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Autore: fren    10/12/2014    5 recensioni
Le coincidenze non esistono. Questo, almeno, è quello che Lina Inverse ha sempre pensato. Fino alla sera in cui, in una locanda di viandanti, lei e Gourry non si imbattono in un vecchio compagno d’arme dello spadaccino. Joy Shadow, questo il nome del mercenario, dopo aver suscitato un’istintiva antipatia nella maga, rivelerà di essere in viaggio per la stessa missione per cui sono stati ingaggiati anche loro. Una strana casualità, in cui Lina avverte subito puzza di bruciato. Cedendo alla richiesta dello spadaccino di condividere il viaggio con il suo amico di vecchia data la maga non ha la minima idea del fatto che Joy si insinuerà come fumo nero nella loro consolidata quotidianità, accampando delle pretese su Gourry e sconvolgendo i loro equilibri, né tantomeno dei pericoli a cui sta andando incontro. E, proprio quando il rapporto tra lei e lo spadaccino evolverà, trasformandosi in qualcosa di più della semplice amicizia, entrambi si troveranno a fare i conti con la prova più difficile mai affrontata fino a quel momento. Una prova che li porterà sul limite di un oscuro confine. Un confine che, una volta varcato, non permette di tornare indietro.
Genere: Avventura, Dark, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Amelia, Gourry Gabriev, Lina Inverse, Personaggio originale, Zelgadis Greywords
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vita
Vita

'Quando hai paura di qualcosa, ma la fai comunque, quello è coraggio.' (Coraline, Neil Gaiman)


Oh, che sfortuna maledetta, è solo una bambina dai capelli arruffati! E io che pensavo di prestare i miei servigi a una bella fanciulla. Senti, ragazzina, dove sono i tuoi genitori? Non ti sarai persa, spero…


Cadde come un peso morto tra le mie braccia, gli occhi sgranati nel dolore. Dalle sua labbra colò un filo di sangue che disegnò un arco cremisi sulla sua guancia, infiltrandosi nei corti capelli che gli sfioravano il collo. Lo sostenni, ma non avevo forza sufficiente e mi accasciai con lui, mormorando il suo nome. Anche Joy lo chiamava. Le braccia che lo stringevano erano le sue, ma in quel momento ero io, solo io, a tenerlo contro di me, supplicandolo di non lasciarmi, di non andarsene, che non si azzardasse a fare scherzi, che l'avrei odiato per sempre se se ne fosse andato. Quasi quanto lui aveva odiato me per aver fatto la stessa cosa.
Allungai le mani sulla sua schiena, le ritirai umide di sangue. Il pugnale era penetrato in profondità, forse aveva perforato un polmone. Sentivo il respiro di Gourry farsi sempre più rauco, gorgogliante. I suoi occhi di cielo si offuscarono, facendosi opachi.
«Gourry!»
«Joy» biascicò lo spadaccino, le labbra impastate di sangue. Poi sussurrò il mio nome. Venne fuori con un sospiro, prima che il suo sguardo diventasse di vetro.
«Sta attraversando il confine» gridò Joy. La sua voce mi arrivò lontana. Mi sembrava di avere dell’ovatta nelle orecchie, faticavo a respirare, non riuscivo a pensare a nulla.
«Dobbiamo usare l’Akan» continuò Joy. Le sue parole erano confuse. Ero dentro di lui e, allo stesso tempo, lontana anni luce.
«Dobbiamo usarlo prima che sia troppo tardi!»
Ma la sincronia perfetta con cui avevamo collaborato io e lui fino a quel momento sembrò dissolversi di colpo, proprio quando ne avevamo più bisogno. Forse fu il mio dolore, o la paura di Joy. La nostra sinergia si disperse, ci intralciammo, ci scontrammo. Diventammo, all'improvviso, incapaci di unire le nostre forze. Come se fosse stato davvero Gourry a tenerci uniti fino a quel momento e adesso, davanti alla prospettiva che lui svanisse dalle nostre vite alla stessa velocità con cui l'acqua evapora dal terreno brullo, ci riscoprissimo due estranei che non avevano nulla in comune.
Vidi qualcosa brillare, scintillare un'ultima volta, prima di svanire per sempre. Lacrime salate bagnavano le guance di Joy. Era catatonico, incapace di reagire. Solo in quel momento mi resi conto che non dipendeva da lui. Era il richiamo del confine. Gli era penetrato sottopelle e lo stava attirando a sé. Lo stesso richiamo che aveva rovinato Elizabeth.
Nayden, davanti a noi, si stava alzando. Gourry era prossimo al confine.
Mi resi conto che, se non avessi reagito, sarebbe stata la fine di ogni cosa. Con tutta la forza che avevo andai contro Joy, penetrando nel profondo dei suoi pensieri. Era paragonabile a una violenza fisica. Lo stavo violentando. Ma avrei fatto qualunque cosa. Qualunque.
Staccai le sue mani insanguinate dal corpo di Gourry e, con tutto il vigore che riuscii a strappare dalle sue braccia, lo schiaffeggiai. Mi schiaffeggiai.
Colpivo con brutalità. Presto avvertii un sapore ferroso tra le labbra e mi resi conto che il naso di Joy sanguinava e che il sangue gli colava tra le labbra.
«Svegliati, Joy! Resistigli, tu sei più forte! Devi prendere l’Akan…»
Nayden era in piedi, adesso. Si teneva il braccio ferito, guardando con un misto di stupore e divertimento suo fratello che, inginocchiato davanti al corpo dello spadaccino, si schiaffeggiava da solo, gli occhi vuoti e senza espressione.
«Devo ammettere che si tratta di uno spettacolo interessante» mormorò, scoprendo una fila di denti bianchi e perfetti. «Ma, purtroppo, non ho più tempo da perdere con queste sciocchezze…» la sfera infuocata brillò nel palmo della sua mano.
Io richiamai un incantesimo, ma Joy non mi sentiva. Non avevo energia sufficiente per servirmi di lui.
Nayden scosse la testa.
«Addio» disse solo, lanciando il globo verso di noi.
Chiusi gli occhi. Davanti avevo solo il sorriso di Gourry. Il suo sorriso… mi faceva sentire viva. Viva.
Aspettai il colpo finale che avrebbe chiuso la partita. Ma non arrivò.
Quando riaprii gli occhi, davanti avevo sempre Nayden. Il suo volto però, già molto pallido, adesso sembrava di marmo. L’espressione era sgomenta. Ci misi qualche istante a realizzare che, sopra me e Gourry, gravitava qualcuno. Qualcuno con cui era meglio non scherzare, questo era poco ma sicuro.
Il Mazouku sorrise, un sorriso che piegava le ginocchia e gelava il sangue nelle vene.
«E va bene, ci siamo divertiti» concesse, rimbalzando nel palmo della mano la sfera infuocata che Nayden aveva scagliato su Joy. «Adesso basta, però» disse, rilanciandola verso il mago con un movimento distratto, sprezzante.
Il fuoco divampò, consumando velocemente il corpo del mago. Le sue urla non durarono che pochi istanti, poi di lui non rimase altro che cenere nera.
«Xellos…» sussurrai.
Il demone si voltò verso di me. L’espressione divertita aveva abbandonato il suo volto. Per una volta, sembrava maledettamente serio.
«Ho bisogno che risolvi questa situazione, Lina. Dai piani alti non sono contenti. Per niente.»
«Cosa?»
«L’universo ha le sue regole. Se esistono ruoli e gerarchie non è per divertimento, ma per un motivo ben preciso. Il Signore Oscuro ha già ciò che gli spetta, non è un suo diritto pretendere di più.»Xellos scosse la testa. «Non avremmo voluto coinvolgerti in questa situazione. L’ultima volta hai rischiato grosso. Lei si è dovuta scomodare di persona e non le è garbato, affatto» disse, riferendosi a LoN, la Signora di tutte le cose. «Ma, a malincuore, abbiamo dovuto ammettere che… sei la persona adatta per questo lavoro. L’unica che possa risolvere la situazione. Perciò, per favore, Lina: aiutaci.»
«Come, esattamente?»
«Sbarazzati del traditore. Penseremo noi a ripristinare l’ordine. Tutto quello che devi fare è eliminarlo senza pietà.»

Oltre lo specchio Elizabeth mi aspettava dove l’avevo lasciata. Sembrava preoccupata.
«Ci hai messo più tempo del previsto.»
«Sono successe più cose del previsto» replicai, accigliata. La afferrai per un braccio. «Devi portarmi sul confine. Adesso: Joy è già lì. E anche Gourry.»
Elizabeth non fece una piega. Si voltò e iniziò a correre. La seguii fino a un ampio spiazzo, diviso a metà da un fiume. In quel fiume stavo ferma, immobile. Gourry mi stava raggiungendo. Vidi la sua mano tesa, il tentativo di resistere alla corrente impetuosa. Sulla sponda, Joy lo chiamava.
«Dobbiamo fermarlo!» esclamai. Ma voltandomi verso Elizabeth la scorsi, rigida, fissare un punto alle mie spalle.
«Sapevo che saresti tornata» mormorò una voce. Conoscevo quella voce, aveva chiamato anche me. Aveva invocato il mio nome, voleva la mia vita. Ora era giunto il momento di regolare i conti.
Mi voltai, piano. Qualunque cosa mi fossi aspettata, era di certo meglio di quello che mi trovai davanti.
Il Signore delle Ombre era una sagoma indistinta, avvolta in un pesante sudario scuro. Il volto era smunto, scheletrico; aveva cavità oculari vuote e un ghigno sinistro. Ripensai a Phibrizio, a quanto il suo aspetto fanciullesco mi avesse tratto in inganno, all’inizio. In questo caso non c’era possibilità di equivoco: l’aspetto e la fama di quel demone oscuro coincidevano alla perfezione.
«Ti faccio paura, Lina Inverse?» mi domandò.
«Paura? No. Ribrezzo… un pochino, forse» minimizzai. In realtà ero terrorizzata. Ma non a causa sua. Temevo che la sua presenza lì, in quel momento, avrebbe impedito a Joy di fare ciò che doveva fare: fermare Gourry prima che fosse troppo tardi.
Il Signore oscuro si passò una mano sul volto, e al posto di quel teschio orribile apparve un viso umano di fattezze gradevoli. Era quello di un uomo dalla mascella pronunciata, con sopracciglia folte e occhi scuri.
«Così va meglio?»
Storsi il naso.
«Non fa alcuna differenza, credimi. Ho parlato con creature ben più sgradevoli di te. Piuttosto, dimmi cosa vuoi e facciamola finita. Anzi no, quello che vuoi lo so già. Facciamola finita e basta.»
«Sei una che va dritta al punto, vedo.»
«Perché perdere tempo in chiacchiere inutili?»
«Sono d’accordo.»
Sorrise, un sorriso terrificante. Quando la morte ti sorride, non è mai piacevole.
«Joy ed Elizabeth» disse, allungando le mani verso di loro. Quando strinse i pugni, i gemelli vennero trascinati da una forza invisibile, arrivando dritti al suo cospetto. «Vi ho aspettato a lungo, fate in modo che la mia attesa non sia stata vana.»
Joy era tornato in sé e lo guardava come una bestia selvatica guarda il cacciatore che la sta braccando. Elizabeth era ammutolita, lo sguardo sgranato.
«Sono così stufo di questo scenario» proseguì il Signore delle ombre, indicando quanto ci circondava con un gesto della mano. «Sempre le stesse facce… una noia mortale, come potrete ben immaginare. Le anime vengono e se ne vanno. Qua sono solo di passaggio. Ma se sconfinassi, rendendo il mondo al di là dello specchio e questo una cosa sola… non esisterebbero più vita e morte. Pensateci. Tutto ciò che è mortale è destinato a scontrarsi con la parola fine. E ogni fine comporta dolore. Io potrei evitare tutto questo. Vi renderei immortali. Esseri eterni e perfetti, che non avrebbero bisogno di confrontarsi con la sofferenza.»
«Mai» sputò fuori Joy.
Il demone sospirò, sembrava annoiato. Joy si portò le mani alla gola e iniziò a tossire. Qualcosa lo stava soffocando.
«Joy!» gridò Elizabeth, cercando di aiutarlo. Ma anche lei venne fermata e cadde in ginocchio.
«Chi vi ha creato, non vi ha fatto poi così intelligenti. Perché non riuscite a vedere i privilegi che vi offro?»
«Forse perché non sono così vantaggiosi» dissi, facendomi avanti. Mi piegai, aiutano Elizabeth a rialzarsi, poi mi avvicinai a Joy.
«Se lo uccidi, resterai qui per sempre, isolato. Joy è l’unico successore al ducato: non avrai altri intermediari. Solaria verrà abbandonata, rimarrai escluso da tutto.»
Lui fece schioccare le dita con un gesto irritato e Joy riprese a respirare.
«Datemi quello che voglio.»
«No.»
«Siete così sciocchi… così attaccati alla vostra ridicola vita. Non dura che una manciata di anni, così pochi che non fate nemmeno in tempo a rendervi conto di averla vissuta.»
«Questo lo può pensare solo qualcuno che con la vita non ha mai avuto nulla da spartire. Tu non sai niente di noi esseri umani.»
«Vi osservo da millenni. Vi vedo tornare da me sfiniti, sfibrati. Annientati dal dolore. Alcuni vengono di loro spontanea volontà, tanto insopportabile si rivela la vostra esistenza. E voi volete farmi credere che tutto questo… vi rende felici? Che sareste disposti a soffrire ancora, pur di vivere?»
«Sì, è così.» Feci un passo avanti, prendendo la mano di Joy. «Siamo più complicati di quello che puoi immaginare. E siamo ostinati, non sai quanto. Vuoi eliminare la sofferenza, renderci immortali? Ci renderesti solo inumani. Siamo stati creati per provare gioia e dolore. Per essere appassionati  e tenaci. Coriacei. Ci abituiamo a tutto, sopravviviamo aggrappandoci alla vita con le unghie e con i denti. Impariamo dagli errori, evolviamo. Andiamo avanti, un passo dopo l’altro, con caparbietà. Soffriamo, è vero. Ma è la sofferenza che ci tempra. A volte cadiamo. Facciamo errori, tanti errori. Chi ci ha creato, per fortuna, ci ha creato imperfetti. O avremmo perso parte del divertimento. Perché è per questo che viviamo: cerchiamo qualcosa. Una scintilla di luce in questo buio. Rendici immortali, e ci toglierai il gusto per la vita.» Scossi la testa e presi anche la mano di Elizabeth nella mia. Joy estrasse l’Akan.
Il Signore delle ombre fece un passo avanti.
«Siete degli stolti.»
«Combattici. Non abbiamo paura di te: non ci avrai, nemmeno se rompi i sigilli ed estendi il tuo dominio oltre lo specchio. Avrai una landa desolata di anime erranti. Noi esseri umani siamo un’altra cosa.»
Il demone congiunse le mani. Alle sue spalle apparve una schiera di spettri pallidi. Aleggiavano leggeri come bruma.
«Togliete i sigilli. Vi concedo un’ultima possibilità, poi farò di voi degli schiavi ai miei ordini.»
«Mai.» A parlare, questa volta, erano stati Joy ed Elizabeth insieme.
Joy sollevò l’Akan. Il Signore oscuro si preparò al contrattacco. Non avrebbe ceduto, sembrava determinato a portare avanti il suo piccolo progetto di demolizione del mondo.
Ma non glie lo avremmo permesso. A nessun costo.
Iniziai a salmodiare una formula. Avremmo congiunto la mia magia ai poteri dell’Akan, combattendo su due piani astrali.
Il Signore oscuro sollevò le braccia sopra alla testa, scoprendo i polsi ossuti. La falsa parvenza umana che si era dato era scomparsa. Un forte vento iniziò a soffiare contro di noi. Il fiume si gonfiò, diventando impetuoso, e io pensai a Gourry.
«Lina, non deconcentrati» mi intimò Elizabeth, stringendo la mia mano.
Tornai a recitare la formula. Pezzi di terreno si sollevarono in volo, piombandoci addosso. Li schivammo con l’aiuto della magia. Le forze oscure si fecero più potenti, e gli spettri avanzarono.
Solo allora capii che nessun incantesimo sarebbe stato tanto potente da arrestarlo. Nessuno, eccetto uno.
Per questo Elizabeth mi aveva scelto. Perché ero l’unico essere umano ad averlo castato, in passato. Perché era mio, il mio incantesimo originale. Un incantesimo così potente da sprofondare il mondo nel mare del caos. I rischi erano enormi. Già una volta avevo fallito.
Ma non avevo appena detto che gli esseri umani erano fatti per sbagliare e imparare dai propri errori? Che erano ostinati e decisi a superare i propri limiti?
Che quello che cercavano era una scintilla nel buio?
E l’altro nome del Giga Slave non era forse Luce nelle Tenebre?
Gourry, dammi la forza, pensai, sollevando le mani di Joy ed Elizabeth nelle mie. A scagliarlo, questa volta, non sarei stata io. L’Akan avrebbe incanalato il potere del Giga Slave. Io, Joy ed Elizabeth ne avremmo avuto il controllo. In tre sarebbe stato più facile gestire il suo potere. O almeno speravo che andasse così.
«Più oscuro dell’oscurità, più cupo della notte…»
L’Akan iniziò a vibrare nella mano di Joy. Un filo di sangue iniziò a colargli dal naso e capii che lo strumento gli stava sottraendo più energia del previsto. Con la coda dell’occhio scorsi Elizabeth chiudere gli occhi e concentrarsi. Lei e Joy erano una cosa sola, dopotutto.
«Io qui invoco il tuo potere. Io qui me stessa ti prometto…»
Il Signore Oscuro rovesciò la testa all’indietro. Dalle sue orbite vuote uscì una nebbia fitta, che ci avvolse. Gli spettri ci circondarono. Chiusi gli occhi, recitando l’ultima parte della formula. Il cuore mi martellava furioso nel petto. Mi costrinsi a respirare a fondo, mentre completavo l’incantesimo. Mi stavo giocando tutto.
«…E tutti coloro che saranno tanto folli da ostacolare il tuo potere…»
Sopra le nostre mani tese vibrava una nube scura, satura di energia. Al suo interno gravitava la magia del caos. Gettai la testa all’indietro. I miei capelli vorticavano furiosamente su di me, sembravano fiamme vive.
L’Akan, nella mano di Joy, divenne incandescente. Stava assorbendo l’incantesimo. Eravamo riusciti a governarlo, ma ci stava sfinendo. Era troppo potente. Elizabeth strinse i denti, cercando di resistere al vento furioso che ci investiva a folate e che aveva già spazzato via la schiera di spettri chiamata dal demone.
Forse mi ero sbagliata. Forse non avremmo avuto la forza necessaria per dominarlo…
Fu come essere catapultai indietro nel tempo, quando l’incantesimo aveva preso il sopravvento su di me e mi aveva fagocitato. Provai la stessa paura, un terrore così sordo da non poter essere spiegato a parole. Poi, inspiegabilmente, il suo peso divenne più sostenibile. Riaprii gli occhi e mi accorsi che, oltre alle nostre mani saldamente strette all’Akan, se ne era aggiunta una quarta. Era una manina piccola e delicata. La mano di una bambina.
Mi voltai di scatto, guardando Anouk, e lei ricambiò il mio sguardo, annuendo.
Tre custodi, pensai. Tre fratelli. Era così che doveva andare: il sangue è più forte di qualsiasi cosa.
Inspirai, chiudendo gli occhi, poi li riaprii di colpo.
«Giga Slave

Quello che accadde dopo fu molto confuso. So solo che funzionò. Contro a qualunque previsione, riuscimmo a controllare l’incantesimo, a farne uno strumento al nostro servizio.
C’era silenzio, intorno. Un silenzio innaturale. E buio. Poi, lentamente, sentii l’acqua scorrere. I contorni delle cose si fecero più nitidi.
Solo allora mi resi conto di essere a un passo dal confine. E ricordai di avere una cosa molto importante da fare. Iniziai a guadare il fiume, sentendo solo indistintamente le urla di Joy, alle mie spalle. Gridava il mio nome, ma io non volevo ascoltarlo.
Afferrai la mano di Gourry e lo tirai verso di me. L’acqua scorreva impetuosa intorno a noi. Ci stringemmo l’una all’altro, sul confine che separa la vita dalla morte. Affondai il volto nel suo collo, mentre lui mi accarezzava i capelli.
«Gourry» dissi solo. «Gourry.»
«Lina…»
Sentivo Joy e Anouk trattenerlo, dalla riva. Elizabeth, dopo aver rivolto un sorriso malinconico ai suoi fratelli, era passata oltre. Finalmente libera.
«Se fossimo cresciuti insieme, saremmo stati inseparabili» aveva detto a Joy, facendogli una breve carezza sulla guancia, prima di dirgli addio. «Sii un duca giusto. Governa con saggezza, e non temere il Dono. È parte di ciò che sei. Prenditi cura di Anouk, lei ha solo te, adesso. Addio, fratello mio.»
Sollevai il viso verso quello dello spadaccino e premetti le labbra contro le sue, stringendolo a me. Lui non lo sapeva ancora, ma quello era un addio.
«Devi andare» sussurrai sulla sua bocca, incapace, però, di lasciarlo.
«Torna con me.»
«Non posso.»
Solo a quel punto Gourry si staccò da me, guardandomi negli occhi.
«Cosa…? Perché?»
«Non ho più un corpo in cui tornare, Gourry. E lo so che ti sembrerà egoista, e forse anche un po’ pretenzioso, da parte mia. Ma io non posso essere diversa da ciò che sono. Senza il mio corpo non sarei la stessa persona che hai conosciuto. Che hai… amato.»
«Ti amerei sempre e comunque» disse lui, serio.
«Può darsi. Sì, tu lo puoi fare, hai questa capacità. Tu, Gourry, sai guardare oltre. Io, invece, no. Non saprei riconoscermi. Puoi capirlo?»
Gourry mi osservò per un lungo istante.
«Sì» disse infine. «Posso capirlo. Ma non credo che riuscirò ad accettarlo…»
«Invece sì. Andrai avanti, Gourry. Vivrai. E, quando sarà il momento, tornerai da me. Ma, nel frattempo, vivi. Cadi e rialzati. Innamorati ancora. Invecchia. E poi torna da me.»
«Mi stai chiedendo troppo, Lina. Senza di te… niente ha senso.»
«Ti sto chiedendo quello che mi chiederesti anche tu se fossi al mio posto. Io ti amo, Gourry. Voglio che tu viva. Per noi c’è tempo. Ci sarà un’altra vita. Rinasceremo, ci ritroveremo. Rinasceremo, e vivremo ancora.»
Gourry posò la fronte contro la mia, stringendomi la nuca, affondando le dita tra i miei capelli.
«Non chiedermi di lasciarti andare» sussurrò, chiudendo gli occhi. «Non farlo, ti prego. Tutto, ma non questo.»
«Ci vuole coraggio, Gourry, per fare ciò che non ci va di fare. E io voglio che tu vada avanti, senza di me. So che lo puoi fare: mi sono innamorata di un uomo che di coraggio ne ha da vendere, non deludermi.»
Quelle parole dovettero colpirlo. Lo sentii deglutire. Cercare di tenere a bada le lacrime. Non era un codardo, e io mi fidavo di lui. Sapevo che sarebbe stato difficile, ma che ci avrebbe provato. L’avrebbe fatto per me, perché mi amava. Perché era sempre stato bravo a mantenere le promesse e quella era la più importante che potesse farmi.
«Ora devi andare, Gourry» dissi. E mi costava dirlo, gli dei solo sapevano quanto.
«Io non ti dimenticherò mai» confessò lui, in un sussurro.
«E come potresti?» chiesi, con un sorriso, mentre le lacrime mi rigavano le guance. «Una come me non si dimentica.»
Lo sentii soffocare un singhiozzo e mi staccai da lui, guardandolo negli occhi.
«Gourry Gabriev» mormorai. «Grazie per aver incrociato il mio cammino, quel giorno. Insieme a te la vita è stata un viaggio bellissimo. Tu… mi hai salvato.»
Lui scosse la testa.
«Non ti ho mai salvata. Ti sei sempre salvata da sola.»
«Invece l'hai fatto. Mi hai salvato da me stessa, da quello che sarei potuta diventare, se non ti avessi avuto accanto. Tu mi hai reso migliore. Hai sciolto le mie resistenze, smussato i miei angoli, scaldato il gelo che avevo dentro. La tua luce ha illuminato il mio buio. Il mio unico rimpianto è quello che di non essere riuscita a dirti sì, quando avrei dovuto. Volevo essere tua, più di qualsiasi cosa. Ma in fondo, non ha importanza: sono sempre stata tua, e lo sarò per sempre. Adesso vai, prima che io diventi troppo sdolcinata. Non voglio che il tuo ultimo ricordo di me sia così stucchevole. Addio, Gourry, e ricorda che non voglio vederti da queste parti prima che i tuoi capelli non siano completamente bianchi.»
Poi, senza dargli tempo di replicare, lo spinsi via. Incespicò all’indietro e cadde sulla sponda opposta, dove lo attendeva Joy.
I miei occhi si posarono nei suoi per un ultimo, breve istante. Lasciarlo andare era la cosa più difficile che avessi mai fatto. Lo guardai, un’ultima volta, e lo vidi, fermo in una radura illuminata dal riverbero del sole, lamentarsi perché ero solo una ragazzina con i capelli arruffati e non una dama bisognosa d’aiuto.
So cavarmela da sola, avevo risposto quella volta. Ma non era vero. Lui aveva fatto di me quella che ero.
Lo guardai, e mentre lo guardavo iniziò a dissolversi e svanì. Tornò alla vita.

Solo allora mi sentii davvero perduta. E capii che era tempo di accomiatarsi.
Mi voltai, pronta ad andare oltre, ad attraversare il confine. Quando, inaspettatamente, la mano di Joy strinse la mia.
«Lina. Ti prego» disse solo. La sua era una supplica.
Io sospirai.
«Joy, ne abbiamo già parlato. Non rendermi le cose più difficili: lasciami andare.»
«Cercheremo l’anello. Non può essere svanito… ripensaci, non arrenderti. Non gettare via questa occasione.»
Occasione? Oh, Joy. Di occasioni ne ho avute fin troppe, in questa vita, credimi. Nemmeno le ho meritate. E no, non mi sto arrendendo.
Ho riso nelle tenebre. Ho danzato sull’abisso, guardando in esso, e l’abisso ha guardato in me. Sono una creatura di luce e d’ombra, come tutti. Ma la mia ombra è più estesa. Ho scelto la magia nera, e non me ne sono mai pentita. Non ho mai preteso di essere una brava persona. Ho rubato, mentito e agito per tornaconto personale. Di me resterà il ricordo di qualcuno troppo cocciuto per ascoltare un consiglio, per piegare la testa, per scendere a compromessi. Racconteranno che ero una testa calda, una di quelle persone che hanno sempre una battuta velenosa sulla punta della lingua e non sono capaci di tenere ferme le mani. Una di quelle che si irritano al minimo contrattempo e ottengono sempre quello che vogliono. Talvolta con le buone, più spesso con le cattive. Elencheranno i miei difetti come si contano le pecore prima di addormentarsi, e non saranno mai abbastanza per ricordarli tutti: egocentrica, permalosa, avida, orgogliosa, arrogante. Sì, mi riconosco in tutto, ho davvero un pessimo carattere. Gli dei si metteranno le mani nei capelli quando arriverò.
Non sono mai stata l’eroe, nella storia. Quando si è trattato di scegliere, ho sempre scelto guardando al mio profitto. Anche davanti alla decisione più difficile ho agito con egoismo: salvare una vita, una sola vita. A qualunque costo, a qualunque prezzo. Fregandomene di tutto il resto. Sono stata sconsiderata, impulsiva e inarrestabile. Incontrollabile. Ho valicato tutti i limiti, aggirato i divieti, Incapace di arrendermi. Sempre incapace di arrendermi
Ma adesso… adesso è finita. Questa è la resa, e non per mancanza di coraggio. Il coraggio, a me, non è mai mancato. Il coraggio, questa volta, è arrendersi.
Joy mi guardò. I suoi occhi erano grigi come la nebbia. Stava diventando più inconsistente di un refolo di vento.
«Sei stato un buon amico, Joy. E ti sei rivelato una persona molto migliore di quanto potessi immaginare. Sei rimasto al mio fianco, nonostante tutto, e di questo ti sono grata. Non scordare la promessa che mi hai fatto, è l'ultima cosa che ti chiedo.»
Joy si rabbuiò.
«Lina, ti prego… non lasciarci» disse. «Non lasciarmi. Io…»
Chiusi gli occhi. Le sue dita, strette alla mia mano, erano calde. L’acqua scorreva impetuosa, sembrava volermi portare via con sé.
Se mai vi chiesti come sia morire, credetemi, è un tormento. Di vivere non se ne ha mai abbastanza. Anche quando si vorrebbe mollare, perché andare avanti sembra impossibile. Anche quando esistere è una condanna. La vita è la cosa migliore che possa capitarvi, nonostante tutto. Fidatevi.
La vita, io, l’ho amata più di qualunque altra cosa. E il suo sorriso… il suo sorriso lo porterò ovunque andrò. Il suo sorriso sarà la mia pace.
Con un sospiro lasciai andare la mano del duca di Solaria e varcai il confine.

  
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