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Autore: Walpurgisnacht    07/12/2014    1 recensioni
Do do do don.
Immaginatevi: una scuola per supergeni, bulloni alle finestre, mitra per impedirti di uscire.
La solita lagna, in questo setting. O no? O sì e vi stiamo prendendo in giro?
Genere: Drammatico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Byakuya Togami, Kyouko Kirigiri, Makoto Naegi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Mondo Oowada, Dominatore dell'Universo'
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Dopo quasi un’ora di investigazioni, Makoto si sentiva decisamente scoraggiato.
La camera di Fujisaki era pulita, e al di là del corpo e del lenzuolo usato per impiccarla alla porta del bagno, non c’era nient’altro fuori posto.
Sospirò guardandosi attorno: nella stanza con lui c’erano anche Togami (che a parte dare ordini qua e là sembrava non aver contribuito in altro modo), Ishimaru (che si sentiva defraudato del suo ruolo di Prefetto da parte di Togami) e Sayaka (l’unica che ancora si stava dando effettivamente da fare), più un gruppetto di curiosi fuori dalla porta; Kirigiri invece sembrava sparita nel nulla, dopo essere uscita di corsa dalla stanza dicendo che voleva verificare qualcosa. Altri ancora erano sparpagliati per il piano alla ricerca di indizi.
Da qualunque angolazione la si guardi, la stanza di Fujisaki-san è immacolata, pensò. Ritenne quindi opportuno andare a cercare prove altrove - e magari incrociare Kirigiri, sperò. Balbettò qualcosa verso Togami, che annuì senza neanche voltarsi a guardarlo, e poi uscì in corridoio.
Ok. Dove posso dirigermi?
Non ci mise molto a decidere quando vide movimento in caffetteria, e soprattutto una familiare sagoma dai capelli lilla.
“Oh, Kirigiri-san! Eccoti!”
La ragazza si voltò e gli fece un cenno con la testa: “Trovato nulla in camera di Fujisaki?”
“Niente di niente, è tutto al suo posto” rispose Makoto, sconsolato.
“Tu invece? Hai avuto più fortuna?”
“Forse” disse lei, indicando con un cenno una sedia. “Guarda un po’ qua.”
Makoto sulle prime non vide nulla, poi notò che uno dei piedi era un po’ storto.
“Come diamine ci sono riusciti? Non mi sembra un materiale semplicissimo da piegare…”
“Esattamente” annuì Kyouko, “serve una forza notevole o un peso altrettanto notevole…”
“...e questo restringe la rosa dei sospettati.”
Kirigiri non rispose, limitandosi a sorridere.
“Oh Naegi-kun! Ci sei anche tu!”
Entrambi si voltarono verso la voce, e videro Aoi Asahina e Celestia Ludenberg uscire dalla cucina.
“Asahina-san! Cercavate indizi?”
“In realtà la signorina Asahina era alla ricerca di ciambelle” rispose Celes, facendo arrossire di vergogna la povera Aoi, “ma per un fortuito caso abbiamo trovato qualche indizio, forse.”
“I-infatti!” proseguì Aoi, cercando di scrollarsi di dosso l’imbarazzo. “Nel cestino della spazzatura c’era la carta di un paio di merendine e la bustina di un tè o tisana!”
“E a quanto dicono le regole scritte nella scheda identificativa” continuò la gothic lolita “il cancello dell’inceneritore viene chiuso prima delle dieci, quando scatta l’ora notturna.”
“Quindi” rifletté Kirigiri “possiamo presumere che Fujisaki e il suo assassino si trovavano entrambi in caffetteria, e che l’omicidio è avvenuto dopo quell’ora.”
“Il colpevole avrà dimenticato di liberarsi della spazzatura dato che doveva portare il corpo di Fujisaki-san nella sua camera, e organizzare la messinscena del suicidio” concluse Makoto, annuendo.
“Però io ho notato un’altra cosa” disse Celes, ma venne interrotta da un nuovo annuncio di Monokuma.
“PIM POM PAM POOOOOM! Bene miei bastardi, il tempo delle indagini è finito! Siete pregati di recarvi davanti alla porta rossa che si trova vicino alla sala audiovisivi! Marsch!”
I quattro si scambiarono sguardi perplessi. Makoto in particolare avrebbe voluto conoscere quell’ultima informazione di cui parlava Celestia, nel caso potesse rivelarsi utile, ma non era saggio far aspettare il loro preside. Per precauzione le disse di tenerla in caldo e di rivelarla alla prima occasione, ricevendone un assenso con sorriso che fece scendere la temperatura della sua colonna vertebrale pericolosamente vicina allo zero assoluto.
Si avviarono verso il famoso portone, la tensione palpabile, arrivandoci per primi e venendo presto raggiunti da tutti gli altri. Fra i ragazzi serpeggiava parecchio malumore, com’era facilmente prevedibile. A nessuno faceva piacere l’eventualità che non riuscissero a sbrogliare la matassa, visto che la pena accessoria era un simpatico giretto nell’aldilà.
Stavano per montare sull’ascensore quando…
“Avanti, non abbattetevi. Il caso è di facile risoluzione e solo chi si è macchiato di questo crimine ne pagherà le conseguenze”. Gli occhi di tutti si rivolsero verso Kyouko, l’autrice di questa frase.
“Ma… ma… come ne può essere così sicura, Kirigiri Kyouko-dono?” chiese Yamada, evidentemente poco convinto.
“Fidatevi di quel che dico. Sono o non sono la Super Detective?”.
“Anche i detective ogni tanto sbagliano…” fu l’acido rimarco di Oowada.
Spero vivamente che Kirigiri non stia dando fiato alla bocca tanto per fare bella figura. Comunque grazie per non avermelo mai detto nonostante le ripetute richieste, eh. Sei stata gentilissima.
In silenzio giunsero al piano inferiore; in silenzio si disposero nei posti dell’improvvisato tribunale; in silenzio Naegi osservò per qualche secondo il ritratto di Fujisaki, che occupava la sua postazione, su cui era stata schiribacchiata una X con qualcosa di rosso. Si augurò fosse sangue finto o ketchup.
Si comincia. Che qualcuno guardi giù e ci dia una mano.
“Molto bene” iniziò Monokuma, il tono di voce più serio da quando lo avevano sentito parlare per la prima volta “adesso voi bastardi vi metterete a chiacchierare del più e del meno cercando di giungere a una soluzione per questa orribile morte. Cominciate pure a sbranarvi”.
I primi due minuti di dibattito furono caotici, pieni di accuse mosse sulla base di nulla a gente estratta a caso. Probabilmente, pensò Naegi, erano le antipatie personali a governare queste prime fasi.
“Va bene” ci pensò ancora Kyouko a interrompere l’isterismo montante “se avete finito di rendervi ridicoli… possiamo cominciare a fare sul serio, che ne dite?”.
“Io sono d’accordo”, “Mi sembra un’ottima idea” e “Potevi anche sbrigarti prima” furono i commenti più gettonati di fronte a questa autoritaria presa di potere.
“Mpf. Dunque, innanzitutto vorrei dissipare alcuni dei dubbi che in questi ultimi centoventi secondi sono emersi: quello di Fujisaki è un omicidio, non un suicidio. Ci sono elementi che lasciano pochi spazi a domande. Come ad esempio la più totale assenza di una nota che, per quanto non sia una prova schiacciante, corrobora la mia tesi. Ovviamente non lo dico solo in base a questo”.
“Ah davvero? E sentiamo, cos’altro ti suggerisce che Chihiro non si sia tolta la vita da sé?” fece Kuwata, che appariva forte nel suo scetticismo.
“Semplice. La pelle cianotica, le labbra violacee, le piccole emorragie petecchiali sparse qua e là…”.
Accidenti. O ha mentito sul suo titolo e in realtà è la Super Dottoressa, o quel mestiere l’ha portata a farsi una cultura anche in ambito medico.
“Chiedo scusa per la domanda” la interruppe Ishimaru “ma… quelli non sono tutti segni dovuti a un soffocamento? L’impiccagione…”.
“... non causa la morte per asfissia, nonostante la credenza comune. E comunque la prova regina è che sul collo di Fujisaki non c’è la minima traccia della presenza di una corda, o nel nostro caso di un lenzuolo. Neanche la più piccola scalfittura. Quel lenzuolo è stato applicato in un secondo momento per sostenere la scenata”.
Ci fu un momento di confusione fra gli studenti, anche se meno di quanto Makoto poteva essersi immaginato. Da parte sua non aveva motivo per credere che Kirigiri stesse mentendo o comunque distorcendo in qualche modo la verità, perché nella fase investigativa erano sempre rimasti spalla a spalla e aveva potuto appurare in prima persona la scrupolosità e la metodicità del suo operare. Era indubbiamente onesta in quanto stava dicendo e questo gli dava una qualche certezza su cui potersi poggiare.
“Direi che a questo punto l’idea dell’omicidio è ben più di un ipotesi” proruppe Sakura, il cui tono di voce, seppur pacato, bastò a calmare gli animi dei presenti “ma è altresì vero che non abbiamo indizi a supportare questa tesi.”
“In effetti la stanza di Fujisaki era assolutamente pulita” commentò Sayaka, “io e Togami siamo rimasti a cercare indizi, ma non c’era niente fuori posto.”
Togami annuì, sorridendo: “Infatti è indubbio che il corpo sia stato portato solo dopo in camera sua, mettendo in scena il finto suicidio.”
“E questo non fa che supportare la mia ipotesi” disse Kirigiri, irritando non poco Togami. “E comunque gli indizi ci sono” proseguì “abbiamo solo cercato nel posto sbagliato. Asahina?” chiese, rivolgendosi ad Aoi. La nuotatrice trasalì un attimo, poi si ricompose: “S-sì, in effetti io e Celes-san abbiamo trovato delle carte di merendine e bustine di tè usate nella spazzatura.”
“Beh possono essere rimasti lì dalla cena…” disse Leon, ma venne subito interrotto da Ishimaru: “Impossibile. L’inceneritore viene chiuso alle dieci, e il sottoscritto aveva l’incarico di occuparsene per questa settimana. Per cui posso assicurarvi che per quell’ora la spazzatura era già tutta nell’inceneritore.”
“Questo colloca Fujisaki e il suo assassino in caffetteria dopo le dieci” concluse Kirigiri. Naegi osservò il dibattito in totale ammirazione per la Super Detective, che decisamente rendeva onore al suo titolo; si sentì altresì un po’ messo in disparte, ma non aveva proprio idea di come intervenire nel discorso…
“Però ho un dubbio” chiese qualcuno, che Makoto riconobbe come Junko Enoshima, “non avremmo dovuto sentire le urla di Fujisaki, o un qualunque tipo di rumore? Insomma, la caffetteria è abbastanza vicina ai dormitori…”
“Ma le stanze sono insonorizzate” si affrettò lui a rispondere, “se ricordi lo avevamo scoperto durante la prima perlustrazione.”
“Oh” fu l’imbarazzata risposta di Junko, e Makoto si sentì finalmente utile in qualche modo.
“Scusate se mi intrometto, ma c’è qualcosa che vorrei dire” proruppe Celes, alzando la mano. Naegi ricordò improvvisamente di quel dettaglio che la ragazza stava per rivelare prima che arrivasse l’annuncio di Monokuma, e si voltò ad ascoltarla.
“Non so se può essere di qualche aiuto” proseguì Celes “ma ho notato che manca una tazza da tè.”
“E questo come dovrebbe aiutarci?” chiese Hagakure, supportato da Leon che annuiva scettico.
“Perché probabilmente la tazza si è rotta durante un’ipotetica colluttazione” intervenne Kyouko “e l’assassino, non potendo nasconderla nell’inceneritore, deve averla nascosta da qualche parte.”
“Q-quale colluttazione? Non mi sembra si sia parlato di una colluttazione!” urlò Yamada, stranamente agitato. La sua vocina più acuta del solito destò qualche sospetto in Naegi, che decise di prendere parola: “In realtà in caffetteria ci sono prove anche di questo” disse. voltandosi verso Kirigiri. Temeva che la ragazza potesse essersela presa perché stava per rivelare un dettaglio da lei scoperto, ma in realtà sembrava compiaciuta e gli fece cenno di continuare. Makoto annuì e riprese: “Vedete, Kirigiri-san ha trovato in caffetteria una sedia con un piede storto. La struttura di quelle sedie sembra fatta di un metallo piuttosto resistente, e piegarlo non deve essere semplice.”
“E-e questo c-cosa dovrebbe dimostrare, d-di grazia?” chiese Fukawa, che finora non aveva proferito parola.
“Come dicevo, piegare quel materiale non è impossibile ma neanche facile” proseguì Makoto, “per cui con Kirigiri-san ne abbiamo dedotto che per ridurlo in quel modo c’è bisogno di molta forza o di un peso notevole” disse, voltandosi istintivamente verso Yamada “cosa che riduce di molto la rosa dei sospettati.”
Tutti rimasero in silenzio ad osservarlo, probabilmente assimilando le informazioni e ragionando sul probabile colpevole.
“Alla luce di questo indizio, direi che i possibili sospettati sono solo due” prese nuovamente parola Kyouko, “Sakura Oogami e Hifumi Yamada. La prima è dotata di una forza notevole, l’altro di un peso altrettanto notevole” disse; i due nominati rimasero in silenzio, la prima solo leggermente sorpresa, l’altro invece decisamente agitato.
“Per favore” si rivolse direttamente a loro “potreste dirci dove eravate ieri sera, dopo le dieci?”
“Io mi trovavo in camera di Asahina” rispose Sakura pacata, scatenando l’apparente indignazione di Ishimaru: “C-cosa?! Ma dormire fuori dalla propria camera è contro le regole! Sta scritto anche nella carta identificativa!” berciò lui, ma Sakura non si scompose: “Ma non dice nulla riguardo il trovarsi in camera di qualcun altro senza pernottare, mi sembra” disse, lanciando uno sguardo ad Ishimaru che lo zittì sul colpo. “Se mi trovavo in camera di Asahina era solo per consolarla, in quanto aveva ammesso di essere preoccupata e di non riuscire a dormire.”
Aoi non rispose ma si limitò ad annuire. Kyouko fece altrettanto, poi si rivolse a Yamada: “E tu? Dove ti trovavi?”
Il ragazzo ormai sudava freddo.
“Ti ho solo chiesto dov’eri. Non ti sto accusando di nulla… per ora” aggiunse sottilmente, secondo Makoto tanto per metterlo ancora più in agitazione. Rise fra sé e sé.
“Io… io… ero in camera mia… a dormire, ovviamente…” rispose balbettando l’interpellato, anche se a più di uno dei presenti quella parve una grossa, grassa bugia greca.
“E qualcuno può confermare quanto dici?” lo incalzò Kirigiri. Se Naegi non fosse stato assolutamente certo dell’impossibilità dell’ipotesi, avrebbe giurato di vederla sorridere in maniera maligna.
Non ti pensavo capace di essere anche solo vagamente sadica. La cosa… lo ammetto, non è proprio rassicurante.
Al diniego del corpulento otaku, Kirigiri provvide a spiegare l’ovvio: “Quindi sei senza alibi. Quindi niente ti impedisce di aver appena mentito. E stando così le cose mi tocca trovarti fin troppo sospetto. Sei davvero sicuro di non essere stato in caffetteria in compagnia di Fujisaki e… non so, aver avuto un piccolo incidente? Un incidente che, casualmente, ha fatto finire i cocci della famosa tazza mancante in camera tua?”.
Silenzio. Tutte e quattordici le paia di occhi si piantarono su di lei, che non sembrò neanche accorgersene. Con la massima nonchalance tirò fuori da una tasca del suo vestito dei piccoli frammenti che senza ombra di dubbio appartenevano al pezzo mancante del set da tè.
“Questi erano in camera tua, Yamada. Ti spiacerebbe spiegarci il perché, tenendo conto che facilmente assassino e vittima erano insieme in caffetteria a farsi uno spuntino dopo l’annuncio dell’orario notturno e con l’inceneritore chiuso?”.
L’orda di sguardi cambiò istantaneamente bersaglio, andando a fissarsi famelica sulla pancia del povero Hifumi. Soverchiato da tutta questa attenzione, il ragazzo fece due passi indietro portandosi le mani alla bocca e cominciando a mordicchiarsele nervosamente.
La sua colpevolezza era ormai così palese che solo i più idealisti del gruppo, fra cui andava doverosamente annoverato lo stesso Naegi, provavano a cercare nelle loro teste soluzioni alternative che non contemplassero un omicidio. Fallendo.
“Yamada, oltre a Oogami sei l’unico che avrebbe potuto arrecare quel danno alla sedia. E al contrario suo non hai un alibi valido. Sotto al tuo letto erano nascosti i pezzi di una tazza, la tazza che abbiamo stabilito essere stata usata da uno fra vittima e colpevole questa notte. Se hai una spiegazione logica e convincente per tutti questi gravi indizi a tuo carico… beh, direi che è il momento di sfoderarla. Se invece, come penso, sei stato tu… beh, allora l’unica cosa che a questo punto puoi sfoderare è la spiegazione di come si sono svolti i fatti e del perché hai ucciso Fujisaki”.
Makoto non reagì, almeno non a livello superficiale, di fronte al lungo j’accuse lanciato da Kirigiri; dentro di sé, tuttavia, non poté fare a meno di rabbrividire all’idea che il panciuto e tutto sommato innocuo Yamada fosse davvero l’omicida che stavano cercando. Anche in quel momento, vedendolo accerchiato dagli occhi inquisitori degli altri, non dava affatto l’idea di un killer spietato. Tutt’altro, sembrava un cucciolino sovrappeso minacciato dai cacciatori brutti e cattivi.
La logica di Kyouko è ineccepibile, non lo potrei negare neanche volendo. Eppure fatico a credere che sia stato davvero lui. L’unica cosa a cui posso aggrapparmi è sperare che si sia trattata di una fatalità e che non abbia davvero cercato volontariamente un capro espiatorio per ottenere la libertà da questa prigione. Voglio sperarlo. Devo sperarlo. Perché cominciare a dubitare di tutto e di tutti, come fa quel simpaticone di Togami, significherebbe darla vinta alla perversa mente dietro tutto questo.
“Non… non… non… non volevo fare del male a nessuno, men che meno… men che meno a Fujisaki… io… io mi ero… ecco, lei mi… mi piaceva… un po’... assomigliava tanto a… alle eroine 2D di cui sono innamorato… e allora… allora… ieri sera avevo un po’ di fame… e sono andato in caffetteria… lei mi ha raggiunto dicendo che voleva farsi un tè… abbiamo… abbiamo chiacchierato un pochino… ed era così gentile, così carina… mi sono… mi sono lasciato andare e ho cercato… sì, insomma, ho cercato… di baciarla… ma mi ha rifiutato… ho insistito e nello sporgermi in avanti… oh santo cielo, non volevo, davvero… è stato un caso, non era mia intenzione… caderle addosso… e soffocarla…”.
La confessione sullo svolgimento dei fatti lasciò quasi tutti ammutoliti, a parte l’immancabile Togami che commentò alla sua maniera acida la goffaggine trasformatasi in peso omicida. Nessuno trovò la forza, o la voglia, di metterlo a tacere come si sarebbe meritato.
“Vediamo se riesco a completare il quadro: senza volerlo le sei franato addosso, immagino non pensando alle conseguenze che ciò poteva comportare. Cadendo hai urtato la tazza, che si è rotta, e hai piegato la gamba della sedia. Quando poi ti sei realmente reso conto era troppo tardi, ti sei fatto prendere dal panico e hai cercato di pulire la scena del crimine alla bell’e meglio, buttando via cartacce e pezzi vari che potevano comprometterti. Infine, temendo di venire bollato come assassino, hai inscenato il finto suicidio per Chihiro. Confermi, Yamada?” buttò fuori Kirigiri. Naegi non poté non notare come sul viso della detective non ci fosse la minima traccia di soddisfazione per aver risolto il caso, e anzi ci vide una lieve ombra di… fece fatica a dare un nome a quella pallida emozione, ma alla fine si risolse nel chiamarla tristezza.
“Mi… mi dispiace tantissimo… io… ho avuto una paura folle di… di venire linciato, o sottoposto a qualche tortura strana… non so bene, credo di aver perso… completamente la bussola in quei momenti… sudavo, tremavo, ero fuori di me… non vi chiedo di perdonarmi, sarebbe troppo… vorrei solo che non pensaste troppo male di me, questo sì… perché vi assicuro, ve lo giuro… io non volevo…”.
Le parole di Yamada si trasformarono in un balbettio quasi incomprensibile, per poi sfociare in un pianto disperato ma anche, per certi versi, liberatorio.
Nessuno osò proferire parola davanti a quella scena, nemmeno Togami.
Che cosa si poteva dire, d’altronde?
Non era un caso di omicidio quello che era appena stato risolto, e quello che si stava disperando davanti ai loro occhi non era uno spietato assassino: era solo un terribile incidente, e Yamada era colpevole solo del suo sovrappeso, ma in fondo era una vittima anche lui. Vittima degli eventi, di quella scuola, vittima di chiunque si nascondesse dietro l’orso meccanico.
“DIN DON DIN DON! Abbiamo un vincitore!”
Monokuma riempì il silenzio, agitando le zampine. I ragazzi si voltarono a guardarlo.
“Direi che non c’è nemmeno bisogno di una votazione, visto che il colpevole ha confessato” ridacchiò, “quindi saltiamo la burocrazia e veniamo alla parte divertente… Yamada, brutto ciccione, è giunto il momento della tua ESECUZIONE!”
A quella parola tutti sbiancarono, e un coro di urla e commenti si sollevò.
“C-cosa?!”
“Che cosa intendi con esecuzione, orso di merda?!”
Naegi riuscì a fatica a sovrastare le voci degli altri: “M-Monokuma! Che cos’è questa storia dell’esecuzione?! Non ci hai detto niente al riguardo!”
Ma l’orso meccanico sembrò ignorarli, e continuò: “Prego, vieni pure da questa parte” disse, indicando un palchetto alle loro spalle “sarà un momento memorabile!”
Yamada si avvicinò al palchetto tremando, quando notò una katana e un coltello tantō.
“De… devo fare seppuku?!” strillò con voce acuta, mentre altre grida provenivano dai suoi compagni.
“Sali sul palco” proseguì Monokuma, senza interrompersi “dopodiché uno di voi bastardi ricoprirà il ruolo di kaishakunin*! Avete cinque minuti per scegliere chi lo farà!” concluse, per poi tornare silenzioso e immobile quasi fosse in stand-by.
“Co-come puoi chiederci una cosa del genere?!” urlò Naegi, ma non ottenne risposta dall’orso; nella stanza quasi tutti erano in preda al panico, chi piangeva, chi urlava improperi di ogni tipo, altri ancora preferivano rimanere in silenzio.
“Deve esserci un modo…” disse Makoto, rivolgendosi a Kirigiri, quando con la coda dell’occhio notò Yamada sul palco, in ginocchio, il coltello già in mano.
“Y-Yamada! Scendi da lì, troveremo un modo per-”
“Va… va bene così, Naegi Makoto-dono” disse il ragazzo, tirando su col naso “è giusto che le cose vadano così. Io… io non volevo che…” singhiozzò, asciugandosi le lacrime con la manica del maglione. “Non potrei v-vivere con il peso di ciò che ho fatto a Fujisaki-san…”
A quella frase Makoto sentì gli occhi pizzicargli, e a quanto pare non fece quell’effetto solo a lui; persino Togami preferì voltarsi davanti a una scena tanto straziante.
“Tempo scaduto! Il kaishakunin salga sul palco!” annunciò l’orso, riportando il panico nella stanza.
“Ma… ma non abbiamo ancora…” balbettò Makoto, quando qualcuno si avvicinò e salì sul palchetto: “Lo farò io” annunciò Sakura Oogami, solenne. “Non volevi fare del male a Fujisaki, e meriti di andartene con onore… visto che non c’è altra scelta” aggiunse con un filo di voce.
Yamada annuì tra le lacrime, e la ringraziò.
Il tutto durò solo pochi minuti: Yamada, nonostante i singulti, non ebbe alcuna esitazione, e Sakura fu rapida e precisa nell’eseguire la decapitazione; quando il corpo senza vita di Yamada cadde in avanti qualcuno si lasciò scappare un urlo, altri si voltarono in preda alla nausea. A rito ultimato, Sakura rimase qualche istante in silenzio ad osservare il cadavere, poi scese dal palco. Non si preoccupò di asciugarsi le lacrime.
“Bene, miei cari studenti, il primo processo è finito! E tutto è bene ciò che finisce bene, no? Quindi tornate pure in accademia e godetevi la vostra ricompensa!”
Detto questo Monokuma sparì come suo solito, lasciando quattordici studenti in preda alla disperazione.

La giornata era stata intensa, e nessuno ebbe molta voglia di godersi il premio di Monokuma.
Mentre tutti erano ormai immersi in un sonno profondo, qualcuno ne approfittò per sgattaiolare fuori dalla sua stanza e recarsi alle scale sbarrate accanto alla stanza delle scorte; senza troppi preamboli tirò fuori un telecomandino e attivò velocemente la saracinesca, scattando poi verso il quarto piano.
Arrivato a destinazione si chiuse velocemente la porta alle spalle, e si sedette alla postazione da cui poteva controllare le telecamere e il sistema d’allarme della scuola.
“E Monokuma” ridacchiò tra sé e sé, accarezzando l’orsetto meccanico.
Si passò una mano tra i capelli e fece roteare il collo per sgranchirsi, quando il suo sguardo si posò sul suo riflesso in uno schermo spento.
Sorrise.
“Ben fatto, Mondo Oowada” disse, sentendosi pieno di orgoglio. “Tutto procede secondo i piani… presto avremo la nostra vendetta, fratello” aggiunse, voltandosi verso il lato opposto della stanza.
Anche nella penombra, era certo che Daiya stesse sorridendo.



* Kaishakunin: il samurai che si occupa di tagliare la testa a chi sta per commettere seppuku.
** Piccole note sull’accademia: non avendo trovato riscontri da nessuna parte, ci siamo presi qualche piccola libertà: gli studenti, prima dell’incidente, dormivano in accademia, mentre gli insegnanti non avevano quest’obbligo. Inoltre abbiamo deciso di sostituire le lastre d’acciaio e i bulloni che coprivano le finestre nel gioco con un più semplice sistema elettronico di saracinesche, insieme a un sistema di sicurezza con telecamere. Tutto ha un motivo, abbiate fede :p
   
 
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