Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: StarFighter    09/12/2014    6 recensioni
Un anno di Frozen. Un anno di intossicanti fanfiction e superbe fanart, che hanno scatenato le nostre fantasie. Un anno per decidere quale coppia shippare e se fosse giusto o meno shipparla. Un anno di questo fandom pieno di talento.
E quale modo migliore di festeggiare quest'anno d'intensa attività creativa, se non scrivendo qualcosa sulla mia otp preferita?
Per chi mi conosce, sa che quei due idioti di Anna e Kristoff (Kristanna per gli amici) mi sono entrati dentro e ad un anno di distanza, non sembrano intenzionati a voler togliere ancora le tende dalla mia mente. Per questo, carissime/i adepte/i Kristanna (per quei pochi rimasti) beccatevi questa carrellata di one-shot ispirate ad headcanon trovati in giro per la rete, che vanno dal fluff allo steam(che sarebbe un qualcosina in meno dello smut, per chi bazzica ff.net).
Detto questo, vi auguro buona lettura!
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Capitolo 1- First Impressions: “Ora chiudi la bocca e dormi, principessa. L’alba è vicina, ci aspetta una lunga e faticosa marcia e non ho intenzione di trascinarti incosciente su per la montagna.”
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Kristoff, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Headcanon: Anna’s hands getting blisters, because she insisted on learning to chop firewood, and Kristoff’s fingers putting medicine on the torn skin very carefully.

 

                                        -Warm hands on a torn heart-

 

«Cosa, della frase, non toccare nulla, non hai capito?» la stava rimproverano Kristoff, con sguardo severo.

«Volevo solo essere d’aiuto.» s’impuntò lei, mettendo il muso, calciando un ciocco di legno con il piede.

«Non mi sei d’aiuto, se continui a farti male!»

Kristoff l’aveva portata con sé a tagliare legna. D’inverno, quando il ghiaccio non era di nessuna utilità, per ovvi motivi, lui e gli altri tagliatori s’impegnavano in altri lavori stagionali, per poi tornare alla loro principale attività in primavera. Quell’inverno, Elsa aveva assunto Kristoff e altri tre tagliatori, come taglia legna per il castello. Per riscaldare le enormi stanze, serviva una quantità immensa di legna: Anna temeva che a lungo andare, le foreste attorno ad Arendelle potessero rimanere senza alberi, tanto grande era il numero di quelli che venivano tagliati.

Quando erano arrivati nel luogo stabilito, avevano lasciato Sven e la slitta sul sentiero e avevano proseguito a piedi nella boscaglia, per alcuni minuti: «Perché proprio qui?» gli aveva chiesto, sinceramente incuriosita.

Kristoff le aveva spiegato che, per evitare il veloce disboscamento delle foreste del regno, i taglia legna sceglievano zone a rotazione, per non tagliare troppi alberi in un solo punto. Poi Anna gli aveva chiesto altre cose, a cui lui aveva risposto con entusiasmo, finché le domande non erano diventate troppe e lui aveva sbuffato: «Davvero, non sai nulla di queste cose?»

«Ehi, se te lo fossi dimenticato, sono rimasta chiusa per un bel po’ nel castello.» aveva borbottato lei, sedendosi su un tronco tagliato, incrociando le braccia al petto con fare offeso.

«Scusa.» aveva esitato Kristoff, facendo un passo nella sua direzione «Devo ancora abituarmi a tutto questo…parlare.»

«No, sono io a dovermi scusare. Ti sto solo distraendo dal tuo lavoro.» si era affrettata a dire lei, stampandosi un sorriso in faccia, per decretare chiusa la faccenda. Lui aveva solo annuito, sovrappensiero.

Poi, la conversazione era andata scemando nel giro di pochi minuti. Il passare del tempo, scandito dai colpi dell’ascia di Kristoff, che calava ritmicamente sul tronco degli alberi.

Anna lo aveva osservato senza realmente guardare quello che stava facendo, persa nei suoi pensieri: da qualche tempo il loro rapporto era diventato un insieme di sguardi imbarazzati e frasi mezze dette, come se ci fosse qualcosa che bloccasse entrambi. Alcune volte, sembrava quasi che Kristoff fosse restio persino ad abbracciarla, e non riusciva a capirne il perché: invece di avvicinarsi, sembrava che le distanze fra loro cominciassero a dilatarsi sempre di più. E questo la atterriva, letteralmente. Prima di Kristoff, la sua vita era stata triste e spenta, e nonostante le circostanze in cui s’erano conosciuti non erano state delle migliori, fin dall’inizio aveva sentito che qualcosa li accomunava, un legame forte e silenzioso che li legava.

Da quando la loro amicizia era diventata qualcosa di più, a cui ancora non erano riusciti a dare un nome, temeva che sarebbe arrivato il giorno, in cui lui si sarebbe stufato di lei, della sua inutilità, della sua inettitudine nel fare le cose più banali, della sua imbranataggine, e se ne sarebbe tornato alla sua vita, lontano da lei. E questo, la spaventava come mai nulla nella sua vita: quando era rimasta senza cavallo nel bel mezzo della foresta, con la neve che le arrivava alle ginocchia, non aveva avuto paura; quando aveva affrontato, con una palla di neve, un mostro alto come una delle torri del castello, non aveva provato spavento; quando si era lanciata giù da una rupe alta sessanta metri, non aveva esitato, e non aveva temuto, nemmeno per un momento, per la sua vita.

Invece, se si fermava a pensare alla sua vita senza di lui, alla sua vita prima di lui, il respiro le si bloccava in gola e il cuore si fermava, oscurando tutti i suoi sensi.

Spesso si chiedeva, cosa avrebbe fatto se quello che temeva si fosse avverato. Non aveva ancora trovato una risposta, aborrendo con tutta se stessa l’idea di perderlo per davvero.

«…torno subito.» le aveva detto all’improvviso.

«Cosa?» era saltata sull’attenti, ignorando la prima parte della frase.

«Dicevo, ho dimenticato le corde nella slitta, vado a prenderle e torno subito.»

«Oh…okay. Io sono qui che aspetto.» gli aveva sorriso debolmente, pensando che l’avrebbe lasciata lì, nel bel mezzo del bosco, facendo avverare tutti i suoi pensieri negativi.

Kristoff l’aveva scrutata per alcuni secondi:«Stai bene?» le aveva chiesto preoccupato.

«Ma certo…bene, benissimo.» aveva risposto in uno squittio, sventolando la mano.

«Sicura?»

«Si, va pure.»

«D’accordo, torno presto, non toccare nulla. Potresti farti male. Intesi?» le aveva chiesto con tono serio.

Lei aveva annuito semplicemente e poi lui era scomparso fra gli alberi, lasciandola in compagnia di un’ascia, una sega e un bel po’ di alberi. Aveva sentito i suoi passi allontanarsi, ancora per un minuto e poi nulla.

Era rimasta ferma, seduta sul tronco a fischiettare, per riempire il silenzio assordante del bosco. Poi, quando il suo sguardo si era posato di nuovo sugli attrezzi da lavoro di Kristoff, abbandonati nella neve, un’idea l’aveva folgorata, facendola saltare in piedi.

Avrebbe dimostrato a se stessa e a Kristoff, che poteva essere d’aiuto, che oltre a saper inciampare sui suoi stessi passi, era brava anche a fare altro…come tagliare la legna. Per poco non aveva perso l’equilibrio, quando aveva preso l’ascia e l’aveva alzata sulla testa, prima di calarla di netto su un tronco ancora intatto. Il suo colpo, aveva lasciato una scalfittura a malapena visibile, ma non si era data per vinta: si era sbarazzata  dei guanti caldi, li aveva gettati ai suoi piedi e afferrando più saldamente il manico dell’ascia, l’aveva calata di nuovo sul legno. Era andata avanti per almeno un minuto, facendo sempre più fatica ad alzare il pesante attrezzo, colpendo il tronco altre sette volte, finché un piccolo triangolino di legno era saltato via, sotto i colpi dell’ascia.

Aveva esultato, saltellando nella neve, ma solo per un secondo e poi aveva ripreso a tagliare. Le mani avevano molto presto cominciato a sudare, nonostante il freddo pungente, allentando la sua presa sul manico dell’ascia. Quando si era fermata a riprendere fiato, aveva notato delle piccole macchioline rosse, che le ricoprivano i palmi delle mani, ma non vi aveva prestato molta attenzione e aveva ripreso il suo lavoro.

«Anna, ma che…» finchè Kristoff era tornato, sorprendendola a fare proprio quello che le aveva intimato di non fare. Anna era rimasta con l’ascia sospesa a mezz’aria, e si erano guardati negli occhi, per interi imbarazzanti secondi.

«Non è come sembra!» aveva esclamato lei, lasciando cadere l’ascia nella neve e alzando le mani in segno di resa.

Un sorriso divertito, si era fatto prepotentemente strada sulle labbra di Kristoff, facendo rilassare anche Anna, fino a quando gli occhi del ragazzo si erano posati sulle mani della principessa, ancora alzate in bella vista. Il suo sguardo si era oscurato e il sorriso era scomparso con la stessa rapidità con cui era apparso, trasformandosi in un’espressione grave: «Cosa ti sei fatta?» le aveva chiesto avvicinandosi a lei.

«Di che parli?»

«Di questo.» le aveva risposto, prendendo una delle sue piccole mani e voltando il palmo verso l’alto.

«Ah, queste. In realtà non so nemmeno cosa siano.» gli aveva sorriso.

«Sono vesciche, Anna. Entro sera si gonfieranno, e faranno così male, che vorrai tagliarti le mani.» le aveva spiegato, con tono duro.

«Ah, bene.» era riuscita solo a dire, poi scrollando le spalle aveva aggiunto: «Sai che ti dico, non è niente, non fanno male.»

«Mi perdoni, vero?» le aveva chiesto, sospirando.

«Per cos…» non aveva completato la frase, che Kristoff le aveva premuto un dito al centro del palmo arrossato «Ouch!» aveva esclamato, colta alla sprovvista dall’improvviso dolore che le si irradiava da quelle macchioline.

«Questo, è per non avermi dato ascolto. Vieni, cerchiamo di riparare al danno.» le aveva detto serio, raccogliendo i suoi attrezzi e riconducendola verso la slitta.

Ed ora, lei sedeva sul vagone della slitta, con le gambe penzoloni, mentre lui rovistava concentrato tra le sue cose, alla ricerca di qualcosa. Sven li osservava curioso, masticando una carota.

«Finalmente.» esclamò, tirando fuori un piccolo vasetto opaco. Poi, senza aggiungere nulla, si sedette accanto a lei, aprì il vasetto e con un dito ne cacciò una poltiglia verdastra. Le prese gentilmente una mano e le spalmò il composto sul palmo della mano, dove le macchioline rosse avevano cominciato a prendere la forma di piccole bollicine.

«Cos’è, una medicina?» gli chiese, arricciando il naso all’odore penetrante di quella roba.

«Non la chiamerei propriamente medicina.» aveva la fronte corrucciata, segno che l’arrabbiatura per la sua disubbidienza, non gli era ancora passata del tutto «È un rimedio per graffi e ferite che mi ha dato Bulda, sai intrugli da troll. L’odore non è piacevole, ma fidati, il dolore passerà entro domattina.» le spiegò brevemente, mentre cominciava a spalmarglielo anche sull’altra mano.

Anna lo osservava in silenzio, rapita dalla delicatezza con cui le sue mani si muovevano sulla sua pelle arrossata, quasi con fare reverenziale. Aveva visto in azione la forza di quelle mani ruvide, capaci di spaccare blocchi di ghiaccio alti quanto lei e sollevare enormi pesi, ma per qualche strana ragione, quando quelle stesse mani si posavano su di lei, erano di una gentilezza snervante. Le sfiorava il viso, come fosse fatta di porcellana, come se da un momento all’altro potesse andare in pezzi; le teneva le mani, senza mai stringerle troppo. E a lei piaceva tutta quella dolcezza, sicuro, l’aveva sognata per una vita intera, ma negli ultimi tempi si era ritrovata a pensare a come sarebbe stato sentire quelle mani calde, stringere un po’ di più, alla sensazione di sentirle scivolare dal viso, giù per il collo, carezzarle le spalle, fino a fermarsi sul suo cuore, per poi stringerla in un abbraccio che avrebbe annullato ogni distanza tra loro e…aspetta che?!

Si era distratta, e i suoi pensieri avevano preso la strada sbagliata. Kristoff intanto, aveva finito di medicarle le mani e gliele stava fasciando con delle garze bianche.

«Vedrai, non rimarrà alcun segno.» disse, completando il lavoro, tenendo le sue manine in una delle sue.

«G-grazie.» farfugliò lei.

«Di nulla, furia scatenata.» rispose sovrappensiero, riponendo le sue cose in una sacca, senza guardarla.

«E scusa.» si affrettò a dire «Non avrei dovuto fare di testa mia, non volevo farti arrabbiare. Volevo solo dimostrati che posso aiutarti, che posso essere più di questo…» si indicò con le mani fasciate «…insieme di goffaggine e sconsideratezza.» lo guardò interrompere quello che stava facendo e girarsi lentamente verso di lei, con un’espressione stranita in faccia «Lo so, è stupido ma…»

«Credi mi sia arrabbiato perché hai provato a tagliare un albero?» la interruppe, sedendosi accanto a lei, fissando le impronte che avevano lasciato nella neve, al loro ritorno.

«No?»

«No.»

«E allora perché?»

«Perché quelle vesciche avrebbero potuto essere tagli, o ancora peggio ferite.» proruppe «Perché se ti fosse accaduto qualcosa mentre eri con me, non me ne sarei dato pace. N-non sopporto l’idea che tu possa provare altro dolore, per colpa mia o per una mia disattenzione…»

Anna sgranò gli occhi a quell’affermazione, ma nessuno dei due disse nulla, e rimasero a contemplare una le proprie mani e l’altro i propri piedi, mentre il ruminare di Sven rompeva il silenzio.

C’era solo una cosa, da poter dire in quel preciso istante, ma non era pronta a dirla. Era una cosa troppo importante.

Poi si voltò completamente verso di lui, e lo abbracciò di slancio, dimenticandosi del formicolio nelle mani, senza dire una parola. Caddero entrambi all’indietro, finendo stesi nel vagone della slitta, con lei distesa per metà al suo fianco e per metà su di lui, con le braccia allacciate al suo collo.

Kristoff la strinse per riflesso e si voltò a guardarla: aveva gli occhi lucidi e luminosi, e un lieve sorriso sulle labbra. Lei lo guardò dritto negli occhi, per pochi secondi, e poi nascose il viso sulla sua spalla, rossa per l’imbarazzo. 

Non ci fu bisogno di dire nulla perché, per quanto Anna si sforzasse di trovare le parole adatte e Kristoff lottasse con tutta la sua volontà per riuscire ad esprimerle, in quel momento non servivano più parole di quante non ne fossero già state dette. I gesti avevano parlato per loro, e Anna si rese conto, in quel momento, di quanto le sue paure fossero stupide e prive di fondamento, di come i gesti attenti e delicati delle mani calde di Kristoff avessero medicato non solo le sue mani, ma anche rattoppato gli strappi dolenti del suo cuore.

 

 

 

 

 

NdA: perdonate l’infinito ritardo, ma non è propriamente un periodo felice per me. Ma questo non ha a che fare con la raccolta, quindi vedrò di portarla ugualmente a termine :) Questa shot non mi soddisfa (blame it on my black mood!) a parte qualche frase qui e lì, che mi sa troppo di Nicholas Sparks, ma scrivere roba di una fluffosità diabetica mi aiuta a scacciare i mostri della vita reale  e a rendere quest’ultima un po’ meno pesante per la sottoscritta XD Comunque non resto qui a tediarvi ancora per molto, volevo solo ringraziare quelle meravigliose 9 persone che hanno inserito la ff tra le loro preferite, nonostante la pessima capacità dell’autrice di mantenere le promesse. Ah e volevo ricordarvi che il silenzio è d’oro, ma la parola è d’argento…e io amo l’argento! *leggetelo come un invito a lasciare feedback* ^.^ Okay, scleri a parte, spero che vi sia piaciuta e di sentirvi numerose ;) 

See you next time, snowflakes!

   
 
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