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Autore: __PandaCloe__    10/12/2014    2 recensioni
dal capitolo 1 - A due villette dalla sua sentì una forte musica provenire da un garage.
La porta aperta e la sua irrefrenabile curiosità la spinsero ad entrare con il suo molosso al seguito. Appena entrata vide quattro ragazzi, tre le sembrava di averli già incontrati. La musica si fermò e il ragazzo dai capelli strani le chiese: " E tu chi sei?"
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford, Nuovo personaggio
Note: Cross-over, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 7
IL KEN APPESO
 
 
Dubitava che quella volta Maddalena sarebbe riuscita tirarla fuori dai casini, ma sapere di averla vicina le dava coraggio. Decise comunque di andare a lezione di canto quel pomeriggio e riprendere la discussione il giorno seguente.
 Si spogliò e andò nel bagno accanto alla porta della sua stanza. Girare nuda per casa non era mai stato un problema. Si tolse il trucco sciolto e si rilassò sotto il getto di acqua bollente chiudendo gli occhi gonfi per il pianto. Per un istante le sembrò che tutti problemi non esistessero: niente genitori, niente conservatorio e niente 5 Seconds Of Summer. E un secondo dopo eccoli là, dietro le sue palpebre pesanti, che le martellavano le tempie. Le venne voglia di urlare ma si trattenne distraendosi con il solito trucco: non aveva mai capito se infilzarsi i polpastrelli con l’unghia del pollice si potesse considerare una forma di autolesionismo, ma, poiché la sola parola le provocava dolore e le faceva venire in mente il sangue e a lei non piace né uno né l’altro, aveva deciso di no. Tant’era però che i suoi polpastrelli erano tutti segnati da solchi viola e rossi e questo non giovava alla sua carriera musicale perché a volte era costretta a fermare le sue prove per il dolore e questo le costava bacchettate sulle mani ben più dolorose.
Quando udì suo padre urlare il suo nome in lontananza si decise ad uscire dalla doccia. Si preparò con estrema lentezza quasi come se l’esasperazione del padre fosse una infima forma di vendetta. Quando scese in salotto Conrad aveva già il cappotto, Greta non si girò nemmeno a guardarla, ma continuò a lavorare al computer seduta al grande tavolo della sala da pranzo, e Josh le lanciò dal divano un’ occhiata del tutto priva di espressione. Perché era così distante ultimamente? Possibile che in così poco tempo fosse cambiato tanto da non rivolgerle quasi la parola? Oltretutto Carlos era appena uscito. Era completamente sola in quella stanza. Strinse istintivamente il cellulare per sentirsi più vicina a Maddalena ed uscì con suo padre.
Il viaggio in macchina le sembrò lunghissimo, forse lo fu, e il conservatorio, un enorme edificio tutt’altro che fatiscente (come lo aveva descritto lei quel pomeriggio), le sembrò più inospitale del solito. I due Wilson entrarono e varcarono la soglia insieme, uno affianco all’altro la loro somiglianza era maggiormente evidente. Anne era un perfetto connubio delle fisionomie dei genitori. La carnagione olivastra e il sorriso, non perfetto, ma luminoso e radioso, di Conrad che lui mostrava molto raramente e gli occhi profondi,i ricci scuri e il naso dritto di Greta si sposavano sul suo viso. Non si era mai reputata una bella ragazza, ma per qualche motivo a lei oscuro a scuola riceveva una certa attenzione dai ragazzi.
La stessa segretaria che aveva chiamato varie volte a casa sua a causa delle assenze di Anne uscì dalla segreteria e salutò con riverenza Conrad dedicando a sua figlia solo un occhiataccia pari in sgradevolezza alla sua voce. I due percorsero i corridoi fino all’ aula 16 dove li attendeva l’insegnate di canto che seguiva la ragazza dall’ età di sei anni.
Genevieve Durand era più che una zitella 60enne, una sfera con una testa, due gambe e due braccia prosciuttesche agghindata con fiocchi e merletti. La “Scrofa”, come la definiva Anne per via della fisionomia e della spiccata passione del rosa in tutte le sue nuance possibili, e la sua allieva non erano mai andate troppo d’accordo principalmente a causa della severità e della mentalità della prima e dell’insolenza della seconda che non si era mai limitata a eseguire gli esercizi senza nemmeno un commento o una contestazione.
“Buonasera signor Wilson!- squittì Genevieve nascondendo frettolosamente nel cassetto una barretta di cioccolato fondente 50% - Anne” salutò l’altra con un occhiata simile a quella della segretaria.
“Buonasera a lei signorina Durand e ci scusi per il ritardo.”
“Si figuri, questo è nulla confrontato con l’assenteismo di Anne in questo mese” ribatté subito lei con un sorriso troppo zuccheroso per i guasti di Anne.
“Già… sono qui proprio per questo: ho accompagnato personalmente mia figlia perché non venga nuovamente meno a questo impegno” rispose Conrad  profondamente imbarazzato e guardando Anne nel modo in cui quel giorno tutti parevano guardarla. Questa per la prima volta sposò lo sguardo  dall’ insegnate che fissava con severità e la mascella contratta e, incrociati gli occhi del padre, chinò il capo.
Conrad fece per uscire dopo aver salutato garbatamente Genevieve che lo fermò invitandolo a rimanere per un colloquio “Anne potresti aspettare fuori mentre parlo con tuo padre?” Domanda retorica. Anna odiava quel tipo di domande Se sai già la risposta a che serve chiedere? Pensava ogni volta. Si alzò con un sospiro dallo sgabello del pianoforte su cui si era seduta e uscì stando attenta a non chiudere completamente la porta dell’ aula insonorizzata numero 16.
Si appostò appoggiata al muro vicino allo spiraglio e tese l’ orecchio.
“mi dica tutto signorina.” Sentì la voce profonda di suo padre.
“Beh… ecco.. vede, non so come dirglielo.” Balbettò la Scrofa per poi continuare dando l’impressione che avesse scritto il suo discordo da tempo e lo avesse provato più volte – io credo che, nonostante tutti questi anni e tutti gli esercizi da me impartiti, la voce della ragazza non sia adatta al canto: è troppo sporca e graffiata, non potrà mai avere una…”
“Sai che non si origliano le conversazioni altrui?” una voce la colse di sorpresa. Si girò di scatto spaventata e vide Leroy, il suo maestro di violoncello da una vita.
“Oddio! Mi hai fatto venire un infarto. E comunque sparlano di me là dentro quindi ho tutto il diritto di origliare”
“Uhm… hai proprio le palle girate oggi eh?” il tipo di rapporto che aveva con Leroy era totalmente diverso da quello con  la Durand.
“Per mia fortuna non le ho le palle” gli rispose sfacciatamente con un sorriso sghembo.
“Già, non sai quanto ti invidio!” Anne rise alla risposta esplicita accompagnata dal solito occhiolino complice. “è un po’ di tempo che non ti fai vedere da queste parti Cello” disse chiamandola con lo stesso banale appellativo del suo strumento e si avviarono insieme verso la caffetteria non lontana.
“Ho avuto le mie buone ragioni.”
“A sì? E, sentiamo, cosa è tanto importante da farti mancare il nostro appuntamento del tè?”
“Una band Leroy! È pazzesco, questi ragazzi sono simpaticissimi e…”
“E sono carini?” chiese Leroy interessato.
“Sono troppo piccoli per te!”
“Ah e così vuoi tenerteli tutti per te eh? Ok non mi immischio nei tuoi affari di cuore” si arrese alzando entrambe le mani.
“Smettila! Volevo dire che mi trovo davvero bene a suonare con loro.” Anne alzò gli occhi al cielo. Poi cominciò a raccontare tutto quello che era accaduto nell’ ultimo mese: la rottura con Alistair, il McGail’s pub, Maddalena fino ad arrivare a ciò che aveva sentito pochi minuti prima.
“Quella stramaledetta scrofa!” esclamò lui con voce acuta mentre Anne si metteva in bocca un bignè al cioccolato e lo mandava giù con un sorso di tè bollente.
“E che ci vuoi fare. Evidentemente è vero che non so cantare, certo che avrebbe potuto dirmelo 10 anni fa e risparmiarmi la tortura di vederla ogni settimana.”
“Che puttana. Davvero una zoccola! Nessuno può criticare Cello a parte me!” Esclamò ancora facendo girare tutti i presenti.
“Lee stai un po’ zitto!- gli disse sussurrando con un indice davanti alla bocca- Mi devi aiutare. Sta sera devo suonare al McGail’s.”
“Caspiterina! – Anne sorrise all’improvviso cambio di registro- Non ti rimane che scappare di casa.” Affermò con ovvietà dopo averci pensato per una decina di secondi.
“Solitamente è l’adolescente che vuole scappare e allora il suo insegnate preferito, un uomo maturo e coscienzioso, lo dissuade dalla sua folle idea” commentò Anne sognando l’aitante docente che l’avrebbe salvata.
“Non darmi del vecchio e poi non sono mai stato un tipo coscienzioso, io.”
Ma lei non lo ascoltò e continuò a cercare una via d’uscita.
“E se invece mi accompagnassi tu? Diciamo ai miei che vuoi portarmi ad un concerto e invece mi accompagni al pub. Dio mio, sono un fottuto genio!” disse Anne eccitata all’ idea.
“si, e che concerto? I tuoi lo vorranno sapere, tuo padre non è uno che si raggira facilmente”
Anne scrutò la bacheca degli annunci.
“Quello! Concerto di clarinetto e arpa:  abbastanza noioso da piacere ai miei e se piace ai  miei mi manderanno sicuramente.”
“Ok- sbuffò Leroy - Anche se il mio programma di sta sera comprendeva coccole sul divano con Simon.”
“Simon? Ma non si chiamava Harnold?” Chiese storcendo il naso.
“Con Harnold ho chiuso da più di due settimane! Simon l’ho conosciuto al gay pride l’anno scorso e finalmente la settimana scorsa l’ho liberato dalla friendzone mia cara omofoba del cazzo che non sei altro.” Le raccontò apostrofandola a causa della smorfia che non era passata inosservata.
“Io omofoba? Ma se ti sopporto da tutto questo tempo!”                                                                    
Si avviarono entrambi davanti all’ aula 16. Il loro assortimento era abbastanza anomalo, lei una bellezza classica, forse troppo per i canoni moderni, e lui poco più alto di lei, abbronzato, biondo con un ciuffo che cambiava colore ogni settimana sempre abbinato agli outfit anomali ma sempre straordinariamente eleganti che indossava e una serie di collanine appese al collo da cui non si separava nemmeno quando faceva la doccia (tutti regali dei suoi ex, diceva): di certo Leroy non sarebbe mai passato inosservato. Era un ragazzo altruista e diretto ed erano in pochi a non conoscerlo e non volergli bene al conservatorio. Una di questi poche persone era proprio Genevieve che aborriva tutto ciò che andasse contro la sua amata chiesa cattolica in particolar modo i gay e gli aborti di cui per fortuna non avrebbe mai avuto bisogno. Anne ricordò quando, all’ età di sette anni,  le chiese ingenuamente perché avesse appeso un Ken al muro e lei aveva dato inizio ad una serie di lezioni di catechismo: era cominciato così il breve periodo profondamente religioso di Anne che terminò nel momento in cui un’ adirata Greta era andata a parlare con la signora e aveva minacciato di farla licenziare. Probabilmente fu quello l’ inizio della antipatia tra Anne e Genevieve che perdurò fino al giorno in questione.
Anne e Leroy giunsero davanti alla porta nel momento esatto in cui Conrad e l’insegnate uscirono. Entrambi squadrarono il ragazzo dal suo fez cremisi da cui usciva un ciuffo del medesimo colore che si protendeva verso l’alto, fissarono il suo cappotto nero con ricami arabeschi rossi fino ad arrivare agli stivaletti a punta di vernice nera.
“Buonasera signor Wilson. Genevieve” Sorrise ad entrambi con una naturalezza e una contagiosità che Anne rivide in un'unica persona dopo di lui in tutta la sua vita.
“Salve signor Gorel.” Rispose freddo l’altro evidentemente in possesso di un vaccino.
“La prego, mi dia del tu” riprovò Leroy.
“Preferisco mantenere le distanze se permette” disse Conrad glaciale.
“Come desidera” Lee non demorse e ritentò di perforare la cortina di ghiaccio con il suo meraviglioso sorriso.
Conrad lo squadrò nuovamente poi presa sua figlia tornò a casa senza nemmeno darle il tempo di salutare il maestro.
Durante il viaggio di ritorno il clima nell’ abitacolo dell’ auto fu lo stesso di quello dell’andata. Dopo circa 10 minuti di silenzio Conrad parlò: “Mi hai tanto deluso Anne.”
La ragazza di tutta risposta alzò gli occhi al cielo e si girò dall’altra parte guardando fuori dal finestrino. Il buio cominciava a calare e ad avvolgere Sidney.
“Cazzate” disse poco dopo quasi sussurrando.
“Cosa? Ma come ti permetti?” nonostante il tono Conrad sentì perfettamente e alzò la voce.
“Stai dicendo cazzate e lo sai anche tu. La Durand ti ha fatto il lavaggio del cervello. Come posso averti deluso per una cosa che non dipende da me? È forse colpa mia se non so cantare? Perché è questo che ti a detto vero? Che sono inascoltabile. Non sai quante volte me lo ha detto infilzandomi il diaframma con le unghie per far uscire più voce. Ma sono stata zitta è ho sopportato” spiegò alzando leggermente il tono.
“Perché è quello che hai sempre voluto fare.” La interruppe lui convinto.
“No, è sempre quello che hai voluto tu. Ho sopportato per paura della tua reazione. Come fai ad essere sorpreso che ti abbia mentito per tutto un mese? Se te lo avessi detto…” l’atmosfera si stava scaldando. Anne urlava gesticolando.
“se me lo avessi detto ne avremmo discusso.” Anche Conrad cominciò ad agitarsi.
“Non c’è proprio nulla da discutere. Voglio sperimentare nuovi generi ed è una scelta che spetta a me e me soltanto.”
“Sappi che non approvo comunque.”
“Non mi serve la tua approvazione.”
“bene!”
“Bene!” i due aprirono li sportelli e li richiusero sbattendoli e si diressero a passo spedito verso la grande casa.
Entrando uno dopo l’altro presero direzioni opposte: l’una diretta in camera, l’altro nella camera da musica a finire un’ articolo per il settimanale su cui scriveva.
Greta si alzò dal divano nel salotto e si diresse dal secondo. Appoggiata allo stipite e le mani nelle tasche della vestaglia disse: “Cosa è successo?”
Suo marito alzò sguardo dai fogli che teneva in mano, si tolse gli occhiali da lettura e si massaggiò l’attaccatura del naso. Greta entrò nella stanza e gli si sedette in braccio, lui poggiò il capo sul suo petto e le raccontò le vicende del pomeriggio.
“Conrad non so che dire. Forse abbiamo sbagliato tutto  dall’ inizio, siamo stati troppo rigidi.”
“Ma Josh e Carlos non si sono mai lamentati, loro non hanno mai avuto problemi.”
“Loro non sono Anne tesoro.” Prese ad accarezzare i suoi capelli brizzolati e lui mugugnò godendosi quel dolce trattamento.
“Cosa consigli di fare?” chiese Conrad dopo un po’.
“Mentre eravate ho parlato con Joshie. Ha detto che Anne e i suoi amici suonano sta sera, potremmo andare a sentirli.”
“Dio mio Greta, mi sanguineranno le orecchie” si lamentò lui ancora con gli occhi chiusi.
“Almeno provaci Conrad! È pur sempre tua figlia!” Sbottò lei alzandosi e uscendo e lui restò a guardare il punto in cui era sparita. Macbeth si affacciò alla porta, abbaiò e poi entrò si stese sul divanetto di fronte alla scrivania con aria mogia probabilmente perché la sua padrona lo aveva chiuso fuori dalla stanza sbattendogli la porta in faccia.
“Menomale che ci sei tu Mac”sospirò Conrad, ma si dovette ricredere presto perché appena il cane sentì la voce di Greta che lo chiamava per la sua cena filò via più o meno silenziosamente, come era arrivato.
 
Anne infondo al corridoio messaggiava simultaneamente al telefono con Maddalena e Leroy.
Ashton la chiamò nel bel mezzo della conversazione.
-Hey bellissima! Dove sei?-
-Ash! Sono appena tornata al conservatorio, sta sera ti racconto.-
-Sta sera tra quanto sarebbe? Ti stiamo aspettando.- Anne guardò l’orologio del cellulare: 19:50
Si cambiò alla velocità della luce e chiamò Maddalena.
-Maddy!-
-oh Scema! Allora? Mi stavi dicendo?-
- Ti stavo dicendo che è tardi e devo riuscire ad andare al pub. -
-Non dovevi andare al concerto con Lee?-
-No, non regge come scusa anche perché chiederebbero troppo a riguardo e io sono in ritardo.-
-Porta fuori il cane: funziona sempre.-  Rispose dopo averci pensato due secondi.
-Ok, grazie Mad. Ci vediamo lì-
- Sì … e tuo fratello viene?- chiese imbarazzata l’altra.
-Se sa che ci sei tu sicuramente, Mad devo andare davvero.- E le attaccò in faccia poco carinamente.
Prese la prima giacca dall’armadio e si precipitò giù dalle scale chiamando il cane che la seguì senza batter ciglio. Urlò un “Porto Mac fuori” e lanciò un occhiata al fratello il quale recepì tutti i messaggi che celava e uscì con lei prendendo le chiavi della macchina.
I due arrivarono al McGail’s in men che non si dica e Anne entrò dal retro lasciando Josh con il cane che raggiunsero Carlos e Maddalena al solito tavolo del venerdì.
“Oddio ragazzi scusate il ritardo è stata una giornata terribile” Spiegò senza prendere aria a Michael, Luke, Ashton, Calum e Alex.
“Ok, non ti preoccupare, vi esibite tra cinque minuti. Ora calmati e concentrati” La rassicurò l’ultimo posandole una mano sul capo e andando nella sala.
Lo sguardo di Anne era talmente carico di tensione che non ci fu nemmeno bisogno di chiedere e tutti e quattro la abbracciarono.
“Non piangere che poi sembri un panda” scherzò Luke dandole un bacio sulla guancia e andando ad accordare il suo strumento.
“Non penso che potrei, oggi ho finito le riserve di lecrime.”
Nei cinque minuti che seguirono ognuno stette in silenzio quasi religioso, come facevano prima di ogni esibizione, chi ripassando mentalmente le parti, chi sparandosi gli AC/DC nelle orecchie e chi, Anne, ascoltando una sinfonia di Beethoven al massimo volume.
Dopodiché Alex venne a chiamarli. I cinque si riunirono e mettendo le braccia attorno al collo del vicino formarono un cerchio.
“Ragazzi sta sera spacchiamo! È la nostra serata, me lo sento. Mettiamocela tutta e facciamogli vedere di che roba siamo fatti” li incitò Calum. Era come se ognuno di loro quella sera avesse qualcosa per cui combattere e qualcosa da dimostrare a qualcuno. Salirono sul palco chiuso dal sipario color prugna e ebbero solo il tempo di fare un profondo respiro prima che questo si aprisse. Le luci spente in sala le permisero di vedere solo i volti delle persone ai primi tavoli e tra questi non ne riconobbe nemmeno uno: questo la deluse e rassicurò allo stesso tempo. Suonò in uno stato di semicoscienza, le dita si muovevano sula tastiera in modo autonomo e il suo sguardo si spostò dai ragazzi al pubblico un paio di volte prima che Ashton dalla sua batteria le sorridesse nella pausa da una semiminima, tempo più che sufficiente a contagiarla: una curva bianca si aprì sul suo volto e cominciò a scatenarsi come gli altri compagni picchiando i tasti bianchi e neri con foga scaricando tutte le tensioni che aveva in corpo. Avrebbe dovuto chiedere a Conrad del suo famoso vaccino.
 

 
Alla fine dell’ esibizione scesero dal paco tra gli applausi e parecchio sudati.
-Credo sia stata la migliore l’ esibizione di sempre- esultò Michael prendendo in braccio Anne che si avvinghiò al suo collo ridendo come una forsennata. Tra il riso e l’ euforia generale Alex arrivò congratulandosi e con alle calcagna un ragazzo castano con due occhi azzurro mare e i lineamenti leggermente femminili, dietro di lui una ragazza castana con un sorriso che ad Anne sembrò falso e tirato con forza.
 

 

 
Angolo autrice:
mi dispiace tantissimo per aver fatto passare così tanto tempo, per cominciare questo capitolo ci ho messo un sacco e dopo un certo punto, circa una settimana fa, mi è venuto tutto di getto. Mi piace davvero tanto e spero che piaccia anche a voi *.*
Leroy è il mio nuovo personaggio preferito per motivi che penso vi siano chiari (per il suo personaggio ho preso ISPIRAZIONE,e ci tengo a sottolinearlo da Sam Calfin che è troppo cucciolo e ha proprio il genere di sorriso che cercavo simile a quello di Ashton).
La Durand è un misto della Umbridge  e della mia professoressa delle medie che ho odiato fino alla nausea. Ci tengo a scusarmi se sono stata troppo eplicita parlando della religione di Genevieve e sottolineo che non volevo offendere nessuno, ma se questo vi ha in qualche modo turbati non dispensatevi dal farmelo notare, magari senza l’ausilio di epiteti offensivi e insulti a qualcuno dei miei parenti.
Chi saranno mai,invece, quei due ragazzi che arrivano con alex alla fine del capitolo?
Fatemi sapere le vostre ipotesi J  e fatemi sapere se il capitolo fa schifo, vomitare o peggio.
Bacioni
Anna
 
Ho trovato un altro personaggio che potrebbe rappresentare molto bene Anne: Alicia Keys. In realtà è un misto tra lei e la Dobrev :/ Comunque sia eccola qui *o*

       

 
  
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