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Autore: marco271190    08/12/2014    1 recensioni
Gli Hunger Games, un gioco di morte e sadismo. Può riuscire un semplice ragazzo a sopravvivere di fronte all'orrore? Dove può condurlo la paura, il desiderio di tornare a casa? La pazzia è dietro l'angolo, occorre richiamare tutta la propria razionalità. Un vortice di avventure sconosciute, un intrico di decisioni prese in un attimo e meditate, il tutto visto attraverso gli occhi di Caster, un giovane proveniente dal Distretto 9. La voglia di vivere, una promessa da non infrangere fanno da sfondo ad un'arena dove la morte è la regina, e dalla quale solo uno tra ventiquattro adolescenti farà ritorno. E Caster farà di tutto per essere lui, quel ragazzo. Dopotutto,la parola data non può essere infranta.
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quando il mattino successivo mi sveglio i raggi di un pallido sole trafiggono le mie ciglia come lame di spada. Le lame di quelle spade che ultimamente ho imparato a conoscere e che sempre più minacciose mi sembrano pendere sopra la mia testa. Ci stiamo restringendo numericamente parlando, siamo rimasti solo in dieci, escludendo noi tre, abbiamo sette possibili cacciatori alle nostre calcagna. Il pensiero mi fa tremare, mentre mi alzo dal terreno umido sul quale ho trascorso la notte e osservo Leena seduta lì accanto parlare piano con Alef. Il bambino ha il volto rigato dalle lacrime, lo noto immediatamente. È la prima giornata di sole accennato da quanto i giochi sono iniziati, ed inizia con un altro carico di lacrime. Se si potessero mangiare, probabilmente a quest’ora saremmo tutti e tre ingrassati di alcuni chili. Mi avvicino piano a loro e come si accorgono di me smettono subito di bisbigliare tra loro. Li guardo straniti, ma Leena si stringe tra le spalle come a voler dire che non sa che fare.
“Qualcosa non va?” domando io piano
“Alef vorrebbe chiederti una cosa” risponde lei con voce pacata “ma è troppo intimidito per farlo?”
“Intimidito?” domando io guardando il ragazzino che, d’un tratto, avvampa in volto. Quel suo volto tumefatto segnato da innumerevoli piaghe e tagli di un rosso squillante che lo fanno sembrare una tela squarciata. “Perché mai intimidito? Non mi sembra di avergli mai fatto del male” ribatto secco. Mi da fastidio che lui provi paura nei miei confronti, vorrei che si limitasse a rimanere al suo posto, non voglio farmi coinvolgere in nessun tipo di rapporto con questo bambino. Vorrei essergli indifferente. Invece no, lui mi teme evidentemente, non so di quale tipo di timore si tratti, se terrore o di quello invece reverenziale, fatto sta che quel bambino mi teme.
“Ha male al viso” mi risponde Leena “vorrebbe che tu gli prestassi un po’ della tua crema”.
Mi avvicino allo zaino e senza parlare estraggo il barattolino ricevuto in dono. Lo apro e osservo che me ne rimane più di metà. Tremo all’idea che potrei finirlo e potrebbe tornarmi utile in futuro, tuttavia non posso negarne una parte ad Alef, a quel dannato bambino. Proprio così, dannato. Mi sta creando moltissimi problemi, non mi è tornato utile in alcun modo, usa il mio dono, devo costantemente dare cibo anche a lui. Vorrei lasciarlo indietro, forse sarebbe la scelta più giusta. Ma so che Leena non me lo permetterebbe, e siccome desidero rimanere con lei, inevitabilmente questo implica dover restare con Alef. Senza parlare oltre gli porgo il barattolo di crema e lui timidamente lo afferra e lo apre.
“Hai paura di me?” gli chiedo a bruciapelo.
Lui sgrana gli occhi e scuote la testa. “Mi hai salvato. Ho paura di questo posto, non di te” mi dice con quella sua vocina leggera.
Quella risposta mi trafigge e mi spaventa. Prova rispetto verso di me. Mi è grato. E io penso costantemente a come lasciarlo indietro. Al diavolo, devo smetterla di pensare a queste idiozie. Non vince chi pensa o chi riflette, quanto piuttosto chi agisce, ed è un po’ che non facciamo nulla di incisivo nei giochi, nulla che ci permetta di farci vedere o di avanzare nel gioco. Mi avvicino alle braci e afferro alcune radici sparse lì intorno, vi soffio sopra per togliere la polvere e comincio a sgranocchiarle per mettere a tacere il mio stomaco.
“Grazie” aggiunge Alef spalmandosi una manata davvero parsimoniosa di crema “prometto che ti ripagherò quando riceverò il mio dono”.
Il suo dono, ripeto tra me e me. Sorrido amareggiato e un po’ infastidito da questa ingenuità che crea in lui false credenze. Mi pare ovvio che, purtroppo, Alef non riceverà mai nessun dono.
 
Durante la mattinata controlliamo un paio di cappi sistemati da Leena e ciò che otteniamo sono solo due miseri coniglietti piccoli e rachitici che, proprio come noi, sembrano aver avuto parecchia difficoltà  nel reperire del cibo.  Li spelliamo e li cuociamo a fuoco lentissimo, bevendo la poca acqua che ci rimane. Decidiamo poi di spostarci, ormai siamo rimasti in pochi e non possiamo più nasconderci e basta, dobbiamo giocare in prima persona, e sì, uccidere di nuovo se riusciamo. Il Distretto nove mi sembra sempre più vicino, e a questo punto sono ben deciso a lottare e vincere o morire dignitosamente se necessario. Il fatto che il cerchio sia così ristretto però ci fa torcere lo stomaco, lo leggo anche nello sguardo di Leena quando, dopo aver mangiato, cominciamo a parlare proprio di questo.
“Rimaniamo in dieci” comincio io, piano. Alef tace, credo abbia consapevolezza di non poter vincere. Oppure semplicemente non vuole affrontare la questione. Ma io faccio leva su Leena, confido in lei e nel suo aiuto, uno di noi due deve vincere e quindi voglio che entrambi siamo pronti e determinati.
“Già” fa lei “il ragazzo del primo, anche la ragazza mi pare. Poi la ragazza del quattro”. Entrambi ammutoliamo, quell’elenco è più che sufficiente, può terminare così. Abbiamo visto ambedue cosa sanno fare quei ragazzi, al centro di addestramento. Sono capaci di maneggiare le armi, sono spietati, in forma, allenati. Noi no, viviamo alla giornata, certo, siamo abbastanza fiduciosi ma non preparati.
“Per ora non si sono visti però” aggiungo io, pensando ad alta voce. Suona quasi come un’attenuante di fronte ad una sentenza di morte, quasi fosse un lenitivo alla paurosa idea che tre spietati assassini ci dividono dal Distretto nove.
“Vero” fa lei “probabilmente si limitano ad aspettare di trovare qualcuno. O forse aspettano che il numero diminuisca ulteriormente”.
“Poco male” dico io” magari loro potrebbero essere i prossimi”. Quelle parole risuonano dure, concrete, quasi fatico ad attribuirle a me stesso.
Dopo una manciata di minuti spesi in silenzio, Leena propone di alzarci e provare a spostarci un po’. Scegliamo di non andare verso la distesa brulicante di rami secchi e morti in cui è fuggita la ragazza del Sei dopo averci attaccati, continuiamo invece a costeggiare il piccolo stagno dal quale abbiamo riempito le nostre borracce, e così entriamo in una macchia silvestre. Gli alberi che ci circondano sono abbastanza alti ma hanno un aspetto un po’ precario, quasi fossero lì e lì per cadere. Nemmeno Leena è in grado di identificarli. Camminiamo su un tappeto di terra che attutisce i nostri passi. Per terra troviamo alcune ghiande sparse sul terreno, Alef le raccoglie ed inizia a sgranocchiarle senza preoccuparsi che possano essere velenose o chissà che. Siccome dopo una mezzora buona non è collassato a terra e a parte il viso tumefatto dalle ferite sembra stare bene, anche io e Leena decidiamo di provarne qualcuna. Sono davvero gustose, sembrano quasi castagne solo un po’ più salate e dal sapore più deciso. In quella parte di arena non sembra esserci anima viva, mi chiedo dove siano finiti i tre favoriti rimasti.
“Hai mai fatto il gioco del vedo quello che tu non vedi?” mi chiede Leena sorridente mentre i raggi del sole leggero illuminano il suo viso lentigginoso e scarno.
“Qualche volta” le dico. Mi ricordo che lo facevo spesso con Philos, giù al Distretto. Ma nella maggior parte dei casi lui barava, sceglieva dei particolari assolutamente invisibili e quindi io mi annoiavo immediatamente e in genere il gioco finiva lì, con io che lo fissavo scocciato e lui che cercava di farmi ridere col solletico. Ci sono quasi, Philos. Ce l’abbiamo quasi fatta, mi dico. Nove persone mi dividono da lui.
“Ci giochiamo?” domanda allora Leena.
Alzo le spalle e lei senza aspettare oltre inizia il gioco.
“Vedo vedo quello che tu non vedi. Coraggio fatemi delle domande, forza” ci incalza.
“E’ verde?” chiede Alef, fissando le chiome degli alberi a testa alta.
“No” risponde Leena.
“Allora è marrone?”.
“Di nuovo no, Alef” ride lei. Penso che sia un gioco idiota, ma forse ci fa bene. Siamo tesi, stanchi, e un attimo di distrazione non può che giovarci. Dopotutto, sembra che siamo da soli qui.
“E’ nero?” chiedo io allora.
Leena mi guarda, evidentemente stupita dal fatto che io abbia deciso di partecipare al gioco. “Sì” dice.
“Credo siano i miei capelli allora” rido io. Lei annuisce ed allora è il mio turno.
“Vedo vedo quello che…”. Ma la mia frase si rompe a metà. Siamo troppo presi dal vedere cose idiote da non accorgerci del leggero filo teso circolarmente tra un gruppo di alberi. Così passiamo, ignari, quel confine e non appena appoggio il piede in fallo mi sento semplicemente collassare a terra, fermo e rigido, mentre le ultime parole giocose mi si fermano in gola.
 
Sono totalmente immobilizzato, non riesco a muovere nemmeno un muscolo, vorrei gridare ma non riesco ad aprire la bocca. I miei occhi, sbarrati dal terrore e dallo stupore ciò che mi sta succedendo sono puntati al cielo, tremolanti e feriti dall'opacità del sole. Sento qualcuno muoversi accanto a me, ma non capisco chi sia e cosa sia. Non capisco cosa mi sia accaduto. Non capisco cosa ci faccia qui steso sul terreno, come abbia fatto a cadere. Perchè sono immobile? Che mi è successo?
"E' una trappola" dice Leena. E' lei la figura che si muove lì accanto a noi. Camminava poco dietro di me quindi non è incappata nel tranello. "Un filo, non capisco cosa sia" . Nella sua voce leggo l'ansia, il terrore. Chiunque abbia creato questo diabolico marchingegno incomprensibile dev'essere senz'altro lì intorno, l'unica nostra speranza è Leena, l'unica di noi tre ancora in piedi. Non ha armi, e non può avvicinarsi a me, vorrei che mi aiutasse in qualche modo ma so che potrebbe finire a terra, come me e a questo punto penso anche Alef, giacché non sento la sua voce da un po'.
"Caster, riesci a parlare?" mi chiede Leena in preda al panico. Ovviamente non rispondo, vorrei almeno muovere un muscolo, ma l'unica cosa che riesco a fare è sbattere le palpebre di tanto in tanto, meno di quanto dovrei infatti leggere lacrime cominciano a rigarmi le guance e avverto un bruciore fortissimo. Mi sento snervato, so che morirò qui probabilmente, immobile. Spero solo che il mio uccisore abbia pietà, avendomi in un certo senso ingabbiato, che non ci metta troppo per farmi fuori, che abbia pietà, Ma questo non è il gioco della pietà, non vince mai il più magnanimo.
"Arriva qualcuno" Biascica Leena con voce piena di terrore. Temo che scappi via, che ci lasci lì stesi per terra, abbandonati, invece rimane, sento il suo respiro pesante poco dietro di me sebbene non riesca a vederla. Sento dei passi ovattati, dalla parte opposta rispetto a Leena. Cerco di alzare la testa per guardare chi sia ma non riesco a muovermi minimamente. Ringrazio il cielo per avere una compagna sveglia che ha capito che qualcosa non andava e non si è avvicinata a noi. Altrimenti a quest'ora saremmo tutti e tre come delle lepri in trappola. Spero che Leena sia in grado di difenderci o quanto meno di difendere se stessa. Spero che almeno lei vinca.
"Fermati" la sento dire.
La figura avanza a passi lenti.
"Fermati o ti uccido" insiste Leena.
"Non ho intenzione di attaccarvi". Riconosco quella voce, ma fatico a posizionarla per un attimo. Poi un flash mi attraversa la mente.
"Butta le tue armi" dice Leena.
"Non ne ho" ribatte l'altra voce. Certo che non ne ha. Non le sa maneggiare. Lei è intelligente, avrei dovuto capire che questa trappola era opera sua. Non poteva essere altri che Tyne, la ragazza del Distretto 3. "Non voglio farvi nulla" dice lei "o almeno non a voi, questa trappola non era per voi"
"Buttalo a terra" le dice Leena, e non riesco a capire a cosa stia facendo riferimento.
"Serve per liberarli" dice lei "non ho intenzione di fargli nulla"
"Giuralo" la incalza Leena "giuralo, davanti a tutta Panem". La mia compagna è astuta, sa che probabilmente in questo momento tutte le telecamere saranno puntate su di noi, ed è conscia del fatto che ai capitolini non piace la disonestà. Vogliono un gioco pulito ed onesto, sanguinoso e violento ma onesto. Non accettano chi gioca per sotterfugi scorretti, e quindi la mia alleata sta obbligando Tyne a dichiarare subito le proprie intenzioni, in un certo senso è come se la stesse disarmando.
"Giuro, premendo questo telecomando libererò o tuoi compagni. Ora giura che nessuno di voi poi mi attaccherà" rincara lei.
"Liberali, così poi potremo discutere. Non intendiamo farti del male" dice Leena, seria.
Senza alcun preavviso sento i muscoli sciogliersi dalla rigidità, riesco a respirare con maggiore libertà. Rimango steso sulla schiena, col fiatone, i muscoli doloranti dopo i minuti di tensione forzata cui sono stati sottoposti. A fatica mi alzo a sedere , massaggiandomi la mascella, stendendo le mie braccia e pulendomi gli occhi dalle lacrime secche. DI fronte a me Tyne mi fissa, in piedi. E' solo un pallido ricordo della ragazza che ho conosciuto prima di questa disavventura: è smunta, le ossa del viso sono sporgenti, gli occhiali sporchi e graffiati sembrano enormi posati sul suo naso aquilino. Stringe nella mano una sorta di telecomando, e mi rivolge un sorriso.
"Scusate" dice rivolta ora a me ora ad Alef il quale si è prontamente rialzato correndo accanto a Leena, evidentemente in cerca di protezione e spaventato da quanto gli è appena accaduto.
"Scusate?" ripeto io seccato, alzandomi a fatica "scusate, mi dici?". Il sorriso sul suo volto svanisce mentre io mi avvicino a lei.
"Ehi, ti ho liberato, ehi niente scherzi" lei si allontana lentamente da me, col terrore negli occhi.
"Mi hai immobilizzato a terra, sono morto di paura, dannazione, e tu mi chiedi scusa?" la mia voce si sta alzando di parecchie tonalità.
"Senti" ribatte lei con calma, sistemandosi gli occhiali sul naso "non sapevo che foste voi, non avevo intenzione di attaccarvi".
"Caster" mi richiama Leena piano" lasciala in pace, abbiamo fatto un patto".
"Ognuno per la propria strada" aggiunge Tyne, allungandomi una mano. La osservo un attimo, ora la sua mano annerita dal fango e dallo sporco, ora il suo viso emaciato.
"No" ribatto io. "Quella cosa che hai fatto, quella trappola. Come ci sei riuscita?".
"L'ho trovata" risponde lei, come se la stessi accusando e lei volesse giustificarsi "alla Cornucopia. Sono rimasta lì intorno la prima notte, e quando tutti si sono allontanati da lì mi sono avvicinata e ho trovato alcune cose"
"Vuoi dirmi che i favoriti non l'hanno ripulita?" chiedo stupito.
"Oh certo che lo hanno fatto" sorride "o meglio credono di averlo fatto. Sono idioti, hanno lasciato questa trappola. Sono troppo stupidi per capire come funzioni, probabilmente avranno pensato che si trattasse semplicemente di un filo o che so io. Io invece ho capito subito di cosa si trattava, è un congegno tecnologico avanzatissimo, in grado di generare campi magnetici di una potenza incredibile che immobilizzano chiunque ci finisce dentro"
La guardo, con una sorta di rispetto. E' davvero intelligente, i favoriti hanno dalla loro le armi, certo, ma quello di fronte a cui mi trovo è qualcosa che va oltre. E' la potenza dell'intelletto, la conoscenza. Ricordo che Philos una volta mi disse che lui preferiva discutere, lottare con la testa piuttosto che con il corpo o con la mente.
"Tu ne sai di questa tecnologia?" le chiedo incuriosito.
Lei per tutta risposta annuisce. "Vengo dal Distretto Tre. Conosco questi aggeggi, sono il mio pane quotidiano"
Ecco come ha rimediato il suo sette in addestramento. Ecco come è riuscita a sopravvivere fin qui. E' furba, forse più furba di tutti noi. Non ci ha attaccati, non ha armi, ha preferito stenderci per poterci vedere, e poi nel caso avere tutto il tempo per eliminarci come meglio crede. Questa trappola è una vera diavoleria.
"Vieni con noi" le dico tendendole la mano. Sento Leena dietro di me sospirare. "Vieni con noi, abbiamo armi, possiamo proteggerti, riusciamo anche a trovare cibo. Ci serve quella trappola, se ci uniamo possiamo farcela".
Lei esita "Non saprei. Siamo pochi ormai, non avrebbe senso".
"A che gioco stai giocando ora?" la incalzo io "alla fuga? Fino a quando può durare?" scuoto la testa e la fisso intensamente "non ti serve scappare e basta, a un certo punto dovrai uccidere. Posso farlo, posso aiutarti in qualsiasi modo tu voglia". Le sto per dire che posso uccidere se lei non se la sente, ma mi sembra un po' troppo truculento come patto di alleanza. Mi serve quella trappola, potrei eliminare tutti i miei avversari. "Un paio di giorni, forse tre. Poi ci salutiamo, lo prometto" .
Tyne sembra fermarsi e riflettere un istante. Mi fissa, tira su col naso, e poi mi stringe la mano.
"Affare fatto, ci sto" mi dice.
"Non te ne pentirai" le dico, sorridendo. Intanto sento Leena che sbuffa.
 
Mentre camminiamo attraverso il bosco sempre più fitto ci dice che ha passato tutti i giorni da quando siamo entrati nell'Arena all'interno di una grotta naturale all'interno del bosco. Dice che spesso i favoriti passano da quelle zone, e che quella trappola era per loro, solo che ora ci siamo finiti dentro e quindi deve ripristinarla. Vorrei farle notare che non è stato certo un piacere per noi rimanere lì fermi a terra, sdraiati, ma evito di dirglielo, la lascio parlare. E' incredibilmente piacevole poter sentire la voce di qualcun altro all'interno di questa follia, soprattutto perchè ci riporta delle informazioni utili. Ci informa che i due ragazzi del distretto uno si spostano sempre in coppia, e a volte si unisce a loro anche la ragazza del quattro. Ci informa poi del fatto che non sappia dove stiano, e non le sembrano molto attivi tuttavia. Cacciano, ma uccidono poco. Per questo lei ha deciso di non muoversi da dove si trova, sebbene loro sembrino essere vicino. Perchè pensa che non ci sia un rischio.
Parlando e raccontandoci a vicenda quanto è successo, arriviamo finalmente alla caverna. SI tratta di una rientranza di pochi metri in una parete rocciosa che costeggia il bosco. Tyne ha sistemato l'ambiente davvero bene, per quanto sia possibile farlo all'interno di un contesto così selvatico. Il pavimento è coperto di aghi di pino e foglie, per isolare dal terreno umido, e una sorta di coperta malandata e macilenta giace in un angolo, abbandonata.
"L'ho rubata alla ragazza del dieci quando è morta" dice lei "è successo poco lontano da qui, ho sentito le urla così mi sono precipitata poco prima che arrivassero a prendere il suo corpo per vedere se avesse qualcosa di utile. Lo so sono una sprovveduta, non lo dite. Prego, fate pure come se foste a casa vostra". Alef e Leena la guardano straniti, mentre io soffoco una risata. Questa ragazza è totalmente pazza, ma mi piace. Tyne si siede in un angolo, proprio sopra la coperta e prende ad armeggiare con il telecomando della trappola.
"Per resettarla ci vorranno delle ore. Se avessi gli strumenti adatti, sarebbe una cavolata di pochi minuti, ma così, a mani nude, ci vorrà molto di più". Apre l'aggeggio e comincia a manovrare qua e là, ogni tanto sbuffando, con la lingua stretta tra le labbra.
"Mettiamo delle trappole qui intorno?" mi propone Leena, guardandola spiazzata. Io annuisco, e la seguo fuori dalla caverna. Alef fa per venire con noi, ma lo fermiamo e gli diciamo che è meglio se rimane con Tyne. Mentre prende posto accanto a lei, la sentiamo chiedergli cosa gli sia successo alla faccia. "Sembra che tu abbia litigato col gatto" gli dice lei ridendo. Sorrido, mentre penso quanto sia inopportuna quella ragazza e quanto siamo stati fortunati ad esserci imbattuti in lei.
 
Leena piazza alcuni cappi attorno alla spelonca con pazienza orefice, appendendoli agli alberi e celandoli con delle foglie in modo che risultino invisibili all'occhio umano. Non mi ha rivolto la parola da quando siamo usciti dalla caverna, e non ne capisco il motivo, evita persino di guardarmi come se ci fosse qualcosa che la infastidisce, qualcosa che, devo ammetterlo, io non riesco a cogliere e a capire davvero.
"Va tutto bene?" le chiedo ad un certo punto, mentre lei annoda la cordicella ad un ramo basso.
Non risponde subito, finisce di allacciare il cappio e poi si volta verso di me. Ha dipinta in volto un'espressione seria, quasi inflessibile ed a tratti indecifrabile.
"Caster, tutta questa storia...non saprei...questo gioco"
La guardo, il viso corrucciato. Non capisco cosa intenda dire.
"Lena, questo gioco? Siamo costretti a farlo"
"Non hai capito" mi ammonisce lei "intendo queste alleanze. Quest'ultima, con Tyne. Non so se sia opportuna, non so se sia il caso"
"Perchè?" le chiedo, inquisitorio
"Siamo in dieci Caster, e noi soli siamo in quattro. Capisci cosa intendo? Non possiamo rimanere assieme"
"Leena, pensaci. Lei ha quella trappola, quell'aggeggio. E' una cosa utilissima, non possiamo lasciarcela scappare, sai che facciamo? Rimaniamo con lei un paio di giorni, usiamo quella trappola, saremo molti meno di dieci se tutto va come spero, e poi allora..." un fruscio alle spalle di Leena mi interrompe. Vedo alcune foglie muoversi, strizzo gli occhi per mettere a fuoco. Lei si volta, lesta e pronta a fuggire o attaccare.
"Che c'è?" mi chiede.
"Nulla" rispondo "mi era parso di vedere qualcuno muoversi là dietro, ma credo sia la stanchezza"
"Forse è meglio se torniamo indietro, alla grotta" dice lei "magari facendo un giro largo, non si sa mai" mi dice accennando dietro di lei verso quel rumore che io pensavo di aver sentito.
Annuisco. "Hai capito cosa intendo dire, Leena? Non voglio che ci dividiamo" le dico. E stavolta parlo sul serio, con il cuore in mano. Spero che lei mi creda. Non voglio perderla, lei per me significa molto, è una mia alleata, mi piace, si è fidata subito di me fin da subito, mi è stata vicina e mi ha sostenuto. Inoltre mi ha salvato la vita, se non fosse per lei io non sarei qui. Non voglio perderla, non ora. Non sono pronto.
"Ho capito, Caster" mi dice lei sorridendo piano "spero solo che tu abbia ragione" e così dicendo si incammina a passo svelto sulla strada del ritorno. Io le sto dietro, pensando che per l'ennesima volta mi trovo d'accordo con lei. Anche io spero di aver ragione su Tyne.
  
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