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Autore: LauraOBrien    08/12/2014    1 recensioni
La guerra è finita.
Harry ha subito numerose perdite ma una l'ha segnato nel profondo del suo animo in modo irreparabile.
Perché l'amicizia, nonostante tutto, è quanto di più forte e indispensabile c'è al mondo.
Ho scritto questa storia per dare risalto a una delle amicizie più belle di sempre.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Potter, Ron Weasley
Note: Nonsense, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Era tarda sera, il viottolo non era altro che una pennellata scura.
La ghiaia scricchiolava sotto il suo passo cadenzato, i ciottoli sfuggivano al peso dei suoi piedi e schizzavano via con qualche ticchettio. La siccità di quegli ultimi giorni aveva seccato il terreno, ma quella sera stava piovendo a dirotto e il vapore si era sollevato dalla terra riarsa in cui era rimasto intrappolato.
Non aveva un ombrello, gli era sempre piaciuto il gocciolare pesante della pioggia sul corpo, sugli abiti.
Arrivò al fondo del viottolo e un lampo squarciò il cielo; per un fugace istante ebbe una visione limpida del bivio davanti a sé.
Le nubi violacee borbottarono prepotentemente mentre lui imboccava il sentiero sulla destra.
Le gocce gli sfregiavano le lenti, appannandole, mentre svoltava a sinistra e proseguiva dritto.
La pioggia sembrava cadere a blocchi, grossolana, in netto contrasto con la sua figura longilinea e slanciata, alta, che con ampie falcate divorava gli spazi e annullava le distanze e che si arrestò, improvvisamente, le braccia lungo i fianchi e la testa china. Strinse un pugno e poi si inginocchiò su una sola gamba, appoggiandovi sopra il braccio e sollevando il capo.
Lentamente allungò l'altro braccio e sulla superficie ricurva della piccola struttura in marmo adagiò una grande rosa gialla in piena fioritura.
Lasciò che la sua mano sfiorasse il liscio marmo bianco di fronte a lui, reso scivoloso dalla pioggia.
Indugiò con le dita sulla piccola incisione a forma di scopa riempita di inchiostro rosso. Aprì il palmo e accarezzò la fotografia dalla struttura lievemente bombata.
Il suo indice ripassò le lettere scritte in maiuscolo, le due date e le altre lettere. E poi raggiunse la base e la terra nera, bagnata, e vi fece presa con le mani.
Tra quel mare di gocce fredde che gli rigavano il viso nacque un'unica stilla bollente, che gli viaggiò lungo la guancia.
Serrò gli occhi per impedire ad altre lacrime di sfuggirvi.
"Io ci ho provato, Ron.. Dio, se ci ho provato."
Articolarono le sue labbra in un sussurro, inudibile tra lo scrosciare della pioggia.
Capitolò al suo dolore e tra i suoi denti digrignati si fece strada un singhiozzo. La sua gola bruciava  e quando gli sfuggì quell'unico singhiozzo fu il primo di una lunga serie di spasmi silenziosi.
Harry si afflosciò sulla lapide, gettandovi le braccia intorno e scoppiando a piangere.
"Ti giuro che ci ho provato, Ron.. Ci ho provato a essere felice, ma come posso senza di te?! Adesso che è tutto finito io non ho più nulla per cui valga la pena vivere, io non ho più senso e ora sto male, Ron, sto male!
Mi manchi.. Mi manchi, dannazione! Non sai quanto vorrei morire, non lo sai.. R-Ron.. Non voglio più vivere. Non voglio, non voglio! Ho smesso di vivere insieme a te. Non riesco più a ridere, ad amare, ad affezionarmi.. E anche se fosse io non la vorrei comunque questa vita! Non la voglio! Cazzo, Ron, voglio morire. Ron, sto già morendo.. Mi manchi così tanto.."
Le ultime parole erano poco più di un bisbiglio. Tutto quello che aveva da dire si spense contro la lapide di marmo bianco in mezzo a quelle migliaia di lacrime. Le sue palpebre crollarono e la notte scese su di lui.

L'alba si fece strada prepotente nel piccolo cimitero, mangiandone le ombre. Il viottolo stava cominciando a farsi aranciato e migliaia di schizzi dorati impreziosivano i ciottoli ancora bagnati. La pioggia aveva gradualmente smesso di cadere durante la notte. Le foglie delle siepi di piccoli pini gocciolavano placide. I caldi raggi gialli e oro pian piano scivolarono anche sul sentiero a destra e sul prato erboso e sulla lapide in marmo, contro la quale era rannicchiato il corpo di un giovane. 
Le gambe, fasciate da dei normalissimi jeans scuri, erano piegate contro il busto. Sotto il giaccone pesante si poteva intravedere la lana pruriginosa di un maglione bordeaux con la lettera "R" ricamata sul davanti e sotto il maglione tutto quello che si agitava aveva smesso di agitarsi. Il petto non si alzava né si abbassava più, i ritmi regolari avevano lentamente lasciato il posto ad un nulla pacato.
La luce, prepotente e maligna, prese possesso del suo viso evidenziandone le profonde occhiaie nere che poco i sottili occhiali rotondi potevano fare per celare. Le guance paurosamente scavate, la pelle che tirava sulle ossa del viso. Eppure le labbra violacee e tumefatte erano lievemente distese in un sorriso e le lunghe ciglia scure, abbassate per non essere mai più rialzate, accennavano a un'espressione serena.
Harry era felice, adesso.
Nel piccolo cimitero, le ombre lasciavano il posto a una calda sfumatura oro, le paure svanivano, la tristezza era finita. 
Il sole rischiarava e risvegliava, con tutto l'oro che riusciva a portare, e diluiva le ombre con il suo sfavillio.
Pian piano, come spuma di mare.
E poi, per ultimo, fu alba anche sulla grande rosa gialla.
   
 
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