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Un sottile
bip del cordless e la comunicazione fu interrotta. Due sguardi
complici, due
smaglianti sorrisi, due angeli inquietanti.
- Le
vostre facce mi spaventano. – esordì con tono
calmo Gil Grissom, mentre quasi
si annodava le dita in mezzo al papillon dello smoking.
Il piccolo
cherubino portò una mano davanti alla bocca per soffocare le
risa, mentre
l’altro angelo biondo si alzò dal letto suadente.
- Le
nostre? E perché mai! Come sei sospettoso, ma ti comprendo,
deformazione professionale…
-
Un passo.
Un altro.
- Il mio
sesto senso – rispose l’uomo fissando il farfallino
riflesso nello specchio – è
in pieno all’arme, e io do sempre ascolto al mio istinto!
–
Catherine
e Linsday lo fissarono con occhi di fuoco.
Si rese
conto di averla detta grossa.
-
Bè, sì,
quasi sempre… qualche volta. Ok, d’accordo, mai!
Confesso. Ora perché non
sputate il rospo anche voi? –
- Innanzi
tutto – disse la donna mettendosi davanti a lui –
fammi sistemare questo
farfallino prima che tu ci rimetta le dita… -
-
Grazie…
- rispose con sollievo.
Pochi
agili passaggi e il papillon ribelle fu domato.
-
Perfetto. –
- Si, zio
Gil, stai benissimo! Lo smoking di papà ti fa più
giovane! –
Grissom
rise.
- Lins!
–
la rimproverò la madre.
- Lascia
stare Cath, ha detto solo la verità! –
La donna
affondò i suoi occhi verdi in quelli azzurri di lui.
-
Già,
come dovrebbero fare TUTTI d’altronde. –
Touchè,
Gil
pensò l’uomo.
- Ora,
tesoro, va in camera tua a metterti quel bel vestito che abbiamo scelto
ieri,
poi raggiungimi giù in salotto, ok? –
- Va bene
mamma, ci vediamo zio Gil! – e con
l’agilità di uno scoiattolo saltò
giù dal
letto e corse in camera sua.
- Raggiungimi?
Ci vediamo? Cos’è siete in partenza? –
domandò sorpreso.
Catherine
fece finta di nulla, dirigendosi in bagno per sistemarsi il trucco.
- Cath,
cosa significa? –
- Cosa
significa cosa? –
- Non far
finta di nulla, perché Linsday ha detto che ci
vediamo zio Gil? –
Il suo
tono di voce controllato di poco prima iniziò a vacillare.
- Ah,
giusto. Devi andare a prendere Sarah. La sua auto a quanto pare (a
differenza
di qualcuno di mia conoscenza) ha deciso di prendersi un giorno di
ferie. –
Grissom
rimase a bocca aperta. Se fosse stato possibile, la sua mascella
sarebbe
arrivata sul pavimento.
- Puoi
ripetere, scusa? –
La donna
riavvitò il mascara e lo poggiò sulla mensola,
stizzita.
- Insomma,
Gil, non è difficile: tu ora esci da qui, scendi le scale,
apri la porta,
attraversi il vialetto, sali sulla tua auto, metti in moto, arrivi in
fondo
alla strada, imbocchi la prima a destra, sempre dritto, poi di nuovo a
destra,
percorri la rotonda, a sinistra, superi il parco, imbocchi la 5a
strada
fino al numero 120, parcheggi l’auto, scendi, bussi alla
porta, carichi Sarah
in macchina, rimetti in moto e raggiungi il casinò. Conosci
la strada. –
Gil non
sapeva cosa rispondere. Sbatteva le palpebre inutilmente, come per
risvegliarsi
da un incubo.
Poi
iniziò
a ridere. Era il suo modo per riprendere coscienza della situazione.
Gli
bastava ridere un po’, e riacquistava il controllo.
Era
un’abitudine, però, che Catherine ancora non
conosceva. Rimase, perciò,
spiazzata.
- Non ci
trovo niente da ridere, Gilbert. –
Nessuno lo
chiamava mai con il suo nome completo. E quando a farlo era Catherine,
non
significava niente di buono. Si sforzò, allora, di darsi un
contegno e di porre
fine a questa sua bizzarra abitudine.
-
Eh-ehm…
Scusa Cath. Si, infatti, non c’è niente da ridere,
la mia non era una risata di
divertimento! Che diamine ti è saltato in mente?
Sembra… sembra quasi che tu lo
faccia apposta per mettermi in difficoltà, per farmi
scappare via di nuovo, come
ho fatto in tutti questi anni! –
La donna
non l’aveva mai visto così…
così… stanco.
Per un
momento quasi si addolcì, stava quasi per dirgli che sarebbe
andata lei a
prenderla. Ma non poteva, non doveva. Era lui
a doverlo fare. Non sapeva darsi una spiegazione, ma sentiva
che era ciò
che andava fatto.
-
Perché Cath?
Perché vuoi che mi faccia del male? Perché?!
– le gridò praticamente in faccia,
prendendola per le spalle. Lei non si ritrasse, la sua non era rabbia,
ma
paura. Gli prese con delicatezza le mani, rigide e fredde come il
marmo, e le
avvolse nelle sue.
- Non
voglio farti del male, Gil. Voglio solo fare di te un uomo.
Va a prenderla e bussa alla sua porta non come il suo
supervisore, non come il suo capo, non come un uomo con
vent’anni più di lei,
ma come Gilbert Grissom. Meglio ancora come Gil e basta. –
Entrambi
abbozzarono un sorriso.
- Fa che
sia tu ad andarla a prendere, e non qualcun altro. –
Gil
sollevò gli occhi dal pavimento e Catherine vide i suoi
occhi cerulei brillare.
- Ci
vediamo in sala. –
****
Tac
– tac –
tac – tac. Pausa. Tac – tac – tac
– tac. Pausa.
Due paia
di tacchi andavano su e giù nel salotto. L’unico
ritmico rumore che infrangeva
il dolce silenzio. Sarah di solito amava ascoltare ciò che
aveva da dirgli, ma
in quel momento stare ferma le risultava un’impresa titanica.
Perché
Catherine
aveva interrotto la comunicazione in quel modo? E poi, che diamine
significava che
aveva trovato la soluzione? Queste domande affollavano la mente di
Sarah, rendendola
estremamente ansiosa e agitata.
Tac
– tac –
tac – tac- Pausa. Tac – tac – tac
– tac. Pausa.
Che
volesse mandare la limousine del casinò?! Avrebbe fatto
un’entrata in scena
troppo appariscente per i suoi gusti! No, improbabile…
Tac
– tac –
tac – tac. Pausa. Tac – tac – tac
– tac. Pausa.
Oh
no…
forse… Forse voleva mandare Grag a prenderla! Quel ragazzo
è completamente
cotto di lei, sarebbe disposto anche ad attraversare tutto il Nevada!
Avrebbe
flirtato con lei lungo l’intero tragitto da casa sua al
casinò… No, Catherine
non le farebbe mai una cosa del genere, non la metterebbe mai in
imbarazzo
volutamente. (-_-‘ Ndme)
Tac
– tac –
tac – tac. Pausa. Tac – tac – tac
– tac. Pausa
Forse…
e
se fosse successo come tanti anni fa, al ballo del liceo? Se avesse
aspettato tutta
la notte invano, seduta in salotto a fissare la porta, sperando che da
un
momento all’altro piombasse il suo principe azzurro per farle
da cavaliere? Da
allora decise di non credere più alle favole. Dopotutto, la
sua vita non lo era
mai stata.
Tac
– tac –
tac – tac. Pausa. Tac – tac – tac
– tac. Pausa
****
Non si era
minimamente accorto di sfiorare i
Perché
era
così agitato? Perché sentiva le budella
attorcigliarsi sempre più man mano che
si avvicinava alla fatidica meta?
La sua
mente razionale non riusciva a trovare una risposta. O meglio, non
voleva.
****
- Su,
Linsday, sali in macchina che è tardi! –
- Eccomi,
mamma.
–
Allacciarono
le cinture, poi Catherine mise in moto e si avviarono.
-
Mamma… -
- Dimmi
tesoro. –
- Alla
fine lo zio Gil è andato a prendere la donna con cui hai
parlato al telefono,
vero? –
Cath
alzò
un sopracciglio, sorpresa.
- E tu
come fai a saperlo? –
- Mamma,
non sono mica stupida! L’avevo capito subito, quando hai
detto che avevi
trovato la soluzione!–
-
Complimenti, tesoro, sei una perfetta erede! Anzi, potresti diventare
il mio
capo un giorno! –
- Contaci,
mamma! –
Sorrisero,
il pensiero di entrambe andò a Gil, chiedendosi cosa avrebbe
combinato.
****
Uno
stonato accordo di DO le fece storcere il naso. Non riusciva nemmeno a
suonare
il suo adorato pianoforte. Era straziante non poter ingannare il tempo!
Risistemò il copritasti in velluto e richiuse con
attenzione. Era il suo
fragile cristallo. Rimase seduta sullo sgabellino, ripensando alle
parole di
Catherine al telefono.
Che
guaio… No, non mi va, deve
esserci tutta la squadra!
Bè,
che
non si sarebbe opposta era impossibile…
Tranquilla
Sarah, verrai a quel
Cenone. Ho trovato la soluzione. Tu resta lì.
Diamine,
ma quale soluzione??
All’improvviso,
Sarah ebbe una spaventosa illuminazione.
…deve
esserci tutta la squadra…
Oddio…
ciò
significava che…
****
Aveva il
dito sospeso a pochi centimetri dal campanello già da 3
minuti buoni. Si sentiva
come al liceo, durante il ballo di fine anno.
Quella
storia non lo toccava minimamente oramai, ma
all’epoca…
Non
è
affatto piacevole per un adolescente (per un Grissom adolescente, poi,
ancora
di più) sentirsi dire dalla madre della tua presunta dama,
proprio sulla
soglia, che era venuto a prenderla già un altro cavaliere.
Ci si sente
veramente degli stupidi, e si finisce col non bussare più a
nessuna porta.
Chiuse gli
occhi, respirò, riaprì gli occhi, più
sicuro. Aveva di nuovo il controllo, per
il momento.
****
Il suono
improvviso del campanello la fece sobbalzare.
Era come
pietrificata, non voleva aprire. Non voleva sapere se le sue
supposizioni
fossero esatte.
Si
ritrovò
ad avanzare verso l’uscio contro ogni sua volontà.
Passo dopo passo,
lentamente, come se dall’altra parte ci fosse un serial
killer ad aspettarla,
con tanto di mannaia e visiera protettiva da saldatore.
Respirò
profondamente. Ma che le prendeva, si stava comportando da sciocca!
Magari, era…
magari era Nick!
Aggrappandosi
a quest’ultima possibilità, spalancò la
porta.
Due occhi
cerulei le fecero mancare un ennesimo battito. Ma sorrise cordiale e
controllata. Come sempre.
****
Aveva
suonato, ma nessuno gli aveva ancora aperto. Forse era riuscita a far
partire
la macchina?
No,
l’aveva
vista in garage mentre percorreva il vialetto.
Allora
magari aveva preso un taxy?
No, si
intravedeva la luce accesa da una finestra.
Oppure…
oppure qualcuno era già lì per darle un passaggio
e stava aspettando che fosse
pronta per andare.
Si
meravigliò di come questa opzione, invece che
tranquillizzarlo, gli fece
arrivare ancora più sangue al cervello. Si sentiva una sorta
di vulcano, che esternamente
appare sempre lo stesso, ma dentro la lava ribolle, pronta a venir
fuori
impetuosa.
Poi, la
porta fu spalancata improvvisamente.
Due occhi
nocciola gli fecero mancare un ennesimo battito. Ma sorrise cordiale e
controllato. Come sempre.
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NOTE
D’AUTRICE: Chiedo venia per il
ritardo, ma la scuola è un vero inferno dantesco!
Ora, questo
capitolo è stato
particolarmente impegnativo, non tanto per il contenuto, quanto per lo
stile
che ho voluto dargli: ho cercato di narrare i fatti il più
simultaneamente
possibile, per mostrarvi gli stati d’animo, i pensieri e le
emozioni di tutti i
personaggi “in diretta”. Spero di esserci riuscita
e che gradiate il capitolo!
Alla prossima, e grazie ai recensori, ai lettori e ai
“preferitori” (0207pantera
e leidia). Bye!