Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Revan    06/12/2014    4 recensioni
La montagna pende a picco su Arendelle, sussurra parole nella notte; che la principessa faccia la guardia nel proprio sonno, o chissà quali pensieri potrebbe soffiare al suo orecchio la montagna che ride!
"Che guaio, che guaio davvero, se non si è al sicuro neppure nella propria testa."
Genere: Drammatico, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elsa, Hans, Re, Regina, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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la montagna incantata
Cose importanti qui, blablabla in fondo:
1) non posso farne a meno: musica per il capitolo, prego!  Camille Saint-Saëns - Danse Macabre
2) il titolo non inganni e T. Mann mi perdoni: la mia montagna incantata non ha nulla a che fare con la sua :')





La Montagna Incantata: 
01. il filo dei pensieri

C'era una volta un Re seduto su un sofà, che disse alla sua serva: “Raccontami una storia!”, e la Serva incominciò:
[...] un Re seduto su un sofà, [...]“Raccontami una storia!”
[…]
[…]
[…] e la Serva incominciò:



Tutta la servitù è accorsa al pianto di Anna; ora piagnucola solo per scena, è bello avere tante persone attorno, no, principessa non fare così, è solo un graffietto, vedi, non sanguina più, vedi, ora è tutto a posto, ci pensa Gerda, guarda.
La regina si tormenta le mani, angustiata, mentre la bambinaia riempie di tenere sciocchezze la figlia: il marito si è chinato sulla piccola. I grandi occhi azzurri sono pieni di un terrore vecchio, che nulla ha che vedere col fatto che Anna si sia ferita il mignolo col coltello del burro.
Elsa è rimasta al suo posto; sbocconcella lentamente un biscotto, le gambe nude a penzoloni dalla sedia. Fissa con sguardo azzurro la scena, il viso paonazzo della sorella, la sua bocca deformata e umida dallo sfogo, il dito bendato prontamente attorno al quale si avvicenda lo stormo di donne. Un macchiolina rossa è fiorita sulla punta.
Dal balcone entra la luce violenta del mattino. La tovaglia bianca è incendiata, le ombre dei bicchieri della saliera dei piatti oblique e di un colore senza nome. Il coltello (Cattivo coltello, cattivo! Non lo sai che non si ferisce il mignolo delle principesse?), il coltello è ancora in terra, è caduto con un toc secco sul tappeto. Anche se nessuno lo ha sentito, Elsa lo sa.
La lama irraggia bagliori strani contro le gambe del tavolo, la seghettatura è spruzzata di rosso ed Elsa sente il cuore riverberato in gola, anche se continua a mandare giù briciole di biscotto appuntite come ghiaia.
“Chissà che sensazione fa sulla pelle”, pensa. Anna sta ancora tirando su di naso con voce lamentosa; nessuno si accorge che Elsa è scivolata dalla sedia e si è chinata a raccogliere il coltello.
Scintilla meno, adesso che lo tiene per il manico, riflette solo il giallo dei suoi nuovi guanti. Affascinata (ora il cuore le martella nelle tempie), passa l'indice sulla lama; poco più che una pressione sul polpastrello, un solletico, ma il sangue stria il guanto. Nient'altro.
Percorre nuovamente la seghettatura, un po' più forte, chissà che tipo di male fa, io non piangerei, no, e se...
“Elsa!”
La madre le ha strappato il coltello di mano, la strattona per un polso; gli occhi azzurri sono pieni di quella paura macerata in fondo al cuore ed Elsa sa, sa che quello sguardo è solo per lei e per nessun altro, come se fosse colpa sua, come se lei avesse fatto male ad Anna.
“E se li uccidessi?”, si trova a pensare Elsa, fissando la madre negli occhi.
Se li uccidessi con questo coltello, sì, forse la mamma non mi guarderebbe più così, forse la smetterebbero di preoccuparsi, chissà che effetto fa, chissà cosa succede dopo-
“Tesoro, cosa stai facendo?”
L'ombra del padre le sovrasta entrambe. Il filo di pensieri di Elsa si ingarbuglia; guardando l'orlo dei pantaloni di Adgar si sente improvvisamente come quando fece cadere lo specchio del salotto, che i frammenti schizzarono per tutto il pavimento e le schegge si impigliarono tra le frange del tappeto, e nulla nulla nulla l'avrebbe più rimesso a posto, andato, finito, gettato assieme all'immondizia, e ancora adesso ha una fitta al cuore ogni volta che vede la mensola vuota.
Cosa ho pensato?
Gli occhi della madre la guardano ancora con quell'angoscia di prima. Paura. Di lei?
Cosa ho pensato mamma?
“Ti sei fatta male anche tu? Cosa ti è saltato in mente di giocare col coltello? Fa vedere la mano... Elsa, tesoro, cosa succede?”
Adgar si china accanto alla bambina, che piange disperata contro il braccio della regina. I singhiozzi la scuotono talmente forte che non riesce a rispondere alle domande preoccupate del padre.
“Non piangere, fa vedere la mano- grazie Gerda, ci penso io.”
Anna, vistasi sottrarre così slealmente l'attenzione, ricomincia a frignare. La madre si libera delicatamente dalla stretta di Elsa per calmare l'altra figlia.
“Tesoro, non ti sei fatta nulla, guarda, è tutto a posto... Cosa ha messo la cuoca in quella cioccolata per ridurre le mie figlie così?”.
Gerda sorride un po' perplessa alla battuta del re, per poi tornare da Anna e la regina.
Elsa si stringe al padre senza smettere di singhiozzare, si aggrappa alla sua giacca come se lo stesse già perdendo, come lo avesse già perso, come se lo-

Non c'è stato modo di cavarle una parola di bocca: ha continuato a piangere tutta la mattina, a nulla sono valse le carezze, i rimproveri, i silenzi.
Solo quando Agdar, dopo averla riaccompagnata in camera, fa per lasciarla con una carezza sui capelli, Elsa gli prende la mano, tremando leggermente dal letto.
“Papà.”
“Cos'hai? Elsa, cosa è successo?”
Elsa si limita a guardarlo.
“E'... è per via dei poteri?”
La voce del re è così delicata, piena di comprensione.
La bambina continua a guardarlo con immensi occhi liquidi.
Mentre il re le si siede accanto per rassicurarla, andrà tutto bene amore mio, non è successo niente, non devi avere paura, Elsa non smette di supplicarlo in silenzio: “Non lasciarmi da sola coi pensieri. Non lasciarmi da sola, non andare via.”
Ma quando le tira le coperte sotto il mento (ha accostato le tende per schermare la cameretta dal mezzogiorno), e quando mormora come senza fine tutte le parole senza senso, e quando le bacia la fronte, Elsa non può fare a meno di cedere alla morbidezza del cuscino, alla pesantezza delle palpebre: cade stremata in un sonno senza sogni.

*

(I pensieri sono infidi. Non lasciateli entrare se non sapete dove portano)

*
E' sera quando si sveglia. Non c'è traccia di ghiaccio, né sul lenzuolo, né alle pareti.
Si sente sudata nei posti più strani, la schiena, la nuca, persino le mani dentro i guanti.
L'enormità dei pensieri pende a picco su di lei; si sente come osservata da dentro, da occhi che non sono i suoi.
Smettila!, sembra dire lo scatto con cui si porta a sedere sul bordo del letto.
Non l'ho pensato io. Non l'ho pensato io, impossibile.
Il buio della stanza è troppo, si soffoca. Scosta le tende: le luci della città si ammollano nel fiordo. I tetti neri, c'è una pace.
Io voglio bene alla mia mamma, io voglio bene al mio papà.
Io li amo.
Pensa.
Io li amo, pensa più forte. E' come un sasso lanciato in uno stagno immobile: la montagna è nera contro il cielo, la sua cima più alta a mezzaluna pare sorridere.
Rimane alzata a lungo, seduta alla cornice della finestra, ripetendosi come uno scongiuro contro ogni male li amo li amo li amo li amo liamoliamoliamo..., gli occhi fissi alla massa della montagna, finché le parole perdono il loro sapore e il loro potere. Nel buio, non sono altro che parole.




*

(Vi avevo avvertiti: i pensieri sono davvero infidi)

*

I giorni trascorrono per strappi secchi per Elsa, di angoscia in angoscia: un'apnea nelle acque più torbide di un'immaginazione che non sapeva di avere, per poi riemergere improvvisamente, col fiato a singhiozzi.
Più di una volta si è sorpresa a fissare il centro tavola, gli spartiti, i libri del maestro senza volere ricordarsi da quale incubo era appena sfuggita.
E' inutile che si ripeta la formula: tra i liamo liamo liamo si infilano sempre più spesso immagini strane, domande che certo non è lei a porsi, che risalgono a galla come tante bolle, che esplodono (pof! pof! pof!) nel silenzio della sua mente, piccoli petardi colorati.
Quanto tempo ci vuole perché tutto il sangue esca? Mi guarderebbe con paura se lo facessi? Il papà no di certo. Il papà no.
E se lo facessi?
Se lo facessi?
La principessa piange da mesi, ormai. A intervalli irregolari, alcuni giorni sì, alcuni giorni no.
Tutto il castello è abituato da qualche anno alle malinconie, alla riservatezza della più grande delle figlie del re, ma mai una volta aveva pianto così disperatamente e a lungo.
Dopo le prime settimane di agitazione, il personale si limita ormai a scuotere la testa, le cameriere più anziane accennano una carezza sui capelli biondi della bambina, poi tornano alle loro faccende. Quante lacrime ha bevuto, povera bimba? Non sta bene, non sta bene che una principessa pianga così, la malinconia non fa bene al cuore.
Il re non sa cosa pensare.
La montagna si riflette nelle acque picchiettate dalla neve sottile, ormai: la sua massa nera e bianca stringe il paese in una morsa.
Le aiuole del giardino non sono più che sporgenze di neve sull'altra neve dei viali; il pergolato di rose è crollato, sterpi forano il manto.
Elsa siede sola in mezzo a tutto quel bianco, lancia molliche di pane ai piccoli corvi appollaiati sul muro di cinta.
Che guaio- che guaio!, dicono becchettando attorno ai piedi della bambina.
Che guaio, che guaio davvero, se non si è al sicuro neppure nella propria testa!
Ha mai provato nessuno un dolore così? Un dolore così grande da schiantare il mondo. Se lo facessi... Se lo facesse, pensa, nel momento esatto in cui i corpi fossero immobili rovesciati l'uno sull'altro, il cielo ingoierebbe il mare con uno stridore di lamiera, le onde altissime fracassate contro la terra la sprofonderebbero; le stelle si spiccherebbero come margherite, fioccherebbero lievi come la neve che cade leggera attorno a lei, ora, e imbianca tutto, e disperde i confini del giardino, del paese, della montagna...
Lo stesso silenzio di adesso seguirebbe, e lei sola rimasta nell'orizzonte abbacinante e sterminato (la curvatura degli eventi dispersa lontano dietro di lei, niente più che un filo tremulo) respirerebbe l'aria sottile sottile, pulita libera: che sollievo. Che sollievo quando il dolore è trascorso, quando il peggio è passato, quando l'attesa del peggio è finita, perché peggio del peggio non può più accadere.
I corvi si disperdono in un frullio di ali nere quando si alza; scompaiono oltre il muro, verso la montagna.

Le stelle non caddero, il cielo limpido rimase curvo sul fiordo, nella terra continuarono a dormire le erbe sotto lo spesso manto di neve.
La bambina ascolta il proprio respiro strappato; null'altro si muove, solo la bestia, il gigante di ghiaccio la guarda attendendo nuovi ordini.
Una polla scura circonda il re e la regina in un angolo del salone.
Dalla porta socchiusa l'altra bambina vede, non capisce, chiede alla sorella.
Il gigante e la bimba bionda si limitano a guardare a lungo; fa un freddo, un freddo terribile. Come se la ride, là fuori, la montagna che sprofonda nel buio.
Vattene via, Anna.”   
*****




Angolo Autrice e altre cosacce:

Caro Walt, perdonami, ma io non ce la posso fare: se me ne dessi l'opportunità, troverei del tragico pure nelle “Follie dell'Imperatore”. Non so proprio cosa dire, non ho scusanti xD

Credevo di avere esaurito la mia fantasia riguardo Frozen con Vie di fuga, ma a quanto pare non è così, ah-ah! Forse sembrerà strano, dato il taglio che fino ad ora assume questa fiction, ma uno dei motivi più forti che mi ha spinto a scriverla è stato il desiderio di provare uno stile più “fiabesco” e meno fanfictionescorealistico. Se trovate fastidiose le onomatopee, il discorso indiretto libero, i salti temporali secchi da una scena all'altra... fatemelo sapere xD !

Riguardo alla trama: che. Fatica. La psicologia di Elsa mi ha succhiato un mare di tempo ed energia, e tutt'ora sono abbastanza incerta sul risultato. Volevo rendere una logica contraddittoria, "fastidiosa" e inquietante, ma allo stesso tempo a dimensione di bambino (quindi un pensiero che si esprime per immagini più che per concetti), ma... bo, è la prima volta, non so se nero su bianco è chiaro il percorso psicologico che avevo in mente per lei : Se avete dubbi, chiedete pure!

L'antecedente più importante al quale credo di essermi rifatta nel concepire la trama è stato “La leggenda di San Giuliano ospitaliere” di Flaubert.


Grazie per essere arrivati fin qui! Spero di aggiornare presto il secondo capitolo! Le recensioni non fanno mai male, state in forma, un bacione, e alla prossima :) !

  
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