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Autore: KatherineSwan    07/12/2014    9 recensioni
Colin e Jennifer. Jennifer e Colin. Due anime unite dal proibito. Due colleghi che pian piano scoprono l'importanza che l'uno ha per l'altro, e iniziano a chiedersi: e se la mia vita fosse sbagliata? e se potessi avere di più?
Jennifer e Colin che fanno colazione insieme. Jennifer e Colin che fanno l'amore. Jennifer e Colin che si tengono per mano. Jennifer e Colin che si amano.
E se tutto questo potesse far parte della loro vita?
Succederà? Vi basta leggere per scoprirlo.
Genere: Angst, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: colin o'donoghue, Jennifer Morrison
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Rieccomi ad aggiornare questa storia un pò troppo disagiata.
Vi ho fatto aspettare un pò e devo ammettere che non sono tanto soddisfatta di questo capitolo, avrei voluto fare di più ma ho davvero troppo poco tempo per scrivere, quindi spero che vi piaccia lo stesso.
Se volete recensire ne sarei davvero felice. Buona lettura :)


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Fu svegliato dai raggi del sole che gli colpirono il viso, trapelando dalle tende dell’enorme finestra della stanza.
Aveva piovuto tutta la notte, ma loro non ci avevano pensato affatto, troppo occupati a vivere quel loro momento in quell’angolo di paradiso perfetto.
Colin posò lo sguardo sul profilo del corpo della donna che dormiva su di lui, osservandone le forme perfette e le curve che le delineavano, chiedendosi in quale vita passata avesse ferito o fatto male a qualcuno per meritare un tale agonia.
La guardava come si guardano le cose belle, quelle pure e piene di luce, mentre lui, lui era piano di buio e oscurità al momento, e se ne rendeva conto ogni secondo che passava.
Perché Jennifer non solo gli si era piantata nel cuore, lei gli si era piantata fin nelle ossa, in modo tale da non poter andare via, gli era entrata nel sangue, e il suo pensiero si era annidato sotto pelle, in un modo che Colin ormai non capiva e non riusciva a controllare.
Gli faceva male, era come sale su una ferita, bruciava più di quanto si potesse immaginare, ma avrebbe sopportato quel dolce dolore all’infinito se questo significava averla in quel modo, sentirla sua in quel modo.
Quella notte avevano fatto l’amore per non ammazzarsi, per non ferirsi più con frasi crudeli che non facevano altro che ricordargli quanto fosse sbagliato quel loro legame perverso, quel loro sogno proibito.
Lentamente aveva iniziato a disegnare il profilo della donna con un dito, scorrendo dalla guancia per poi scendere lungo il collo, sulla spalla, fin sul fondoschiena dove indugiò qualche secondo prima di continuare verso la coscia e risalire, seguendo lo stesso percorso e tornando a sfiorargli la guancia dolcemente, con fare delicato per non svegliarla.
L’avrebbe guardata dormire per ore e per tutto il tempo avrebbe pensato a quanto fosse bella, a quanto fosse vulnerabile e fragile in quel momento, nuda e sdraiata su di lui con aria innocente.
Forse stava sognando perché le sue labbra si schiusero in un sorriso inconsapevole e Colin non potette fare altro che sorridere a sua volta, colpito da quel piccolo momento di dolcezza della donna, della sua Jen.
«Buongiorno, dormigliona. »
Le sussurrò piano, non appena la vide distendersi in una smorfia mentre apriva gli occhi, ancora palesemente stanca e assonnata.
«Uhm-buongiorno.»
Jennifer mugugnò leggermente, per poi voltarsi con il corpo verso di lui, osservandolo per qualche istante e ricordandosi quello che era successo durante la notte.
Fu pervasa da un insolito senso di felicità e subito dopo da una profonda malinconia, accompagnata dai sensi di colpa che, prepotenti, le stavano pervadendo il cervello.
« Sei bella mentre dormi, sai? Più bella del solito. »
Colin si accorse di quel mutamento nell’espressione della donna e provò a distrarla con un complimento, un complimento che sentiva vero e in cui credeva fermamente.
« Colin..- lei sussurrò il suo nome in quel modo, nel modo in cui un pentito firma la sua ammissione di colpa e lui deviò lo sguardo verso un punto indefinito della stanza, ignorando quella tacita richiesta-.. che cosa abbiamo fatto? »
Sospirò pesantemente, poi, prima di tornare con gli occhi su di lei, afferrandole il viso con entrambe le mani mentre l’attirava a sé con tutta la forza che aveva in corpo.
« Abbiamo fatto ciò che entrambi desideravamo fare da tempo, e non mi sentirò in colpa per averti amata questa notte, né in tutte le notti a venire. »
« Non ci saranno altre notti come questa, lo sai vero? »
« Lo so, ma abbiamo ancora un paio di giorni prima che tutto finisca. »
« Che succederà quando torneremo a casa?»
« Non lo so, Jen. Non lo so. Probabilmente tornerò a guardarti da lontano e a desiderarti in silenzio. »
Lei non rispose, non ne aveva bisogno, perché il solo pensiero di tornare sul set la stava uccidendo lentamente, come se ogni minuto che passava, ogni minuto li allontanava sempre di più.
Sospirò, impercettibilmente, affondando il viso nell’incavo del collo di lui, sperando di eludere il suo sguardo ed evitare che si accorgesse di quelle lacrime che ricadevano copiose sul suo viso.
Troppo tardi, Jennifer, troppo tardi - pensò tra sé - accorgendosi che ormai la pelle di Colin ne era impregnata, e adesso lui aveva addosso un po’ di lei, e quella sensazione non sarebbe mai svanita.
Le accarezzò la schiena con la punta delle dita, scendendo fin sui fianchi, per poi risalire ancora in quella dolce carezza consolatoria, che lasciò rabbrividire lei quel tanto che bastava per farle tornare alla mente quello che era successo quella notte.
Era stata sua e adesso avrebbe pagato le conseguenze di quell’unica notte in cui si era permessa di perdere il controllo, l’unica volta in cui lei aveva pensato a se stessa invece che a ciò che era giusto.
« Dovresti andare via, Colin. »
« Non voglio andare via, sono appena arrivato. »
Lei si voltò verso di lui, incatenando i loro sguardi con un tacito assenso.
«Se non vai via ora, non ti lascerò andare mai più, e questo non sarebbe giusto.»
« Non lasciarmi andare allora. »
« Devo farlo. E dovresti farlo anche tu. »
Momento di silenzio, entrambi rimasero a guardarsi per un attimo infinito, prima che Colin le sfiorasse la guancia con il dorso della mano, sorridendo mestamente.
Si era ripromesso di viversi quella giornata prima di tornare alla realtà e lo avrebbe fatto, senza pensare a tutto quello che lo aspettava al suo ritorno, senza pensare a nient’altro se non a lei.
« Abbiamo ancora 24 ore, non voglio sprecarle, e non dovresti sprecarle nemmeno tu. »
« Che senso avrebbe? Una volta tornati a casa questa follia sembrerà solo un ricordo lontano, ed io non voglio.. io-dannazione, non voglio costringermi a dimenticare tutto. »
Lui la baciò, facendola tacere per un istante, affondando le labbra nelle sue nel disperato tentativo di trovare una soluzione a tutto quel caos che li aveva travolti qualche ora prima.
Non aveva idea di cosa fare, l’unica cosa certa era che voleva restare in quel letto insieme a lei per tutta la vita, voleva stringerla e baciarla fino a perdere il respiro, per poi incamerare aria nei polmoni e ricominciare ad amarla da capo, in un circolo infinito.
Si staccò a fatica, restando con le labbra sulle sue, respirandone il profumo e assaporandone le lacrime salate che, ancora una volta, le avevano rigato il viso.
Jennifer si allontanò da lui, scendendo dal letto a piedi scalzi, con indosso solo il lenzuolo che aveva tirato via di dosso a lui, che sorrise quasi divertito non appena lo sguardo di lei si posò nuovamente sulla sua figura, con un accenno di imbarazzo.
La seguì, rivestendosi solo con i bixer per poi stringerle le braccia attorno ai fianchi, costringendola a voltarsi verso di lui e ad incrociare nuovamente i loro sguardi.
« Solo altre 24 ore, poi tutto tornerà alla normalità. Quello che è successo in questa stanza resterà sepolto in questa stanza. Devi promettermelo, Colin.»
« Te lo prometto.»
Sussurrò lui, stranamente in disaccordo con Jennifer.
Sapeva che, per quanto ci avrebbe provato, quello che sentiva per lei non sarebbe rimasto sepolto in nessuna stanza d’albergo, questo era poco ma sicuro, tuttavia l’assecondò, pensando che in quel momento era ciò di cui lei aveva bisogno.
« Ora ho intenzione di chiudere le tende, portarti a letto e fare l’amore con te fino a domattina, perché adesso sei tutto ciò che voglio.»
 
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« Pronto? Jen. Sei sveglia? Siamo sotto casa tua, dai. Scendi. »
« Si..dammi 5 minuti e scendo. »
Aveva mentito. Cinque minuti non erano sufficienti per scendere da casa e risultare presentabile a lavoro.
Ginnifer e Josh l’aspettavano di sotto, e Jennifer non faceva altro che pensare ai due giorni precedenti, passati in quella stanza d’albergo con Colin.
Erano ripartiti nel pomeriggio, con voli differenti e senza vedersi nemmeno in aereoporto.
Non si erano più parlati, non si erano sentiti e né tanto meno cercati, forse nella speranza di dimenticare, o forse perché non volevano dimenticare affatto.
Quella notte Jen l’aveva passata a fissare il soffitto, senza chiudere occhio, mentre ripensava alla sua maratona di sesso clandestino con l’uomo sposato che avrebbe passato i prossimi mesi al suo fianco a baciarla, a sfiorarla, a toccarla recitando, senza però recitare davvero.
Aveva ripensato al modo in cui l’aveva fatta sentire, al modo in cui era riuscito a toccarla, come se conoscesse ogni centimetro del suo corpo da tempo, al modo in cui l’aveva baciata con disperazione prima di chiudersi la porta di quella stanza alle spalle, lasciando all’interno un pezzi di loro due.
Sospirò pesantemente, prima di aprire la valigia che non aveva ancora disfatto, alla ricerca di qualcosa da mettere addosso per andare a lavoro.
Con grande sorpresa si ritrovò davanti un biglietto ripiegato in due e posizionato con cura all’interno della valigia stessa.
Probabilmente glielo aveva messo Colin di nascosto, per farglielo trovare una volta tornata a casa.
« So che mi hai chiesto di dimenticare tutto quello che è successo questa notte, so che ti ho promesso che lo avrei fatto, ma non posso. Non potrò mai guardarti in modo diverso da come ti ho guardata durante queste 24 ore. Non potrò mai dimenticare l’espressione del tuo viso mentre eri mia, mai. Potrò fingere di averlo fatto, potrò fingere per te, per permetterti di essere felice quando sarai pronta, ma non dimenticherò mai questa nostra follia. Non dimenticherò mai cosa provo per te. Colin.»
Jennifer ebbe l’istinto di stracciare quel pezzo di carta e buttare via anche l’ultima cosa che poteva legarla a lui e a quello che avevano avuto insieme, ma alla fine decise di ripiegarlo e nasconderlo nel cassettino della biancheria, pensando di poterne avere bisogno in futuro, quando si sarebbe sentita sola quel bigliettino le avrebbe ricordato che lui ci sarebbe stato per lei, sempre.
Quando scese le scale e si ritrovò i suoi amici ad aspettarla, per un attimo si sentì terribilmente in imbarazzo per dover mentire davanti a loro.
« Tesoro, ciao. Come è andato il viaggio? »
« B-bene, è andato bene. »
Ginny l’abbracciò, e lei non potette fare altro che ricambiare e stringersi a lei quasi per dimenticare tutto, resettare e ripartire da zero, tornando alla sua vita di sempre.
Il viaggio in auto fu silenzioso e Jennifer ringraziò la sua buona stella per non aver ricevuto altre domande scomode a cui non avrebbe saputo rispondere.
Una volta arrivati sul set, si respirava un aria diversa, carica di tensione.
Lei non riusciva a rendersi conto del perché, fino a quando due enormi occhi azzurri non si posarono su di lei e improvvisamente tutto le fu più chiaro.
ll primo sguardo dopo il loro ritorno, le prime bugie, i primi falsi sorrisi di circostanza.
Tutto questo le pesava enormemente, ma sapeva che era l’unica cosa da fare.
« Ciao ragazzi. Ehi, Jen. »
Colin si limitò a riservarle un tenero sorriso, per poi tornare ad abbracciare Josh e a baciare Ginnifer sulla guancia, porgendo poi un caffè alla sua Dea dai capelli dorati.
Lo aveva sempre fatto, quando arrivava per primo sul set le preparava un caffè forte e glielo faceva trovare pronto al suo arrivo, sempre in ritardo.
Jennifer sorrise mestamente, riconoscendo in quel gesto il tentativo di lui di far funzionare le cose e fingere di aver dimenticato tutto, come aveva promesso in quella lettera.
Sospirò appena, scuotendo la testa pensierosa.
« Vado in camerino, devo prepararmi.  »
Sentenziò prima di sparire dalla vista di tutti, rifugiandosi in quella stanza, lì dove nessuno poteva vederla abbattuta, distrutta e con il cuore in pezzi.
Dio, odiava il fatto che lui avesse quel potere su di lei, odiava quanto potesse fargli male senza nemmeno rendersene conto, e odiava il fatto di essersi concessa quel momento di debolezza, perché adesso non c’era più confine tra quello che poteva avere e quello che non poteva avere da lui.
Erano su di una linea indefinita, costantemente in bilico tra giusto e sbagliato, e questo la faceva andare fuori di testa.
Rimase rintanata lì dentro per una ventina di minuti, prima di rendersi conto del tempo che era passato, quando qualcuno bussò alla porta.
Sapeva perfettamente chi fosse, lo percepiva da quella leggera scia di profumo che aveva inebriato la stanza e aprì la porta completamente succube della situazione.
« Sei pronta? Ti aspettano per iniziare. »
« Si, ho appena finito. Mi servono solo 5 minuti. »
« Stai bene? »
« No. Ma starò bene. »
« Jen.. »
«Va via. Davvero, è tutto okay. »
« Ne sei sicura? »
Jennifer costrinse se stessa a sollevare lo sguardo e ad incrociare quello di lui, per poi dare una rapida occhiata a come era vestito.
La camicia nera di Uncino, sbottonata fin sopra il petto e i pantaloni di pelle che gli davano un tocco più sexi del solito, ma lei rimase seria e concentrata.
« Non ne sono sicura. Io- come può andare bene, Colin? »
« Che cosa vuoi da me, esattamente? Perché non riesco a capirti. Volevi far finta di nulla, volevi che tutto tornasse normale, volevi cancellare questi ultimi giorni insieme. Ti ho accontentata perché era quello che volevi, poi arrivi qui e mi dici che non stai bene, pretendi che io mi comporti in un altro modo, ma non so cosa vuoi. Non so cosa vuoi. »
« Io voglio te. »
Colin fu sorpreso da quelle parole, si era preparato per un altro tipo di reazione, non certamente per una frase del genere.
Era stato colto alla sprovvista e non riusciva a formulare una sola frase di senso compiuto per risponderle.
Avrebbe potuto dirle che anche lui la voleva, ma non sarebbe servito.
Avrebbe potuto dirle che lui non la voleva, ma non sarebbe servito neanche questo.
La verità è che la voleva da matti, ma non poteva più averla.
Vancouver non era Vienna, il set non era una stanza d’albergo in cui potevano chiudersi ed estraniarsi da tutto, quella era la vita vera, e lui aveva una moglie che amava ed un figlio che adorava.
Non poteva ferirli ancora, non poteva, tuttavia non riuscì a frenare l’impulso di baciarla e così si ritrovò con le labbra su quelle di lei, mentre la schiacciava con il corpo contro la parete, facendole mancare nuovamente il fiato.
Non si sarebbe mai abituata a quei baci, non si sarebbe mai abituata al modo in cui lui la faceva smettere di respirare, al modo in cui le faceva perdere il controllo così facilmente.
Riuscì a staccarsi a fatica, allontanandolo di poco facendo pressione con le mani sul petto di lui, che ancora aveva le labbra sulle sue.
« Questa è l’ultima volta. L’ultimo bacio. »
« E’ il bacio d’addio. »
« Si. E’ il bacio d’addio. Dovrebbe esserci anche il sesso d’addio. »
« Non farò mai sesso con te. »
Lei si stupì per un momento, rimanendo ancorata a lui per qualche istante ancora, prima di lasciarlo andare, osservandolo mentre si incamminava fuori dalla stanza.
« A Vienna ti è piaciuto fare sesso con me, se non ricordo male. »
« Quello non era sesso per me. Non lo è mai stato, Jennifer. »
Lei rimase in silenzio e lo lasciò andare via, sfiorandosi poi le labbra con le dita.
L’aveva nuovamente sconvolta con quelle parole, usando quel potere su di lei che nessun altro aveva.
E allora capì.
Non si può tornare indietro quando ci si innamora veramente.
  
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