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Autore: StellaCadente00    08/12/2014    1 recensioni
"Io credo che la vita sia un insieme di treni, stazioni, ferrovie, persone e un bel po' di Destino. E tanto libero arbitrio.
Il Destino costruisce tutto quanto, decide se il treno sarà in legno o in ferro, grande o piccolo; decide se le ferrovie non terminano, se cadono in una fossa, se si interrompono bruscamente.
Ma con le persone non può fare nulla: scelgono loro se salire sul treno, andare incontro al Destino, vivere rischiando di morire. Oppure semplicemente sopravvivere, rimanere in stazione senza richiare la morte, ma nemmeno vivendo.
Un bel po' di libero arbitrio."
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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250.000 nuovi treni partivano, ogni giorno, da chissà quali terre lontane.
150.000 treni, ogni giorno, si fermavano, e non nei pressi di una stazione, no, nel bel mezzo del nulla, finivano il carburante, si schiantavano, trovavano la ferrovia interrotta. Oppure si bloccavano e basta, senza apparente motivo e svanivano qualche tempo dopo.
Era così che lì si misurava il tempo, ogni 250.000 partenze e 150.000 dissolvimenti Si decideva che fosse passato un giorno.
Quel Si che determinava il tempo era un po’ d’Aria Decisamente Più Scura della normale trasparenza, La Quale riusciva a trovarsi in 250.000 luoghi differenti, negli stessi 150.000 dissolvimenti.
Durante il 29.354° della giornata, Colui Che Determinava Il Tempo stava controllando che il nuovo vagone fosse perfetto: lucido, abbastanza spazioso ma non tanto da essere dispersivo, colorato, ma non tanto da far andare insieme la vista.
Aveva impiegato 40.500.000 dissolvimenti nella costruzione sua, della stazione di partenza della donna e di quella dell’uomo e del primo tratto di ferrovia, il quale sarebbe bastato per altri 4.500.000 dissolvimenti; al resto avrebbe pensato più tardi.
Ecco, il treno della donna stava arrivando: era con un uomo, ma lui si sarebbe appunto fermato poco più avanti.
Un paio di scarpe da ginnastica scure incontrarono il pavimento di bianca sabbia, seguite da un corpo snello e da un piccolo viso incorniciato da biondi capelli lisci.
Si avvicinò con cautela e salì le scale in legno di ciliegio, per poi accomodarsi sul morbido sedile rosa pastello pronto ad accoglierla.
Fu subito stregata dalla meraviglia che la circondava, le pareti erano coperte da una carta da parati color del cielo estivo, azzurro vivo dietro di lei, blu notte di fronte. Le lampade nascoste illuminavano di una luce candida solo la metà del vagone dove lei era seduta, dall’altro lato erano spente, simulavano la notte e il giorno, il buio e la luce, volevano metterla a suo agio e ci riuscirono. Il pavimento era morbido, un tappeto di primule incantate, che si rialzavano anche dopo averle calpestate, non potevi temere di far loro del male.
Poi, d’un tratto, il fruscio delle porte in cristallo che si chiudevano annunciarono la partenza.
Non era sola.
   
 
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