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Autore: Ombra8    06/12/2014    2 recensioni
Urla ma non andare via.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Me ne stavo seduta nel piccolo patio della terrazza con in grembo il mio pc e affianco una buona tazza di te freddo alla pesca. Mi godevo di quella brezza marina che si innalzava non appena il sole salutava il giorno lasciando il compito di illuminare la spiaggia bianca alla luna che con eleganza e fierezza sorvegliava dell’alto.
Ero in tento a scrivere dei miei pensieri quando un rumore mi distolse dall’irrefrenabile ticchettio dei tasti del pc.
 
“Ehi” mi disse. Era ai piedi delle scale con in mano le sue scarpe alte. Era vestita ancora con gli abiti del White Party, gli stessi che avevamo acquistato due giorni prima in uno dei negozi della zona. Il riflesso della luna giocava con lo scintillio della collana verde che avevo personalmente scelto perché le risaltasse il colore degli occhi.
 
“Ehi che ci fai qui? Non dovresti essere ancora al party?”
“ Mi annoiavo e me ne sono andata. Ti va una passeggiata?”
 
Il tono con il quale me l’aveva chiesto mi parse strano. A dirla tutta, quella situazione mi era strana.
Avrebbe dovuto essere al party. Avrebbe dovuto crogiolarsi tra i complimenti degli altri ospiti, degli sguardi compiaciuti di chi presumeva di conoscerla. Ed invece era li davanti a me.
Un cenno veloce, entrai in casa. Presi il mio cellulare, una felpa, una coperta e qualche spicciolo che avevo depositato nello svuota tasche. Ed ero uscita da li.
 
Ci incamminano godendoci della sabbia fredda e dell’acqua mite. Restammo in silenzio fino a quando non diedi voce alle numerose domande che mi fluttuavano per la testa.
 
“Noioso il party?”
“Molto”
Una risposta secca.
 
“E’ successo qualcosa?” Glielo chiesi con tono preoccupato.
“No niente di cui ti debba preoccupare” Mi rispose rivolgendomi lo sguardo.
Non feci in tempo a controbattere che lei iniziò a parlare come un fiume in piena.
“ Mi mancavi , ecco. Ti conoscono da appena quanto?! 8 giorni e mi mancavi. E’ strano. So che adesso mi prenderai per pazza. Come può una donna adulta come me, comportarsi come un adolescente. Al party non facevo che sentire , ma i loro erano complimenti dettati della testa, dalla circostanza. Quando oggi sei venuta da me per portarmi la collana e per vedermi come mi ero preparata tu hai esclamato Wow sei bellissima! Ma lo hai detto con enfasi, con trasporto. Come se tutto il tuo corpo lo stesse dicendo. Ed io non ho fatto che pensarci e ripensarci. Mi sono anche detta, è impossibile. Te lo stai immaginando. Ma aveva davanti agli occhi la tua espressione di meraviglia, di stupore. Anche poco fa quando ti ho distratta dal pc, hai alzato gli occhi verso di me e  prima ancora di chiedermi cosa diavolo ci facessi li, mi hai sorriso.
Mi hai sempre guardato cosi, nel profondo quasi come se non ti bastasse quello che vedi in superficie. E questo mi fa sentire terribilmente nuda, vulnerabile che alle volte mi domando perché proprio tu. Perché sei comparsa ora. Proprio adesso che volevo starmene da sola.”
 
Aveva parlato tutto d’un fiato. Il suo respiro si affannava ogni volta che concludeva una parola. Le sue sembravano parole nate da un lento ed estenuante conflitto con se stessi.
 
Ero rimasta pietrificata. Mi sentivo in colpa. Cosa avrei dovuto dirle?
I suoi occhi mi incitavano a rispondere, le sue mani si torturavano se pur incrociate sul petto.
 
“ Mi hai lasciato senza parole. Cosa dovrei dirti? Che immagini tutto? Che quando ti faccio un complimento sia soltanto dettato dalla circostanza? Non saranno di certo queste le mie parole.
Non mi  dispiace essere piombata nella tua vita cosi all’improvviso. Non mi  dispiace trattarti diversamente come di solito sei abituata con  persone che ti conosco soltanto perché il tuo lavoro è davanti ad una macchina da presa. Non mi dispiace parlarti guardandoti negli occhi. Non sai cosa ti perdi. C’è un mondo al di la di quello che di solito siamo soliti vedere delle persone. Ed io sono affascinata, intrigata, estasiata dal tuo. Non mi dispiace aver passato questi giorni con te ridendo e imparando a vivere. Si perché se tu con me ti senti un adolescente io con te mi sento viva.
Ma per quanto io possa essere egoista con te questa sera non lo sarò. Se ti sconvolge tanto questo “legame” che si è creato fra di noi allora sei libera di andare dove vuoi. Sei libera di restartene da sola. Ma dovrai essere tu la prima a voltare le spalle perché stai certa che io non mi muoverò da qui. Non distoglierò il mio sguardo su di te. Dovrai lasciare la spiaggia e confonderti nel buoi affinché anche io metta la parola fine a tutto questo.”
 
Le ultime parole le avevo detto con un tono decisamente alto. Sembravo arrabbiata. Ma la mia era amarezza, era paura. Era il mio cuore che urlava “ Non andartene”.
Aveva gli occhi sbarrati e potevo immaginare il sapore ferroso di quel labbro inferiore che continuava a torturarsi.
 
Sembrava che anche il mare fosse stato coinvolto in quella discussione. Si era agitato.
 
“ Smettila di torturarti il labbro.”
Le dissi con tono atono. Mi sentivo più calma. Ma volevo  piangere. Volevo urlare e disperarmi.
 
La sentii singhiozzare piano. Piangeva silenziosamente. Tornai in me. E andando contro tutte le cose che c’eravamo dette, feci un passo avanti e la trascinai tra le mie braccia. La strinsi forte. La cullai come se fosse una bambina e lentamente ci sedemmo a terra sulla coperta che mi ero portata dietro.
 
Dai singhiozzi lenti passò a respiri di soprassalto. Fino a quando la sentii quasi indifesa sotto alla mie braccia.
Abbassai lo sguardo e le sollevai il capo. Le asciugai il viso, stravolto. Percepii una fitta allo stomaco. E poi senza dare adito alla mia testa di pensare le bacia la fronte, le guance, il naso e dopo un attimo di esitazione, quando ancora la distanza era poca percepibile, lei mi accarezzò il volto. Fu in quell’istante che la distanza si annullo e unii le mie labbra alle sue. Fu un bacio dolce, salato, rassicurante. Sapeva delle numerose passeggiate fatte in quei giorni. Sapeva dei sorrisi che ci eravamo scambiati tra una battuta e l’altra. Sapeva delle nostre corse fino al pontile. Sapeva delle granite mangiate nelle giornate più calde. Sapeva dell’odore di  brioche che ci coccolava nelle albe  mattutine. Sapeva dei falò e delle canzoni strimpellate alla chitarra. Sapeva di quei giorni passati sereni e spensierati che ci eravamo regalate per sfuggire al buio della nostra vita quotidiana.
 
 



E' la prima volta che pubblico una storia del genere. 
Potrebbe essere uno spunto per una long.
Ringrazio in anticipo chi leggerà. 

 
  
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