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Autore: PaleMagnolia    05/11/2008    5 recensioni
Avete presente la femme fatale degli anni Cinquanta - Marilyn, l'elegantissima Grace Kelly, Veronica Lake? Con biondi capelli sempre in ordine, classe e fascino da vendere, labbra color del corallo, e bellissimi abiti da sera?
Ecco, Evelyn Cleve non ci assomiglia neanche un po'. Ma non perché non ci provi, sia chiaro: anzi, le piacerebbe tanto, ma tanto tanto tanto, essere una di loro... Ma, ehi!, voi avete mai provato a essere impeccabili, quando un gatto vi osserva (appollaiato in cima al mobiletto del bagno come un piccolo avvoltoio peloso) mentre vi infilate le calze, la vostra migliore amica è in pieno delirio amoroso, vi sospira nelle orecchie tutto il giorno e mangia solo mele, e la vostra vecchia zia vi rimpinza di focaccine sciroppose?!
Io non so, ma Evelyn assicura che non è facile... No, non è facile neanche un po'! Seguite Eve Cleve attraverso (letteralmente) sandwiches con il tonno (e la maionese, e le cipolline), gatti mangia-calze, pasticcio di rognone e amiche logorroiche: ne vedrete delle belle, e soprattutto assaggerete un po' di tutto.
Genere: Commedia, Demenziale, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Millenovecentocinquantatré' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Mi spiace se farò parlare il professore come il cadetto più scemo delle Sturmtruppen, ma non ho particolare dimestichezza col tedesco. E poi, non deve risultare un personaggio serio: sarebbe l'unico del racconto!
Le torte sono invece state assaggiate da me personalmente a Monaco: e la mia bava ricopre ancora, probabilmente, i tavoli di legno della pasticceria bavarese.

kiara_chan: non so da dove venisse originariamente l'espressione ("Bello bello bello..." Anzi. "Brutto brutto brutto"): la uso nel parlato da così tanto tempo che non mi ricordo più a chi l'ho plagiata. Considerando però che Aldo, Giovanni e Giacomo mi piacciono un sacco, è mooolto probabile che i plagiati siano loro! XD (Ah! Aldo-Hubert!)

Mi scuso fin d'ora per lo spudoratissimo plagio di Sensualità A Corte, omaggio ad una mia amica e ad una battuta ormai storica fra noi, che vi sfido ad individuare.

P.S: sarò brava? Ora vi inserisco anche i giochini multimediali nella storia: "Trova La Battuta Di Jean-Claude" e "Indovina Il Ciclista Misterioso". Nel prossimo capitolo, "Realizza A Casa Tua Lo Stinco Arrosto Con Patate" e "Costruisci Il Tuo Vestito Per Il Ballo Con Il Semplice Modello Di Carta Scaricabile Da EFP".

Evelyn trotterellò senza entusiasmo dietro a Merry, che invece saltellava come un capriolo

Evelyn trotterellò senza entusiasmo dietro a Merry, che invece saltellava come un capriolo.

“Su, su, muoviti, Fritz sarà già là che mi aspetta”, gorgheggiò a Evelyn. I cui presentimenti si fecero ancora più lugubri.

Un gatto nero attraversò loro la strada.

“Yipe!”, gridò Evelyn.

Il gatto scappò.

“Che c’è?”, domandò Merry, che probabilmente, il gatto, l’aveva visto rosa. Cioè. Rosa come tutto il resto.

“Niente”, mugugnò Evelyn, sempre più mogia.

A un tratto, Merry si alzò sulla punta delle scarpette e agitò la mano.

“Frieeee-deriiich!”, trillò, la voce in falsetto.

Quando pronunciò la ‘i’, un paio di pipistrelli persero il senso dell’orientamento e cozzarono l’uno contro l’altro, con suono di ombrello che si apre.

Un uomo in fondo alla strada rispose timidamente con la mano al saluto. Evelyn poteva vadere, anche a quella distanza, la sua faccia illuminarsi come un semaforo.

Un semaforo rosso.

“Mar-rey Rose”, chiamò, con voce straordinariamente gradevole, nonostante l’accento teutonico.

Merry corse da lui sulle punte dei piedi.

Evelyn si chiese se toccasse terra, fra un balzello e l’altro.

Immaginò che l’amica facesse una piroetta, appena prima di fermarsi.

Le scappò un risolino.

“Questa è la mia amica Evelyn Cleve”, stava intanto spiegando Merry, una mano sul braccio del professore.

Il quale piegava la testa e la guardava con l’aria di Colombo quando scoprì l’America… O per lo meno, l'avrebbe guardata con l'aria di Colombo quando scoprì l'America, se solo Colombo si fosse reso conto di avere scoperto l’America.

Intendo, quando Colombo la scoprì. Cioè non la scoprì, nel senso che non...

Ma sto divagando di nuovo.

“È un crande piacere ko-noscerla, Miss Cleve”, disse l’uomo, guardandola con gentilezza da dietro le lenti. Sembrava pensare che Evelyn, per il solo fatto di essere amica di Merry, avesse una sorta di essenza sovrannaturale nascosta, e la osservava con curiosità.

“Guarda, amico Fritz, tu sembri una brava personcina. Non molto sveglio, ma una brava personcina. Ma se pensi che, per il fatto di essere sua amica, sia segretamente una modella sexy magra ed elegante come lei, caschi male, fratello”, disse Evelyn… O meglio, avrebbe detto Evelyn, se fosse nata cinquant’anni dopo, nel Bronx, figlia di un poliziotto corrotto e di una casalinga alcolizzata.

Però Evelyn era una ragazzina beneducata del millenovecentocinquantatrè, figlia di un ferroviere con la passione per il giardinaggio e di una cuoca provetta. “Piacere mio, Mr... Mr.--”, disse dunque, guardando supplichevole Merry. Non aveva idea di quale fosse il suo cognome. Ma Merry pareva impegnata ad adorare i bottoni del cappotto di lui. Evelyn le allungò una gomitata.

“…Mr…” ripetè, guardandola con intenzione.

“Che c’è?”, chiese Merry, leggermente stizzita per essere stata interrotta nelle sue pratiche devozionali. “Oh”, fece, in ritardo “Che sciocca. Evelyn, questi è il professor Friederich Schrödinger”.

Indicò il professore con una curiosa danza del polso. Evelyn si chiese se avrebbe fatto anche  la riverenza.

“Il piacere è mio, Mr. Scr… SchrSschSacharsch..." Risucchiò la saliva in eccesso. "Professore”, esalò, infine.

Nonostante l’espressione da cucciolo di cane quando guardava Merry, e il cognome impronunciabile, le stava simpatico.

Un po’ magro, ma simpatico.

“La preco, sig-norina Cleve, mi chiami Friederich”

“Friederich, allora. E lei mi chiami Evelyn, per favore”, concordò Evelyn. Non senza qualche difficoltà.

Ritenendo di avere assolto ai suoi doveri nella conversazione, Merry ricominciò a fissarlo devota.

“Ehm… Mi dica, Friederich, che cosa si mangia in Germania di buono?”, disse Evelyn, nel tentativo di rompere il silenzio imbarazzante.

(Non le veniva in mente altro. Mica poteva mettersi a parlare di politica internazionale con un profugo del nazismo.

E poi, aveva un vago ricordo di strudel e ciambelle salate… Come diavolo si chiamavano…?)

Il silenzio, in effetti, era imbarazzante principalmente per lei, dato che i due non parevano accorgersi di appartenere ad un mondo civile, e tantomeno che Evelyn fosse ancora tra loro.

Il professore si riscosse dalla sua estasi religiosa e, con un certo sforzo, riuscì a mettere a fuoco Evelyn. La guardò con espressione vacua, poi nei suoi occhi passò un lampo di riconoscimento. Probabilmente dovuto al fatto che gli era stata presentata un minuto e mezzo prima.

“Oh, ma certo, Efelyn. In Cermania si manciano tante patate e anche tanti wurstel. A Munich, da dofe fengo io, fanno i pretzel, e…”

Pretzel! Ecco come si chiamavano.

Hmmm. Pretzel.

“… Tanti piatti di carne. Personalmente aprezzo partic-larmente lo stinco arosto con una pella insalata di patate e pancetta, e…”

Patate e pancetta! Sì, il professore era decisamente simpatico.

“… Senza dimenticare, naturalmente, i dolci tipici tella mia zona. Io fato matto per torta di sciokolade coperta di panna e lamponi tentro la celatina, per non parlare dell’haselnusstorte, la torta con le nociole, e le fritelle di mele…”

Evelyn cominciò a capire perché a Merry piacesse tanto. Cominciò anche a sbavare.

Hmmm. Torta di cioccolato coi lamponi. Doppio hmmm.

In quel momento, proprio quando Evelyn cominciava a divertirsi, si sentì, in lontananza il tintinnio di una campanella. Merry, Evelyn e il professore si voltarono verso il punto da cui proveniva il suono.

Una bicicletta, la stessa che Evelyn aveva visto quella mattina, stava risalendo la strada. A bordo, il ragazzo dai capelli scuri, il viso avvolto in una sciarpa di lana a righe.

“Mer-ryyy!”, chiamò una voce familiare.

Merry si girò verso il professore, che la guardava… E che teneva la mascella attaccata al resto del viso per pura forza di volontà.

“Beh, io devo andare. A quanto pare, qualcuno mi è venuto a prendere.”

Sembrava a disagio, ma non sorpresa. Evelyn la guardò malissimo.

“Uhm… Allora, a domani, Evelyn. Friederich”, disse, a mo’ di saluto.

“Dai, Merry, muoviti”, disse il ragazzo, che nel frattempo aveva raggiunto il trio e sembrava impaziente. Mentre Merry prendeva posto sul manubrio, il giovane si scostò la sciarpa e fece un cenno di saluto verso il professore.

“Salve, Miss Cleve”, fece poi rivolto a Evelyn, con un sorriso.

Detto questo, salutò entrambi con un allegro cenno della mano e si allontanò pedalando, con Merry appollaiata davanti a lui.

Evelyn lo guardò a bocca aperta, sconvolta.

Era Damian McIntire.

 

  
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