Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Nayuki911    10/12/2014    1 recensioni
E pensare che tutto era iniziato con una banalissima lite.
Poteva davvero essere una svolta nella sua misera vita?
Sarebbero state due anime destinate ad unirsi, o a scontrarsi senza esito?
Genere: Drammatico, Generale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mikasa Ackerman, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5

 
Erano passate ormai due settimane, e di quelle ragazza, non ebbe più notizia.
Non che non fosse tornato al pub, semplicemente.. l’unica sera in cui aveva deciso di mandare al diavolo l’orgoglio e cercarla lì, non l’aveva trovata.
Erwin gli chiese più volte come mai avesse voluto tornarci con tanta enfasi, caratteristica che Levi non mostrava mai – se non di rado, e lui si era limitato a dire “E’ stato l’unico posto che mi ha fatto apprezzare seriamente le zucchine.”
Inutile dire che quella scusa non aveva affatto funzionato, non solo perché Erwin era un tipo sveglio, ma soprattutto perché non rientrava davvero nel carattere di Levi, apprezzare un cibo che fino a poco tempo prima aveva odiato con tutto se stesso.
Eppure Erwin era un pezzo di pane, e pur di vedere il suo migliore amico felice, lo avrebbe seguito e supportato in capo al mondo.
Quella sera fu abbastanza piatta, perché della ragazza non vi era nemmeno l’ombra, e il panino che aveva ordinato non gli seppe neanche più buono di come lo ricordava.
Deglutì a fatica ogni singolo boccone, guardando qualunque cosa attorno a sé, in cerca della giovane, con la speranza che sarebbe saltata fuori dal nulla, magari dal bancone vicino.
Erwin non chiese, perché era troppo acuto per non averlo già intuito.
La cosa che preoccupava Levi, in un certo senso, era il motivo di tutto quell’interesse, scaturito praticamente dal nulla. Forse era stata colpa di Erwin e di tutte le fesserie che gli aveva messo in testa: quando mai si era interessato così tanto ad una persona che non fosse se stesso?
 
Non la conosceva neanche. A stento sapeva il suo nome – solo perché aveva origliato in quella conversazione a due, altrimenti avrebbe impiegato una manciata di giorni, prima di saperlo.
“Ma le cameriere non hanno un cartellino, di solito?” Se n’era uscito una mattina, nel bel mezzo di una noiosissima riunione sul mercato internazionale.
Non sapeva niente di lei: se fosse impegnata con quel tipo dalla faccia oblunga, quanti anni avesse, se frequentasse ancora la scuola, il college, se fosse una tipa da vino o da birra, se amasse la cioccolata calda, che tipo di stagione preferiva, se fosse figlia unica o avesse dodici fratelli al seguito.
Non sapeva assolutamente niente. Ma soprattutto, perché voleva sapere quelle cose?
Era solo una ragazza come tante, e certo, era bella, giovane, e aveva quegli occhi magnetici, a volte un po’ tristi.. in realtà erano stati quelli ad attrarlo in quel modo. Perché mentire a se stesso e dirsi che era uguale alle altre, quando sentiva a pelle che non era affatto così?
Ricordava bene, cosa lo avesse spinto a cercare un dialogo, ed erano proprio stati quegli occhi spenti, che aveva visto illuminarsi quando aveva capito di aver salvato la giornata a qualcuno. In quel momento pensò anche quanto potesse essere altruista; magari aveva sprecato una mattina intera solo per ammazzarsi il collo e raggiungere il suo ufficio. Non l’aveva trattata proprio bene, ma in sua difesa, poteva comunque dire che ci aveva provato più volte, a farsi perdonare.
Una delle due, lei era praticamente scappata con il ragazzo alto, la seconda, non l’aveva trovata.
Non era proprio nel sangue di Levi, arrendersi, ma se il destino avesse voluto, li avrebbe fatti rincontrare, in un modo o nell’altro.
Ma forse, quel tipo di cose, succedevano solo in un film a lieto fine.
 

********************************
 
Fu una fredda sera di Febbraio, a sconvolgergli la vita.
Ma alle dieci di sera, non poteva ancora saperlo.
Era troppo impegnato a scegliere una camicia da indossare, perché Erwin aveva avuto la brillante idea di prelevarlo con la forza senza se e senza ma, per un post-serata in un nuovo “locale”. All’inizio, non capì il motivo per il quale lo avesse sottolineato con tanta misteriosità, successivamente.. beh, nemmeno.
Uscire non gli avrebbe di certo fatto male, anche se lui era più un tipo da casa-divano-film in salotto. E comunque, era un tipo piuttosto accondiscendente.
Senza batter ciglio, si era ritrovato fuori dal portone di casa con un cappotto pesante, dei guanti e una sciarpa di lana a coprirlo fino al naso.


«Quanto sei esagerato, ahah!» Erwin rise sonoramente per una manciata di secondi buoni, prima di togliere la sicura ed invitarlo ad entrare.

«Sta’ zitto. Ci saranno -30 gradi, qui fuori.» 
Aprì lo sportello con uno scatto energico, e non appena si accomodò sul sedile in pelle tra imprecazioni e parolacce, quasi gli prese un infarto nel veder sbucare la testa di Mike dai due schienali anteriori.
«Che caz- che cazzo ci fa lui qui?» E la domanda fu nettamente rivolta ad Erwin, visto che sapeva perfettamente quanto tra i due non corresse buon sangue. Ignorò l’uomo biondo e il suo fastidioso pizzetto, e sgranò gli occhi in direzione del suo migliore amico, il quale, dopo aver atteso la chiusura dello sportello, rimise la sicura e riaccese il motore. Nessuna spiegazione, nessuna parola, solo un sorrisetto compiaciuto e un’alzata di spalle.
Mike era un caro amico di Erwin, ma Levi non poteva proprio sopportarlo. Sembrava sempre sulle nuvole, un po’ spaesato, e aveva quel fastidioso vizio di stare incollato alla gente, quasi volesse respirargli addosso.

«Acqua di colonia?» La testa di Mike ad un millimetro dalla sua spalla sinistra.
 
«Taci e spostati, testa di c- dove hai detto che stiamo andando, Erwin?»

«Ah, che impazienza, sarà una bella serata, tra soli uomini! E vedrai che ci divertiremo.» Erwin non toglieva mai quel sorriso a trentadue denti, e per stavolta avrebbe lasciato correre. Ma quando si fossero trovati da soli, gli avrebbe dato il ben servito per aver portato quell’idiota di Mike con loro. Evitò di fare questioni solo perché in fondo, era una persona a cui Erwin teneva molto, e decise di non immischiarsi. Di certo, sarebbe stata una serata noiosissima, soprattutto se quel deficiente non si fosse spostato immediatamente dalla sua spalla.
 
«Mike. Potresti almeno evitare di infettarmi con i tuoi germi? Li sento camminare nella mia cazzo di spalla.» Sbottò, ponendo la mano a mo’ di freno contro la faccia dell’uomo.

«Oh, quanto siamo irritabili, oggi! Ehi, Erw! Stasera lo facciamo scatenare un po’, che dici?»

Erw?” «Cristo, potrei seriamente vomitare. Dov’è che stiamo andando, comunque?»

«Andiamo, Erw, diglielo un po’!»
 
«Oh già, Erw, dimmelo tu. Dove stiamo andando?» Levi tentò di non farsi beffe dell’amico, ma fu più forte di lui: quel soprannome era davvero ridicolo; Erwin era già un nome sufficientemente corto, non c’era bisogno di storpiarlo in quel modo.
In tutta risposta, Erwin si prese una pausa di riflessione, prima di rispondere, e ci mise davvero parecchio tempo, tanto che Levi si chiese se non stesse per morire di crepacuore.
 
«Oi. Non era una domanda da un milione di yen-»
 
«Lo so, è solo che.. temo non ti piacerà troppo la risposta.»
 
«Non preoccuparti, tanto la serata si è rovinata nel momento esatto in cui ho visto “Mr.Mi appioppo a chiunque mi capiti a tiro” dietro di me. Solo portarmi in un night club, potrebbe farmi star peggio.»
 
«…»
 
«…»
 
«Levi..»
 
«Fammi scendere da questa cazzo di macchina.»
 
A quel punto fu tutto immediato: Levi si gettò dalla parte di Erwin per sbloccare le sicure, intanto l’uomo al volante fece una sterzata così brusca da costringere Mike a scollarsi definitivamente dal sedile anteriore. Levi godette parecchio, ma non ci diede troppo peso, l’obiettivo era far accostare la macchina, scendere e tanti saluti. Erwin non demorse, e approfittando il fatto che quella strada fosse momentaneamente isolata, sterzò violentemente verso sinistra, in modo che Levi staccasse le sua mani dal volante e dintorni.

«Levi, sei per caso impazzito!?»

«Voglio scendere. Fammi scendere. Ti incendio la macchina mentre dormi. Traditore.»

«Stavo solo scherzando--!»
 
«…»
 
A quel punto ci fu un momento di silenzio. A detta di Levi, quel bastardo di Mike si gustò tutta la sua reazione. Erwin non ci pensò minimamente ad accostarsi, né a decelerare la corsa, perché sapeva che Levi adesso si sarebbe calmato.
 
«…Sai che non devi farmi prendere questi colpi, mio Dio, Erwin!»
 
«E tu sai che io non ti porterei mai in un posto dove ci sono spogliarelliste e transessuali! E’ solo un locale notturno, ci sono cameriere carine, della buona musica, e servono dei drink eccezionali.»
 
«Mi chiedo come tu faccia a sapere queste cose.»
 
«Perché io sono un bongustaio, ci sono già stato, e poi.. sicuramente la mia movida è molto più intensa della tua.»
 
Questo bastò per porre fine a quella discussione e far chiudere Levi in un silenzio di protesta.
 
L’unico momento in cui tornò a parlare, fu per lasciarsi scappare un commento poco gradevole sulla fila che vi era all’entrata del locale. Inutile dire che un solo sguardo bastò per fulminare Erwin Smith, il quale, con un semplice occhiolino, lo rassicurò subito.
 
«Tranquillo, non faremo la fila al gelo. Mike ha delle conoscenze. Ci faranno entrare subito.»
 
Era bello il modo in cui lui ed Erwin si capissero al volo; almeno non avrebbe dovuto farsi tre ore di fila sotto quel freddo assassino. Ma di una cosa era certo: non avrebbe mai ringraziato Mike.
Se avesse iniziato a pestare a sangue il proprietario, avrebbero fatto anche entrare lui, con le dovute raccomandazioni.
 
Il locale non era malaccio, ad eccetto per alcuni tipi loschi posizionati all’entrata, probabilmente già ubriachi. Sbuffò come suo solito, guardando Erwin in maniera torva, prima di scendere e assicurarsi di aver chiuso bene lo sportello. Ebbe la tentazione di dire “Ehi, lasciamo qui Mike”, fingendo che la macchina avesse qualche problemino ad aprirsi, ma Erwin abbassò il finestrino per urlargli di cominciare ad entrare, mentre lui cercava un posto per l’auto, lontano da lì.
Quale momento migliore per prendere Mike a pugni. Sfortunatamente gli “serviva” per entrare lì dentro, anche se lui sarebbe volentieri tornato a casa; peccato che Erwin sembrava tenerci molto, chissà per quale motivo. Era vero che non aveva movida, a differenza del suo migliore amico..?
Mike gli fece cenno di seguirlo, quella fu l’unica occasione in cui non se lo trovò appiccicato al seguito; lo vide parlare con un tizio paffuto e baffuto (…) dopodiché guardarono entrambi Levi, risero, e lasciarono entrare anche lui.
Una volta messo piede al caldo, non poté far a meno di chiedere a Mike cosa avessero avuto da ridere.
 
«Il buttafuori credeva che fossi più piccolo, per via della tua statura.»
 
«Ti spacco la faccia. E ora non c’è Erwin a proteggerti.»
 
«Andiamo, scherzavo! Rideva per il tuo taglio di capelli a scodella.»
 
Quello era persino peggio.

«Ti ammazzo e depredo il tuo cadavere.»
 
«Sì, ok, troviamo posto, dai!» Mike si incamminò nel salone centrale, e Levi capì subito il motivo per cui quel posto era tanto affollato: era tutto molto raffinato, a partire dai divanetti di pelle rossa e i quadri esposti; le cameriere si facevano davvero guardare, e più in fondo, vi era una sottospecie di palco con degli strumenti, probabilmente per le esibizioni. Forse con “buona musica” Erwin intendeva musica dal vivo. Parecchio incuriosito, seguì Mike in un tavolo in fondo a destra, piuttosto vicino al palco, un divanetto all’angolo e due sedie. Si tolse il cappotto e lo adagiò sul cuscinetto accanto a sé, lì dentro c’era parecchio caldo, quindi si sedette senza aggiungere nulla, dandosi un’occhiata in giro.
 
«Vado a prelevare Erw! Senza di me non lo faranno mai entrare! Tu aspettami qui, non osare scappar via, ok?»
 
Levi fece per obiettare, magari sputando una battuta delle sue, piuttosto saccenti, ma Mike fu più veloce di lui e sparì tra la folla.
 
«Erw.. tch. Che cazzata.»
 
Si mise a braccia conserte, aspettando che qualche cameriera lo notasse, aveva decisamente voglia di bere qualcosa di forte, anche solo per illudersi di non essere davvero lì e sperare che quella serata volgesse al termine il prima possibile. Erwin e Mike fecero capolino nella sala prima che qualcuno potesse notarlo e servirgli da bere.
 
«Tutto solo? Possiamo portarle qualcosa, signore?» Ironizzò Erwin, prendendo posto a sedere proprio accanto a lui.
 
«No, sono qui con due deficienti che mi hanno prelevato da casa con la forza e mi hanno quasi fatto ammazzare.»
 
«Interessante, possiamo sederci accanto a lei? Signore dai capelli a scodella?»
 
«…Strozzati.»
 
«Hai già ordinato qualcosa?»
 
«Non è venuto nessuno a portarmi un menu. Non sapevo cosa prendere.»
 
«Andiamo, Levi, non c’è mica bisogno di un menu! Sta a vedere. ..signorina!» chiamò dal nulla una ragazza, bionda, la quale si avvicinò subito. Erwin aveva una certa dote, quando si trattava di attirare ragazze. Notò i tacchi di almeno dieci centimetri con i quali la bionda volteggiava senza problemi. Chissà come facevano, le donne, a camminare su quei trampoli con una stabilità esorbitante.
La tipa si avvicinò, con un aggeggio nelle mani; evidentemente era un locale innovativo, per far sì che le cameriere non avessero dei semplici block notes.
 
«Sì? Cosa vi porto?» chiese, gentilmente. Perlomeno lo staff sembrava educato.
 
«Tre Black Russian
 
«Ottima scelta. Ve li porto subito!» Sprizzante di gioia, si allontanò dal loro tavolo, così poté approfittare per scoccargli uno sguardo interrogativo.
 
«Fidati di me, ti piacerà. E abbiamo bisogno di svegliarci, tra poco inizia la musica! La notte è giovane, amico mio!»
 
«..Sarà.» Levi si mise a sedere più comodamente, attendendo pazientemente che tornasse la signorina con i cocktails.
Non dovette aspettare molto, perché tornò pochi minuti dopo, giusto il tempo da permettergli altri sguardi in giro. Sembrava un posto rustico e moderno al tempo stesso, difficile da descrivere a chi non lo avesse mai visto; qualcosa lo attirava parecchio, forse la disposizione dei divanetti, forse il piccolo palco, forse la presenza del pianoforte. Quando Erwin gli aveva detto “bar notturno” aveva pensato male; si era immaginato la presenza di una decina di ballerine cubiste attorno ad un palo, con in dosso un solo perizoma tigrato, il che non gli sarebbe dispiaciuto, ma non era proprio il suo genere. Aveva altri modi di passare una bella serata: un divano, un plaid, un buon film e un bicchiere di vino rosso da sorseggiare ogni tanto. Non aveva mai apprezzato la vita movimentata, né sdegnata, semplicemente non era il suo genere, ed Erwin lo sapeva benissimo, ma ogni tanto provava a strapparlo via da quella monotonia che lo stava inghiottendo come sabbie mobili.
Niente avrebbe potuto strappargli un sorriso.
Sorseggiò il cocktail con fermezza, vi scorse del liquore al caffè, e solo quello gli bastò per scaldargli il cuore. Erwin conosceva benissimo i suoi gusti, e da bravo amante del caffè, Levi seppe apprezzare parecchio, pur non commentando ad alta voce.
Dopo l’ennesimo sorso, entrò in un attimo di trance; si sentì come in una bolla, riuscì persino ad ignorare i commenti di Mike sul sedere tondo di una delle cameriere. Sentì in sottofondo un rumore chiassoso, come se stessero trascinando un mobile pesantissimo, ma ignorò anche quello.
Solo la voce di Erwin e il suono di una voce al microfono, catturò la sua attenzione.
 
«Qualcuno sta iniziando a cantare.» Erwin batté le mani una volta sola, entusiasta. Certe volte sembrava davvero un ragazzino.
 
Sul palco entrarono un gruppo di giovani chitarristi, diedero inizio ad un motivetto da salone, la musica era decisamente quella di un saloon, ma la gente sembrava dare più importanza ai sederi al vento delle cameriere, piuttosto che alla buona musica. Ed era davvero apprezzabile, notò, tenendo in mano il bicchiere ormai mezzo vuoto.
 
«Si chiama Old Fashioned. O Tumbler basso!» Mike parlò dal nulla, lanciando uno sguardo al bicchiere che Levi teneva in mano.
 
«Non mi cambierà la vita sapere il nome di un fottutissimo bicchiere.»
 
Non appena la musica cessò, iniziò a duolergli la testa; il volume era decisamente eccessivo, anche se comprensibile, quindi fu lieto di sentire il suono del pianoforte, alcuni minuti dopo.
Sul palco, scorse una figura longilinea, una ragazza dai capelli rosso fuoco, lunghi fino alle spalle, si posizionò al centro di esso, seduta su uno sgabello alto, con il microfono in mano.
La musica partì sulle note di una canzone a lui familiare, e si stupì di vedere che qualcuno, oltre lui, la conoscesse.


On oubliera les chaînes de nos vies qui se traînent
On oublie quand même
Mais il est une chose à laquelle nous resterons fidèle…
 
 
Sorseggiò ancora il suo cocktail, lanciando un’occhiata alla donna seduta al centro del palco. Aveva un vestito nero, corto, e le movenze con cui ogni tanto accompagnava i versi, erano eleganti tanto quanto la sua voce. Si stupì del modo in cui la sua dizione fosse perfetta, il francese non era una lingua semplice. Forse lo era di origine.
Sotto la luce del palco, i capelli rifletterono un colore parecchio strano; forse si trattava di una parrucca, o forse stava davvero reggendo male l’alcool.
 
 
…J'oublierai ma défaite et le rêve qui s'arrête
J'oublierai peut-être
Mis j'y pense encore quelque fois et ça ne s'explique pas
S'explique pas…
 
«E’ proprio brava, Levi. Non trovi? E’ anche piuttosto carina!»
Sapeva cosa stesse tramando Erwin, ma stavolta, non avrebbe mosso un dito. Essendo parecchio vicino al palco, riusciva a seguire persino il movimento delle sue labbra.
Non poté far a meno di mimare qualche frase, conoscendo la canzone, e la accompagnò durante i versi seguenti, il bicchiere ormai solo pieno di ghiaccio.
Ricordò bene il momento in cui la ragazza si girò a guardare in sua direzione, a quel punto si sentì in dovere di mettersi a sedere un po’ più comodo, per non dare l’impressione di essere un barbone ubriaco – proprio come tutti gli altri lì dentro; ricordò bene di come lei proseguì le note con dolcezza, il rossetto rosso sulle sue labbra si intonava perfettamente con i capelli color fuoco, il microfono ad un filo da esse, sembrava quasi ci stesse facendo l’amore, tant’era coinvolta.
Ricordò bene anche il momento in cui i loro sguardi si incrociarono, e a quel punto, la riconobbe all’istante. Perché avrebbe potuto indossare migliaia di vestiti, mille parrucche o nascondersi dietro centinaia di maschere, ma non avrebbe mai potuto dimenticarsi di quegli occhi magnetici; gli stessi a cui aveva pensato per notti intere sin dal primo momento in cui l’aveva incontrata.
La ragazza sgranò poco gli occhi, e quella fu forse la conferma migliore che potesse ricevere.
In quel momento non pensò a nulla se non a lei; non si chiese nemmeno cosa ci facesse lì, cos’altro non sapesse di lei, dove fosse il suo apparente fidanzato, o come mai indossasse una parrucca.
In quel momento pensò solo ad ascoltare la sua voce melodiosa, senza mai interrompere il contatto visivo.
 
..Tes yeux, ta voix, tes mains sur moi, toujours ça reste là
Le jour et l'heure, ta peau, l'odeur, l'amour ça reste là
C'est fort encore, C'est mort d'accord
Mais ça ne s'oublie pas
Ne s'oublie pas, ça
Je n'oublie pas
 
«…»
Come incantato, mimò alcune frasi con le labbra, senza cantare, in modo che anche lei potesse vederlo.
I tuoi occhi, la tua voce, le tue mani su di me..”
Sembrava che quella canzone fosse perfettamente adatta a quel momento. Non pensò nemmeno a come potesse apparire ai Suoi occhi.
 
...l'amour c'est là
On n'oublie pas
Je ne t'oublierai jamais.
 
La canzone finì con quelle note, e le pronunciarono insieme; il tutto, seguito da alcuni applausi sparsi per il salone.
Lui fu l’ultimo a battere le mani, forse perché ancora si ritrovava ad ammirarla in segreto, ancora leggermente intontito da quella scoperta. Fu Erwin a svegliarlo da quello stato di trance.
 
«Un altro drink?» chiese, con un sorrisetto insolito dipinto sul volto.
 
«… No, grazie.»
 
«Sapevo che lei ti sarebbe piaciuta. Quando sono passato di qui, l’altra sera, l’ho sentita cantare e sono rimasto colpito dalla sua voce melodiosa. Ho anche avuto la sensazione di conoscerla, chissà perché.» Gli fece un altro occhiolino, stavolta più vistoso, prima di terminare il suo drink e alzarsi in piedi, sbattendo le mani sul tavolo. «..Andiamo a prendere qualche stuzzichino, Mike!»
Levi poté giurare di averlo visto sorridere ancora, e a quel punto capì quanto quel vecchio sprovveduto avesse colto nel segno. Non c’era proprio niente che gli passasse inosservato.
 
«Vecchio marrano..» disse ad alta voce, lanciando un’occhiata al palco. Ma la ragazza era già sparita.
Se quello non era stato un segnale, cos’altro poteva essere? Aveva deciso di dimenticarla, di andare avanti, di concentrarsi sul suo lavoro e sui suoi affari solitari, eppure se l’era trovata davanti, senza averla cercata. Certo, Erwin aveva dato un piccolo aiutino, ma tecnicamente non era stato lui a volerlo. Poteva comunque contare come un segno del destino..?
Ma perché stava perdendo tempo appresso ad una ragazza di cui non sapeva niente?
Una voce interiore, gli suggerì che, fino a prova contraria, non avrebbe mai saputo niente, se non lo avesse chiesto direttamente a lei. Quella fu una motivazione sufficiente per alzarsi e cercarla, senza dare troppo nell’occhio.
Il primo posto in cui le venne in mente di cercarla, fu il bar all’entrata. Magari, dopo aver cantato, aveva avuto bisogno di idratarsi. Eppure, nessuna traccia.
Uscì fuori – andando incontro al gelo e al buttafuori che si lamentò del mancato pagamento; ci mise un po’ a spiegargli che era uscito solo per una boccata d’aria. In ogni caso, di lei, nessuna traccia.
Poi gli venne un’illuminazione: il bagno.
Stava sicuramente andando a cambiarsi. Non poteva di certo proiettarsi nel bagno delle donne, e soprattutto, con che scusa? Non sapeva nemmeno cosa dirle. Eppure sapeva che si fossero guardati più volte, ininterrottamente, fino alla fine della canzone. Sapeva che anche lei lo aveva riconosciuto. Ci avrebbe pensato dopo, a cosa dirle.
Proprio nel momento in cui ci stava rimuginando su, andò a sbattere contro una figura longilinea.
 
«Mi dispiace, stavo.. Mikasa
 
La ragazza dai capelli ora corti e corvini si massaggiò la spalla, un po’ sorpresa, stringendo con più forza una borsa nera piuttosto ingombrante. Era vestita in modo molto semplice, una camicia bianca, dei jeans attillati, converse nere. Che si fosse sbagliato?
Eppure lei c’era davvero lì, non poteva essere un caso.
 
«Ciao, uhm. Ti.. ricordi di me?»
 
«..E’ una specie di stalker o cosa?» se ne uscì la giovane, tentando invano di chiudere la borsa, strabordante di chissà cosa.
 
«Vedo che ti ricordi. Bella esibizione, comunque.»
 
«Non so di cosa stia parlando. Se vuole scusarmi, ho molta fretta, adesso.» Gli diede una spallata, e senza nemmeno guardarlo negli occhi, accelerò il passo, approfittando della confusione che stava iniziando a crearsi nei bagni. “Donne..”
Che non fosse davvero lei?
Il fato, o delle semplici coincidenze, vollero che per via della confusione, qualcuno la spingesse erroneamente, facendole cadere la borsa per terra, dalla quale fuori uscì una ciocca di capelli rossi e qualche scatoletta – dove forse vi era del trucco.
Senza fare troppo il presuntuoso o il sapientone, le si avvicinò con garbo, accovacciandosi per terra, in modo da aiutarla.
 
«Le cose sono due: o hai ammazzato un pappagallo rosso e lo hai infilato nella tua borsa per nasconderne le prove, o.. sul palco eri tu, poco fa.»
 
La ragazza rimase in silenzio, scostando una ciocca di capelli dietro l’orecchio, cercando in tutti i modi di non guardarlo negli occhi. Levi non aggiunse altro, piuttosto, la aiutò a sistemare il tutto e a chiuderle la borsa.
 
«…»
 
«Ci vuole forza. Bastava mettere le scarpe in modo orizzontale, temo che tu le abbia rimesse qui dentro con molta fretta. Sei stata davvero brava.» Che si stesse forse nascondendo?
 
«… Grazie. Senta, io devo davvero andare, non posso farmi vedere qui.»
 
Se solo avesse avuto la macchina, magari l’avrebbe portata via, in un posto più isolato, per parlarle con calma. Sembrava avere dei motivi validissimi per andare, e avrebbe voluto chiederle di restare. Cosa ci fosse di tanto forte da attirarlo a lei, non riusciva mai a spiegarselo.
Lei era sempre così sfuggente.. forse era per questo che provava con tutto se stesso a cercare di avvicinarsi a lei. Perché era diversa, particolare, e avrebbe avuto piacere a conoscerla.
 
«..Aspetta.» La prese per il polso, delicatamente. Non era la prima volta, che lo faceva. La ragazza non si stupì nemmeno; sul procinto di andare via, si girò lentamente, forse catturata da una mancata irruenza che invece si aspettava di ricevere. «Non voglio essere invadente. Non voglio neanche darti impressione di essere uno stalker o roba simile. In effetti, non so neanche io perché ci tengo così tanto, ma.. permettimi di offrirti da bere. Almeno questa volta
 
«E’ davvero gentile da parte sua, ma.. Non posso stare qui.»
 
«Allora andiamo da qualche altra parte, ti va di bere qualcosa di caldo?» Provò ad insistere, senza essere maleducato. Tentare non avrebbe fatto del male a nessuno.
 
«.. Non la conosco nemmeno.» Motivazione validissima, pensò Levi, tra sé e sé. In che modo toccare il cuore di una giovane? Sembrava davvero così innocente. Le ridiede la borsa, aiutandola ad alzarsi in piedi; non era una buona idea, restare nei pressi di un bagno, troppo viavai.
 
«Vero. Ma tecnicamente.. conosci anche l’indirizzo del mio ufficio. Potresti appiccare il fuoco e uccidermi.»
 
«Vero,» sorrise, e fu il primo sorriso che gli rivolse, da quando l’aveva conosciuta. Sembrava averla finalmente convinta, e sentì un peso in meno sul cuore. Era così bella, quando sorrideva. Non si preoccupò nemmeno di avvisare Erwin. D’altronde, se il suo migliore amico l’aveva portato lì con lo scopo di fargliela rivedere, non avrebbe avuto nulla da ridire. Mikasa alzò le spalle, il tono di voce un po' più basso. «C’è un bar qui vicino.. fanno pancakes e cioccolata calda fino a tardi..»
 
«Mi sembra un’ottima idea. Beviamo qualcosa di caldo, e mi racconti un po’ perché hai sempre tutta questa fretta. Che ne pensi?»
 
«Sì.. va bene, signor stalker. Ma.. sarà complicato da spiegare..»
 
«Non temere.» Sottolineò con fermezza, facendole cenno di cominciare ad incamminarsi, riprendendole la borsa dalle mani, per evitare che si “liberasse” almeno di quel peso.
«Ho una passione, per le cose complicate.»



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CI HO MESSO UN- pomeriggio intero, quindi sarà bene che la mia Nexys, alla quale dedico la fanfic, apprezzi o appicco il fuoco a me stessa(?) Scherzi a parte, grazie a tutti per le visualizzazioni e recensioni, saluto anche la cara Liz che mi segue, e vi avviso che nel prossimo, vedremo un po' più di contatto u.u A presto <3 *crepa*

 
 
   
 
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