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Autore: PeNnImaN_Mercury92    08/12/2014    2 recensioni
Fu solo quando John e io ci trasferimmo a Londra, nel 1970, che lui entrò a far parte della band che gli avrebbe cambiato la sua vita e in qualche modo stravolse anche me, perché mi fece innamorare di una persona che non avrei mai concepito essere il mio tipo di ragazzo ideale.
E' infatti una storia d'amore che non mi sarei mai aspettata, e ora che lo racconto a te posso dimostrartelo...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, John Deacon, Nuovo personaggio, Roger Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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—Perché devo sparecchiare solo io?—si lamentò John.
—Perché io ho cucinato, lo sai benissimo. Muovi il culo e tornatene in cucina!
Era un tranquillo sabato pomeriggio. Io e John avevamo appena finito di mangiare e io ero in salotto che trafficavo con i programmi radio che avevano una mediocrissima qualità di suono. Sfortunatamente era assai complicato trovarne uno.
Dopo alcuni minuti, qualcuno bussò alla porta.—John, vai ad aprire!—urlai.
—Ma perché oggi tutto io!—brontolò, mentre lo sentivo andare alla porta.—Roger! Anche oggi prove?
Mi misi una mano sulla fronte. Perché lui?—Sì, Deacy. Il concerto è tra una settimana precisa e Brian sta dando di matto.—sentii dire dal biondo, mentre si stava dirigendo nel salotto dove mi trovavo.—Ehilà, squilibrata! Vuoi cadermi addosso anche oggi?
Lo ignorai, continuando a trafficare con la manovella dell'aggeggio.—No, ma se vuoi ti tiro la radio nello stomaco e vediamo se continui a fare il buffone.
Finalmente una stazione radio riprendeva perfettamente tutto.
La voce femminile trasmessa per poco non mi fece sobbalzare:— Notizia dell'ultima ora. Il celebre cantante e chitarrista Jimi Hendrix è stato trovato deceduto stamani nel suo appartamento a Kensington.
Brividi lungo la schiena. Fu tutto quello che sentii in quel momento.
Mi coprii la bocca con il palmo di una mano.
Come era potuto accadere? Il più grande chitarrista di tutti i tempi morto?
Mi girai verso gli altri due. John aveva una faccia alquanto allarmata Ma Roger, invece, sembrava un cadavere a tutti gli effetti.
Aveva in volto lo stupore in tutti i suoi caratteri.
Guardò a terra per una manciata di secondi, poi si girò verso il corridoio e corse verso la porta.
Il mio istinto volle che mi fossi messa ad inseguirlo, così presi una giacca dall'attaccapanni e, senza che John avesse fiatato una parola, uscii dalla porta di casa.
Una volta fuori, vidi Roger camminare a passo svelto qualche metro più lontano.
Corsi verso di lui, urlando il suo nome a squarciagola.—Roger! Roger!—dovetti richiamarlo ben due volte prima che si fermò e si girò a guardare il responsabile delle chiamate.
Quando lo vidi in faccia sembrava fosse appena uscito da una stanza infestata di leoni.
Riuscii alla fine a raggiungerlo.—Roger, datti una calmata!—dissi affannata.
—No, Rose. Non posso! Ti rendi conto di quello che è appena successo?—sbraitò, con due occhi lucidi, avrei giurato.
—Lo so. È stato uno shock anche per me ma cosa vuoi fare ora? Non ti servirà a nulla scappare.
—No! Non voglio crederci! Non posso accettare la realtà, Rose. Lo vuoi capire?—urlò.
Fu allora che il mio istinto mi tradì nuovamente.
Immediatamente lo avvolsi nelle mie braccia, che in quel momento erano più sicure di lui.
Mi sentivo stranissima per quello che stava accadendo, ma in quel momento la consolazione era tutto ciò di cui aveva bisogno.
Non so quanti secondi passarono dopo che l'ebbi stretto a me, sta di fatto che poco dopo ricambiò l'abbraccio e posò la testa sulla mia spalla  più bassa della sua.
Lasciai uscire un sospiro.
Non avevamo nessun legame amichevole, ma mi faceva male vederlo così.
Dopo un po' sciolsi l'abbraccio.
Il suo viso era decisamente più sereno di prima.
Mi guardava, ma a differenza del solito, in modo tranquillo e rassicurante.
Rimanemmo in silenzio lì, lasciando che le nostre orecchie udissero solo lo strombazzare delle auto che passavano lì accanto.
Poi finalmente lui prese fiato.—Grazie.—mormorò con voce sottile.
—Non c'è di che. A volte un abbraccio è tutto ciò di cui abbiamo veramente bisogno.—gli sorrisi e lui ricambiò.—Se vuoi ti accompagno a casa. Magari mi offri anche una tazza di tè.
—Perché no? Andiamo.
Camminavamo a passo svelto, in silenzio.—Va meglio, ora?—gli chiesi nuovamente.
—Sì, grazie ancora. È solo che… Ti giuro, non so cosa mi sia preso. Non mi capita mai di essere così cosciente davanti a situazioni del genere, mi sono spiegato?
—Capita a tutti di avere momenti di infelicità del genere. Ora però cerca di stare più rilassato, siamo intesi?—lui annuì.
—Mi è venuto un dubbio. Non ricordo se abbiamo o no il tè a casa. Se non sbaglio ieri Freddie è andato a comprarlo ma ho paura di no.—sorrisi per confortarlo un po'.
—Oh, basta anche un bicchiere d'acqua. Se poi c'è il tè è decisamente meglio!
Dopo aver camminato ancora un po', Roger e io arrivammo a Kensington, in una piccola stradina ornata da enormi palazzi.
Poi arrivammo di fronte ad una palazzina dai mattoni bordeaux. Roger tirò dalla tasca del suo giubbino un mazzo di chiavi.
—Terzo piano. Dobbiamo farci qualche scala.
—Non ci farà di certo male.
Dopo aver salito tre gradinate, arrivammo davanti una porta beige. Anche questa, insieme a quella di giù, venne aperta dal batterista.
Davanti mi si presentò un modesto openspace dove si potevano distinguere un divanetto e un pianoforte verticale alla mia destra, un finestrone di fronte, un angolo cottura alla mia destra e lì accanto un tavolo in mogano marroncino. Poi, accanto a questo, un'altra porta.
Roger mi invitò ad entrare.—Vieni, entra pure.
Una volta dentro, mi guardai ancora meglio intorno.—Non male, sai?—dissi.
—Il merito non è certo mio. Ha fatto tutto Freddie. Ha scelto la disposizione dei mobile e l'immobile stesso.
—Anche se è piccola è davvero bella.
Lui intanto si mise a frugare nella credenza della cucina.
—Abbiamo il tè! Metto a bollire subito l'acqua.
—Sai farlo o vuoi una mano?
—Credo che almeno mettere l'acqua sul fuoco lo so fare. Non sono certo Miss Deacon ma il minimo del minimo lo so fare.
Mi avvicinai alla porta affianco la cucina.—Lì ci sono la mia stanza, quella di Freddie e il bagno.—disse appena mi vide superare la porta.
Alla mia sinistra, destra e di fronte a me intravidi infatti tre porte.
Quella frontale mi condusse probabilmente in quella di Roger, visto che si intravedeva il suo fidato set di batteria che occupava più della metà della camera.
Poi c'era un letto ampio quasi quanto il mio, un piccolo armadio e qualche mensola di legno sopra il letto.
Lì intravidi dei vinili.
Non riuscii a trattenermi e mi avvicinai a questi.
Aveva molti dischi dei Beatles, quasi tutti, anche quelli di Elvis, ma quello che mi era balzato all'occhio fin da subito era l'angolo dedicato ad Hendrix.
Presi "Are you Experienced", un disco che da sempre avevo il desiderio di comprare.
Mentre ritornavo nella stanza principale, sbirciai anche quella di Freddie, leggermente più piccola di quella del batterista.
Tenevo il disco nelle mani quando vidi Roger scottarsi con il bollitore dell'acqua.
—Ehm, Rog?—lui si girò nella mia direzione, soffiando sul suo indice.—Posso?–chiesi, mostrandogli il disco.
Mi guardò per un po' assente.—Sì, fa pure.—disse poi.
—Se non te la senti è meglio di no.
Per risposta, lui prelevò il vinile dalle mani.—Non c'è modo migliore per onorarlo.
Senza che ci avessi fatto caso, sopra al pianoforte c'era un semplice giradischi.
Dopo che Roger mise su il disco, subito partì "Foxy Lady".
Mi sedetti sul divanetto mentre Roger portava due tazze fumanti di tè.
Me ne porse una, mentre si sedette vicino a me.
Tra una sorseggiata e un'altra dissi—Amo questa canzone!
—Lo so, è veramente bella. Mi ricordo quando ti ho visto che stavi comprando il singolo. Mi fa ancora male il piede.
—Che bella pestata che ho fatto! È stato un momento così piacevole!
—Me ne sono accorto. Sai che c'è la versione statunitense di questo disco che è diversa da questa?
—Davvero?
Annuì.—C'è Purple Haze. E in questo non c'è.
Rimanemmo ancora in silenzio, mentre finivamo il tè.—Sai che il tuo stile di batteria mi ricorda molto… Il batterista di Jimi, Mitch Mitchell?
—Mitchell, sì. Lo so, è uno dei miei ispiratori. E tu, invece? Io credo che hai uno stile più vicino a quello di Ringo Starr, non è così?
—Esatto. È così evidente?
—In un certo senso sì.—mi sorrise.
—Sai che qui è veramente bello? Quasi quasi mi trasferisco qui.
—Facciamo cambio? Io vado a vivere con Deacy. Non lo sopporto più Freddie!
—Che devo dire io che sopporto Johnny da quando siamo nati?—ridemmo.
—In realtà Freddie sembrerà anche una persona molto estroversa, ma in realtà è un tipo molto riservato e tranquillo. Me ne accorgo soprattutto quando siamo soli io e lui.
—Com'è che avete deciso di andare a vivere insieme? Siete molto legati?
—Sì, è così. E poi è quel tipo di persona con cui ti ci abitui subito. Ti faccio un esempio, quando non avevamo ancora una casa e vivevo ancora con mia madre, lui alcune volte rimaneva da me. Ma per non far stirare a mia madre i pantaloni, li piegava e li metteva sotto al materasso e ci dormiva sopra.
—Wow. Credo di averlo un po' sottovalutato.
—Anche lui è un appassionato di Hendrix.
—Me ne sono accorta. Avete un bellissimo negozietto, lo sapete?
—Tu invece dove lavori?
—A Earls Court. Non so se Deacy te l'ha detto, ma io e Veronica lavoriamo insieme.
—Ma davvero? Senti, io non voglio fare pregiudizi e tantomeno offenderlo, ma io credo che Deaks si sia preso una bella cotta per Veronica.
—E infatti è così. L'ha proprio ammesso a me. Ti prego non dirlo a nessuno!
Lui ridacchiò.—No, non preoccuparti. Io lo sapevo. Ci avrei scommesso la batteria. E anche Veronica non è completamente casta e pura.
—Lei lo deve ancora ammettere a sé stessa. Ma sono sicura che tempo un mese e si troveranno insieme.
—Lo penso anche io.
Altra pausa di silenzio mentre ascoltavo una  nuova canzone: Can you see me.
—Rose?—ritornò da me, dopo aver posato le tazze nel lavabo.
—Sì?
—Io devo chiederti scusa. Solo ora mi sono reso conto che ho sbagliato completamente atteggiamento con te.—non risposi, non sapendo cosa dire.—Lo so, sono stato un completo idiota. Tu non sei davvero una persona per niente male, hai una bellissima personalità.
—Lasciamoci tutto alle spalle, okay? Amici?—gli allungai una mano.
—Amici. E non qualcosa di più, altrimenti mi fraintendi.
Ridacchiai.
Mi misi più comoda sul divano e lui fece altrettanto.
Dopo un po' sentimmo la porta aprirsi.
Era Freddie, che con il volto spento, ci guardò seduti sul divanetto, mentre "I don't live Today" si diffondeva nella casa.
—Ehi, Freddie.—disse Roger.
—Ciao, Fred.—mormorai invece io, timidamente.
—Ciao, Rose.—mi disse, probabilmente anche un po' sorpreso di vedermi lì.—Avete saputo?—entrambi annuimmo.
—Freddie, io non me la sento di tenere aperto il negozio. Che ne dici se oggi…
—Anche io avevo pensato la stessa cosa. Siamo d'accordo, allora.
Con l'arrivo dell'altro proprietario della casa, decisi di togliere il disturbo.
—Ragazzi, io me ne vado. Tra un po' devo andare anche lavorare.
—Sono solo le tre. Che ci vuole ad arrivare a…—provò a dire Roger.
—Earls Court. È meglio se mi avvio. Di solito sabato la metro è un casino e non ho la macchina. Ci vediamo.
Andai verso la porta, ma Roger mi raggiunse.—Sei sicura di non voler restare ancora un po'?
—No, Rog. Il dovere mi chiama, purtroppo. Era buono il tè, lo sai?
—Sono contento. Ci sentiamo presto.
Esitò un po', prima di avvicinare la sua guancia, da cui si intravedeva una basetta bionda, alla mia.
Dopo un po' si decidette e ci baciammo su entrambe le guancie.
—Ciao, Freddie.—dissi, prima di uscire definitivamente dalla porta.

Spazio Autore:
Questo è senz'altro uno dei migliori capitoli a mio parere.
Purtroppo anche abbastanza triste, soprattutto per chi, come me, è un appassionato anche di Jimi Hendrix e della sua musica.
Ma il fatto che Rose consoli il biondo è senza parole per me.
So che sono una vanitosa, visto che mi vanto delle mie stesse storie, ma amo questo capitolo, senza aggiungere altro.
Chiedo scusa se ho aggiornato un po' in ritardo rispetto all'ultimo capitolo, ma in questo fine settimana è mancata la connessione.
Ma le recensioni?
Ricordo che accetto anche le critiche.

  
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