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Autore: Shayla_the_angel    04/11/2008    3 recensioni
Storia ancora in fase di sviluppo. Alena è una giovane ragazza tedesca. Non è appariscente, e non ha nemmeno un bel fisico. Lavora per il gruppo di suo fratello e una sera canta con loro in un pub. David Jost si accorge di loro e li ingaggia per aprire i concerti dei TH nel nuovo tour europeo (date di mia invenzione ovviamente)
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tokio Hotel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciauuu! Sono molto contenta che la fic vi piaccia fino a questo punto, ma ora cosa accadrà? I Tokio Hotel e i Damned riusciranno a lavorare insieme? Bah, non lo so…o almeno io lo so ma non ve lo dico ^^

In ogni caso, angolino ringraziamenti…dunque:

Jaji danke ^^ sono contentissima che ti piaccia, spero che anche questo capitolo soddisfi le tue aspettative!!

Grazie anche a miki 483 e ad Arumi_chan che hanno messo la fic tra le preferite ^^ Kuss!

 

 

03.

 

ALBERGO_CAMERA DEI GEMELLI KAULITZ, ORE 7.49

 

“Bill! Mio Dio, ma ti vuoi muovere? David ci scuoia vivi se lo facciamo arrivare in ritardo!” sibilò Tom, trascinando il gemello fuori dal letto.

“Ma Tomi ho ancora sonno”

“Non me ne frega se hai sonno! Ci metterai almeno mille ore a prepararti e sai quanto David ci tenga a farci conoscere l’altra band!”

“E va bene!” esclamò il moro uscendo dal letto.

Tom ringraziò tutte le divinità che ricordava, poi scese nella hall per fare colazione. Gustav e Georg erano già pronti.

“Ma tuo fratello?” chiese il bassista.

“Lasciamo perdere!”

“Perché?”

“Ho dovuto trascinarlo fuori dal letto…letteralmente”

Georg rise.

“Ci penso io a farlo sbrigare. Tu muoviti a fare colazione” disse, alzandosi da tavola e prendendo l’ascensore.

Bill stava canticchiando davanti allo specchio, mentre molto lentamente si truccava. I capelli erano ancora una massa informe.

Non sentì nemmeno aprirsi la porta.

“Kaulitz! È tardi!” esclamò Georg.

Bill saltò dallo spavento, tracciandosi una linea nera sul viso, come un pagliaccio in stile IT.

Il bassista non riuscì a trattenersi dal ridere.

“Georg! Mi hai quasi fatto venire un infarto!” strillò il ragazzo.

“Dai, siamo in ritardissimo. Per arrivare in quel posto ci vogliono almeno trentacinque minuti”.

“Uffa. Mi sbrigo, ok? Però non lamentatevi se la nostra immagine ne risentirà!”

“Guarda che quei quattro staranno con noi per tutto il tour. Non sarà certo la prima volta che ti vedranno spettinato!” esclamò.

Bill sbuffò, poi si pettinò rapidamente ed uscì dalla camera.

Alle otto, finalmente, uscirono dall’hotel accompagnati dalle lamentele di David.

 

 

BERLINO_DAVANTI AL PUB DI ANDREA. ORE 8.40

 

La macchina dei Tokio Hotel arrivò con dieci minuti di ritardo.

David scese per primo, seguito da un biondino con un cappellino e da un ragazzo con i capelli lunghi, liscissimi. Gustav e Georg.

“Buon giorno” disse il manager, sorridendoci. I ragazzi erano visibilmente impacciati, al che fui proprio io a fare il primo passo.

Strinsi la mano ai due ragazzi.

“Piacere, io sono Alena. Ale per gli amici” dissi, sorridendo.

“Io sono Georg”

“E io sono Gustav”

“Muoviti!” esclamò una voce all’interno della macchina.

“Ma sono spettinato!”.

Georg si mise a ridere.

“Scusateli. Fanno sempre così” disse, andando a recuperare i due gemelli.

Bill era magrissimo, ancor più che in televisione. I capelli erano stranamente appiattiti e il trucco meno pesante del solito.

Tom invece era identico a come appariva in tv. Solo il suo profumo mi lasciò disorientata. Dannatamente buono.

Sorrisi e mi presentai anche a loro.

In quel momento mi ricordai che David aveva accennato a dei commenti che Tom aveva fatto sul mio conto, quindi arrossii.

“Bene, a questo punto, che ne dite di andare in albergo per chiacchierare come si deve?” ci chiese David.

Annuimmo tutti quanti.

“Sentite, uno di voi può venire con noi, tanto abbiamo spazio in macchina” disse Tom, sorridendo.

Eravamo indecisi. Mio fratello mi guardò come per dirmi “non salire su quella macchina, altrimenti mi tocca uccidere per davvero quel rasta da strapazzo”.

David mi sorrise e mi prese per un braccio.

“Perché non vieni tu, in fondo sei l’unica ragazza, almeno inizi a raccontarci qualcosa” disse.

Non potei rifiutare, quindi lanciai le chiavi a Jo.

“A dopo” dissi semplicemente, salendo in macchina.

Fu così che mi ritrovai seduta tra Tom e Bill.

“Dunque, Alena, che ci racconti?” mi chiese Georg, dal posto davanti.

“Beh, non saprei”

“Iniziamo da quanti anni hai?” disse Tom.

“Diciannove” risposi.

“Ok, altre cose su di te?” chiese nuovamente.

“No, aspetta. Prima mi dici quello che hai detto quando mi hai vista in video” dissi, lacerata dalla curiosità.

In macchina scese il silenzio.

Tom mi guardò, poi guardò David.

“Scusa, ma questa dove l’hai sentita?”

“Stamattina, alle cinque più o meno. Quando una tipa ha chiesto a David cosa pensaste di noi, lui ha espressamente detto che quando mi hai vista hai detto qualcosa…solo che non ha precisamente detto cosa”

“Beh…” era in imbarazzo, si vedeva lontano un miglio.

“Senti, non mi offendo se si tratta di commenti tipicamente maschili, oppure antipatici. Voglio solo sapere cosa hai pensato. Non possiamo lavorare insieme altrimenti”

Il ragazzo sospirò.

“Ho detto che…”

Lo guardai.

“No, dai…te lo dico in privato, ma non davanti a tutti…” disse, arrossendo.

“Ma chi è questa ragazza? Ha messo in imbarazzo Tom!” pensò Georg.

Nella macchina scese il silenzio più totale.

Nessuno osava parlare.

Abbassai lo sguardo e mi osservai a lungo le mani. Ero imbarazzatissima. Non volevo creare quell’atmosfera. Perfino David aveva smesso di chiacchierare.

Scesi quasi di corsa dalla macchina.

“Dannazione, ma perché non tengo mai a freno la mia linguaccia?” mi domandai.

Bill si avvicinò.

“Non ti preoccupare. Fa solo finta di essere imbarazzato. Lo conosco troppo bene” mi disse, sorridendo.

Mi rilassai per qualche secondo.

“Dunque, vuoi veramente sapere cosa ho detto appena ti ho vista?” mi chiese Tom a bassa voce, cingendomi la vita.

Rabbrividii, annuendo.

“Che hai due tette fantastiche”.

Arrossii talmente tanto che forse in quel momento mi meritai il record.

Probabilmente brillavo, addirittura.

Tom rise, e proprio in quel momento arrivò la macchina con gli altri ragazzi. Eric scese di corsa e agguantò Tom per la manica della felpa.

“Senti un po’, ragazzino. Smettila di fare il galletto con mia sorella, altrimenti…”

“Altrimenti cosa?” chiese il rasta, alzando un sopracciglio.

Mio fratello lo afferrò per il colletto della felpa e lo sbatté contro il muro.

A dispetto del suo fisico, era dannatamente forte.

“Altrimenti sarò costretto ad ucciderti” sibilò.

Georg e Bill stavano per intervenire, quando David li bloccò.

“Ragazzi! Per favore, state calmi. Cos’è successo?” chiese con nonchalance.

“Questo simpaticone stava dando fastidio a mia sorella” disse Eric, prendendomi per mano.

“Tom, non fare l’idiota come tuo solito. Eric, non è successo nulla. Ora riacquistate la calma ed entriamo” disse.

“Eric, perché te la sei presa tanto?” chiesi.

“Perché? Me lo chiedi anche? Ho visto come si è comportato quell’imbecille. Ma credo che abbia imparato la lezione”.

“Sei il solito esagerato! Dobbiamo lavorare insieme. E poi so difendermi da sola!” esclamai, entrando in albergo.

Eric sospirò.

“Ma cos’ho fatto?”

“Niño, Alena ha ragione. Ormai è grande e credo che sappia perfettamente rispondere a tono a tipetti del genere. Quelli come lui se li mangia a colazione” disse Jo, dandogli una pacca sulle spalle.

Nella hall non potemmo fare a meno di guardarci intorno, estasiati. Nessuno di noi era mai entrato in un luogo tanto lussuoso.

David ci fece salire su un ascensore talmente grande da poterci tenere tutti.

Nonostante la tensione, il manager continuò a parlare di eventi straordinari e di future interviste.

Eric e Tom nemmeno si guardavano in faccia. Ognuno dei due concentrato sulle proprie scarpe. Io e Bill ci osservavamo, scrollando le spalle.

Avevamo dei fratelli immaturi e non potevamo farci assolutamente niente.

Scesi dall’ascensore, entrammo nella camera dei gemelli.

Era tutto in ordine, quindi ci accomodammo su dei grossi divani candidi.

“Dunque, come vi stavo dicendo poco fa, questo pomeriggio, precisamente tra tre ore, avremo la prima intervista assieme. I giornali la stavano aspettando da tempo e anche le fans, quindi ci sarà davvero molta gente. Voi non dovrete fare altro che rispondere alle domande, ma per carità non una parola rispetto a quello che è accaduto poco fa” disse, osservando mio fratello e Tom.

“Va bene…l’importante è che non faccia il cretino” disse Eric.

Io lo fulminai con lo sguardo.

“Ok, parlando di cose più serie. Ancora non sappiamo nulla di voi” disse Gustav.

“Beh, che cosa vorreste sapere?” chiese Matt.

“Dove vivete? Cosa fate per vivere? Da quanto vi conoscete? Robe del genere, insomma”

“Dunque, io sono Jo lavoro in un bar in centro e conosco questi ragazzi dai tempi del liceo”

“Io sono Matt, lavoro in un’industria di pittura e vivo con Eric e Ale dalla seconda media”

“Io sono Eric, lavoro con Matt”

“Io sono Ale, lavoro in una piccola cartoleria vicino al Gymnasium. Ovviamente conosco mio fratello da sempre, Matt dalle elementari e Jo dalle superiori” dissi, sorridendo.

“Perfetto. Ora organizziamoci. Il tour si svolgerà in quasi  tappe. Parliamo di tre concerti in Italia, quattro in Germania, due in Francia, uno in Spagna e uno in Olanda. Ho nominato esclusivamente l’Europa occidentale, in quanto per ora sono stati stabiliti solo questi. Entro fine dicembre sapremo anche le date per l’Europa orientale”

Feci un breve calcolo. Undici concerti solo per quanto riguardava l’Europa dell’ovest.

Rabbrividii. Avrei dovuto cantare a undici concerti, con migliaia e migliaia di fans.

Mio fratello mi cinse le spalle con un braccio.

“Andrà tutto bene” mi disse, sorridendo.

Restammo insieme ai Tokio Hotel per tutto il giorno. Pranzammo insieme, poi al pomeriggio dovetti lasciarli. Non potevo permettermi di saltare il lavoro in quei giorni.

Sfortunatamente ero senza macchina. Non potevo prendere quella di Jo, altrimenti i ragazzi sarebbero rimasti a piedi.

Presi il cellulare e composi il numero per chiamare un taxi.

“Che fai?” mi sentii chiedere.

Mi voltai e vidi Georg, con una sigaretta tra le labbra.

“Sto aspettando il taxi”

“Perché?”

“Devo andare al lavoro, ma a Jo serve la macchina…”

“Ti accompagno io, tanto ormai siamo colleghi” mi disse, sorridendo.

Annuii.

“Grazie”

“Non preoccuparti. Te l’ho detto, adesso siamo colleghi, quindi è normale aiutarsi a vicenda, no?”

“Sì, hai ragione” dissi, allacciandomi la cintura.

In quel momento cominciò a piovere a dirotto.

“Uffa, gran bella giornata…” dissi.

“La pioggia è bellissima”

“Come scusa? È umida, fa freddo, ti bagni…preferisco il sole”

“Però quando piove puoi startene a casa, oppure puoi uscire e pretendere di stare da solo, a tutti i costi, senza che nessuno ti rompa le scatole”.

Lo disse con una voce talmente triste, che dovetti fare una grande pressione alla mia forza di volontà per non abbracciarlo all’istante. Lo guardai, poi notai che era tardi.

“Grazie del passaggio” dissi aprendo la portiera e scendendo.

Georg mi sorrise, poi inserì la retromarcia e se ne andò.

 

 

Capitolo non lunghissimo, ma che spero abbia punzecchiato un pochetto la vostra curiosità. Vi lascio così, con Georg depresso per non si sa quale motivo…

Uff continuerei a scrivere, ma devo fare obbligatoriamente i compiti.

Tanti baci a tutti e grazie ancora per le recensioni ^^

   
 
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