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Autore: sakura_87    04/11/2008    2 recensioni
Questa piccola one-shot riprende il mito di Atalanta inserendo al posto dei personaggi mitologici, quelli potteriani. Non è il massimo, ma l'ho scritta di fretta per un contest scoperto all'ultimo momento! =)
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Draco/Hermione
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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VINCERE LA CORSA O LA VITA.

I lunghi boccoli castani ondeggiavano dietro la fanciulla, spinti un po’ dal vento, un po’ dalla corsa che lei stava intraprendendo. Quel cinghiale, che fuggiva davanti a lei, era consapevole di avere una prospettiva di vita ormai molto corta, ma stava ugualmente tentando di salvarsi. Anche per gli animali, come per gli uomini, valeva il detto “la speranza è l’ultima a morire”.
Ma la sua speranza finì dopo pochi minuti. Una piccola distrazione dell’animale gli valse una freccia piantata nel cuore. Tra la gente girava voce che la dea Diana cacciasse in quei boschi. Difatti spesso era stata vista una ragazza che vestiva, come la dea, una corta tunica e dei calzari identici a quelli che gli artisti rappresentavano ai piedi della divinità. E, a maggiore conferma della credenza popolare, sulla spalla destra della fanciulla era quasi sempre ben visibile una faretra piena di frecce, insieme a un arco molto ben elaborato. Ma nessuno era mai riuscito ad identificare chi fosse questa incarnazione della dea della caccia.
La ragazza, che avrà avuto all’incirca 17 anni, si avvicinò alla carcassa, ormai immobile, e dopo avergli legato le zampe, se la caricò in spalla e si diresse verso il castello, dove risiedeva il re dell’Arcadia.
Per prima cosa passò dalle cucine, lasciando alle mani esperte degli elfi cuochi la sua preda. Non vedeva l’ora di gustarla. Odiava dover far lavorare quelle creature, ma doveva ammettere che erano dei maestri nell’arte di preparare il cibo. E le erano molto riconoscenti per la prelibata selvaggina che lei ogni giorno portava loro da preparare per i pasti.
Dopo aver preso qualcosa da mangiare per riprendersi dalla fatica, si avviò verso la sua stanza, meditando di fare un lungo bagno caldo e rilassante.
- Hermione!
L’apostrofò quello, non appena lei varcò la porta dei suoi alloggi.
- Salve padre.
- Quante volte te lo dovrò ripetere? Non sta bene che una fanciulla, e per di più una principessa come te, si vesta con una corta tunica e vada a caccia nei boschi.
- Padre, e io quante volte devo ripetervelo che queste convenzioni mi fanno sentire in gabbia? Vi prego, lasciatemi libera di vivere la mia vita a modo mio.
Aveva calcato molto sulla ripetizione degli aggettivi possessivi. Ma lei era fatta così. Principessa di un regno che sarebbe passato un giorno nelle sue mani, non aveva il minimo spirito politico. Odiava tutto ciò che la teneva incatenata al castello, ogni sorta di cerimoniale, quando invece, il suo sogno era solo quello di poter essere trattata come una ragazza qualsiasi. Le piaceva cacciare, stare immersa nella natura, sentire la voce delle piante e degli animali.
Ma suo padre non perdeva occasione per rinfacciarle quando questo fosse poco consono. Secondo lui sarebbe dovuta rimanere nei suoi alloggi a tessere, come una perfetta matrona, ed uscire solo per delle passeggiate nei giardini del castello, accompagnata dalle ancelle. Questo si conveniva ad una principessa.
- Piccola mia, sei consapevole quanto me che ormai mi rimane poco da vivere. Devi iniziare a prendere in mano alcune questioni. Prima tra tutte quella del tuo matrimonio.
- IL MIO MATRIMONIO????
Lei urlò. Non le era minimamente passato per la testa che avrebbe dovuto affrontare quell’argomento così presto. Era vero che molte fanciulle, nel suo paese, si sposavano in giovane età. Anzi erano la maggioranza. Ma lei, essendo della famiglia reale, era sempre stata convinta di poter prendere la sua decisione con la dovuta calma del caso.
- Non mi sembra il caso di reagire a questo modo. Sai che per accedere al trono devi essere sposata. Sei una donna, e in quanto tale il regno non ti spetterebbe e corriamo il rischio che si scatenino delle guerre civili alla mia morte. Perciò ti chiedo di iniziare a pensare a quale, tra i tuoi molti pretendenti, sia quello che vorrai avere accanto a te per il resto della tua vita.
Detto questo, il re uscì, lasciando la figlia più che mai sbigottita all’idea di dover prendere marito. In fondo non era nemmeno maggiorenne ancora!
Il bagno caldo e rilassante che aveva in mente da quando era rientrata, in quel momento le sembrava la cosa migliore da fare per cercare di calmare i nervi. Litigare con suo padre non era mai una buona idea. Soprattutto perché ogni volta si ritrovava a sentirsi in colpa, anche quando era palesemente dalla parte della ragione. Lui aveva questo potere.
Così chiese alle ancelle di prepararle la vasca, e, mentre sentiva il rumore dell’acqua e i profumi degli oli e dei saponi, si avvicinò alla sua libreria personale per scegliere un libro da leggere mentre faceva il bagno.
Quello era un vizio, l’unico per la precisione, per cui ringraziava sempre di essere nata figlia del re e non di un qualsiasi popolano. Intendiamoci, amava passare del tempo a parlare con gli abitanti del suo popolo, ma non sopportava l’idea che quelli non sapessero leggere o scrivere.
Lei invece amava i libri, e aveva avuto la migliore istruzione che si poteva desiderare. Veniva presa spesso in giro dal suo precettore.
- Sei una ragazza fuori dal comune. Tutte sognano di essere principesse per poter vivere nel lusso sfrenato e non dover faticare. Mentre tu ami il tuo rango solo perché ti consente di leggere. Ormai sembra quasi che io sia diventato inutile!
Una volta scelto il tomo (un resoconto sulle ribellioni degli elfi domestici dagli albori fino al suo tempo), si spogliò e si immerse nella vasca, chiedendo alle ancelle di lasciarla sola. Avrebbe chiamato lei quando sarebbe stato il momento di avere un po’ di aiuto.
Non sopportava averle intorno. Non era nel suo stile farsi cospargere di profumi. Le davano fastidio. Ma loro insistevano, e l’unico modo per scamparla, ormai aveva imparato che era cacciarle dalla stanza da bagno e richiamarle solo quando fosse già asciutta e vestita.

Passarono alcuni giorni, e il padre della bella riccia non aveva perso mai nessuna occasione per ribadire alla figlia l’importanza che trovasse un uomo da sposare. Lui era malato, e i medici non gli davano molte speranze. Era fondamentale evitare il rischio che la sua morte avvenisse quando ancora non c’era un erede degno.
- E sia. Mi sposerò. - concesse lei alla fine, dopo averci ben riflettuto. – Ma ad un patto. – aggiunse.
- Quale, figlia mia?
- Che colui che mi avrà in sposa mi batta nella corsa.
Il padre inorridì.
- Ma non è assolutamente dignitoso! Sei una fanciulla, non puoi cimentarti negli sport da uomini.
- Questa è la mia condizione, padre.
Era testarda e risoluta. L’uomo sapeva che una volta presa la sua decisione era impossibile farle cambiare idea. E alla fine cedette.
- Va bene. Invierò un messaggio a tutti i tuoi pretendenti.
- Perché non un araldo in ogni città della Grecia?
- Sei pazza! Così tutti i regnanti assisteranno a questa perdita di dignità!
- No, padre mio. Sapete bene anche voi che nessuno può battermi quando corro.

In pochi giorni tutta la Grecia ascoltò il messaggio proveniente dal regno di Arcadia. Gli araldi recitavano ovunque queste parole:
Udite, udite, cittadini!
La principessa Hermione, figlia del re d’Arcadia, ha proposto una sfida verso tutti gli uomini che la vorranno chiedere in sposa. Solo chi riuscirà a batterla nell’arte della corsa, potrà avere diritto alla sua mano!
Questo messaggio fu recapitato anche in un piccolissimo regno, di cui quasi nessuno era a conoscenza, se non coloro che con esso confinavano. Qui era seduto sul trono il giovane Draco, appena incoronato dopo la morte del padre.
Alto, biondo, occhi di ghiaccio come la sua anima. Non aveva mai visto la principessa, ma era consapevole che il regno a cui avrebbe avuto diritto se fosse riuscito nell’impresa era molto grande. E questo gli faceva gola.
Era spietato, opportunista. Pensava esclusivamente al suo tornaconto personale.
Ed era talmente tronfio e sicuro di sé che decise di partecipare alla sfida convinto di vincere.
“Come potrà mai una semplice fanciulla vincere contro di me? Sono imbattibile in ogni pratica sportiva. Compresa quella da camera!”
Rise tra sé, e, chiamati gli elfi domestici, si fece preparare un oggetto che avrebbe potuto utilizzare come passaporta. Essere mago, oltre che re, era per lui una grandissima soddisfazione.

Arrivò il giorno in cui i pretendenti dovevano iniziare a sfidare la principessa.
Lei si ergeva, bellissima, all’inizio della pista da corsa, nello stadio. Rimasero tutti folgorati dalla sua persona, e furono ancora più stupiti quando lei decretò le regole per la gara.
- Chiunque voglia gareggiare con me deve essere ben conscio di ciò a cui andrà incontro. Di sicuro starete pensando tutti che sarà molto facile battermi nella corsa. E allora, dato che siete così sicuri, io decreto che coloro che non riusciranno nell’impressa perderanno la loro vita.
Mormorii diffusi saturarono l’aria dello stadio. Erano tutti increduli di fronte a una tale proposta. Alcuni aveva anche iniziato a nutrire seri dubbi sull’esito delle gare. Se la principessa aveva messo una posta così alta avrà dovuto pure avere le sue buone sicurezze!
Ma il primo a sfidarla, non si curò minimamente della cosa e si posizionò sulla linea di partenza.
- Ti do un po’ di vantaggio.
La voce di Hermione lo fece vacillare per un momento.
- Cosa? Non se ne parla. Non posso approfittare di voi. Siete solo una fanciulla, non mi sembra il caso di infierire a questo modo.
- Datemi retta, e partite. Io partirò poco dopo.
- Mia diletta, siete sicura di ciò che dite?
- Sono perfettamente conscia della situazione. Voi, messere, siete consapevole, invece, che in gioco c’è la vostra vita?
- Mia signora, lo so benissimo, ma sono altrettanto sicuro di non rischiare nulla. Non voglio sminuirvi, ma è naturale che noi uomini siamo migliori in certi ambiti.
- Partite, ora, e vi dimostrerò il contrario. Se siete così sicuro che vincereste anche partendo nello stesso momento non vedo dove sta il problema. A questo modo mi date solo la possibilità di dimostrare la veridicità o la falsità di una mia teoria. Accettate dunque, o devo immaginare che preferiate ritirarvi?
Sempre brava con le parole. Sapeva che punti colpire in un uomo. L’orgoglio prima di tutto.
- Non sia mai che mi ritiri. Potrei dare l’impressione di aver paura. E ciò non accadrà mai di fronte ad una donna. Nulla di personale, madamigella, solo puro orgoglio maschile.
- Partite allora!
Il giovane non se lo fece ripetere nuovamente e iniziò a correre.
La folla mormorava più di prima, ma ciò non stimolò la ragazza a partire. Rimase ferma finché non vide il suo avversario ormai a metà del tracciato della corsa. Solo allora si mosse. I suoi piedi sfioravano il suolo con una delicatezza da farla sembrare simile ad una dea. Era veloce, molto veloce.
Tutti gli uomini presenti impallidirono vedendola raggiungere in pochi istanti l’uomo che la precedeva, e superarlo dopo solo due secondi.
E ammutolirino definitivamente quando la videro prendere una freccia dorata e scagliarla contro di lui. Lei ferma sulla linea di arrivo. Lui ancora alcuni metri indietro. La vita lasciò quel corpo troppo orgoglioso per ammettere che una donna poteva batterlo.
E fu così con tutti i successivi sfidanti, che furono molti. Unica differenza era che non facevano più molte storie quando lei comunicava che avrebbe concesso loro un vantaggio. Anzi, lo accettavano di buon grado, sperando sempre che lei partisse un secondo troppo tardi per poterli raggiungere. Speranza che veniva immancabilmente stroncata quando lei prendeva la freccia dorata sulla linea di arrivo e la scagliava contro i loro cuori.

Passarono alcuni giorni, e nessuno era ancora riuscito a battere la ragazza.
Fu la mattina del quinto giorno che allo stadio arrivò Draco. Scese in campo, perfettamente consapevole di quello che era accaduto fino a quel momento. Dei messi regolarmente uscivano dalla città per portare le notizie nei regni dai quali provenivano i giovani rimasti vittime di Hermione, e lui ne aveva incontrati molti sulla strada, e quelli l’avevano aggiornato.
Era sicuro di riuscire laddove tutti avevano fallito. Credeva di avere un asso nella manica. La magia. Al riparo da occhi indiscreti fece un incantesimo sui suoi calzari, facendo in modo che fossero quelli a dargli la velocità necessaria a battere la fanciulla.
Non sapeva che era inutile e non avrebbe vinto comunque. Ma la dea Venere, consapevole di ciò, si avvicinò a lui.
Era un ragazzo aitante, con un fisico perfetto. E la dea non poteva permettere che una bellezza di quel genere finisse in modo tanto brutale. Perciò decise di aiutarlo.
- Draco.
- Dea Venere. Quale onore! A cosa devo la vostra visita?
Freddo, glaciale, come i suoi occhi. Neanche agli dei portava rispetto. E questo la diceva lunga.
- Mio caro ragazzo, non posso sopportare di vederti sconfitto da quella fanciulla. Perciò vengo in tuo aiuto.
- So badare a me stesso.
- No. Anche lei ha i suoi trucchi, e i tuoi non basteranno per vincere. Se ascolti me, invece, avrai salva la vita, e otterrai anche il regno che brami.
Il ragazzo soppesò l’offerta. In fondo non ci perdeva nulla. Se avesse utilizzato un trucchetto in più poteva solo essere un qualcosa a suo vantaggio.
- Cosa devo fare?
- Prendi queste mele. Ogni volta che la principessa sarà tanto vicina da poterti superare, lasciane cadere una. Vedrai che rimarrà ogni volta indietro per raccoglierle.
La dea porse al ragazzo dei pomi d’oro, poi sparì alla vista.
Il ragazzo entrò sulla pista da corsa e vide per la prima volta la principessa.
Era bellissima. Il sole la illuminava dando dei riflessi dorati ai suoi boccoli castani, e faceva risaltare le forme perfette del suo fisico.
Non seppe mai il motivo, ma si sentì completamente in suo potere. Doveva vincere assolutamente quella corsa perché quella creatura, solo con la sua presenza, gli aveva stregato il cuore.
“Ho avuto la mia piccola vendetta per come mi ha trattata,” pensava intanto Venere, mentre vedeva il ragazzo algido e freddo sciogliersi alla sola vista della principessa.
Hermione, dal canto suo, non credeva che tanta bellezza potesse esistere veramente. E sperò con tutto il cuore che lui potesse vincere la gara. Non voleva uccidere un essere così perfetto.
- Ti concedo il vantaggio, - gli disse, come aveva detto a tutti i precedenti sfidanti.
Lui la fissò annuendo, poi scattò in avanti ed iniziò a percorre il tracciato.
Come sempre, quando lui fu a metà del percorso, anche la fanciulla scattò. Stavolta ci mise più del solito a raggiungere la sua preda, ma comunque era a pochi passi da lui, finalmente, quando vide qualcosa di tondo e luccicante cadere a terra.
Non aveva mai amato comportarsi come conveniva alle ragazze, ma il vizio, tutto femminile, della curiosità era insito in lei come in qualsiasi altra donna. Per questo si fermò a raccogliere il pomo d’oro, per poi partire di nuovo all’inseguimento.
E la scena si ripeté altre due volte. Dopo l’ultima scattò nuovamente, ma si accorse che ormai il bel giovane era sulla linea d’arrivo.
Gli si affiancò e lo fissò negli occhi.
- Bene, mio signore. Avete vinto la gara, perciò siete degno di divenire mio sposo.

Erano passati ormai molti mesi da quel famoso giorno in cui Draco aveva vinto la corsa contro Hermione, e i due, felicemente sposati, sedevano nel giardino del castello del regno d’Arcadia.
- Ora puoi dirmelo piccola. Come diamine facevi a correre così veloce?
- Piccolo incantesimo di velocità sui calzari, caro.
- Anche io l’ho fatto, ma non è bastato.
- Mi sottovalutavi, mio signore, il tuo incantesimo era molto leggero!
Sorrise e si sporse verso di lui per baciarlo.
E pensavano entrambi che avrebbero voluto continuare a vivere così, per sempre felici e contenti.
  
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