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Autore: zippo    05/11/2008    3 recensioni
Rebecca era solo una ragazza del liceo quando, ricevendo la visita di un bellissimo ragazzo, scopre di essere un angelo. Le sue radici, la sua storia e la sua stessa anima appartengono ad un altro mondo, ben diverso dal nostro, dove magia e creature mitologiche vivono indisturbate in armonia con i loro abitanti. Rebecca, sotto la protezione del suo maestro, dovrà essere iniziata all’arte della guerra e alla pratica della magia dato che in quello stesso pianeta così perfetto e tranquillo un altro angelo minaccia la sua distruzione. Una storia interessante basata sull’amore, sul coraggio e sul Bene.
Il primo capito della saga: IL BENE
"L'eroe non è colui che non cade mai ma colui che una volta caduto trova il coraggio di rialzarsi" Jim Morrison
Genere: Romantico, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap. 25 - IL LUSSO DI UN RESPIRO -

[Spazi vuoti…per cosa stiamo vivendo?
Luoghi abbandonati…suppongo che noi conosciamo il risultato.
Senza sosta, qualcuno sa cosa stiamo cercando?

Un altro eroe…]

Queen - The show must go on -



***



Non c’era tempo. Rebecca lo sapeva. Poteva persino sentire il ticchettio dei secondi che passavano. Avvenne tutto a rallentatore, il tempo che ci voleva per aprire una porta parve essere interminabile. Il cuore che batte irregolarmente, il respiro che si blocca, il corpo che suda e trema. Le mani scivolose e la gola secca. Pensieri su pensieri che annebbiano il tuo cervello. Flashback, ricordi, lettere, cartoline, messaggi, baci, carezze, risate…tutto sembrava distante, appartenente ad un’altra vita. Rebecca credette di aver sentito una lacrima solcarle le guance ma subito scacciò il pensiero. Non era in vena di piangere e per nulla al mondo sarebbe entrata nella sala con la faccia bagnata di lacrime. Eppure le lacrime erano lì, impazienti di uscire.

La ragazza chiuse per un attimo gli occhi, respirò a fondo, come se quello fosse stato il suo ultimo respiro prima di andare in apnea. Quando gli riaprì, i suoi occhi, erano duri, freddi, imperscrutabili. Le lacrime erano scomparse, il cuore batteva lento e il respiro era regolare se non assente.

La scena che prima andava a rallentatore ritornò ad essere normale e in tre secondi Rebecca aprì il portone. Dovette mettere a fuoco la stanza strizzando gli occhi, tanto era buia. Il gioco di luci e ombre sembrava fatto apposta per disorientare le persone. Fortuna volle che Rebecca rimanesse immune a certe debolezze umane. I suoi sensi erano sviluppati all’inverosimile e non si fece intimidire, proseguì con passo deciso non appena riacquistò padronanza e mise a fuoco la stanza. Vide che Mortimer era comodamente seduto sul suo trono, forse aveva voglia di farsi una bella chiacchierata a quattr’occhi prima di ucciderla.

O almeno, tentare di ucciderla. Non era detto che doveva per forza morire lei.

Non sapeva cosa dire. Cosa si diceva al mostro che voleva farti a pezzi? Così, tanto per incutere timore con delle battute? Non le venne in mente niente e rimase zitta, la mascella contratta per lo sforzo e la tensione. Rimase all’erta, non avanzò di un passo ma rimase di fianco al portone a debita distanza. Lo scrutava con i suoi occhi color cioccolato, in netto contrasto con quelli rossi di lui.

Balzò indietro con un salto non appena vide Mortimer muovere una mano verso di lei. La sua schiena si schiacciò contro il portone, il volto tirato per la concentrazione. Rilassò i muscoli e ricominciò a respirare quando notò che Mortimer, con quel suo ghigno beffardo, bruscava nelle sue tasche. Le si mozzò il fiato in gola quando notò che tirò fuori dal mantello il pugnale dei suoi genitori.

Della sua famiglia.

La sua adorata famiglia.

“Cosa ci fa il mio pugnale nelle tue mani?” ruggì a denti stretti, mentre la rabbia cominciava ad invadere tutto il corpo.

Mortimer parve accigliato ma fu una sfumatura minima sul suo volto di pietra. “È tuo?! O…è mio?”

Rebecca si mise in posizione di attacco. “È mio! Come hai osato rubarmelo?! Non ti appartiene, appartiene a me, alla mia famiglia!” sputò tutto d’un fiato.

Rebecca giurò di aver visto Mortimer impallidire. “Impossibile” sussurrò con voce atona.

Rebecca ringhiò e sfoderò la sua spada, con tutta l’intenzione, una volta ucciso Mortimer, di riprendersi il pugnale di suo padre.

Mortimer, più strano che mai, vacillò e con uno scatto si alzò in piedi disfandosi del mantello che fece cadere pesantemente a terra. Indossava un’uniforme nera, semplice e inquietante al tempo stesso. Le braccia erano nude e scoperte, il cuore della ragazza mancò di un battito quando vide la combinazione di nei che formavano una croce, uguale alla sua, nello stesso punto del braccio sinistro.

Proprio sotto la spalla, come lei.

Cercò di non preoccuparsene, non significava nulla. Dopotutto, tutti gli angeli avevano la pelle marchiata da una croce benedetta, che fosse sottoforma di nei, di piaghe, di voglie o di macchie. Ma la croce che Mortimer portava in corpo era un qualcosa di vivo e famigliare. Rebecca aveva visto mille volte la croce di Gabriel, una voglia color rubino sotto l’ombelico, ma mai le aveva suscitato come ora un senso di calore e appartenenza.

Darth Threat puntò i suoi occhi rossi sulla croce di nei che aveva nel braccio sinistro. Ammirò con curiosità lo sguardo che la ragazza aveva su di lui. Come attratto dalla bramosia di sapere guardò a sua volta le braccia nude di Rebecca. Vide che anche lei aveva la stessa sequenza di nei.

Rebecca, frastornata e confusa, decise di farsi avanti prima che fosse troppo tardi e il coraggio le venisse meno. Non voleva sapere né vedere altro, altrimenti la missione sarebbe diventata troppo difficile da compiere. Doveva sbrigarsi ad ucciderlo, prima che potesse scoprire altre verità.

Mortimer gettò il pugnale sul cuscinetto morbido del trono, questo rimbalzò nell’imbottitura e poi si adagiò. Prese e tenne tra le mani la sua spada, il suo volto non esprimeva nessun tipo di emozione. Era davvero degno di essere un signore delle tenebre, non perdeva mai le staffe, il suo sguardo aveva la capacità di pietrificarti e la sua voce era una lama tagliente che ti squarciava la gola. Il suo viso freddo, duro e penetrante marcava il fatto che in lui non battesse nessun cuore. Il suo cuore si era fermato, così come la capacità di provare sentimenti. Nessun tipo di emozione poteva coinvolgerlo a tal punto da renderlo vulnerabile. In questo, Rebecca, ne provava invidia.

“È un vero peccato che tu non sia passata dalla parte del Male” le disse Mortimer con voce incolore. “Pensaci. Io e te. Al potere. Sentire come il tuo corpo ceda alle tenebre, lasciarsi sopraffare dagli istinti, dal potere, dalla bramosa consapevolezza di essere al di sopra di tutti. Dimmi Rebecca, prima che io ti uccida, non ti piacerebbe sentirti così? Indomata, forte, selvaggia, indistruttibile e immune alle sofferenze umane. Immaginati una vita ricca di soddisfazioni e di vittorie”

Rebecca non si era accorta di aver indietreggiato. Vacillò e il suo tono di voce non risultò così sicuro. “Non potrei mai. Io non sono come te”

Il sopraciglio di Mortimer si inarcò. “Ne sei sicura?”

Gli occhi della ragazza si spalancarono a dismisura. Avvertì dei brividi di piacere al pensiero di poter essere come Mortimer: invincibile e potente. Dei tremiti le percorsero tutto il corpo, quasi volessero invitarla ad unirsi a lui. Qualcosa di invisibile e incorruttibile la legava a Darth Threat, qualcosa di antico e di molto pericoloso.

Si ricordò improvvisamente del sogno che aveva fatto la notte precedente, nella sua mente si proiettò l’immagine di lei, bianca, con gli occhi rossi, il cuore che non batteva e i denti scoperti in un ringhio silenzioso. In quel momento non le parve di ricordare un sogno, piuttosto le sembrò di assistere ad una premonizione.

Si spaventò a morte e la spada le scivolò dalle mani.

Il ghigno compiaciuto di Mortimer echeggiò nella sala buia e silenziosa.

Una premonizione. Poteva avverarsi una cosa come quella nel suo futuro?

Non era più sicura di niente.

Con un gesto disperato (bisognosa di farla finita) prese la spada da terra e puntò la lama contro Mortimer. Darth Threat parve sul momento deluso ma poi un lampo di eccitazione gli pervase gli occhi.

Che la morte decida una volta per tutte chi prendersi tra noi due.



***



Gabriel si voltò e con un sorriso beffardo guardò Atreius davanti a lui. Il ragazzo non era cambiato per nulla, aveva sempre quell’odioso ghigno stampato in faccia che Gabriel avrebbe tanto voluto far andar via a suon di botte.

“Guarda un po’ chi è uscito dal suo ovetto” lo canzonò Gabriel con l’intenzione di ferirlo.

Atreius sorrise sbuffando. “Sei sempre stato molto simpatico Gabriel, non mi stupisco che tu sia diventato ancora più divertente con il passare del tempo. Le stupidaggini che dici farebbero ridere anche mio padre”

“Lo prendo come un complimento. Detto da te, che non sei altro se non un ripiego” sibilò fra i denti, la mascella contratta dall’odio che provava. Si riferiva naturalmente a Rebecca.

Atreius scosse la testa e lo guardò con aria divertita. “Povero Gabriel che non sospetta nulla…”

“Di cosa parli?”

“Ho visto il pugnale che aveva Rebecca”

“E allora?!” sbraitò Gabriel scattando in avanti quasi volesse attaccare Atreius azzannandogli la gola. “Era di suo padre! Possibile che voi non abbiate niente di meglio da fare se non distruggere la vita delle persone?!”

“Appunto. Era di suo padre” disse il ragazzo con soddisfazione, pregustandosi il momento in cui avrebbe sparato la notizia bomba che avrebbe ferito Gabriel a morte.

“Non ti seguo, bastardo” sussurrò Gabriel con gli occhi ridotti a due fessure.

“Il pugnale, a dir la verità, è di Darth Threat”

Silenzio.

Il cuore di Gabriel prese un ritmo accelerato e incontrollabile. Sbiancò e strinse i pugni con forza, provando un moto di dolore e svenimento. Il cuore non accennava a rallentare i battiti, sembrava quasi che potesse uscirgli dal petto. Il labbro inferiore cominciò a tremargli, tutto il suo corpo si paralizzò.

“Non può essere vero!” esclamò.

Ora Rebecca era insieme a lui, nella sala del trono e chissà se le era stato detto qualcosa…ma non era possibile! Perché? Ma soprattutto…come?!

“Rebecca è figlia di Mortimer e di Aidel”  

“Mortimer aveva una relazione con Adele, non ha mai avuto modo di avvicinarsi a Aidel! Ciò che mi dici è un’assurdità!”

“Ah sì?” disse ironico Atreius, assaporando il sapore della vittoria. “Forse tu non l’hai mai saputo ma Aidel aveva una cotta per Mortimer, fin da quando erano giovani! Aveva sempre saputo dell’amore che la sorella nutriva per lui e per questo non si era mai dichiarata, era vissuta tra loro come un’ombra, in disparte e infelice. Pensava che la cotta sarebbe passata con l’avanzare del tempo, degli anni. Si era addirittura proposta come volontaria per andare in missioni che la tenessero via di casa il più allungo possibile, ma ogni volta che tornava al villaggio e lo rivedeva l’amore che nutriva per lui riemergeva a galla con una velocità sorprendente. Non appena venne a conoscenza della punizione data alla sorella e del tradimento di Mortimer capì che quello sarebbe stato l’ultimo giorno in cui l’avrebbe rivisto. Disperata, andò da una maga per farsi dare una pozione d’amore, era convinta che facendo innamorare Mortimer di lei, non solo l’avrebbe convinto a restare ma l’avrebbe anche salvato dal Male. La pozione durò un giorno soltanto, una notte sola. Il potere oscuro di Mortimer era talmente forte e protetto che la pozione non ebbe il soppravvento su di lui. Nonostante tutto Aidel era riuscita ad averlo per sé per una notte soltanto e da quella notte rimase incinta. La sorella Adele era esiliata e per anni non le sarebbe stato dato il permesso di tornare al villaggio, Mortimer era scappato. Non avrebbero assistito alla sua gravidanza e per questo nessuno lo seppe. Aidel si trasferì in una baita all’interno del bosco, non voleva che la gente la vedesse altrimenti avrebbero compreso il danno delle sue azioni. Partorì nove mesi più tardi e qualche mese dopo Mortimer, che non aveva ricordi della notte con Aidel, andò a trovarla nel bosco e la uccise. Naturalmente non si era accorto della bambina che, protetta dalla madre, era racchiusa dentro ad una barriera magica”

Gabriel seguì il racconto senza mai perdere il filo del discorso. Man mano che Atreius parlava, lui si faceva sempre più incredulo e sconvolto. Non riusciva più a parlare, si sentiva svuotato e frastornato.

Trovò le parole per chiedere: “Tu come fai a saperlo?”

“Mia madre” disse Atreius. “Mia madre è una creatura del fuoco, è stata lei a dare la pozione d’amore all’angelo Aidel”

Gabriel colpì la parete di fianco a lui con un pugno furioso, le nocche bianche si sbucciarono e del sangue cominciò a colargli fino al polso. “Mortimer lo sa?!”

“No, ma credo che dopo questo incontro l’abbia capito. Spero solo che riesca a convincerla a passare dalla parte del Male. Sarebbe un vantaggio per noi avere un angelo forte e portato come Rebecca. Senza contare che la famigliola si riunirebbe: padre, figlia e figlio. Molto unita, non trovi?”

Gabriel lo fulminò con gli occhi e digrignò i denti.

Atreius disse: “E poi trovo anche un lato positivo e assai pagante in tutto ciò”

“E cioè? Che Rebecca trapassi la tua inutile testa con un palo di ferro?”

“No, tutt’altro direi. Posso portarmi a letto Rebecca tutte le volte che voglio, dopotutto non siamo veri fratelli”

Prima ancora che terminasse la frase Gabriel gli si avvicinò prepotentemente. L’ultima cosa che Atreius vide fu lo sguardo feroce di Gabriel a pochi centimetri dal suo. “Queste cose non avresti dovuto dirmele”



***



Rebecca era riuscita fino a quel momento a mantenere un atteggiamento controllato ma da quando la rabbia crescente aveva fatto cadere l’ultima goccia, era esplosa. La sua spada venne stretta saldamente tra le sue mani ferme e sicure. In un secondo aveva attraversato la sala del trono ad una velocità disumana.

Si creò in quel momento una situazione contraddittoria: mentre correva alla velocità della luce, vedeva tutto a rallentatore. Vedeva in movimenti bloccati e lenti la figura di Mortimer che restava ferma al suo posto, non c’era nessun accenno al fatto che volesse smuoversi di lì. Quando gli fu a pochi metri di distanza Rebecca fece un balzo e contemporaneamente alzò la spada sopra la propria testa, pronta per colpire. All’ultimo secondo, prima che la lama si infrangesse contro di lui, Mortimer prese la sua spada e la fece scontrare contro quella della ragazza in un boato.

Rebecca venne scagliata indietro e prima di cadere a terra girò su sé stessa per finire con i piedi saldi al pavimento. Sapeva, anzi ne era sicura, che per uccidere Mortimer avrebbe dovuto piantargli il pugnale della sua famiglia dritto al cuore. L’unica cosa che doveva fare era raggiungere il trono e prenderlo. Poi per il resto ci avrebbe pensato al momento, non era il caso di fermarsi a riflettere punto per punto, anche perché Darth Threat le aveva appena scagliato contro un incantesimo che la ragazza ebbe giusto il tempo di schivare.

Rebecca si alzò e con un movimento scattoso fletté il braccio in avanti, il movimento del braccio sembrò quello di un’onda, dal gomito partì una scarica azzurra molto simile ad una corda che andò a colpire in pieno petto Mortimer. Mortimer volò indietro e andò a sbattere la schiena contro la parete, a diversi metri di altezza dal suolo.

Rimase fermo contro il muro a venti metri dal suolo guardando la sua nemica con odio e profonda irritazione. Rebecca non accennava a fermarsi, provò a colpirlo dal basso, questa volta lame di ghiaccio dure come metallo fuoriuscirono dai suoi occhi. Mortimer le schivò con una semplice barriera neutralizzante. Si lasciò cadere a terra e corse verso di lei, era talmente veloce che quasi Rebecca non lo vide arrivare, nonostante avesse usato la vista a rallentatore. Si accorse troppo tardi che gli era praticamente davanti, spalancò gli occhi e girò su sé stessa per colpirlo con le gambe ma lui, con il solo pensiero, la bloccò e la fece volare dall’altra parte.

Rebecca cadde sul pavimento scivoloso che la fece finire contro la porta-finestre che dava ad un piccolo terrazzetto. Cercò di alzarsi ma un dolore allucinante le paralizzò la schiena. Tastò con le mani dove le faceva male e si accorse di aver piantata nella pelle un pezzo di mattonella, probabilmente l’aveva staccata quand’era caduta sul pavimento. Poteva sentire il sangue scorrerle lungo la spina dorsale in un liquido caldo e denso. Se la tirò via con un unico disperato gesto ed emise un gemito soffocato.

Mortimer intanto l’aveva raggiunta e con un piede la fece voltare supina. Rebecca si alzò con uno scatto addominale e provò a colpirlo in faccia con una serie di pugni.

Cercò di tenerlo occupato mentre si concentrava a richiamare con la mente il pugnale ancora appoggiato sul trono. Fece una piroetta in aria e con entrambe le gambe gli ponderò una serie di calci che lo buttarono a terra. Aprì il palmo della mano e Mortimer venne buttato in fondo alla sala da una forza invisibile.

Un ghigno divertito gli dipinse il volto. “Sei forte, ragazza. Molto forte…”

Rebecca osservò con concentrazione il portone della sala, questo si staccò dalle travi e andò a sbattere violentissimo contro la figura stesa al suolo di Mortimer. Mortimer si chiuse a riccio e quando la porta gli cadde addosso, a contatto con il suo corpo, andò in mille pezzi. Alcuni pezzi volarono come scaglie affilate verso Rebecca che neutralizzò trasformandoli in petali di rosa.

“Facciamo anche i trucchetti di magia?” la prese in giro Darth Threat. I suoi occhi erano di un rosso cremisi e non rideva più. “Ora basta giocare, mi sono stufato”

Mortimer congiunse le mani, sembrava che stesse pregando ma la ragazza sapeva che in realtà stava mormorando un incantesimo. Quando, per invocare una determinata magia, si faceva ricorso ad un incantesimo verbale, questo…beh, voleva dire grossi guai. Infatti, quando Mortimer aprì lentamente le mani comparve al centro una palla di fuoco che ruotava su sé stessa e che si faceva sempre più grande man mano che lui apriva le mani.

Quando la palla di fuoco divenne talmente grande da riuscire a toccare il soffitto, Darth Threat la lanciò con un urlo disumano in direzione di Rebecca che, pur sapendo che le cause di quell’impatto sarebbero state disastrose, strinse i pugni e si preparò a difendersi.



***



Un altro pugno di Gabriel colpì Atreius in pieno viso. Ormai il volto del ragazzo era chiazzato da una moltitudine di lividi violacei.

“Non ho ancora finito con te” sibilò Gabriel, mosso da un impulso assassino e da una voglia scottante che aveva di ridurre a pezzi quell’idiota.

Atreius per lui era sempre stata una spina sul fianco.

Da sempre.

Da quando aveva puntato per la prima volta i suoi occhi su Rebecca.

Un altro pugno in faccia.

Da quando aveva osato baciarla sulla collina.

Un pugno nello stomaco.

Da quando l’aveva accolta nella sua casa nel bosco e aveva passato con lei la notte.

Un pugno lo colpì sullo zigomo destro, spaccandoglielo.

Da quando aveva scoperto che era un traditore.

Gabriel ruotò su sé stesso e con una sforbiciata in aria lo fece catapultare contro la finestra sbarrata del corridoio. Atreius rideva, cosa che a Gabriel dava molto fastidio. Si fermò un attimo per riprendere fiato e lo guardò con arroganza.

“Tanto per fartelo sapere, lo sai vero che non hai nessuna possibilità contro di me? Ora ho di nuovo i miei poteri. Devo ancora usarli ma ora che mi ci fai pensare…” Gabriel non terminò la frase e con uno strano sorrisino inquietante fece contorcere in maniera anormale Atreius che gridò dal dolore.

Le braccia, le gambe e la testa erano spostate in modo inconcepibile e impossibile da compiere normalmente, sembrava un pupazzo di pezza, il suo corpo prendeva la posizione che più piaceva alla mente di Gabriel. Nonostante tutto, nonostante lo stesso Atreius fosse conscio del fatto che non aveva speranze (sebbene fosse un Nim nulla poteva contro la magia) non si era mai lamentato, non aveva mai pregato Gabriel di smettere con quella tortura.

Le urla del ragazzo vibrarono lungo lo stretto passaggio e cessarono quando Gabriel smise di possedere il suo corpo. Drizzò la schiena e lo guardò dall’alto al basso.

“Mi aspettavo di più da te, Atreius. Sembra che tu ti stia lasciando ammazzare”

Atreius sorrise. “Forse è quello che sto facendo”

Gabriel rimase per un attimo interdetto ma poi si chinò su di lui e lo afferrò con forza per il colletto. Atreius gemette per lo scatto improvviso che il suo corpo fu costretto a subire. Gli occhi di Gabriel erano due fiamme che ardevano.

“E allora ti accontento, dormirò meglio sapendo che un traditore è morto per mano mia”

Gabriel fece per prendere la spada dalla sua fodera legata in vita ma Atreius, con una forza che il ragazzo non trovava possibile avesse in quel momento, balzò indietro e si buttò giù dalla finestra rompendo il vetro in mille pezzi.

Atreius saltò coprendosi la testa e si lanciò fuori dalla finestra, ad almeno trecento metri di altezza. Si lasciò cadere nel vuoto.

Gabriel corse verso la finestra e fissò in basso la figura del ragazzo che precipitava dimenando le braccia.

Battè con la mano sul muro e corse via.

Doveva andare immediatamente da Rebecca.



***



Atreius vide il volto di Gabriel sporgersi dal cornicione, il suo sguardo era un misto di stupore e incredulità. Non appena la sua testa bionda scomparve dentro il castello, Atreius emise un fischio.

Mancava ancora molto prima che toccasse terra, la fortezza era imponente ed era caduto da uno dei piani più alti.

Al suono del suo fischio un possente drago comparve da una delle torri del castello. Fece rotta verso il ragazzo e lo salvò facendolo sedere sulla sua sella rossa di pelle.



***



Mentre Gabriel stava correndo un’esplosione devastante fece tremare l’intero castello. Andò a sbattere con forza contro il muro del corridoio, le luci che erano accese sopra il soffitto si spensero con una folata di vento caldo. L’odore di bruciato era insopportabile. Il rumore doveva aver raggiunto ogni angolo della roccaforte.

Gabriel premette le mani sulla parete e si massaggiò le orecchie con un sospiro, aveva l’udito disturbato e il corpo gli tremava ancora. Si fece coraggio e proseguì, il suo cuore era pesante, le speranze cominciavano a sgretolarsi man mano che si avvicinava alla verità.



***



Mortimer sorrideva divertito per la scena catastrofica che gli si presentava davanti agli occhi: metà del soffitto era crollato, cumoli di pietre giacevano lungo tutto il pavimento spaccato, un polverone grigio si librava nell’aria verso l’alto. L’impatto era stato micidiale, la ragazza dopo essere stata colpita in pieno dalla sfera era stata sotterrata dai massi che erano crollati da tutte le parti.

Per precauzione Mortimer usò il suo udito infallibile: nessun cuore batteva più in quella stanza. Non sentiva nessun battito, né respiro, né vita sotto quel cumulo.

Rebecca era morta.

Neppure lei era stata in grado di sopportare tanta magia oscura, la palla di fuoco era riuscita a spegnere la sua giovane vita.

Darth Threat se ne compiacque.

In quell’istante il portone della sala si aprì e Gabriel fece il suo ingresso, era scombussolato e il suo volto era una maschera di tensione mista a paura. Il ragazzo guardò Mortimer e quando notò le sue labbra piegate in un sorrisino esultante cercò, nel panico più totale, la figura di Rebecca. I suoi occhi si fermarono sul cumolo di macerie infondo alla stanza e Mortimer giurò di aver sentito il fiato del ragazzo fermarsi in gola. Aveva smesso di respirare. Probabilmente era concentrato a captare qualche segnale di vita in mezzo a quel macello.

“È finita, Gabriel” mormorò in tono vacuo, anche se Gabriel percepì una nota di piacere nella sua voce.

Il labbro inferiore del ragazzo cominciò a tremare. Si lasciò cadere a terra e nascose il viso tra le mani. Non pianse ma si fece travolgere da spasmi di dolore che lo fecero sussultare, era una visione raccapricciante e straziante da guardare.

Darth Threat si avvicinò al ragazzo ormai innocuo con passo silenzioso e acquattato, era come se stesse fluttuando.

Fece per aprir bocca e dire le ultime parole a Gabriel prima di ucciderlo quando sentì il rumore improvviso di un cuore che cominciò a battere debolmente. Sia Mortimer che Gabriel alzarono di scatto la testa sbarrando gli occhi, il primo con orrore e il secondo con incredulità. La figura sfrontata di Rebecca apparve da dietro il trono. In mano teneva il pugnale della sua famiglia che faceva rigirare giocosamente tra le dita.

Darth Threat non ebbe neppure il tempo di registrare la cosa che la ragazza aprì le ali bianche e volò verso di lui piantandogli il pugnale dritto al cuore. Il contatto dei due corpi fu simile a quello di due rocce, Rebecca gli saltò addosso facendo volare entrambi indietro, l’arma ben premuta dentro il suo petto. Mortimer cadde a terra supino, Rebecca gli era sopra e non accennava a togliere il pugnale dal suo cuore, anzi, lo fece penetrare ancora più affondo nella carne.

Darth Threat aveva gli occhi spalancati e vuoti, la bocca aperta in una O muta, in un urlo silenzioso.

Guardò la ragazza sopra di lui con immensa venerazione. “Come hai fatto?” sussurrò con voce roca, poi tossì e sputò sangue.

“Distorsione della realtà. Hai percepito quello che io volevo che percepissi. Un trucchetto di magia, come hai detto tu” disse la ragazza debolmente, la voce incrinata dal dispiacere.

Mio padre…

“Ci rincontreremo, figlia mia. Questo non è il mio ultimo viaggio” disse Mortimer, annaspando alla ricerca di ossigeno. Si lasciò andare ad un debole sorriso e ribaltò gli occhi. Prese un’ultima boccata d’aria dopodichè il suo corpo si afflosciò, privo di vita.

“È finita” sibilò Rebecca estraendo con un colpo secco il pugnale. “Anche per te, padre”



***



Oddio, non ci posso credere...
finito anche questo capitolo!!!! Non vedo l'ora di chiudere con questo primo capitolo
della saga...
cioè, bello quanto volete ma mi snerva troppo!!!
E poi non è che sia bravissima a scrivere parti di guerra, io ci provo ma neppure a me piace poi molto.
Magari mi perfezionerò andando avanti con gli altri due seguiti,
dove SICURAMENTE ci sarà molta più guerra!!!

Fatemi sapere che vi è sembrato del capitolo, le recensioni sono sempre
ben accette!!!

Il prossimo e ultimo capitolo si intitolerà: "L'ALBA DEGLI EROI"

Alla prossima!!

PS: non ho tempo di rispondere alle recensioni che mi avete fatto ma non per questo non vi ringrazio!! le leggo sempre e siete troppo cari!!! grazie a tutti coloro che mi seguono.











  
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