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Autore: Chu    10/12/2014    2 recensioni
Raccolta eterogenea di flash-fic/oneshot ispirate ai prompt della Klaine Advent Drabble Challenge.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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The Klaine Advent Challenge Day 02 Balance

Avvertimenti per questo capitolo: AU, stupidità diffusa

Galeotto fu quell'incidente del vassoio

Kurt non era per niente bravo a bilanciare gli ordini sul vassoio: capitava spesso che mettesse tutte le bevande da un lato e lasciasse il piatto con il cibo dall’altro e finiva quasi per rovesciare tutto a terra non appena lo alzava. Altre volte riusciva a portare il vassoio fino al tavolo, reggendolo con entrambe le mani, e poi facendo cadere tutto addosso al cliente – fortunatamente questo era successo una volta sola ed in generale di incidenti “del vassoio” gliene erano capitati una manciata (nonostante quello del frullato di fragola, che gli era finito sui capelli insieme alle patatine fritte, facesse ancora ridere i suoi colleghi – sì, anche Rachel e Santana, nonostante la prima tentasse di non farlo). Al manager non importava più di tanto: tutti gli ordini che aveva sprecato li aveva detratti dalla sua paga, il che era una rogna, ma ancora ragionevole, visto che non era proprio un totale disastro. Solo un disastro  in scala umana quando si trattava di usare il vassoio.

Quel giorno però la sfiga ce l’aveva messa tutta per dare alla sua scarsa capacità d’equilibrio la possibilità d’esprimersi al suo peggio: tanto per cominciare, Kurt non avrebbe nemmeno dovuto essere lì.

Rachel era stata investita dal furgoncino dei gelati – ed era anche fermo, in quel momento –, aveva sbattuto la faccia a terra e si era ritrovata con il naso gonfio e fortunatamente non rotto. Ma io così non esco di casa, aveva urlato tra lacrime di coccodrillo, facendo la finta malata sul letto, circondata da cuscini, coperte e borsa del ghiaccio.

Santana aveva alzato gli occhi al cielo e le aveva detto che tanto nessuno avrebbe notato la differenza e Kurt, pur di sfuggire alla guerra che di lì a poco si sarebbe scatenata, si era proposto di sostituire Rachel al suo turno serale allo Spotlight Diner.

Il secondo problema era che quella sera il locale era stranamente affollato – Kurt si domandava perché la gente andasse a mangiare schifezze lì, quando a due passi c’era un locale che vendeva hamburger con carne vera e non… qualsiasi poltiglia vendessero lì. Ad ogni modo, locale affollato voleva dire tanti ordini e tanti ordini voleva dire che Kurt avrebbe dovuto affrontare il suo temibile nemico: il vassoio.

Terzo ed ultimo (ma sicuramente non per importanza): quella sera, ovviamente, il ragazzo per cui aveva una cotta stratosferica da, tipo, sempre (dove “sempre” equivaleva a “da quando aveva iniziato a lavorare lì ed l’aveva visto per la prima volta”) era lì.

Kurt guardò il suo nemico di alluminio specchiante con sguardo da triglia sul banco del pesce per qualche momento, prima di sospirare e rivolgere un’occhiata sognante a Sono-uscito-da-un-film-in-bianco-e-nero Indosso-gli-abiti-di-tuo-nonno-ma-sono-sexy-da-morire. Non poteva evitarlo: aveva l’ordine del Signor Bellezza 5 Plus proprio sul suo vassoio, accanto all’ordine dell’adorabile coppietta d’anziani vicino alla porta e della famiglia con prole urlante subito dopo.

Poteva farcela, però: ad organizzare gli ordini sul suo vassoio era stata Dani, che, la dea di tutte le lesbiche l’abbia sempre in gloria, spinta da un moto di compassione gli aveva detto che avrebbe potuto portare la roba anche lei stessa, se preferiva. Ma Kurt era deciso: non aveva molte occasioni di rimirare da vicino Mister Sono-la-tua-fantasia-erotica-ricorrente-ma-anche-quella-più-romantica-e-sdolcinata.

Così, preso un grosso respiro e lanciato un ultimo sguardo da cucciolo di foca al ragazzo (beh, sì, anche lui ogni tanto si scocciava di trovargli soprannomi imbarazzanti, ma veritieri), afferrò il vassoio con entrambe le mani e partì per la missione “ti prego, non farmi fare una figura di merda davanti a lui”.

I primi a venir serviti furono i due anziani accanto alla porta, perché più vicini a lui: Kurt posò il vassoio sul loro tavolo con un sospiro di sollievo ed un sorriso imbarazzato, ma i nonnetti gli sorrisero di rimando quando mise davanti a loro ciò che avevano ordinato (una coppa di gelato da dividere, non era una cosa assolutamente adorabile? Lui e Ragazzo Farfallino E Occasionalmente Bretelle avrebbero fatto lo stesso, una volta arrivati a quell’età felicemente sposati da quarant’anni).

Sistemati i vecchini, sotto con la famigliola!

Non appena il padre – un pover’uomo con profonde occhiaie e l’occhio vacuo di uno stoccafisso - lo vide arrivare sembrò avere una visione mistica, tanto sorrise e s’affrettò a far stare fermi e buoni i pargoli mentre Kurt li serviva.

Kurt lo ringraziò con un cenno estremamente riconoscente, prima di riprendere in mano il vassoio e voltarsi verso l’ultimo obiettivo: non poteva credere d’essere riuscito a far stare tutto in piedi fino a quel momento, avendo addirittura superato indenne la famigliola con i bambini indemoniati.

Con un sorriso a trentadue denti – che lui si premurò di non mostrare, perché, oh, un po’ di contegno, Kurt – si avviò fiducioso verso il futuro signor Qualsiasi-sia-il-suo-cognome-Hummel.

Forse troppo fiducioso.

La sfiga si mise di mezzo proprio mentre si fermava davanti a lui, venendo accolto da un sorriso da far svenire e un paio d’occhi brillanti da far diventare le ginocchia molli: Kurt inciampò nella tracolla – mio Dio, è vera pelle ed è bellissima, ne voglio venti – del suo forse non troppo sicuramente futuro marito, rovesciandogli il contenuto del vassoio addosso.

Rimasero entrambi in silenzio per diversi lunghi attimi, la maggior parte dei quali vennero impiegati da Kurt per sperare che un meteorite gli cascasse in testa ora e subito, anzi no, facciamo che il pavimento m’ingoia, così non mi si rovina la piega dei capelli.

Quando niente di tutto ciò accadde, mollò il vassoio a terra (vile traditore!) e iniziò a togliere pezzi di patatine e hamburger dai capelli del suo sicuramente non futuro marito.

“Sono… sono desolato, io… Ommioddio, ti ho rovinato i vestiti! Non immagini quanto mi stia odiando in questo momento, di solito non sono così sbadato, io…” farfugliò parlando a mille all’ora, mentre la sua vittima lo guardava con crescente divertimento.

“Non fa niente…” tentò di dire quello con una voce che, se Kurt non fosse stato nel bel mezzo di un attacco di panico, gli avrebbe fatto girare la testa.

“No, sul serio, scusami! Ed io che volevo fare bella figura con te, perché ho, tipo, una cotta colossale dal primo istante in cui ti ho visto e, ti scongiuro, dimmi che non l’ho detto ad alta voce!”

A quello, lo sconosciuto arrossì e ridacchiò lusingato, abbassando la testa – fortunatamente non più ricoperta di patatine e lattuga – e sbirciandolo da sotto ciglia lunghissime.

“Va bene… Kurt,” disse dopo qualche altro momento di ilarità, leggendo il suo nome sulla targhetta appuntata sulla divisa. “Facciamo che è tutto dimenticato se mi dai il tuo numero di telefono.”

“Per la lavanderia? Certo, mi sembra il minimo!”

“Ehm, no… Per un appuntamento?”

Kurt ringraziò tutti gli dei dell’olimpo e non che avesse già fatto danno, perché era certo che altrimenti sarebbe riuscito a rovesciare tutto di nuovo.

Oh, anni dopo Blaine (oggettivamente un nome migliore di qualsiasi altro gli avesse mai affibbiato Kurt nella sua testa) si sarebbe divertito così tanto a raccontare della volta in cui, dopo un incidente di equilibrio, aveva finalmente chiesto a suo marito di uscire insieme.

  
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