Libri > Percy Jackson
Segui la storia  |       
Autore: Sapientona    08/12/2014    10 recensioni
“Che ci fai per terra?”
“Mi ci hanno spinto.”
“Su, ti aiuto a rialzarti.”
“Ce la faccio.”
“Non fare il prezioso, rischi di morire dissanguato. Ti porto in infermeria.”
Quello fu il primo straccio di conversazione tra Percy Jackson e Nico di Angelo, in un corridoio affollato della Goode.
[Percy/Nico]
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
La Ermes Express era sempre stata uno dei più grandi affiliati della Zeus & Co., quindi nel ritrovarsi a dover sbattere in galera uno dei suoi migliori soci Zeus ebbe appena il tempo di lamentarsene a bassa voce che l’occhiata di suo figlio lo fece zittire.
Ancora non capiva bene perché ci tenesse così tanto a quel piccoletto, ma stava aiutando Ade perché erano amici da tantissimo tempo – ed in parte perché sperava di poterlo convincere a divenire parte della sua azienda. In più, nel profondo del suo cuore, sperava che quell’atto eroico gli facesse guadagnare qualche punto con Hera, una bellissima donna che lavorava nella sua azienda.
“Eccoci” fece Ade scendendo dall’auto rosso sbiadito. Avevano scelto di prendere il vecchio pick-up appartenuto un tempo al padre di Maria, piuttosto che la rombante moto del marito oppure la lussuosa macchina di Zeus, per rimanere abbastanza anonimi da avvicinarsi all’edificio senza destare troppi sospetti.
“Questo posto è enorme” Percy trattenne a stento un’imprecazione “come faremo a trovare Nico e mia madre?”
“Abbiamo localizzato tuo padre tramite il sistema GPS. È stato più difficile del previsto, visto che il maledetto aveva utilizzato inizialmente un telefono senza GPS” gli spiegò brevemente Jason, con gli occhi orgogliosi di suo padre addosso “poi però…”
“Okay, non c’è tempo ora” si intromise Maria, “avrete tempo di parlarne quando sarà tutto finito. Adesso, dobbiamo solamente muoverci.”
Ade voltò lo sguardo duro ed allo stesso tempo addolorato verso sua moglie “Mi dispiace, Maria, ma noi andremo. Tu e Bianca rimarrete qui fuori.”
“Che cosa?!” scattò la figlia, voltandosi con gli occhi in fiamme verso di lui “Io ho diritto quanto te di entrare lì dentro…è mio fratello, non solo tuo figlio!”
“Ma sei anche tu mia figlia, e tu mia moglie” aggiunse dando una rapida occhiata all’espressione basita di Maria “e c’è già tanto in gioco, che non riuscirei a stare in pace sapendovi in pericolo.”
Maria sembrò sul punto di ribattere, ma si trattenne, mentre Bianca si gettò contro il padre tempestandogli il petto di pugni. Continuava a ripetere il nome del fratello sentendo gli occhi che le pungevano, ma Ade né si mosse né disse niente; la madre la tirò verso di sé, annuendo brevemente al marito e permettendogli di allontanarsi mentre lei si occupava della figlia.
Tenne lo sguardo fisso verso la Ermes Express finché il loro sagoma non fu più visibile.
Ade imprecò a mezza voce quando, una volta entrati nel cortile, due uomini in divisa li fermarono. Non si aspettava certo di riuscire a passare inosservato, entrando in un’azienda e facendo come se fosse a casa sua, ma che le suddette guardie avessero le mani già sulla fondina contenente la pistola gli sembrava un’esagerazione. Vagliò le diverse possibilità: ridergli in faccia, chiedergli se sbucassero da un videogame di spionaggi oppure  impegnarsi il più velocemente possibile per escogitare qualcosa di abbastanza convincente da assicurar loro l’entrata nell’edificio.
“Identificatevi” ordinò il più basso dei due con tono neutrale.
Ade vagliò la seconda possibilità.
Lanciò una breve occhiata al resto della combriccola: tutti perfettamente immobili, tranne Zeus, che si era fatto avanti con aria affabile per i suoi standard “Zeus Grace, imprenditore…”
“Non siete autorizzati ad entrare” alzò il sopracciglio sempre lo stesso sorvegliante “avete dei pass che vi autorizzano?”
Zeus ed Ade si scambiarono delle occhiate perplesse, indecisi sul da farsi, mentre i ragazzi cominciarono a temere di aver già fallito.
“Signori, se non vi autorizzate saremo costretti a…” incominciò l’altro guardiano, che fino a quel momento non aveva aperto bocca.
Venne interrotto da una voce familiare “Ci penso io a loro, ragazzi.”
Luke Castellan in persona comparve alle spalle dei due uomini, che parvero all’inizio poco propensi a fidarsi del ragazzo, rammentandogli più volte che non erano autorizzati ed andavano scortati dal ‘capo’.
“Sicuro?” domandò per un’ultima volta la guardia più alta “Se vuoi posso chiamare personalmente tuo padre…”
“No!” esclamò il biondo forse un po’ troppo velocemente “no, no…ci penso io.”
Con ciò, i due si allontanarono, e Luke li condusse nell’edificio tramite una porta secondaria. Finirono in degli spogliatoi con degli armadietti grigi ammassati ad un lato della stanza e delle panchine dall’altro.
“So che cosa state pensando, ma vi sbagliate” fece Luke rivolto a Percy,ed Ade mentre Zeus rimaneva un po’ in disparte “fa tutto parte del piano.”
“Il piano per mandarci nelle mani di Poseidone?!” esclamò stizzito Percy (sforzandosi di chiamare suo padre per nome), ma Ade gli fece cenno di calmarsi ed esortò il biondo a continuare a parlare. Il figlio di Ermes si voltò verso degli armadietti e ne tirò fuori delle divise, lanciandole a ciascuno dei presenti della stanza.
“Come pensate che abbia ricevuto la posizione di Ermes?” si intromise Zeus, “Il ragazzo mi ha dato la completa disponibilità del suo cellulare, sono riuscito a rintracciarlo…e lui è venuto qui di sua spontanea volontà ad assicurarsi che la posizione fosse quella.”
Non avrei potuto dirvi nulla” continuò Jason, finendo di mettersi l’odiosa divisa gialla “secondo papà avreste ostacolato il piano con le vostre preoccupazioni da eroi – cito testualmente; e devo dire che neanch’io ero troppo convinto nel mandare Luke qui: fin troppo pericoloso.”
“Avrebbe potuto rimanerci secco, lo sai” constatò semplicemente Ade con tono accusatorio, rivolgendosi a Zeus “però lo hai fatto ugualmente.”
“Era necessario” s’interpose il giovane preso in questione “volevo aiutarvi, e poi dopo quello che ho fatto a Percy e Nico…era il minimo.”
Non era necessario,” Percy aprì bocca per la prima volta “ti avevo perdonato, e lo sai bene; ma apprezzo ugualmente quello che hai fatto.”
“Di niente, amico” gli fece Luke con un mezzo sorriso, per poi tornare serio subito dopo “allora, adesso dobbiamo agire. Prima cosa: scoprire la loro posizione.”
Zeus tirò fuori il suo cellulare “Ho qui il segnale.”


Non fu difficile per il gruppetto muoversi inosservati tra tutti gli inservienti, anonimi con i vestiti tutti uguali e le espressioni indaffarate. Il lieve brusio generale tenne loro compagnia finché non cominciarono a svoltare corridoio apparentemente tutti uguali, dove c’erano magazzini, archivi ed infine l’ufficio. Davanti alla porta di legno scuro, Luke corrugò la fronte “Non credo che siano tanto stupidi da nascondersi proprio qui…”
Ciononostante fecero irruzione nella stanza preparandosi al peggio, ma non trovando nessuno. Zeus corrugò la fronte, controllando ancora una volta il segnale, poi ordinò a tutti di controllare che non ci fosse il cellulare di Ermes da qualche parte nell’ufficio.
Percy si era innervosito visibilmente, e Jason, che dal canto suo era anche abbastanza irrequieto, non aveva neanche provato a farlo calmare. Percy davvero non voleva crederci che non era lì…per un attimo aveva sperato, seppur stupidamente, che sarebbe stato tutto tanto semplice: ritrovare Nico e portarselo via. Aveva ancora dei conti in sospeso, però, e doveva affrontare tutto…
“Non capisco” sbottò dopo vane ricerche Zeus, crucciandosi “il segnale dice che sono qui!”
“È proprio come se fossero…” pensò ad alta voce Jason.
“Sotto di noi” concluse Ade al posto suo, voltandosi con espressione risoluta verso Luke “Portaci nei sotterranei.”


Percy avrebbe immaginato davvero di tutto, ma non che, appena entrati nei sotterranei, ci fosse un blackout generale. Le luci si spensero all’improvviso, e una volta tanto Ade ringraziò la tecnologia ed in particolare le torce installate nei cellulari dei ragazzi.
“Ci mancava solo questa…” continuava a borbottare sommessamente Jason, sempre più nevrastenico ogni secondo che passava “dove diamine si sono cacciati…”
Qualcuno gli piantò la mano sulla bocca, zittendolo. Luke gli stava facendo segno di ascoltare. Si sentivano delle voci, provenivano dalla fine del corridoio alla loro destra.
Irriflessivamente, riconoscendo la voce del suo ragazzo, Percy scattò in avanti prima che qualcuno potesse fermarlo. Ade ne fu sicuro in quel momento più che mai: Percy Jackson era il tipo che voleva accanto a suo figlio.

Quando spalancò la porta, il sedicenne vide ciò che meno avrebbe voluto: Nico e Bianca, legati ad una sedia. La prima cosa che gli balzò alla mente fu di correre verso il suo ragazzo e baciarlo come se ne andasse della sua vita, ma la risata di suo padre lo colpì d’improvviso come il fastidioso ronzare di una mosca troppo vicina alle orecchie.
Quindi studiò più attentamente per qualche secondo l’espressione dolorante di Nico, per poi registrare con shock il labbro spaccato di Bianca.
Ade ringhiò, urlando “Che cosa hai fatto a mia figlia!” ed attirando l’attenzione di Poseidone ed Ermes.
“Cosa…?” fece Ermes, incredulo “Voi non dovreste essere qui!”
Poseidone, dal canto suo, si rivolse unicamente al figlio “Perseus, figlio mio.”
Percy, nel sentirsi chiamare per nome da quell’assassino, sentì come se stesse per vomitare. Tutto vorticava attorno a lui.
“Non sono tuo figlio” bisbigliò, appena udibile nonostante il silenzio tombale, sentendosi stordito e debole.
“Percy…” il richiamo strozzato di Nico gli mandò una scarica elettrica lungo la schiena.
“Non sono tuo figlio!” urlò allora, rizzandosi in piedi d’improvviso.
“Che ti piaccia o no, lo sei” sorrise Poseidone, prendendo a camminare per la stanza senza staccare lo sguardo da lui “il sangue non mente.”
Percy rise amaramente “Hai ragione, il sangue è lì, rimane, e poi?”
“Che cosa vuoi dire? Basta che hai il mio sangue, e non quello sporco dei di Angelo, per sapere con certezza che non sei malato come quell’altro” si accigliò il padre, non capendo dove volesse andare a parare.
“E poi, oltre il sangue, cosa c’è? Sai dirmelo? Puoi veramente dire tu a me cosa è giusto o cosa è sbagliato? Cosa è malato e cosa è sano?”
“Sono tuo padre, è mio compito educarti!” esclamò Poseidone, avanzando di un passo. Ade si protese un po’ in avanti, pronto a scattare in difesa del ragazzo se necessario.
“Insegnarti che amare non è…questo!” continuò quello, gridando ed indicando il ragazzino dolorante dietro di lui che l’unica colpa che aveva era essersi innamorato.
“Perché non vuoi capire?!” urlò a sua volta Percy, esasperato e con le lacrime agli occhi “Non vuoi proprio capire che io semplicemente lo amo? È tutto ciò di cui ho bisogno, ti prego, non portarmelo via, ti prego…”
Jason continuava a fissare l’amico, sempre più preoccupato per i suoi sbalzi d’umore dal furioso al disperato, così come Luke ed i due adulti restanti. Ermes era rimasto in disparte, a guardare con insistenza il figlio che, però, non gli rivolse neanche uno sguardo.
“Ho solo bisogno di sentirlo di nuovo tra le mie braccia, lontano da tutto il male di questo mondo…” continuò il sedicenne, le lacrime rabbiose e soffocanti ormai libere di scivolargli lungo le guance e le ginocchia che minacciavano di cedergli; ma gli bastò un ultimo sguardo alle sue spalle, agli amici e alla famiglia pronti a difenderlo, e poi un altro ancora alla sorella del suo ragazzo sempre pronta a difenderlo, ed uno a Nico stesso, e stranamente si sentì bruciare di vita.
“…e mi dispiace davvero per te” continuò, la voce carica di rabbia ed odio “se non sai cosa vuol dire amare qualcuno così tanto da ucciderti e non ucciderlo, papà, ma non posso proprio permetterti di rovinare la mia esistenza né di causare ulteriori problemi a quest’uomo qui, degno di essere chiamato padre da suo figlio!”
Il chiaro riferimento ad Ade fece imbestialire ancor di più Poseidone, che scosse la testa freneticamente sogghignando “Non è così che deve finire e non è così che finirà…avremmo potuto avere una vita perfetta, cercavo di dartene una, ma…credo che non sarà così.” Si voltò e si avvicinò a grandi passi minacciosi verso Nico.
Percy gli corse incontro urlando, e si scatenò il caos.
Ade scattò in avanti assieme a lui, approfittando della distrazione per poter liberare i suoi due figli. Nico cadde a terra dopo aver provato a reggersi in piedi, allora la sorella lo portò fuori dalla stanza con l’aiuto di Jason, cercando in ogni modo possibile di ignorare il putiferio attorno a lei.
Luke affrontava invece suo padre, spalleggiato da Zeus.
Poseidone ricevette un pugno in piena faccia dal figlio senza troppi complimenti.
“Devo ammettere che assesti dei bei colpi” lo provocò Poseidone, nonostante la situazione critica “hai preso dal tuo vecchio, eh?”
“Mi fai schifo!” urlò con tutto il fiato che aveva in corpo Percy, ignorando il dolore alla gamba causato da un colpo del padre e spintonandolo. Quello barcollò all’indietro, ed il figlio ne approfittò per farlo cadere e tempestarlo di calci.
“Percy, basta così, basta…” aveva consigliato dopo un poco Ade, posandogli una mano sulla spalla e tirandolo verso di lui “così lo ammazzi.”
“È quello che merita” aveva commentato aspramente il ragazzo.
“Lo so” aveva risposto semplicemente Ade “lo vorrei anch’io, fidati, ma non siamo come lui. Ricordatelo: tu non sei lui.


“Sally?” la voce di Maria riecheggiò nel vuoto di quei vasti sotterranei “Sally!”
La donna, disperata, si portò una mano alla fronte. Sperava davvero che la madre del povero ragazzo fosse viva e vegeta, altrimenti davvero non sapeva come avrebbe fatto a dargli la notizia.
Improvvisamente sentì un ticchettio metallico, ma pensò di esserselo immaginata.
Un minuto dopo circa, di nuovo lo stesso ticchettio.
Picchiettò una sequenza precisa anche lei sul metallo, abbastanza forte da farsi sentire.
Sally?
Poco dopo, ancora ticchettii: infondo al corridoio, ultima stanza. Ti vedo.
Maria accorse, entrando nella stanza già aperta e portandosi una mano alla bocca nel vedere una donna legata ad una sedia, con la bocca coperta dal nastro adesivo. Si affrettò a liberarle la bocca, poi notò la superficie ferrea sulla quale aveva picchiettato per comunicare con lei.
“Codice Morse? Sei un genio, donna!” esclamò allora Maria una volta liberatala.
“Percy? Nico? Stanno tutti bene?”
Maria si incupì visibilmente “Questo lo sapremo presto, Sally.”
 


Lalalalala *fischietta innocentemente*
Sorpresi? I don’t think so.
Questa parte sarebbe dovuta arrivare, prima o poi, ma per fortuna non abbiamo subito grandi perdite. Annuncio con un pochetto di tristezza che, ahimé, il prossimo sarà l’ultimo capitolo. Ci sarà la riunione della famigliola felice e una bella scena Percy/Nico, ed a tal proposito ho una domanda da porvi: volete o non volete la benedetta scena rossa tra loro due?
Mh, mi è piaciuto molto il confronto tra Percy e Poseidone, ed approfondirò in una delle famose shot il confronto di Luke ed  Ermes. Poi, ovviamente, dovevo far diventare Sally più epica di quanto non lo sia già – codice Morse! Davvero, immagino quella donna piena di risorse…per non parlare di Maria!
Comunque, il finale con una delle mie frasi ad effetto ci voleva. Bene, vi lascio…adieu♥
  
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Percy Jackson / Vai alla pagina dell'autore: Sapientona