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Autore: OurChildhood    06/12/2014    5 recensioni
Annabeth Chase si è trasferita a New York all'inizio dell'estate. Anzi, l'hanno spedita a New York all'inizio dell'estate.
"Abbiamo trovato una scuola per ragazzi problematici come te. La Goods." La sua matrigna non aveva peli sulla lingua per quanto riguardava la sua "adorata" figliastra. Solo perché soffriva di dislessia e iperattività. Non lo trovava giusto.
"Troverai Luke ad aspettarti all'aeroporto." Per di più doveva contare su un ragazzo quasi sconosciuto che i suoi genitori conoscevano appena.
"Perfetto" pensava "non potrebbe andarmi peggio."
Ma si sbagliava di grosso.
***
Le vite di ognuno di noi si incrociano, si scontrano, si sfiorano con quelle di altre persone e, ognuna di queste, lascia un segno più o meno forte nelle nostre vite.
Ogni persona che incontriamo provoca in noi un cambiamento più o meno forte, voluto o meno.
***
Dal Capitolo 12:
Sapevo già che la vita cresce, muta, si incrocia con quella altrui, si marca di cicatrici che non si rimargineranno più. Sta solo a noi cercare di dimenticarle e rincominciare da capo.
Mi alzai dal letto e preparai le valigie. Stava anche a me
cambiare per la vita.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bianca di Angelo, Connor Stoll, Nico di Angelo, Percy/Annabeth, Talia Grace, Travis & Connor Stoll
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Di feste e festoni (PT. 2)
 
PoV Annabeth
Stavo ballando incessantemente da quelle che potevano essere due ore o dieci minuti -anche se le mie gambe protendevano più per la prima opzione-, non lo sapevo. Ormai avevo perso la cognizione del tempo, non avrei saputo dire nemmeno se avevo ballato cinque o venti canzoni. Ero completamente indifferente a tutto ciò che mi circondava.
Più che altro lo ero perché i miei pensieri tendevano a portarmi in un mondo completamente diverso da quello in cui stavo vivendo in quel momento.
Un mondo in cui Luke non era mai esistito, un mondo in cui bevevo tequila con Talia, studiavo Ovidio e Percy e Nico indossavano lo smoking. Non so nemmeno il perché di questi pensieri. Forse perché avevo voglia di bere anch'io tequila come tutte le altre ragazze presenti alla festa e perché Nico e Percy indossavano davvero lo smoking.
Poi, effettivamente, Luke e Ovidio avevano senso.
Sta di fatto che, poco tempo dopo aver realizzato il dolore atroce ai piedi, chiesi a Lucas una piccola pausa.
«Okay, io vado a prendere da bere. Tu vuoi qualcosa?»
La sua domanda era di convenzione, come quando compri del cibo e chiedi a quello che ti sta guardando mangiare con la bavetta alla bocca se vuole favorire sperando che questo abbia la decenza di dire di no, speranza ovviamente vana.
Ma si dice che sia l'ultima a morire, perciò...
Ad ogni caso, sebbene sapessi che se fosse stato per lui mi avrebbe mollata lì seduta su quella sedia senza nemmeno una scusante, non me ne sentii offesa. Difatti, mi stavo annoiando abbastanza con lui. 
A quanto pare la sua immane bellezza era compensata da una carenza di simpatia che, a mio parere, è peggio di essere brutti ma con un formidabile senso dello humor.
Poi c'è chi ha entrambi e... Beh, non serve finire la frase.
«Non serve nulla, grazie lo stesso».
Appena fu un po' più lontano e fuori dalla visuale, mi alzai un po' zoppicante dalla sedia e mi diressi verso il retro del locale, dove vi era un piccolo giardino, anch'esso addobbato ma completamente deserto.
Probabilmente l'aria di metà novembre aveva sconfitto anche i più temerari, che erano rientrati per il gran freddo. Ma io avevo bisogno di schiarirmi un po' le idee, sia perché la musica a tutto volume aveva atrofizzato le mie povere orecchie, sia perché l'odore del fumo e del sudore dei vari ragazzi presenti non mi facevano respirare.
"Però — pensai — il cappotto per uscire potevo mettermelo".
Mi persi a guardare le stelle, sentendo un po' meno il freddo, finché non sentii qualcosa di caldo appoggiarsi sulle mie spalle e mi stupii nel notare una giacca da uomo.
Mi voltai e vidi i suoi occhi verdi brillanti come fari addolcirsi.
Ero evidentemente più bassa di lui - effettivamente era parecchio alto - e dovevo alzare di molto il viso per guardarlo in faccia.
Lui non disse niente, nemmeno un saluto, ma sorrise calorosamente e si mise a guardare le stelle come poco prima stavo facendo anch'io, completamente assorto nell'osservare quegli astri luminosi.
Mi sistemai in parte a lui e appoggiai la mia testa sulla sua spalla, stingendomi nel suo cappotto.
Le mie narici venivano pizzicate dal suo odore, lo stesso che ha la spiaggia dopo la pioggia, salato ma piacevole al tempo stesso, intenso ma rilassante.
Mi riempiva completamente i polmoni con quella forza che solo il mare in tempesta ha, la forza delle onde che si infrangono sugli scogli sotto il cielo grigio come i miei occhi.
E quel profumo era inebriante, mi riportava ai tranquilli anni d'infanzia, quanto Malefica (aka la mia matrigna) non era ancora entrata nella vita di mio padre.
L'infanzia, quando ancora associavo il mare della Costa ovest alla sicurezza e non a qualcosa da cui scappare.
E forse lui, con le sue braccia che in quel momento mi circondarono, poteva ridarmi quella sicurezza perduta.
Ero così indifesa che, senza nemmeno accorgermene, stavo singhiozzando, inzuppandogli la camicia. E l'odore salato delle lacrime si mescolava al suo, il loro sapore mi impregnava le labbra come succede solo con l'acqua dell'oceano.
Lui non parlava, mi arrabbiai. 
Mi arrabbiai perché mi domandavo per quale assurdo motivo continuasse ad accarezzarmi i capelli e non mi chiedeva il motivo di quella crisi. 
Mi arrabbiai perché mi sembrava di essere tornata a San Francisco solo sentendo il suo odore e, se in parte era come essere tornata a casa, dall'altra ne avevo paura.
Mi arrabbiai perché tra le sue braccia riuscii pian piano a calmarmi, e nessuno era mai riuscito ad avere un controllo così ampio sulla mia sfera emotiva.
E mi sentivo debole, indifesa, debitrice, sconfitta, delusa, tradita, ma soprattutto distrutta. Da quello che stava accadendo, da quello che era accaduto e che sarebbe accaduto sette mesi dopo.
«Ti devo dire una cosa» annunciai dopo essermi calmata, stringendo la sua camicia tra le dita.
Avevo la fronte sul suo petto, sentivo il battito accelerato del suo cuore, ma il respiro profondo e regolare mi cullava ancora.
«Dimmi».
Mi accorsi solamente in quel momento di quanto fosse diverso quel Percy da quello che avevo conosciuto pochi mesi prima. Non era più quel ragazzo timido e un po' strano, era diventato, anzi, un pilastro fondamentale per me.
«Mi prometti, però, di non lasciarmi?» domandai.
Stavo quasi per cominciare di nuovo a singhiozzare ma, prima che accadesse, mi strinse a sé. Il suo battito non accennava a decelerare e il suo respiro non era più calmo come prima.
Respirai a fondo. Stavo facendo la cosa giusta?
«Io... Io... Sono incinta, Percy».
 
PoV Bianca
Mio malgrado, durante le prime ore della serata mi divertii più di quanto volessi. E bevvi più di quanto mi sarei mai concessa in qualsiasi altra occasione.
Diciamo che Travis ebbe un effetto enorme sul mio libero arbitrio. Per un non so quale motivo mi sentivo pendere dalle sue labbra e, qualsiasi parola dicesse, era per me come sentire lo stomaco fare una capriola.
Erano forse i suoi capelli più disordinati del solito a farmi questo effetto? O era forse l'eleganza degli abiti che indossava quella sera a renderlo più affascinante?
Non lo so, non lo seppi e non lo saprò mai.
Sta di fatto che, dopo solo il primo ballo, mi sentii completamente ebbra di un non so che di destabilizzante, come essere sotto l'effetto di stupefacenti.
Per molto tempo ballammo ma, a poco a poco -e dopo molte tequila-, la calca cominciò a farsi sentire e i nostri corpi erano più vicini di quanto desiderassi.
«Fa caldo...» dissi, quasi una muta richiesta di uscire da lì il più presto possibile.
Ma Travis non captò il messaggio e, invece di tentare di lasciarmi più aria, mi mise le mani sui fianchi tirandomi più verso di sé.
La vicinanza mi imbarazzava, tanto che sentii le guance andare in fiamme. Malgrado tutto l'alcol bevuto, avevo ancora abbastanza pudore.
Lui mi alzò il viso togliendo una mano dal mio fianco, cosa che mi diede abbastanza mobilità da allontanarmi di qualche altro centimetro.
Lui si irrigidì un momento.
«Che stupido — si allontanò da me guardando in basso — dovevo capirlo...»
Il suo sguardo era offeso, ferito. Non potevo vederlo così.
«Cosa, Travis? Cosa dovevi capire?» chiesi avvicinandomi.
Lui arretrò andando a sbattere contro qualche altra persona. Scosse la testa e si allontanò dalla folla.
Lo seguii, le lacrime che mi pungevano gli occhi. Sentivo le orbite andare a fuoco.
Lo seguivo, cercando di non perderlo tra la folla. Un dolore atroce mi stava corrodendo lo stomaco.
Quando si fermò quasi gli sbattei addosso. Lo presi per un braccio e lui si voltò, guardandomi stupito.
«Lascia stare Bianca, capisco, posso capire, non voglio la tua compassione.»
«Cosa? Non so nemmeno di cosa tu stia parlando! Se solo tu mi spiegassi...»
«Come, non si capisce? Non è ovvio?» chiese allargando le braccia.
Silenzio. Tentavo di capire, ma era come se il benessere che provavo poco prima, l'alcol e il dolore che mi provocava la sua reazione mi anestetizzassero il cervello.
Mi portai le mani alla testa tentando di ragionare, ma senza successo. La musica pompava troppo forte e il mondo vorticava tutto intorno a me.
«Non... Non capisco...» dissi flebilmente.
«Come, Bianca? Come fai a non capire?»
Lo guardai supplicante, lui alzò gli occhi come un maestro impaziente.
«Bianca, io ti amo. E l'ho già capito da molto, molto tempo. Pensavo di avere una benché minima possibilità, anche solo insignificante. Ma capisco, da come tu ti sei allontanata da me, che anche questa speranza era vana. Era tutto un castello campato per aria senza vere e proprie fondamenta. Ma capisco che non può essere colpa tua se non ricambi, dovevo capirlo da solo.»
Sentii un brivido corrermi su e giù per la schiena, un brivido quasi perverso che provoca un regalo tanto atteso quanto inaspettato. Ed era tutto un crescendo di emozioni che mi pervadeva il corpo. Sorpresa, sgomento, terrore, eccitazione. Un climax tanto terribile quanto fantastico.
«Travis, io...»
«Non interrompermi. Lasciami finire. Ecco, era da molto che progettavo come dirtelo, avevo scritto anche questo... — tirò fuori un pezzo di carta piegato dalla tasca — Recita più o meno così:"Bianca, prima che tu possa dire qualcosa, voglio prima dirti che tutto ciò che sto per scrivere non è propriamente nelle mie corde, perciò non so quale orrendo risultato ne verrà fuori. Volevo dirti che, da un po' ho cominciato a conoscerti per ciò che sei realmente. Perché tu sei come l'atmosfera di Venere: un insieme di gas acidi e corrosivi all'esterno che nascondono però uno dei pianeti più misteriosi e attrattivi di tutto il Sistema Solare..."»
«Per caso stavi studiando astronomia quando l'hai scritto?» dissi, trattenendo un risolino.
Lui restò un attimo a fissare il foglio prima di chiedere:«Come l'hai capito?»
Sorrisi accarezzandogli una guancia; lui sospirò.
«Al diavolo le scartoffie» disse, mettendo via il foglio.
Poi si avvicinò lentamente. Sapevo ciò che stava per fare, ma sussultai lo stesso quando sentii le sue labbra sulle mie.
Sorrisi, mentre infilavo la mia mano libera tra i suoi capelli e il bacio, prima timido, divenne poi approfondito. Le sue mani mi tirarono verso di lui, ma stavolta non tentai di divincolarmi, scoprendo che le sue braccia non erano pericolose come credevo, come lo erano state quelle di Ethan.
Quando interruppe il bacio domandai:«Ti basta come risposta, Stoll?»
«A quale domanda?» rise.
Mi morsi il labbro, poi gli diedi un piccolo bacio.
«Ti amo anch'io, Stoll.»
I suoi occhi brillarono di euforia, io arrossii immediatamente. Sorrise, vedendomi. 
«Smettila!» dissi.
«Cosa?» rise lui.
«Quel sorrisetto mi fa impazzire! Sembra che tu abbia in mente qualcosa!»
«Credimi, Di Angelo, ho in mente molte cose» disse guardandomi.
Lo baciai, le sue braccia mi stringevano al suo corpo, l'unico posto in cui volevo stare.
 
PoV Percy
Era come aver ricevuto un pugno in pieno stomaco, sentire quelle parole pronunciate da Annabeth. Dall'ultima persona da cui mi sarei aspettato di sentirle.
Mi irrigidii, non respirai per alcuni secondi e anche lei lo notò. Si allontanò immediatamente, guardandomi con fare colpevole.
Vedevo già altre lacrime affacciarsi ai suoi occhi. E non volevo vederle scendere.
«Stavo pensando:"Ma come? Mi pareva di essere stato attento!"» dissi.
Lei diventò rossa come un pomodoro e pensai di aver solo peggiorato la situazione.
Poi scoppiò a ridere, avvicinandosi per tirarmi un pugno in pieno petto e poi gettarsi di nuovo tra le mie braccia.
«Mi domando come tu possa essere così poco serio in questo momento così poco rassicurante.»
«Dimentichi che sono Percy Jackson, se cercavi qualcuno di serio dovevi andare da Nico.»
«No, tu mi tranquillizzi di più» e, detto questo, mi abbracciò tanto forte che quasi non riuscii a respirare.
Le accarezzai i capelli per un po' con una domanda che mi frullava in testa, ma così poco consona che la tenni per me.
«Chi...?» iniziai.
«Luke. Luke Castellan.»
Sentii un'altra fitta allo stomaco. Questa volta più forte, tanto che mi bruciarono gli occhi e la bile aveva minacciato di salire.
«A dire il vero volevo chiederti chi lo sa.»
Lei si irrigidì un secondo, poi rispose:«Tu, Talia, Nico -Tals non sa tenere la bocca chiusa- e poi... Luke. Ovviamente.»
Le baciai la fronte, poco prima di notare che le sue lacrime cominciavano a bagnarmi di nuovo la camicia. Tremava.
«Rientriamo. Qui comincia a far freddo» sussurrai.
«Possiamo rimanere un altro po' qui fuori, per favore? Non me la sento di rientrare proprio ora.» Mi guardò negli occhi supplicante. 
«Certo.» 
Le baciai una guancia salata, poi le asciugai le lacrime.
Giurai di averla sentita trattenere il respiro nel momento in cui mi avvicinai per baciarla, ma non ci feci troppo caso.
Ero più preso a togliermi dalla testa il pensiero di come sarebbe stato se, al posto di baciarle la guancia, l'avessi baciata sulle labbra.
 
~SPAZIO AUTRICE~
Ed eccomi qua!
Dopo quasi un mese e mezzo, ma spero di essermi fatta perdonare :)
Ed ecco a voi *rullo di tamburi* LA TRAVIANCA! Non so voi, ma io li trovo bellissimi!
Bene, ringrazio chiunque abbia recensito finora (non immaginavo che questa storia potesse avere un così grande seguito). Insomma, 129 recensioni!
In più la storia è tra le più popolari del fandom e tutto grazie a voi che la seguite nonostante la mia incostanza...
Un grande bacione!
-A
   
 
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