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Autore: slice    07/12/2014    6 recensioni
Tre incipit sono morti per questa storia, il quarto ha funzionato solo con la famigerata prima persona. Detto questo, sappiate che non era molto tempo che volevo trattare questi due, bensì era molto tempo che volevo scrivere questo. Nonostante tutti i miei proplemi relazionali, pare che sappia descrivere una cosa tanto poco chiara come la loro situazione; con successo, mi dicono.
Kurenai si rende conto che l'amore platonico non fa per lei... Oh e anche che c'è, in effetti, dell'amore nella sua vita. Oltre a quello di sua figlia.
Prima classificata al contest “La nicchia” indetto da Meryl Watase, DoubleSkin, Manga e Blueorchid31 sul forum di Efp.
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kurenai Yuhi, Raido Namiashi
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
- Questa storia fa parte della serie 'La peggior ingenua grossa stupida bugia'
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Pacchetto: “Kokuo”, ho scelto Kurenai
Note autore: amo i personaggi secondari e questo contest mi ha accalappiata dalla prima riga. Qualunque cosa ne esca, sono contenta di aver scritto questa storia, ringrazio dunque chi ha indetto il contest per l'ispirazione.







Il peso sulla bilancia



La serratura scatta, spingo la porta ed entro. La stanza è un buio sporco di luce artificiale proveniente dal lampione in strada, mi mostra la calma piatta del mio appartamento e di rimando fa sembrare ancora più caotico il subbuglio nella mia testa. Mi accascio con la schiena al portone e piango.
In realtà non so bene perché piango, ma non abito più nel complesso dei jounin e posso piangere sul serio, singhiozzare e mugolare mentre mi stringo la maglia all'altezza del petto, perché nessun civile ha l'udito abbastanza fine per sentirmi attraverso le mura. È solo uno sfogo, devo aspettare che sia passato; nel frattempo non penso a niente.
Il silenzio fa risaltare il mio respiro, mi concentro su quello il necessario per calmarmi, poi mi alzo.
Ci sono un sacco di cose che dovrei fare, lavarmi i denti, per esempio, cambiarmi, rimettere la sveglia, ma riesco solo a gattonare vicino al cuscino e sdraiarmi lì.
Raido mi piace. Mi piace. È un pensiero che mi fa stringere gli occhi di amarezza perché sento stringere il cuore di dolcezza. Ora più che mai, vorrei che Asuma fosse qui, magari a dirmi che non sono codarda come mi sento o che va bene esserlo un pochino.
Era in suo potere farmi credere qualsiasi cosa, con quella voce profonda, l'aria rassicurante, mi avrebbe fatto credere che il mondo è quadrato. Anche Raido ha questo potere. Ed è esattamente per questo che ho capito quanto mi piace. Quella sicurezza che sentivo un tempo grazie a una presenza forte, una voce profonda, adesso è tornata.
Asuma è morto, non tornerà e io non lo aspetto. Ma non ho mai pensato troppo al domani, come ninja e per carattere tendo a non fare progetti a lungo termine, perciò trovarmi un affetto tanto sentito sotto al naso, in così breve tempo, mi ha colta di sorpresa. Vorrei dire che non l'ho visto arrivare, ma la mia sorpresa è stata tutta per la profondità in cui già ero e non tanto perché ne avevo riscoperta una così presto.
Ho pensato che fosse bello, tenero, che fosse positivo per me che tornavo a sentirmi desiderata da occhi scuri, intensi, attenti, ho pensato che potevo godermelo senza correre rischi e devo aver fatto male i conti perché evidentemente qualcosa è scappato dai miei occhi, hanno parlato troppo.
Non mi racconto balle: sono cosciente che sia perfettamente normale rimanere traumatizzati dalla perdita di una persona a cui ero così profondamente legata, eppure non mi sarei mai aspettata di sentire il panico, il terrore, quando la mano di Raido ha toccato la mia.
Non pensavo di volerlo così tanto. Non sapevo di volere che mi toccasse, mi guardasse, non sapevo di aver voglia di toccarlo, guardarlo.
Mi premo i palmi delle mani sugli occhi, li sento umidi e premo di più. Che scena, che imbarazzo. Mi concentro sulla forma perché il contenuto è decisamente il male maggiore e comunque devo esser sembrata davvero ridicola, scattare in piedi così dopo aver ritirato la mano con un gesto tanto scortese, correre fuori dal locale in quel modo... Ho continuato a correre, non riuscivo a smettere, poi mi sono accorta che avevo preso la direzione sbagliata e sono dovuta tornare indietro di un paio di isolati.
Potevo andare a prendere Mirai, non era poi così tardi, però la mia testa era un tale casino.
Vorrei che Asuma fosse qui.



Genma fa saltare Mirai sulle ginocchia, ma mia figlia di due anni già sa che lui è gay e si sporge per afferrare un lembo della divisa di Aoba. Anko la prende in braccio subito sopo. Se la passano come se fosse una bambola e lei ci sta, schiava di tutti loro perché ognuno la vizia a modo suo. Spero le basti, tutto questo.
Raido mi tratta come se non fosse successo niente, tutti lo fanno, e io tornerei a casa ogni giorno con il dubbio di essermi sognata tutto se non fosse per quegli occhi scuri, che mi scrutano dove non arrivo più nemmeno io.
Asuma sarà sempre parte di me, una parte così importante che ho una bambina con una voglia sul fianco sospettosamente somigliante a una sigaretta. Tanto per. Ma il suo spirito riposi in pace poiché sono forte, mi sento forte e riuscirò a tenermi in piedi qualsiasi cosa accada. I nostri amici non permetteranno che io cada, in ogni caso.
Sono costretta però a prendere atto del fatto che sono molto più solida da sola di quanto non lo fossi con lui; mi rendeva dipendente, mi faceva sentire parte di qualcosa la cui burocrazia la sbrigava lui. E non ti preoccupare, ci penso io. Tante volte ho sentito queste parole, tante mi ci sono affidata.
Raido mi spaventa perché mi ha dimostrato di avere lo stesso carisma, la stessa presa su di me. Riesce a rendermi dipendente, a costringermi a cedergli terreno col mio consenso, a fargli spazio così come Asuma se ne è procurato il necessario perché ci stessimo in due.
Ma forse la cosa più destabilizzante è quello che non dice, che non ci diciamo, forse quello di cui dovrei preoccuparmi di più è quanto profondo sia quello che non viene detto, che rimane negli occhi giusto per non essere visto da nessun altro e poi cola, gocciola, lentamente e silenziosamente, nel cuore. Credo sia questo ad avermi sorpreso, in fin dei conti; che tipo di rapporto avevo con lui due mesi fa? Non lo ricordo. Conosco Raido dai giorni dell'accademia e come tutti noi, soldati di Konoha, questo equivale a un paio di vite, qualunque cosa io trovi in lui ora non era palese prima. E questo mi sconvolge perché non vedo niente di diverso, non c'è niente che non conosca, che non sappia gestire, discutere, vivere, con lui. Che sia cambiata io, allora?
Genma mi riporta mia figlia, sorrido e lui si mette il senbon in bocca, ora che non ha più una mocciosa addosso.
“Come stai, Kurenai?”
Mi guarda negli occhi mentre lo chiede, lo so che non mi sta chiedendo se mi sono alzata bene, questa mattina, lo so che si riferisce a quella fuga pietosa della scorsa settimana e ho deciso di non fingere.
“Mi sento frastornata,” sorrido e ho un'espressione rilassata perché dopo una settimana di furiose elucubrazioni posso dire di aver accettato gran parte di ciò che mi metteva a disagio. “ma sto bene,” dico, infatti.
Frastornata è un aggettivo che mi piace, non ha connotazione strettamente negativa o positiva, mi fa venire in mente un momento in cui ti fermi e devi fare il punto. La mia bambina è il mio punto e anche lei come la mamma si rivolge sempre a Raido, quando ha bisogno di aiuto.



Ancora una volta non faccio in tempo ad aprire la porta di casa che le emozioni mi assalgono. Raido entra con me, mi infila le dita nei capelli, alla base del collo, e preme la fronte sulla mia. Poi mi bacia.
Una scintilla basta per far scoppiare un incendio e non serve che accenda la luce per sapere che faremo l'amore sul tavolo della cucina.
Le sue labbra sono morbide e, dopo aver baciato per anni un uomo con la barba, questo dettaglio mi aiuta a rimanere in quella stanza, tra le braccia di Raido e non di qualcuno che non può più stringermi. Allungo le mani sul suo volto, i suoi capelli sono corti, le mie dita ci scorrono in mezzo con facilità e scaccio malamente il coprifronte perché mi intralcia. Sorride e io apro gli occhi per vederne l'effetto.
I suoi occhi non avrei dovuto vederli in questo momento, adesso so quanto era inevitabile tutto questo ed essere presa di peso, in collo, e portata nella camera da letto, non mi aiuta a pensare, a pianificare, a pararmi il culo prima che sia troppo tardi. Forse era troppo tardi già quando bussavo alla sua porta per un problema senza sentirmi a disagio, un anno fa. Forse è diventato tardi un poco alla volta, come in una salita impercettibile.
Una volta sul morbido mi aspetto la stessa irruenza, ma ricevo carezze e baci dolci, non mi spoglia, non mi tocca; mi assaggia e lo fa con i suoi tempi. Ed è una cosa che mi fa venire gli occhi lucidi, mi attorciglia lo stomaco al cuore, qualcosa che avevo trovato anche in Asuma e che mi faceva morire più di tutto. Qualcosa che mi trasmette la sua sicurezza e mi dice che si prende il diritto di farmi diventare dipendente. Non preoccuparti, ci penso io.
Ma non ho tempo per pensare, quando il bacio si fa più intenso e lui mi si preme addosso.
La sua erezione è dura contro di me, difficile non notarla, il fatto che non siamo ancora nudi mi balena in testa per un momento, il tempo necessario a tirare su la maglia della divisa blu, ma presto perdo traccia di quel che stavo facendo, poiché lui si muove contro di me.
Sono anni che provvedo da sola a me stessa ed è tutto così soffice e tragicamente insoddisfacente che avere un'erezione premuta addosso sembra improvvisamente qualcosa a cui non potrei più rinunciare. Stringo la stoffa della sua maglia, quando per un momento mi spaventa il non sapere se ho più fame io o il mio corpo; per fortuna ci sono i suoi baci a ricordarmi che non sono con un uomo, ma sono con lui. Ho imparato a fidarmi di lui e questo fa tutta la differenza.
Sento i muscoli tendersi e rilassarsi, arti muoversi da soli, sento il mio ventre caldo e ondate di piacere ogni volta che si preme su di me, sulla mia clitoride. Vorrei essergli più vicina di così, vorrei che ci confondessimo e mi spingo verso di lui senza pudore per fargli sapere che il mondo intorno è già scomparso e siamo soli.
Questo non lo sposta, non sembra intenzionato a spogliarmi, troppo occupato a riempirmi di baci. Le sue labbra sul mio collo mi fanno inarcare e improvvisamente sono troppo vicina e troppo assuefatta per costringerlo a fermarsi. Vengo con un'intensità tale da farmi tremare, riverso il piacere nella stanza senza preoccuparmi dei vicini e sembra che l'orgasmo si dilati più a lungo di quanto ricordassi.
La mia testa è leggera, gli occhi pesanti, i suoi baci distanti.



La cameriera poggia l'ultimo piatto, ci augura buon appetito e se ne va. Sono contenta di essere finalmente sola con lui perché il pensiero di un'altra interruzione mi impediva di concentrarmi su quello che c'è su quel tavolo: tutte le nostre carte scoperte e quelle da scoprire insieme.
Lui non si stupisce quando gli rubo un po' di polpo dal piatto e sorride quando gli metto un po' del mio toroyaki, in cambio.
“Perché non prendi il takowasa anche tu, se ti piace tanto?”
Faccio spallucce, mentre mastico il polpo appena sgraffignato.
Raido mi è stato accanto in così tanti modi che è diventato difficile trovarne di nuovi. Non tutti si ricordano che appena usciti dall'accademia noi tre eravamo un team, io, Asuma e Raido, e il fatto che lo siamo ancora è soltanto cosa buona e giusta, nonché buffa.
“Poi però non potrei più prenderlo dal tuo piatto,” ridacchio, infine.
Quella prima notte è finita così, cullata dal suo calore mi sono addormentata e la mattina dopo il risveglio è stato agitato. L'ansia per aver trovato un appartamento vuoto e la confusione, incastrata com'ero in emozioni troppo grandi per un cuore e un cervello appena svegli, sono state placate da un biglietto sul comodino contenente il buongiorno e la promessa di vedersi presto.
Tuttavia, siccome la vita mi ha fatto dubitare dei lieto fine, il mio cuore si è calmato solo quando siamo potuti andare a pranzo insieme e gli occhi davanti a me non erano cambiati di una virgola.
“A che pensi?”
“Che tre settimane sono abbastanza,” dico, seria.
Perché va bene fare le cose con calma, ma a un certo punto diventa pazzia darsi la buonanotte sul pianerottolo, quando dormirci addosso potrebbe rendere la notte ancora più buona.
L'atmosfera si riscalda, ne sento il calore intorno e lo vedo nei suoi occhi, per un momento rimaniamo a scrutarci, immobili, poi Raido scuote la testa.
“Aah, non so di cosa tu stia parlando!” celia.
Io rido perché tra di noi non servono parole e ogni volta che ci siamo lasciati andare in queste tre settimane è stato perché lo volevamo entrambi.
Non abbiamo parlato di cosa o come o quando, non credo ne parleremo mai. Lui sa, io so. E questa sensazione che sento nel petto mi piace, mi stimola, mi dimostra che sono pronta. Forse non lo ero, prima; forse è successo tutto troppo in fretta e a un certo punto mi sembrava di correre per stare al passo di Asuma.
Ora sento che abbiamo lo stesso ritmo. Sono una donna, una madre e posso essere io senza essere un noi.
Ma scelgo il noi.









Takowasa è polpo e wasabi, uno dei cibi preferiti di Kurenai, che ne ha apparentemente anche per Raido, visto come di lui non ci siano info al riguardo.
È successa una cosa molto buffa. Per quanto riguarda i nomi di oc e bambini vari, scelgo sempre qualcosa che abbia un significato inerente al personaggio; per la figlia di Kurenai, dopo aver controllato che non ci fosse già, ho trovato Shorai e Mirai (avvenire, futuro) poiché Asu significa domani (il ma è come il maru di Shikamaru). Ho scelto subito Shorai poiché l'altro mi pareva un po' banale. Poi mi son ricordata che nella serie a cui appartiene questa shot c'è la figlia di Ibiki che si chiama Shiori e contando che le due bambine sarebbero state più o meno coetanee mi sembrava ridicolo che si chiamassero Shiori e Shorai. Quindi mi sono adoperata per cercare un altro nome e ho trovato Sumire, mi piaceva il suono e significa violetta (il fiore), Narutopedia dice: “Kurenai's favourite phrase is "Glory like a violet blooming a single day" (
菫花一日の栄, Kinka Ichijutsu no Ei)”, e l'ho postata e inviata alle giudici.
Oggi una mia amica, a cui avevo chiesto consiglio, mi dice che è uscito un articolo sull'ultimo film di Naruto dove informano che la figlia di Asuma e Kurenai si chiama Mirai. o.O ...ma!

I luoghi e i personaggi appartengono a Kishimoto. Damn it.



  
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