Prologo
«Scappa!»
Come un gesto del tutto
involontario, dettato dal mio istinto e senza ripensamenti, cominciai a
correre. Sentivo ogni singola fibra dei miei quadricipiti muoversi e
dare forza
a quel movimento, l’energia istintiva mi scorreva bruciante
come la lava lungo
tutto il corpo e riuscivo a sentirne il calore nelle ginocchia, poi nel
polpaccio e sempre più giù nella caviglia fino ai
piedi. La dolce e devastante
sensazione di adrenalina nel sangue mi dava una carica e una sensazione
di
invincibilità mai provata prima. Ma sapevo non sarebbe
durata a lungo, dovevo
approfittarne ora finché potevo. Pioveva senza fine quella
notte, le gocce che
scendevano dal cielo appena toccavano il suolo si trasformavano in
melma e in
fango, nemici giurati della fuga rapida e indolore. Fradicia dalla
punta dei
capelli fin dentro alle ossa, continuavo a correre, cercando di evitare
gli
arbusti, i solchi e i massi per quanto possibile. Avevo sempre amato il
bosco,
ma in quel preciso istante avrei voluto trovarmi su una liscissima
strada cementata.
La stanchezza ormai si
stava facendo sentire, dovevo fermarmi, volevo fermarmi ma non potevo.
Riuscivo
a sentirmi il cuore in gola e il mio respiro era cosi affannoso da far
paura.
All’improvviso qualcuno mi prese la mano, una scarica
elettrica lungo tutto il
braccio che sarebbe durata per minuti mi percorse corpo e anima e la
fatica
svanì così com’era apparsa. Sapevo chi
era, l’avrei riconosciuto in qualunque
momento e in qualunque luogo. Mi lasciai trascinare da lui, non
m’importava
dove stessimo andando o chi ci stava inseguendo o cosa avremmo dovuto
fare; io
vicino a lui ero al sicuro e basta. Ero frastornata da tutto, sentivo
delle
urla impercettibili, delle parole quasi sussurrate e dei guaiti
bisbigliati;
non so se era più la guerra che stavamo combattendo a
distruggermi o quella
pioggia incessante.
Avrei voluto arrendermi,
ma sarei stata giudicata come debole e nessuno avrebbe più
voluto avere a che
fare con qualcuno che molla tutto nel bel mezzo di una battaglia come
questa.
Caddi qualche volta a terra tra la poltiglia bruna e putrida e ogni
volta
prontamente Liam mi rialzava prendendomi dalle ascelle come una bambina
di due
anni. Finalmente il mio desiderio fu esaudito ed entrammo in una
vecchia
cascina abbandonata in chissà quale parte sperduta del bosco
di Darkhood. Non
appena varcai la soglia le mie gambe cedettero e mi buttai a terra
senza forze.
«Piccola che succede?
Stai bene?»
«Devo
solo…» risposi con
affanno «..riprendermi» almeno adesso non
c’era più quella martellante pioggia.
«Siediti un attimo qui
e
rilassati.»
Mi fece sedere su una
specie di vecchia e arrugginita poltrona scassata, anche se il quel
momento mi
sembrava uno dei posti più comodi al mondo; il pavimento
però mi sarebbe andato
ugualmente bene.
«Li abbiamo seminati ma
non possiamo restare qui, non è sicuro. Appena staremo
meglio, o per la
precisione, quanto tu riprenderai le forze, ritorneremo al rifugio.
Passare il
campo di battaglia sarà complicato ma se siamo veloci
potremmo farcela. Dio,
questa guerra sta portando l’inferno sulla terra.»
continuava a parlare e fare
supposizioni su tutto, non riuscivo ad ascoltarlo, era davvero troppo
per me.
«Annabel, amore, che
hai?»
«Ho paura
Liam…» e
mentre lo dicevo delle lacrime amare cominciarono a solcarmi il volto e
non
riuscii più a trattenerle.
«Lo so, ma non
preoccuparti,
non lascerò che ti succeda qualcosa, va bene? Prima di
toccarti dovranno
passare sul mio cadavere.»
Gli credevo, davvero. Ma
non avevo paura per me, avevo paura per lui. Non volevo che si
sacrificasse per
me, doveva solo restare e tutto sarebbe andato bene. Lo amavo. E ogni
volta che
guardavo quegli occhi color oro, mi giuravo che avrei guardato solo lui
in quel
modo e che avrei amato solo lui così profondamente e
immensamente. E anche se
tutto sporco e bagnato, restava quel dio greco perfetto, non solo
esteriormente
ma anche nell’animo.
All’improvviso Liam
s’irrigidì, il suo sguardo era diventato serio e
cupo, il suo corpo teso e
impassibile. Andò verso la finestra e scrutò
attentamente fuori.
«Sono qui»
disse. Non
avevo mai provato così tanta paura per due semplici parole,
così banali quanto
assolutamente vere. Avrei davvero voluto rimanere lì, non
era il posto più
accogliente del mondo ma almeno era asciutto, isolato ed eravamo
insieme. Perché
questa stupida guerra? Non potevamo restarcene ognuno nel proprio
territorio?
Oppure trovare un accordo? Ma certo che no, dovevamo complicarci la
vita, come
se vivere fosse semplice. Avevo provato a esprimere la mia opinione nel
Consiglio Supremo ma nessuno ha prestato attenzione alle
“insulse idee di una
ragazzina viziata” come aveva affermato uno dei consiglieri.
Avevo persino
preparato un discorso ed ero sembrata abbastanza convincente
nell’esporlo anche
se non bastò perché l’unica risposta
che ricevetti fu: «Stiamo perdendo tempo
ad ascoltare inutili idee come le tue. Abbiamo già deciso.
Perché non torni a
giocare con le bambole?» Bambole? Ho sempre odiato le bambole
e non sono una
bambina, ho 17 anni! E poi non dovremmo essere noi, la magnifica casata
dei
Lightstar, quelli ragionevoli e superiori agli altri? Sempre dalla
parte di ciò
che è più giusto quando invece ci comportiamo
esattamente come i Blackhead con
la differenza però che non lo ammettiamo? Ero giunta alla
conclusione che
sarebbero stati loro ad avere la coscienza sporca e io avevo provato a
seguire
la retta via. In ogni caso, adesso eravamo noi quelli in una situazione
critica
e ne pagavamo le conseguenze.
Mi alzai senza pensarci
due volte cercando di mantenere l’equilibrio, Liam mi prese
per mano e uscimmo
da una porta sul retro. Appena
misi un
piede fuori dalla soglia in mezzo al fango, scivolai come se la sola
forza di
gravità fosse già troppo da sostenere per il mio
corpo. Mi rialzai con fatica e
cominciammo a correre in direzione della valle Talahara, dove si teneva
la
battaglia. Avevo la sensazione che ci stessero seguendo, mi sentivo
come una
preda quando sa che sta per essere cacciata e la sua unica
possibilità di
vincita sta nell’avanzare più veloce del
predatore. Corremmo per almeno dieci
minuti finché Liam si fermò in una piccola radura
in mezzo al bosco, si girò
per guardare indietro e disse: «Non li vedo né li
sento più, forse li abbiamo
seminati.»
Era
troppo buio fuori, un’oscurità soffocante
e opprimente ci circondava; aveva smesso di piovere e la luce della
luna
illuminava le gocce sulle foglie degli alberi facendole sembrare delle
piccole
lucciole contornate da un’aura argentata. Continuava a fare
freddo e l’umidità
entrava nelle le ossa, facendomi tremare. Tutto d’un tratto
una voce uscì dalle
tenebre: «Non credo proprio. Basta scappare da codardi,
affrontate ciò che è
inevitabile: la vostra morte.» Abituandomi al buio
riuscì a scorgere una figura
indistinta, molto simile all’uomo nero delle storielle che
raccontavo a mio
fratello quando era piccolo per spaventarlo. Ma non era solo,
perché ai suoi
lati comparvero altri due uomini altrettanto spaventosi come il primo.
«Le
uniche persone che moriranno sarete voi, lasciateci passare e avrete
salva la
vita.» Rispose Liam usando il suo tono minaccioso, tanto raro
quanto sexy.
Avrei voluto dire anch’io qualcosa ma ero paralizzata e per
di più il mio
aspetto gracile e i miei occhi da cerbiatto impaurito non avrebbe
creato alcun
timore nel cuore di quei prepotenti, ammesso che ne avessero uno.
«Stupido ragazzino, mi
fai solo ridere» Esclamò la figura più
a destra. «Scommetto che non sarai più
così sfrontato dopo che ti avrò ridotto in un
sacco di carne morta»
«Allora
perché non ci
battiamo solo tu ed io e vediamo chi ha ragione eh?»
«Sarà un piacere spaccarti
tutti i denti e non farti più parlare, arrogante
moccioso»
«Basta
Frederik!» Urlò
quello in mezzo, il presunto capo. «Finiamola con queste
chiacchere. Io e te
prenderemo il ragazzo, tu, invece, Logan, avrai la ragazza tutta per
te. E mi
raccomando: viva e vegeta.» Dei brividi mi percorsero tutta
la spina dorsale al
sentire quelle parole pronunciate con tanta autorità e
disprezzo.
Liam mi bisbigliò
all’orecchio di stargli vicino e forse anche
qualcos’altro che in quel momento
non capii poiché l’unico suono che arrivava al mio
apparato uditivo era il
battito troppo accelerato del mio cuore, che mi pregava di dargli
tregua. Ci
circondarono in modo che Liam non potesse affrontarli e proteggermi
contemporaneamente. Non potevo sopportare l’idea che si
ferisse o distraesse a
causa mia: dovevo fare qualcosa. Cosi, d’impulso, decisi di
attaccare per prima,
scaturendo la sorpresa di tutti. «Empuros» Quando
pronunciai ad alta voce
l’incantesimo Logan venne colpito da una
molteplicità di piccole scosse, come
dei fulmini, su tutto il corpo. Si accasciò a terra tra il
fango con gli occhi
girati verso l’alto e le palpebre tremolanti; non sarebbe
stato letale ma lo
avrebbe fermato per qualche minuto. «Non preoccuparti per me
amore, me la cavo!
Occupati degli altri due.» gridai. Mi afferrò il
polso per guardami negli occhi
e cercare il coraggio necessario a lasciarmi andare. Magari non sarei
stata
capace di difendermi usando la violenza fisica, ma in quanto a magia
ero la
migliore e che gli piacesse o no, dovevo andarmene e affrontare il mio
destino.
Annuì e senza esitare si scagliò ferocemente
sulle due figure e la lotta ebbe
inizio. Nel frattempo Logan era ancora steso a terra ma
l’effetto delle
scariche stava perdendo potenza e io dovevo trovare un piano di
riserva.
Ripensai a tutte le lezioni di “strategia
militare” o di “arti
occulte”, dovevo
essere perspicace, mettere insieme ciò che avevo appreso
così da poter guadagnare
più tempo possibile per fuggire oppure sconfiggerlo. Non
dovevo farlo avvicinare
troppo a me, questo era sicuro, ero debole nel corpo a corpo quindi una
debita
distanza mi avrebbe permesso più possibilità di
vittoria; non potevo affidarmi
a troppa magia o la mia forza vitale si sarebbe prosciugata, bisognava
che
usassi pochi incantesimi potenti ma mirati. Trovare la giusta
combinazione non
sarebbe stato semplice, dovevo tener conto del luogo, delle condizioni
atmosferiche e della mia stanchezza. L’uomo a terra si stava
rialzando, e non
avevo più tempo per pensare. Con voce affannata Logan mi
disse: «Te ne pentirai
amaramente.»
Ormai era in piedi a
cinque metri da me. «E poi non devi essere per forza tutta
intera per essere
viva sai?» Purtroppo, ero a conoscenza di ciò ma
non sarebbe mai riuscito a
prendermi, sapevo cosa fare.
«Epitréfei»
Pronunciai.
Dal terreno cominciarono a crescere dei rami sottili ma resistenti che
gli
circondarono le caviglie salendo fino su alle ginocchia e alle anche.
Lo avevo
immobilizzato per ora, questo mi dava sicuramente un vantaggio
però dovevo
continuare velocemente con il mio piano. In situazioni di questo tipo,
l’esitazione può costarti la vita ed io non ero
assolutamente pronta a lasciare
questo mondo per sempre.
«Akanthai»
Delle spine crebbero
lungo i rami. Logan fu infilzato sulle gambe da piccoli aculei e
cominciò a
gridare dal dolore. Non ero abituata ad usare incantesimi
così violenti,
tuttavia stanotte non potevo permettermi di essere compassionevole.
Riuscii a dare
un’occhiata veloce a Liam e notai che se la stava cavando
piuttosto bene: il
capo era inerme a terra, mentre Frederik cercava di alzarsi nonostante
avesse un
braccio rotto. Liam aveva il labbro spaccato e sanguinante ma per il
resto
stava fortunatamente bene. Assestò un gancio destro a
Frederik che barcollò
all’indietro e subito dopo un calcio al diaframma gli tolse
il respiro. Speravo
che si sarebbe arreso ma invece prese la rincorsa, si gettò
con tutto il peso
su Liam e finirono entrambi nel fango. Prontamente però lui
riuscì a
respingerlo e la situazione si ribaltò. Liam si mise a
cavalcioni su di
Frederik e cominciò a colpirlo con una raffica di pugni. Ora
che avevo
accertato che la mia dolce metà stesse bene, dovevo pensare
a me stessa. Con i
due incantesimi che avevo compiuto stavo davvero pensando di poter
vincere questa
piccola lotta finché Logan non riuscì, non so
come, ad estrarre un pugnale
dalla giacca e liberarsi dai rami tagliandoli. Mi preparai per la
prossima
mossa, l’avrei paralizzato momentaneamente, bloccando gli
impulsi nervosi nelle
sinapsi neuro-muscolari, tuttavia Liam mi precedette e lo
colpì in testa con un
bastone, sorprendendomi. Gli stavo correndo incontro per abbracciarlo
quando
una freccia lo trapassò la spalla, facendolo cadere a terra
con un gemito
doloroso. Soffocai un urlo. Tentai di soccorrerlo ma fui bloccata e
legata con
una catena da un uomo, feci un incantesimo ma non funzionò.
Scalciai, gridai e
cercai di liberarmi con tutte le mie forze. Queste ultime,
però, mi stavano
abbandonando; riuscii a malapena a vedere un’ombra prendere a
calci Liam senza
pietà e a trovare la forza per pregarli di smettere.
«Basta, vi prego, lasciateci
stare, basta!» Piansi, guardando impotente
quell’orribile scena. Finalmente la
figura si allontanò dal mio ragazzo, dirigendosi verso di me
e il mio
aggressore. «Andiamo
forza, il capo ci
attende con la ragazza» disse l’ombra senza volto.
«Liam!»
Gridai il suo
nome milioni di volte, tanto da sentire le corde vocali bruciare e
chiedermi
pietà. «No, non potete! Lasciatela andare,
Annabel! Amore, Annabel!» Si disperò,
cercò di alzarsi, di strisciare a terra, rotolarsi tra il
fango, qualunque cosa
per raggiungermi. C’erano più lacrime nostre che
pioggia, e ora avrei preferite
mille volte le gocce che scendevano dal cielo piuttosto di quelle che
scendevano dai nostri occhi, dai nostri cuori.
«Liam,
sarò per sempre
tua, ricordatelo!» Furono le ultime
parole che gli dissi mentre mi trascinavano via, lontano da lui; sapevo
che
quasi sicuramente non l’avrei più rivisto e
sentì il mio cuore frantumarsi come
vetro che si schianta sul cemento. Era come essere in un incubo, solo
che
questo era reale, era la realtà, non mi sarei svegliata e
trovato Liam
abbracciato a me, non avrei più rivisto casa mia o la mia
famiglia o i miei
amici. Non avrei più inspirato il profumo di fiori in camera
mia, mia mamma non
si sarebbe più stesa accanto a me prima di dormire,
papà non sarebbe più venuto
in bicicletta con me. Avrei dovuto essere protetta, ero la figlia della
Regina,
avrei dovuto non partecipare a questa guerra senza senso. Mentre quei
due
uomini mi trascinavano chissà dove, i suoni della battaglia
raggiungevano le
mie orecchie, uccidendomi poco a poco. Immaginavo mio fratello nascosto
e al
sicuro, i miei genitori con lui, lontani dal dolore e dalla distruzione
che
riempiva questo mondo. Pregavo quel Dio, che gli umani tanto
idolatrano, di
salvarli, di proteggerli tutti: Lily, Adam, Liam, i nonni e tutti i
miei
compagni. Pregavo anche un po’ per me stessa, nonostante
fossi consapevole che
non avrei forse neanche visto l’alba, che sarei morta o che
la mia vita sarebbe
stata sconvolta totalmente. Sentivo l’impulso di dormire, il
mio corpo che
cedeva a tutti gli attacchi subiti durante questa notte interminabile,
e decisi
di abbandonarmi alle richieste del mio organismo. Magari morire da
addormentati
avrebbe fatto meno male, magari mi avrebbe fatto rivedere prima Liam,
magari
non avrei percepito niente. Per cui chiusi gli occhi e, mentre
l’uomo che mi
trasportava rise, io caddi in un sonno profondo, sperando con ogni
cellula
presente in me di svegliarmi ed essere fuori da questo incubo terribile.