metri e si sarebbe lasciato la discarica alle spalle.
Mentre riprendeva a camminare, con i piedi che già incominciavano a implorare pietà, si chiese perché cavolo stesse facendo quello. E se una persona sana di mente avrebbe accettato di seguire un serpente per raggiungere un posto sconosciuto di cui non ricordava neanche il nome. Ma lui aveva escluso la possibilità di essere sano di mente dalla sua prima conversazione senziente con un animale, cioè anni prima, quindi era a posto. E si era sempre considerato mezzo pazzo, fino all’ arrivo di Zandra.
Lo aveva bloccato in mezzo alla strada, ergendosi in tutta la sua altezza serpentina, emettendo un sibilo minaccioso. Non il modo migliore per farsi ascoltare, ma sicuramente d’ effetto. Zac era balzato all’ indietro, ribaltando la busta della spesa e sprecando metà del suo contenuto, con un urlo di sorpresa così acuto che probabilmente i pochi passanti si erano chiesti chi stesse sfregando il gesso sulla lavagna.
<< Zaccarias Costello...>> aveva sibilato il rettile, strisciandogli intorno sospettosa. << Sì?>> aveva ribattuto lui, con un fil di voce. Mentre lo squadrava critica, Zac era sicuro di aver visto uno scintillio divertito brillare negli occhi dell’ animale. Ma quella si era subito girata, intimando: << Seguimi.>>  Ed era sgusciata via. Zac era rimasto lì inebetito per qualche secondo, finché la voce infastidita della serpe non aveva esclamato: << Allora? Muoviti!>> A quel punto, aveva raccattato le poche cose utili che ancora gli restavano della spesa, e si era affrettato a seguirla.
Una volta arrivati a quello che la serpe (che si era presentata poco dopo come, appunto, Zandra) riteneva un luogo appartato, cioè un angolo di piazzetta nascosto e ignorato dai più, era iniziato il racconto.
<< Senti, piccoletto>> aveva esordito, con quella che, detta da una che ti arriva a malapena al polpaccio, era un’ affermazione decisamente comica. Ma a Zac Zandra, con quei dentini aguzzi e lo sguardo ferino, non ispirava tutta questa voglia di ridere.
 La serpe aveva ripreso:<< Ascoltami bene, perché non ho voglia di perdere tempo. Tu sei un Figlio della Natura. No, non vuol dire hippie. Ti sarai sicuramente accorto di qualche piccolo particolare, del tipo, non so, forse che tu parli con gli animali e gli altri no, giusto? Benissimo. Sono i primi sintomi, ed è un abilità naturale che non richiede nessuno sforzo. Gli altri poteri (il pezzo grosso, per intenderci) si manifestano più tardi. Si tratta del dominio di alcuni elementi naturali, ovvero, acqua, fuoco, terra e aria. Ora, c’è questo posto dove si... “addestrano” quelli come te. E dove siete al sicuro, tra parentesi. C’è stato un aumento di... minacce, in questo periodo. Tecnicamente, a farti questo bel discorsetto, dovrebbe esserci un essere umano. Ma molti di loro sono impegnati con questi, ehm, problemini, perciò, eccomi qui. Domande?>> L’ultima affermazione era stata detta in tono decisamente annoiato, ma Zac non aveva certo intenzione di tenersi tutto dentro. << Scusa... ma perché diavolo abbiamo questi poteri? Perché noi? Perché io? Ammesso che ti creda.>> aveva precisato il ragazzino.
Gli occhi del serpente, piccoli, gialli e freddi, lo avevano scrutato più insistentemente, come se fosse finalmente diventato degno di vero interesse. << Non lo so, piccoletto. Sono gli Spiriti della Natura a donare i poteri. Quelli maggiori, ovviamente, eh, non qualche driade da quattro soldi. I più grandi, quelli che hanno creato il mondo: Acqua, Fuoco, Terra e Aria. Le personificazioni dei quattro elementi, potremmo dire. Ma adesso non è importante. Ti divertirai a studiare Storia della natura più tardi. Devi deciderti: vuoi venire o no?>>
<< Come faccio a sapere che posso fidarmi?>>  aveva ribattuto saggiamente Zac. Anche se in realtà la saggezza con la sua domanda centrava ben poco. Non era uno sprovveduto, certo, ma le parole del serpente lo avevano convinto alla grande. A suo parere, ci aveva azzeccato su un po’ troppe cose per mentire. Ma non sapeva come risponderle.
Una parte di lui, non vedeva l’ ora di partire. Un posto dove non avrebbe dovuto nascondere le sue doti, ma anzi, coltivarle, in cui c’ era persino della gente simile a lui... Stava forse sognando? Ma tutto il resto gli metteva davanti tutti i problemi del viaggio, a cominciare dal fatto che probabilmente non sarebbe stata una comoda gita in macchina (e su questo, si disse in quel momento, aveva del tutto ragione) e poi... Sua madre. Se fosse andato, l’ avrebbe più rivista? E poi, non poteva certo dirglielo. Lo avrebbe portato dallo psichiatra. Anche senza i soldi. Si sarebbe inventata qualcosa. Era già da un po’, in effetti, che campavano di stratagemmi. E sempre da un po’, a pensarci bene, vedeva sua madre sempre meno. Colpa dei turni di lavoro improponibili. Ma nessuno osava lamentarsi. La gente non ci teneva particolarmente a finire in mezzo alla strada.
 Ci rifletté. Se lui non ci fosse stato, come sarebbe stata la vita di sua madre? Migliore, senza dubbio. Si sarebbe anche potuta cercare un lavoro decente, magari. L’ avrebbe chiamata di frequente, aveva deciso. Forse qualche volta sarebbe potuto anche andare a trovarla. Fu forte di queste convinzioni che interruppe il monologo spazientito di Zandra, che in sostanza gli chiedeva perché avrebbe dovuto perdere tempo con lui senza una valida ragione, e disse di sì. Accettava. Quel pomeriggio, aveva abbandonato casa sua. Segno della sua recente presenza, la spesa e un biglietto per la madre.
 E ora era lì, a chiedersi se avesse fatto la scelta giusta. Chissà se sua madre stava bene. Chissà se lo pensava. Chissà se aveva avvertito la polizia. Chissà se le mancava. A lui, sì. Ma non poteva tornare indietro. Non voleva tornare indietro. Si chiese se non fosse impazzito definitivamente.
<< Quanto manca?>> chiese a Zandra, per distrarsi. Rimuginarci sopra per delle ore non gli sarebbe servito a molto.
La serpe sollevò la testa, fissando l’ orizzonte. O almeno ci provò, visto che molto probabilmente case e palazzi vari glielo impedivano. << Dobbiamo raggiungere il mare, e il posto più vicino che mi viene in mente è Napoli. Una bella scarpinata a piedi, soprattutto per un tipetto deboluccio come te.>> Qui Zandra gli lanciò un occhiata di disprezzo. Qualcun’ altro, magari, le avrebbe rifilato una rispostaccia, ma Zac non era esattamente un tipo a cui piaceva litigare. E Zandra non aveva nemmeno tutti i torti.
<< Comunque, a occhio e croce, altri dieci chilometri. Forse venti.>> Il ragazzino si lasciò sfuggire un gemito. Al solo pensiero, gli tremavano le gambe. << Bene, adesso che abbiamo fatto la pausa caffè, si riparte! Forza, piccoletto, muovi quel sedere! Vorrei arrivare a casa entro quest’ anno, grazie.>> 
    
Angolo Autrice:
Ehilà! Per chi non mi conosce (tutti, credo) sono Kalyma. Forse qualcuno, mesi e mesi fa, avrà visto una storia simile a questa... Ecco, era questa, perchè la sto ripubblicando. Non ho rubato niente a nessuno, keep calm! Spero sinceramente di non aver ucciso nessuno con questo capitolo non proprio piccolo, e che non vi siate annoiati. E vi prego di non prendere la trama per scontata, perchè so che sembra la solita solfa, ma ritengo che sarà meglio dei soliti clichè da quattro soldi. In qualunque caso lasciatemi le vostre impressioni (positive e negative) con una recensione, per favore. Sono molto importanti per me, vincete la pigrizia! Detto questo, ciao
                                                                                                                                                                    Kalyma
  
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