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Autore: Crow17    11/12/2014    0 recensioni
Una ragazza, Mina. Un ragazzo, David. Come palcoscenico una casa di cura chiamata Green Oak.
Non hanno nulla in comune, lei e lui. Una non parla da più di sei mesi, l'altro soffre di allucinazioni. Il destino qui non c'entra. Si sono incontrati per caso, e starà a loro decidere come far evolvere quest'opportunità
Prima volta che mi cimento in una storia del genere, quindi.. Recensite!
Genere: Drammatico, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La incontrai in un tiepido giorno di primavera.
Stava lì seduta, di fronte alla finestra, senza fare nulla. Sembrava quasi addormentata, se non fosse stato per i suoi occhi spalancati. Occhi profondi e azzurri, proprio come il mare.
Non c'era vita, nei suoi occhi. Erano spenti, distrutti da chissà quale tragedia.
Il mio primo pensiero, quando la vidi, era incentrato su cosa stesse guardando. Magari il giardino sul retro della casa di cura, pieno di fiori appena sbocciati, o forse era persa nel suo mondo.
Accanto a lei, una donna continuava ad accarezzarle le mani e a sussurrarle parole dolci e di conforto. Sua madre, forse.
Ma lei non sembrava accorgersene. Era lì, immobile.
Io ero appena arrivato alla Green Oak, la casa di cura più rinomata del paese. Cosa c'è di meraviglioso in un posto del genere, stento ancora a capirlo.
Fermai un'infermiera, e le chiesi della ragazza.
"Oh, lei è Mina. È arrivata qui circa tre mesi fa. Ma non si deve preoccupare degli altri pazienti, signor David. Deve pensare alla sua salute!"
Un sorriso di circostanza, e si allontanò. Appena conosciuta e già la odiavo. Come il resto delle infermiere, d'altronde.
Rivolsi di nuovo l'attenzione alla ragazza.
 'A occhio e croce abbiamo la stessa età', pensai.
La madre di Mina mi sorrise. Un sorriso stanco, preoccupato. E pieno di disperazione.
Passarono le ore, e la donna se ne andò.
Mina, dal canto suo, rimase davanti alla finestra. Era buio fuori.
Mi avvicinai, cauto, nella speranza di non spaventarla, e forse scambiare qualche parola.
"Ehm... Ciao! Io sono David, e sono appena..."
Completamente ignorato. Non si era mossa, nemmeno un battito di ciglia.
Stavo per riprendere a parlare, quando arrivò l'infermiera.
"D'accordo, Mina! È ora di cena, e poi si va a dormire."
Il tono irritato mi diede fastidio. È così che si trattano le persone?
La donna si rivolse a me.
"Anche lei, signor David."
Senza aggiungere altro, se ne andò via, trascinando con forza la sedia a rotelle della ragazza.
Io ero ancora sconvolto. Non una parola, non uno sguardo. Nulla. Decisi che non avrei rinunciato così facilmente.

La mattina seguente, ci riprovai. Più e più volte cercai di parlarle, ma ottenni lo stesso risultato del giorno precedente. Era un lunedì, e sua madre non si fece vedere.
Andai lì anche il giorno seguente, ma non successe nulla. Di nuovo.
Deciso a vincere, cambiai tattica.
Presi una sedia e mi affiancai a lei, osservando il cielo limpido e i fiori primaverili del giardino. Non aprii bocca, quella volta. E non lo feci nemmeno per i giorni a seguire. Stavo lì, semplicemente. Solo io, lei e la finestra sul mondo esterno.
Il sabato pomeriggio, durante la mia operazione del "zitto e guarda", arrivò sua madre.
Lo so, non è un bel nome per un'operazione, ma non ero sano di mente, a quel tempo.
Subito la donna si presentò. Il suo sorriso era tanto dolce, solo come una madre sa fare.
"Sono Annabel Shay, la mamma di Mina. Le infermiere mi hanno detto che passi molto tempo con lei, e volevo ringraziarti."
Era prima volta che qualcuno mi ringraziava. Arrossii, nervoso.
"Non... Non c'è bisogno che mi ringrazi, signora. Lo faccio con piacere." Allungai la mano. "Io sono David."
La signora scosse la testa.
"Chiamami pure Annabel, David."
Un altro dolce sorriso.
"Hai visto, Mina? Ti sei fatta un amico, eh?" Si chinò sulla ragazza. 
Nessuna reazione. La delusione sul viso della donna era palese, anche se cercava di mascherarla.
Continuò a parlottare con la figlia finché non fece buio. Poco prima di cena si congedò.
"Ti ringrazio ancora per quello che fai, David. Spero tu possa prenderti cura del mio tesoro anche in futuro."
Piangeva, eppure sorrideva. Mina non aveva fatto progressi nemmeno quel giorno.
'Che donna forte' era il mio unico pensiero.
Quando arrivò l'infermiera per portare la ragazza nella sua camera, la fermai.
"Le dispiace se la accompagno io, oggi?"
Con un'alzata di spalle, mi lasciò fare. Arrivati davanti alla porta della sua stanza, esitai. Avevo paura. 
Paura di vedere quella stanza vuota, priva di calore. Morta.
Aprii cautamente la porta. Prima di lasciare che l'infermiera la prendesse e la portasse a mangiare, Mina si voltò.
Mi guardò dritto in faccia per qualche secondo.
Poi sparì, dietro la pesante porta bianca.
Una scintilla nei suoi occhi, potente come un uragano, e altrettanto fragile.
Scoppiai in lacrime.



Angolo autrice: 
Salve a tutti! È la prima volta che mi metto a scrivere una storia così... Così... Beh, capirete più avanti! Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo con una recensione, bella o brutta che sia!
Al prossimo capitolo!

  
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