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Autore: LadyGrief    04/11/2008    2 recensioni
Eh Grissom, Grissom... Geniale come sei, hai bisogno del Dr. Stranamore (o meglio, nel nostro caso, dottoressa) per stringere una certa persona tra le tue braccia?!
Se l'idea di vedere Gill Grissom alle prese con la sua eterna battaglia interiore, tra vestiti e smoking, piste da ballo e fuochi d'artificio, questa è la storia giusta! Non fatevi ingannare se il primo capitolo vi sembrerà triste, fidatevi e aspettate i prossimi chap! ;) Buona lettura allora, e recensite se vi và! ^^
Genere: Generale, Romantico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Catherine Willows, Gilbert 'Gil' Grissom, Sara Sidle
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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****

 

 

 

Un sottile bip del cordless e la comunicazione fu interrotta. Due sguardi complici, due smaglianti sorrisi, due angeli inquietanti.

- Le vostre facce mi spaventano. – esordì con tono calmo Gil Grissom, mentre quasi si annodava le dita in mezzo al papillon dello smoking.

Il piccolo cherubino portò una mano davanti alla bocca per soffocare le risa, mentre l’altro angelo biondo si alzò dal letto suadente.

- Le nostre? E perché mai! Come sei sospettoso, ma ti comprendo, deformazione professionale… -

Un passo. Un altro.

- Il mio sesto senso – rispose l’uomo fissando il farfallino riflesso nello specchio – è in pieno all’arme, e io do sempre ascolto al mio istinto! –

Catherine e Linsday lo fissarono con occhi di fuoco.

Si rese conto di averla detta grossa.

- Bè, sì, quasi sempre… qualche volta. Ok, d’accordo, mai! Confesso. Ora perché non sputate il rospo anche voi? –

- Innanzi tutto – disse la donna mettendosi davanti a lui – fammi sistemare questo farfallino prima che tu ci rimetta le dita… -

- Grazie… - rispose con sollievo.

Pochi agili passaggi e il papillon ribelle fu domato.

- Perfetto. –

- Si, zio Gil, stai benissimo! Lo smoking di papà ti fa più giovane! –

Grissom rise.

- Lins! – la rimproverò la madre.

- Lascia stare Cath, ha detto solo la verità! –

La donna affondò i suoi occhi verdi in quelli azzurri di lui.

- Già, come dovrebbero fare TUTTI d’altronde. –

Touchè, Gil pensò l’uomo.

- Ora, tesoro, va in camera tua a metterti quel bel vestito che abbiamo scelto ieri, poi raggiungimi giù in salotto, ok? –

- Va bene mamma, ci vediamo zio Gil! – e con l’agilità di uno scoiattolo saltò giù dal letto e corse in camera sua.

- Raggiungimi? Ci vediamo? Cos’è siete in partenza? – domandò sorpreso.

Catherine fece finta di nulla, dirigendosi in bagno per sistemarsi il trucco.

- Cath, cosa significa? –

- Cosa significa cosa? –

- Non far finta di nulla, perché Linsday ha detto che ci vediamo zio Gil? –

Il suo tono di voce controllato di poco prima iniziò a vacillare.

- Ah, giusto. Devi andare a prendere Sarah. La sua auto a quanto pare (a differenza di qualcuno di mia conoscenza) ha deciso di prendersi un giorno di ferie. –

Grissom rimase a bocca aperta. Se fosse stato possibile, la sua mascella sarebbe arrivata sul pavimento.

- Puoi ripetere, scusa? –

La donna riavvitò il mascara e lo poggiò sulla mensola, stizzita.

- Insomma, Gil, non è difficile: tu ora esci da qui, scendi le scale, apri la porta, attraversi il vialetto, sali sulla tua auto, metti in moto, arrivi in fondo alla strada, imbocchi la prima a destra, sempre dritto, poi di nuovo a destra, percorri la rotonda, a sinistra, superi il parco, imbocchi la 5a strada fino al numero 120, parcheggi l’auto, scendi, bussi alla porta, carichi Sarah in macchina, rimetti in moto e raggiungi il casinò. Conosci la strada. –

Gil non sapeva cosa rispondere. Sbatteva le palpebre inutilmente, come per risvegliarsi da un incubo.

Poi iniziò a ridere. Era il suo modo per riprendere coscienza della situazione. Gli bastava ridere un po’, e riacquistava il controllo.

Era un’abitudine, però, che Catherine ancora non conosceva. Rimase, perciò, spiazzata.

- Non ci trovo niente da ridere, Gilbert. –

Nessuno lo chiamava mai con il suo nome completo. E quando a farlo era Catherine, non significava niente di buono. Si sforzò, allora, di darsi un contegno e di porre fine a questa sua bizzarra abitudine.

- Eh-ehm… Scusa Cath. Si, infatti, non c’è niente da ridere, la mia non era una risata di divertimento! Che diamine ti è saltato in mente? Sembra… sembra quasi che tu lo faccia apposta per mettermi in difficoltà, per farmi scappare via di nuovo, come ho fatto in tutti questi anni! –

La donna non l’aveva mai visto così… così… stanco.

Per un momento quasi si addolcì, stava quasi per dirgli che sarebbe andata lei a prenderla. Ma non poteva, non doveva. Era lui a doverlo fare. Non sapeva darsi una spiegazione, ma sentiva che era ciò che andava fatto.

- Perché Cath? Perché vuoi che mi faccia del male? Perché?! – le gridò praticamente in faccia, prendendola per le spalle. Lei non si ritrasse, la sua non era rabbia, ma paura. Gli prese con delicatezza le mani, rigide e fredde come il marmo, e le avvolse nelle sue.

- Non voglio farti del male, Gil. Voglio solo fare di te un uomo. Va a prenderla e bussa alla sua porta non come il suo supervisore, non come il suo capo, non come un uomo con vent’anni più di lei, ma come Gilbert Grissom. Meglio ancora come Gil e basta. –

Entrambi abbozzarono un sorriso.

- Fa che sia tu ad andarla a prendere, e non qualcun altro. –

Gil sollevò gli occhi dal pavimento e Catherine vide i suoi occhi cerulei brillare.

- Ci vediamo in sala. –

 

 

****

 

 

Tac – tac – tac – tac. Pausa. Tac – tac – tac – tac. Pausa.

Due paia di tacchi andavano su e giù nel salotto. L’unico ritmico rumore che infrangeva il dolce silenzio. Sarah di solito amava ascoltare ciò che aveva da dirgli, ma in quel momento stare ferma le risultava un’impresa titanica.

Perché Catherine aveva interrotto la comunicazione in quel modo? E poi, che diamine significava che aveva trovato la soluzione? Queste domande affollavano la mente di Sarah, rendendola estremamente ansiosa e agitata.

Tac – tac – tac – tac- Pausa. Tac – tac – tac – tac. Pausa.

Che volesse mandare la limousine del casinò?! Avrebbe fatto un’entrata in scena troppo appariscente per i suoi gusti! No, improbabile…

Tac – tac – tac – tac. Pausa. Tac – tac – tac – tac. Pausa.

Oh no… forse… Forse voleva mandare Grag a prenderla! Quel ragazzo è completamente cotto di lei, sarebbe disposto anche ad attraversare tutto il Nevada! Avrebbe flirtato con lei lungo l’intero tragitto da casa sua al casinò… No, Catherine non le farebbe mai una cosa del genere, non la metterebbe mai in imbarazzo volutamente. (-_-‘ Ndme)

Tac – tac – tac – tac. Pausa. Tac – tac – tac – tac. Pausa

Forse… e se fosse successo come tanti anni fa, al ballo del liceo? Se avesse aspettato tutta la notte invano, seduta in salotto a fissare la porta, sperando che da un momento all’altro piombasse il suo principe azzurro per farle da cavaliere? Da allora decise di non credere più alle favole. Dopotutto, la sua vita non lo era mai stata.

Tac – tac – tac – tac. Pausa. Tac – tac – tac – tac. Pausa

 

 

****

 

 

Non si era minimamente accorto di sfiorare i 100 km/h. La strada la vedeva quasi appena, quel tanto che bastava per non finire sui marciapiedi. Strabiliante come Las Vegas sembrava una città fantasma quella notte! Gil stringeva convulsamente le mani attorno al volante, le nocche erano livide ormai.

Perché era così agitato? Perché sentiva le budella attorcigliarsi sempre più man mano che si avvicinava alla fatidica meta?

La sua mente razionale non riusciva a trovare una risposta. O meglio, non voleva.

 

 

****

 

 

- Su, Linsday, sali in macchina che è tardi! –

- Eccomi, mamma. –

Allacciarono le cinture, poi Catherine mise in moto e si avviarono.

- Mamma… -

- Dimmi tesoro. –

- Alla fine lo zio Gil è andato a prendere la donna con cui hai parlato al telefono, vero? –

Cath alzò un sopracciglio, sorpresa.

- E tu come fai a saperlo? –

- Mamma, non sono mica stupida! L’avevo capito subito, quando hai detto che avevi trovato la soluzione!–

- Complimenti, tesoro, sei una perfetta erede! Anzi, potresti diventare il mio capo un giorno! –

- Contaci, mamma! –

Sorrisero, il pensiero di entrambe andò a Gil, chiedendosi cosa avrebbe combinato.

 

 

 

****

 

 

Uno stonato accordo di DO le fece storcere il naso. Non riusciva nemmeno a suonare il suo adorato pianoforte. Era straziante non poter ingannare il tempo! Risistemò il copritasti in velluto e richiuse con attenzione. Era il suo fragile cristallo. Rimase seduta sullo sgabellino, ripensando alle parole di Catherine al telefono.

 

 

Che guaio… No, non mi va, deve esserci tutta la squadra!

 

 

Bè, che non si sarebbe opposta era impossibile…

 

 

Tranquilla Sarah, verrai a quel Cenone. Ho trovato la soluzione. Tu resta lì.

 

 

Diamine, ma quale soluzione??

All’improvviso, Sarah ebbe una spaventosa illuminazione.

 

 

…deve esserci tutta la squadra…

 

 

Oddio… ciò significava che…

 

 

****

 

 

Aveva il dito sospeso a pochi centimetri dal campanello già da 3 minuti buoni. Si sentiva come al liceo, durante il ballo di fine anno.

Quella storia non lo toccava minimamente oramai, ma all’epoca…

Non è affatto piacevole per un adolescente (per un Grissom adolescente, poi, ancora di più) sentirsi dire dalla madre della tua presunta dama, proprio sulla soglia, che era venuto a prenderla già un altro cavaliere. Ci si sente veramente degli stupidi, e si finisce col non bussare più a nessuna porta.

Chiuse gli occhi, respirò, riaprì gli occhi, più sicuro. Aveva di nuovo il controllo, per il momento.

 

 

****

 

 

Il suono improvviso del campanello la fece sobbalzare.

Era come pietrificata, non voleva aprire. Non voleva sapere se le sue supposizioni fossero esatte.

Si ritrovò ad avanzare verso l’uscio contro ogni sua volontà. Passo dopo passo, lentamente, come se dall’altra parte ci fosse un serial killer ad aspettarla, con tanto di mannaia e visiera protettiva da saldatore.

Respirò profondamente. Ma che le prendeva, si stava comportando da sciocca! Magari, era… magari era Nick!

Aggrappandosi a quest’ultima possibilità, spalancò la porta.

Due occhi cerulei le fecero mancare un ennesimo battito. Ma sorrise cordiale e controllata. Come sempre.

 

 

****

 

 

Aveva suonato, ma nessuno gli aveva ancora aperto. Forse era riuscita a far partire la macchina?

No, l’aveva vista in garage mentre percorreva il vialetto.

Allora magari aveva preso un taxy?

No, si intravedeva la luce accesa da una finestra.

Oppure… oppure qualcuno era già lì per darle un passaggio e stava aspettando che fosse pronta per andare.

Si meravigliò di come questa opzione, invece che tranquillizzarlo, gli fece arrivare ancora più sangue al cervello. Si sentiva una sorta di vulcano, che esternamente appare sempre lo stesso, ma dentro la lava ribolle, pronta a venir fuori impetuosa.

Poi, la porta fu spalancata improvvisamente.

Due occhi nocciola gli fecero mancare un ennesimo battito. Ma sorrise cordiale e controllato. Come sempre.

 

 

****

 

 

NOTE D’AUTRICE: Chiedo venia per il ritardo, ma la scuola è un vero inferno dantesco!

Ora, questo capitolo è stato particolarmente impegnativo, non tanto per il contenuto, quanto per lo stile che ho voluto dargli: ho cercato di narrare i fatti il più simultaneamente possibile, per mostrarvi gli stati d’animo, i pensieri e le emozioni di tutti i personaggi “in diretta”. Spero di esserci riuscita e che gradiate il capitolo! Alla prossima, e grazie ai recensori, ai lettori e ai “preferitori” (0207pantera e leidia). Bye!


  
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