Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Calime    10/12/2014    3 recensioni
Raccolta di spaccati di vita quotidiana di Elsa e Anna:
#8. To night - A piccoli ed incerti passi si avvicinò al letto, osservando il volto sereno di Elsa nella penombra. Quando la sentì mugugnare nel sonno “cioccolata”, per poco riuscì a soffocare le risate con le mani, attenta a non far cadere ciò che aveva portato con sé sovrappensiero. [Post Frozen]
#9. Ricordi - Il primo ricordo che Elsa aveva di Anna riguardava una culla in legno intarsiato, dipinto del giallo del croco e del verde delle sue foglie, del rosa dei nastri dei fiocchi appesi e del bianco immacolato delle lenzuola che avvolgevano il fagottino all’interno. [Post Frozen]
#10. Il cielo si è svegliato - Elsa seguitò a rimestare il latte con aria meditabonda. Leggere volute di vapore si innalzavano dalla tazza ad intervalli sempre più lunghi, segno del repentino raffreddamento della bevanda, ma non parve preoccuparsene. Nessun suono uscì dalle sue labbra strette, soltanto il rumore del cucchiaino che raschiava la porcellana rivelava la sua presenza a tavola. [Missing Moment]
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna, Elsa, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della Disney.





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Prompt: 19. Regali di Natale
Titolo: Regali di Natale
Autore: Calime
Fandom: Frozen – Il Regno di Ghiaccio
Personaggi: Anna, Elsa, Re, Regina
Genere: Fluff, Generale Malinconico
Rating: Verde
Avvertimenti: Missing Moment
Lunghezza: 2522 parole – 5 pagine (contatore Word)
Note dell’autore: Giusto in tempo per Natale con un prompt a tema!! Questo è il mio regalino per voi tutti, sperando che apprezziate nonostante la carica di angst :)
Non aspettatevi un allegro Natale, perché la protagonista è Elsa, che potrebbe essere OOC… Dico “potrebbe” perché per me non lo è. Ho ambientato la one-shot in un periodo abbastanza prossimo all’incidente, quando ancora Elsa ha fresca la paura ma non ne è divorata e ho supposto che fa una sconsideratezza spinta dalla preoccupazione per Anna. Comunque, fatemi sapere sinceramente cosa pensate :)
Ho tenuto “Babbo Natale”, perché ogni Paese ha le sue tradizioni e non mi pareva il caso di usare proprio il termine in norvegese o altre lingue.
Vi abbraccio tutti, augurandovi un bellissimo Natale! ♥





Snowflakes
Momenti della nostra vita




07. Regali di Natale


Delicatamente passò le piccole dita tra le foglie e i decori della ghirlanda natalizia, che teneva in grembo. Seduta sul letto a baldacchino, troppo grande per il suo corpo di bambina, Elsa alzò gli occhi all’ampio soffitto, stringendo le labbra in una linea sottile, le palpebre serrate per isolarsi dalla realtà e volare via, indietro nel passato. Riportò alla mente il crepitio del fuoco nel camino, il calore delle fiamme, l’atmosfera gioiosa e le venne naturale abbracciare Anna, che le saltò al collo facendola quasi cadere.
Le foglie appuntite della ghirlanda la riportarono dolorosamente alla realtà: non si trovava nel salone, non stava abbracciando Anna, non c’era nessun fuoco a donarle calore – soltanto una stanza vuota e fredda, e quel regalo anticipato che stringeva al petto con tutte le sue forze.
«Anna…» mormorò con voce fioca, accarezzandolo.
Era la Vigilia di Natale, ma aveva rifiutato l’abete addobbato che il papà voleva sistemare nella camera. Tuttavia, la settimana successiva le aveva portato un po’ di vischio, agrifoglio e pungitopo da appendere ai mobili e alle colonnine del letto. Elsa aveva tentato di dissuaderlo dall’intento, ma lui era stata irremovibile, facendola ricredere quando si divertirono a sistemare tutto.
E ciò che teneva con tanta cura tra le braccia – quella ghirlanda dai piccoli e grandi fiocchi non molto stretti e le pigne e le bacche colorate non ben sistemate – era il suo personale Natale. L’aveva fatta Anna con l’aiuto della mamma e il fogliettino appeso recava la calligrafia grande e tremolante della sorellina: “Buon Natale, Elsa”.
«Buon Natale, Anna» rispose con un piccolo sorriso.
Fece per alzarsi dal letto e riporla sulla cassapanca, quando percepì distintamente un forte calpestio in corridoio: passi veloci e ansiosi si susseguirono in fretta. Preoccupata, corse verso la porta e subito vi poggiò l’orecchio in ascolto, ma non riuscì a distinguere alcuna parola, soltanto voci confuse e familiari.
Cos’era successo?

La preoccupazione fu un crescendo continuo per tutto quel pomeriggio: altro trambusto aveva sentito qualche ora prima e, ricordandosi la disposizione delle camere da letto, era riuscita a capire a cosa fosse dovuto, o meglio a chi.
Qualcosa era successo ad Anna.
Ma cosa?
Perché nessuno non le aveva ancora detto nulla?
Dov’era il papà? E la mamma? E Gerda? E Kai?
Elsa non fece che ripetersi il monito per tutto il tempo, sussurrandolo appena, focalizzandosi su ogni singolo termine, controllando il respiro e l’accelerazione del battito. Aveva fatto nevicare appena e riverberi di ghiaccio erano comparsi qua e là sui vari mobili e sul pavimento.
Il sole era tramontato e l’ora di cena vicina: presto avrebbe avuto tutte le risposte.
Due colpi secchi alla porta e poi il vocione gentile di Kai la fecero scattare come una molla giù dalla sedia. Aprì subito, lasciandolo entrare e sommergendolo al contempo di domande.
«Anna! Anna! Cosa è successo? Come sta? Kai, rispondimi per favore. Ti prego…»
Il maggiordomo posò il vassoio con la cena sulla scrivania, lasciando uscire dalle labbra serie un sospiro. «Non si tormenti così, principessa. La principessina si riprenderà presto».
Anna stava male?
Elsa sentì un tuffo al cuore, ma non riuscì a chiedergli altro: era appena uscito, lasciandola di nuovo sola. Angosciata, osservò le pietanze abbondanti e si decise a mangiucchiare qualche pezzo di pane, la zuppa ormai tiepida a causa della bassa temperatura della stanza e le succose mele.
Soltanto più tardi, quando il cielo si scurì ulteriormente, il Re bussò alla porta per darle la buonanotte.
Non appena gli aprì, Elsa si gettò tra le sue braccia aperte, sfregando il viso bagnato dalle prime lacrime sulla giubba.
«Padre, Anna… Anna sta bene?» La voce uscì rotta e soffocata dal tessuto.
Il Re accentuò la stretta. Avrebbe dovuto metterla subito a conoscenza dei fatti: la sua primogenita ed erede era fin troppo intelligente e intuitiva, ma non voleva allarmarla prima di essere certo dell’accaduto. Sciolse l’abbraccio per poterla guardare in quegli occhi che entrambe le figlie avevano ereditato dall’amata moglie, e le sorrise con dolcezza, dispiacendosi di averle procurato involontariamente tutta quell’ansia.
«Guarirà presto» rispose.
«È ammalata?» Elsa si allarmò, aggrappandosi con forza al tessuto della giubba.
Il padre le accarezzò le guance con tenerezza. «Ha preso il raffreddore, ma è normale in questo periodo».
Quelle parole riuscirono a sciogliere la fastidiosa morsa che le attanagliava lo stomaco e con le maniche della vestaglia andò ad asciugare le lacrime versate. Tirò su con il naso ed annuì, prima di replicare: «Domani è Natale». Al suo cenno affermativo, continuò: «Non potrà aprire i regali, se sta male».
«La febbre è scesa. Sono certo che domani starà così bene che verrà a svegliarci all’alba, impaziente di aprirli». Il Re rise spensierato e fu allora che la figlia si acquietò, accettando il bacio della buonanotte.

Con Anna, che bussava ogni giorno alla sua porta per invitarla a giocare, le sue orecchie erano abituate a percepire ogni minimo rumore: ormai riconoscevano la cadenza dei suoi piccoli passi, quale fosse il suo ritmo nel bussare e, da quanti colpi dava alla porta, Elsa riusciva a capire di che umore fosse.
Fu a causa di questo senso sviluppato che si svegliò nel cuore della notte: non sapeva che ore fossero, né da quanto stesse dormendo. Il rumore di passi proveniente dal corridoio era troppo simile a quello sentito durante il pomeriggio, persistente ma meno violento.
“La febbre di Anna era peggiorata”, pensò subito. Il respiro le si mozzò in gola e il cuore perse un battito, mentre la preoccupazione si riversava in brividi lungo la schiena.
Scese in fretta dal letto per raggiungere la porta. Come quello stesso pomeriggio, appoggiò l’orecchio all’altezza della toppa e ascoltò, attenta ai brusii e ai fruscii che provenivano da fuori.
Non riuscì a distinguere bene le voci e questo la rese ansiosa e frustrata. Voleva sapere come stava Anna, ma non poteva uscire. Era bloccata lì dentro, mentre la sua sorellina soffriva.
Quel pensiero la spinse a reagire. Prese un po’ di coraggio e, afferrata la maniglia, spinse piano per riuscire a spiare con un occhio la situazione.
Il buio la accolse, così si arrischiò ad aprire di più, fino a quando non riuscì a scivolare silenziosamente fuori.
Più in là, proprio dove si trovava la stanza di Anna, stavano la mamma e Gerda, che reggeva in mano una candela. Grazie a quella debole luce Elsa riuscì a distinguere i loro volti preoccupati e in attesa.
Non tenne conto di quanto rimase lì, nascosta dalla notte, forse interi minuti o qualche secondo – probabilmente lo stesso tempo si fermò a tenerle compagnia. Schiacciata contro il legno intarsiato alle sue spalle, era pronta a rientrare in camera prima di venire scoperta.
Le lancette del suo personale orologio ripresero a girare, quando sentì il cigolio caratteristico della porta. Qualcuno era appena uscito dalla stanza di Anna: il papà?
Le voci si sovrapposero: alcune acute, altre più roche e profonde. Con lo sguardo fisso sulle due donne e l’unico punto di luce, Elsa riuscì a scorgere un volto maschile che riconobbe come quello del dottore. Sforzandosi ancora, strinse le palpebre per riconoscere chi gli era affianco. “Padre!”, quasi le scappò dalle labbra serrate.
Attentamente ascoltò il sussurrare del dottore, ma non riuscì a comprendere molto tra il tono basso di voce e l’utilizzo di alcuni vocaboli a lei sconosciuti. Soltanto quando vide la mamma e Gerda guardarsi con dei piccoli sorrisi e le spalle finalmente rilassate, tornò il sereno nel suo piccolo mondo.
«Buon Natale, Maestà».
L’augurio arrivò chiaro alle sue orecchie: segno che il dottore si stava congedando e lei, di conseguenza, non poteva più stare lì. Fu lesta a rinchiudersi dentro la camera, mentre il cuore scalpitava nel petto per la paura, ma il gruppo passò oltre e il corridoio ridivenne silenzioso.
“Era già Natale e Anna stava ancora male”, pensò stropicciando la stoffa della vestaglia nei piccoli pugni chiusi.
Attese, restia a tornare a dormire. Poteva mai avere sonni tranquilli, sapendo che Anna soffriva? Papà l’aveva tranquillizzata, certo, ma prima di quello.
Sospirò, tenendo lo sguardo basso e fisso sull’orlo della vestaglia: gli occhi si erano ormai abituati all’oscurità e il ghiaccio presente in giro rifletteva la fioca luce della luna e delle stelle, illuminando appena l’ambiente.
Finalmente sentì tornare la mamma e il papà, che oltrepassarono entrambe le stanze, fermandosi in fondo al corridoio. Quando sentì chiudersi la porta e tornare il quieto silenzio, interrotto dal lieve ticchettio della pendola che scandiva i secondi, Elsa smise di trattenere il respiro.
Un pensiero prese dimora nella sua testa, così tanto che non riuscì a cacciarlo via: “E se… E se…”
Inghiottì a vuoto.
Soltanto per assicurarsi. Soltanto per augurarle silenziosamente buon Natale e buona guarigione. Soltanto…
Una lacrima silenziosa scese lungo la guancia, fino all’angolo delle labbra dove si asciugò.
Per vederla. Soltanto una volta, quella volta.
Non voleva disubbidire ai genitori, né fare del male ad Anna. Scivolò a terra, rannicchiandosi con le gambe strette al petto e il volto nascosto.
Ricordava e mai avrebbe dimenticato quello che fu, quello che perse, quello che successe.
Alzò il viso con gli occhi lucidi, decisa. Nessuno l’avrebbe saputo, neanche Anna.
In fretta si rimise in piedi e piano aprì la porta, attenta a non provocare alcun tipo di rumore. Uscì senza richiuderla e iniziò ad avanzare nella quasi totale oscurità, con il cuore che sembrò scoppiarle in petto.
Non tornò indietro.
Piede destro avanti, poi il sinistro, e così via, le braccia stese innanzi per evitare di sbattere contro i mobili.
Finalmente la punta delle dita incontrarono l’ostacolo cercato: era arrivata. Appoggiò i palmi sul legno recante i decori caratteristici del castello e della famiglia reale. Scivolò quindi in alto e un po’ a destra, fino a quando non incontrò la maniglia.
Per un attimo si trovò ad indossare i panni di Anna: era così che si sentiva ogni volta? Con quella forte speranza di vederla?
Scosse la testa per snebbiarla dai pensieri e, senza indugiare ulteriormente, si affrettò ad entrare.
Orientarsi non fu facile, ma gli occhi e i ricordi furono dei validi alleati. Non aveva più visto quella stanza da quando avevano spostato le sue cose, eppure si accorse subito di come il letto di Anna fosse sempre allo stesso posto.
Si avvicinò silenziosa e presto riuscì a poggiare le mani sulle pesanti coperte. Il chiarore del cielo stellato la aiutò: Anna dormiva tranquilla su un fianco, respirando un po’ affannosamente per via del raffreddore con la bocca aperta. Riuscì a notare il colorito pallido soltanto a causa delle guance accese di rosso, ma nonostante ciò sembrava stare bene – forse stava sognando qualcosa di bello.
«Buonanotte, Anna» sussurrò appena, persa nella contemplazione.
Non fermò la mano che andò a sfiorarle il ciuffo di capelli sulla fronte. Le dita accarezzarono quelle ciocche un po’ umide di sudore, soffermandosi poi sull’unica bianca: segno indelebile del suo errore.
Gli occhi si inumidirono di una colpa mai espiata e sussultò, indietreggiando, sopraffatta dai ricordi. Doveva andarsene! Cosa stava facendo lì?!
«Elsa?»
Quella vocina strascicata e sofferente la riportò bruscamente alla realtà, ma per fortuna Anna aveva appena mormorato nel sonno.
«Elsa» continuò a chiamarla, poi tossì.
Elsa le fu subito accanto. «Shh, Anna. Anna, andrà tutto bene. Te lo prometto» sussurrò, passandole una mano sulla fronte calda.
«Elsa…» piagnucolò la piccola, agitandosi nel sonno.
Sentendola tremare appena, si allontanò di scatto: Anna doveva stare al caldo, non sentire freddo a causa sua.
“Sarebbe guarita presto”, sperò.
Fece per voltarsi e tornare indietro, quando si accorse di come la sorellina avesse allungato un braccio verso di lei per riuscire a toccarla.
«Elsa, Babbo Natale ha esaudito il mio desiderio» stava articolando a fatica. «Volevo tanto vederti. Facciamo un pupazzo di neve insieme?»
Elsa si sentì morire: le labbra tremarono appena e lacrime iniziarono a rigarle le guance. Le asciugò in fretta con le maniche della vestaglia per afferrare la sua mano tesa. E a quel contatto Anna emise un sospiro, rasserenata; rilassò la fronte e le sopracciglia, mentre le palpebre sbatterono appena senza però aprirsi.
Sapeva di dover approfittare del momento e uscire, ma non se la sentì di lasciarla: da quanto non si trovavano così vicine? Da quanto non stringeva la sua mano?
Si era aspettata di soffocare sotto il peso delle emozioni e dei dolorosi ricordi; invece, la testa era stranamente vuota, leggera.
Forse Babbo Natale esisteva davvero, ma lei non era stata una brava bambina quell’anno: aveva fatto del male ad Anna.
Perciò, non meritava tutto quello. Non meritava quel contatto.
«Babbo Natale, per favore, fa’ che Anna si svegli senza febbre. Ti prego. Ti prego. Ti prego» sussurrò al vuoto, stringendo la morbida mano della sorellina. «Rinuncerò a tutti i regali di Natale, lo prometto, ma guarisci Anna».
Fu con il cuore a pezzi che lasciò la stanza.


*


«Mamma! Mamma!»
La Regina mugugnò qualcosa nel sonno, muovendo il corpo intorpidito. Quando sentì un peso non bene identificato caderle addosso, pensò che la sua ora fosse ormai giunta.
Aprì gli occhi di scatto e si ritrovò a specchiarsi in quelli ridenti della figlia minore.
«Posso aprire i regali? Eh, mamma? Posso?»
Sbatté le palpebre più volte, pensando di stare ancora sognando, ma il sorriso di Anna era proprio lì davanti. E, sentendola ridere, la abbracciò forte.
«Anna!» sospirò con sollievo. «Tesoro mio, come stai? Ti senti bene?»
Anna tirò su col naso, mentre la mano della mamma le tastava la fronte alla ricerca di un calore che non era più presente.
«Non hai più febbre… Sia ringraziato il cielo!» Gioì, tenendola stretta e cullandola dolcemente.
«Mamma, Babbo Natale ha esaudito il mio desiderio! La mia letterina gli è arrivata!» esultò Anna.
La Regina la guardò con aria confusa, ricordandosi delle sue richieste: una bambola, un nuovo peluche e… Elsa.
La sua bambina era proprio testarda… Ma se ancora doveva aprire i regali, come faceva ad essere sicura che Babbo Natale le avesse portato tutto?
«Elsa è passata a trovarmi! L’ha portata Babbo Natale!»
La donna rimase ancora senza parole, ma subito pensò che fosse stata la febbre a portarle degli strani sogni. Non era possibile che avesse visto Elsa!
«Davvero?» Le sorrise, prendendole il viso tra i palmi delle mani. Con i pollici le accarezzò le gote paffute e rosate.
Anna annuì convinta. «Sono sicura che oggi vorrà giocare con me! Gliel’ha fatto promettere Babbo Natale».
La Regina sospirò con un piccolo sorriso: «Perché non vai ad aprire i regali, intanto?»
La piccola annuì e saltò giù dal lettone ridendo, mentre correva fuori dalla camera dei genitori.
Non appena fu uscita, si ridistese, voltandosi verso il marito che aveva osservato tutta la scena.
«Sono contenta di vederla così allegra» gli disse, sollevata.
«Sarà stato Babbo Natale…» Il Re scrollò le spalle, lasciandole un bacio sulla fronte fresca. «Dovevamo chiedergli di regalarci un altro paio di giorni di tranquillità» ammiccò.
La Regina arrossì sulle guance, rimproverandolo: «Agdar!»
Lui scoppiò a ridere di gusto, abbracciandola stretta.
«Non è affatto divertente! Mi ha fatta stare parecchio in pensiero! Non aveva mai preso un raffreddore così brutto…»
«Sta crescendo» constatò il Re. Poi le sorrise, baciandole una guancia. «Buon Natale, cara».
«Buon Natale» rispose lei, accoccolandosi contro il suo petto.









   
 
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