Salve
youtubers e benvenuti ad una nuova recensione!
Ah…
Ma
io… non sono Yotobi…
Quindi…
Salve
little black stars e benvenuti ad un nuovo capitolo!
Ecco,
così va meglio.
Finalmente
sono riuscita ad aggiornare, deo
gratias.
Vi
consiglio caldamente di leggere queste
righe con il link del brano qui sotto in sottofondo.
Io
mi sto drogando di questa canzone ed è
bellissima <3
Qualche
giorno fa mi sono accorta che le
immagini che avevo scelto da mettere sotto ogni p.o.v. sono state
cancellate
dal server, ahimè, e quindi ho deciso di caricare altre foto
dei nostri
personaggi sclerati preferiti (?)
[Compreso
il duca che adesso odierete molto
di più]
Anche
le immagini nei precedenti capitoli
saranno ripristinate a breve.
Spero
che questo aggiornamento sia di
vostro gradimento… e spero anche di non essere uccisa alla
fine della vostra
lettura, sigh.
A
presto :)
~
Cruel Heart.
***
Marianas Trench -
Beside You
(Live)
***
Harrisburg,
Pennsylvania, Stati Uniti d’America, 25 Giugno 2001
Avril's pov
Mi
accorsi sin da subito che qualcuno aveva chiuso le tende della mia
finestra.
I
pochi raggi di sole, che riuscivano ad entrare nella mia camera, mi
creavano un
senso di inquietudine non indifferente.
Tuttavia,
questa strana sensazione di timore fu soppiantata da una gioia
incontenibile
che, da una settimana a questa parte, mi riscaldava il cuore: Evan.
Tastai
la porzione di materasso accanto alla mia, ma non trovai le sue braccia
pronte
ad accogliermi.
Disorientata,
feci pressione sui gomiti e, sollevandomi col busto, lo chiamai
più volte.
Aspettai
di sentire la sua risata allegra arrivare da qualche stanza sul piano,
ma
niente: c’era solo il silenzio,
insolito
ed innaturale per quell’ora del mattino.
A
quel punto, mi alzai completamente dal letto, scostando le coperte
calde, e
m’incamminai verso la porta, per scendere al piano inferiore.
Prima
di uscire, però, mi accorsi di due cose alquanto strane.
La
prima:
vicino al suo armadio, non c’era la custodia con la sua
chitarra. La metteva sempre lì, perché diceva che
era l’unico punto della
stanza a non essere soggetto a cambi di temperatura, e quindi, in
questo modo,
le corde della chitarra non potevano rovinarsi.
La
seconda:
proprio ai piedi della sedia della sua scrivania, sul
pavimento, c’era un foglio di carta. Probabilmente, doveva
essergli caduto e si
era dimenticato di raccoglierlo.
Nonostante
questo, comunque, uscii dalla camera e scesi le scale, per andare in
sala da
pranzo: avrei pensato dopo a quello che avevo notato.
Staccai
la mano dal corrimano in legno e la prima cosa che vidi fu il tavolo
pronto per
la colazione: era apparecchiato solo per due persone.
Increspai
le sopracciglia e tamburellai con il dito indice sulla tovaglia
ricamata.
Tutto
questo non mi piaceva affatto: come mai la tavola era approntata solo
per due?
Che fine avevano fatto tutti?
Purtroppo,
il flusso dei miei pensieri fu interrotto da un forte rumore
proveniente dalla
cucina.
Camminai
verso di essa a passo spedito e vidi mia madre che sfornava una
tortiera con un
soufflé al cioccolato dentro.
Lei
percepì la mia presenza e si girò verso di me.
«Oh…
ben alzata.»
Fece un sorriso appena accennato, striminzito, e
abbassò lo sguardo verso il dolce che aveva fatto.
«Dai,
vai a metterti a tavola, che tra un po’ è pronto.»
Aprii
leggermente
la bocca, confusa, ed aspirai un breve soffio d’aria.
Certo,
mi aveva
guardata con quegli occhi tristi, quasi spenti, ma non era per questo
che me ne
stavo lì, immobile, con un’espressione corrucciata.
Una
volta, quando
ero piccola, mi aveva raccontato che, da giovane, la chiamavano la
“Soufflé
Girl”, ovvero la ragazza dei soufflé*: questo
perché diceva sempre che “quando
la vita ti infligge una perdita di
qualcosa a te caro, un buon soufflé è la vendetta
migliore.”
Una
perdita.
Come
se qualcuno
avesse improvvisamente spinto l’interruttore per la messa in
moto del mio
cervello, collegai il motivo del soufflé,
l’assenza di tutti, la chitarra
mancante, quel pezzo di carta e Evan.
E
sgranai gli
occhi.
Adesso,
tutto tornava.
«No….
no.»
rantolai.
Appena
mia madre
si rese conto di quello che mi stava succedendo, corse verso di me e mi
abbracciò stretta, cercando di bloccarmi con le sue braccia.
«No.
No. No. No. No. No. No.»
ansimavo, sempre
più forte. Riuscii a divincolarmi dalla sua presa e corsi
nella camera di Evan.
Aprii
le ante
dell’armadio e iniziai a buttare per terra freneticamente
tutti i miei vestiti
che avevo portato in quella settimana dalla mia stanza alla sua.
Non
erano lì.
I
suoi vestiti non erano lì.
C’era
soltanto la
sua sciarpa, quella sciarpa
di lana blu scura che
mi aveva dato la sera in cui c’eravamo
conosciuti, quasi cinque mesi fa.
La
presi in mano e inspirai il suo odore, mentre si confondeva con il
sapore acre delle lacrime, che incominciavano a scorrere sul mio viso.
Poi,
posai il mio sguardo su quel foglio di carta lasciato lì,
sul
pavimento.
Lo
raccolsi, lentamente, e iniziai a leggere.
Cara
Avril,
sai,
pensavo di essere più bravo con le parole.
Pensavo
di riuscire a trovare la frase più adatta per dirti tutto
quello che meriti di sentire, ma la verità è che
non riesco a fare altro se non
mettermi le mani nei capelli e urlare a squarciagola quanto tutto
questo mi
stia uccidendo.
Quello
che voglio dirti è che… mi
dispiace.
Mi
dispiace così tanto.
Lo
so che queste due parole sono niente, in confronto al dolore che
starai sentendo in questo esatto momento.
Ti
immagino lì, con la mia sciarpa in mano, mentre i tuoi occhi
azzurri
scorrono su queste righe: spererai disperatamente che tutto questo sia
solo un
brutto sogno, pregherai con tutto il tuo cuore che, alla fine di questa
lettera, me ne esca con il mio solito sorriso da due soldi e ti dica
che è
stato solo uno scherzo.
Non
è così.
Mi
dispiace.
Sono
partito questa mattina, all’alba, come fanno i codardi, e
sarà un
biglietto di sola andata.
Ho
preso un paio di vestiti, qualcosa da mangiare, la mia chitarra e
sono andato via.
Non
provare a cercarmi, non nutrire questa speranza inutile: nessuno sa
dove sono, nessuno sa se la strada che sto per prendere è
quella giusta.
Non
lo so nemmeno io.
Non
sprecare i tuoi singhiozzi per un tipo come me, ma odiami e leggi.
Ad
ogni libro che comprerai, accrescerai il tuo odio nei miei
confronti.
Ad
ogni pagina che sfoglierai, mi disprezzerai sempre di più.
E
va bene,
perché con quel “ti panino
al formaggio” di quattro mesi fa, sarà tutto
più facile.
E
va bene,
perché leggere è una forma
di consolazione: inizi davvero a farlo, quando capisci che la tua vita
non è un
granché.**
Anche
quando detestarmi ti sembrerà impossibile, anche quando
penserai
che io sia accanto a te,
allontanami.
Dimenticami.
Esattamente
come sto cercando di fare io.
Quando
asciugherai frettolosamente le tue ultime lacrime, per mentire
sul fatto che tu stia bene, e i tuoi occhi stanchi rifiuteranno di
chiudersi e
di dormire in tua difesa…
Quando
l’unica cosa che vorrai sarà solo restartene
lì, ferma, con le
braccia strette al petto…
Quando
proverai a parlare ma non riuscirai ad emettere alcun suono e le
parole che vorrai urlare saranno al di fuori della tua portata, sebbene
non
siano mai state così forti e violente…
Quando
il tuo cuore si spezzerà a causa mia e quando tutto questo
inferno si farà troppo per te…
Ti
imploro di pensarmi.
E
di andare avanti senza di me.
Evan.
***
*lasciatemi
citare Doctor Who :3
**citazione
presa da un’intervista ad Alessandro
Baricco.
***
When your tears are
spent,
on your last pretense,
and your tired eyes refuse to close
and sleep in your defense…
When it's in your spine,
like you've walked for miles,
and the only thing you want is just
to be still for a while…
If your heart wears thin,
I will hold you up and I will hide you.
When it gets too much,
I'll be right beside you.
I'll be right beside you.
When you're overwhelmed
and you've lost your breath.
and the space between the things you know
is blurry nonetheless...
When you try to speak,
but you make no sound,
and the words you want are out of reach,
but they've never been so loud…
[…]
I'll be right beside you.
I'll be right beside you.
[…]
Trust in me, trust in me.
[…]
I'm just trying
to keep this together,
‘cause I could do worse
and you could do better.
When your tears are spent,
on your last pretense,
and your tired eyes refuse to close
and sleep in your defense…
[…]
When it gets too much,
I'll be right beside you
Nobody will break you.
.
Quando
avrai versato le tue lacrime,
per
la tua ultima messa in scena,
e
i tuoi occhi stanchi
rifiuteranno
di chiudersi
e
di dormire in tua difesa...
Quando
lo sentirai nella tua spina dorsale,
come
se avessi camminato per molte miglia,
e
l'unica cosa che vorrai sarà solo
restartene
ferma per un po'...
Se
il tuo cuore perderà la pazienza,
io
ti sosterrò e ti nasconderò.
Quando
diventerà troppo,
io
sarò proprio accanto a te.
Io
sarò proprio accanto a te.
Quando
sarai sopraffatta
e
avrai perso il fiato
e
lo spazio tra le cose
che conosci
sarà
tuttavia confuso...
Quando
proverai a parlare,
ma
non riuscirai ad emettere suono,
e
le parole che vorrai
saranno
fuori portata,
sebbene
non siano state mai così forti...
[…]
Io
sarò proprio accanto a te.
Io
sarò proprio accanto a te.
[…]
Fidati
di me, fidati di me.
[…]
Sto
solo provando a
mantenere
tutti
i pezzi assieme,
perché
potrei fare di peggio
e
tu potresti fare di meglio.
Quando
avrai versato le tue lacrime,
per
la tua ultima messa in scena,
e
i tuoi occhi stanchi
rifiuteranno
di chiudersi
e
di dormire in tua difesa...
[…]
Quando
diventerà troppo,
io
sarò proprio accanto a te.
Nessuno
ti spezzerà.
~ Marianas Trench – Beside You
P.s.
Per quanto riguarda le due one-shots
di cui vi parlavo nel precedente capitolo, potete leggere la mia
song-fic su “Adia”
qui.
Per
l’altra one-shot sulla Kill…
sulla Wevin…
vabbè, sulla Kevin x Will
[Solluxy, aiutami tu!], dovrete pazientare ancora un po’.
^^”