La
incontrai in un tiepido giorno di primavera.
Stava lì seduta, di fronte alla finestra, senza fare nulla.
Sembrava quasi
addormentata, se non fosse stato per i suoi occhi spalancati. Occhi
profondi e
azzurri, proprio come il mare.
Non c'era vita, nei suoi occhi. Erano spenti, distrutti da
chissà quale
tragedia.
Il mio primo pensiero, quando la vidi, era incentrato su cosa stesse
guardando.
Magari il giardino sul retro della casa di cura, pieno di fiori appena
sbocciati, o forse era persa nel suo mondo.
Accanto a lei, una donna continuava ad accarezzarle le mani e a
sussurrarle
parole dolci e di conforto. Sua madre, forse.
Ma lei non sembrava accorgersene. Era lì, immobile.
Io ero appena arrivato alla Green Oak, la casa di cura più
rinomata del paese.
Cosa c'è di meraviglioso in un posto del genere, stento
ancora a capirlo.
Fermai un'infermiera, e le chiesi della ragazza.
"Oh, lei è Mina. È arrivata qui circa tre mesi
fa. Ma non si deve
preoccupare degli altri pazienti, signor David. Deve pensare alla sua
salute!"
Un sorriso di circostanza, e si allontanò. Appena conosciuta
e già la odiavo.
Come il resto delle infermiere, d'altronde.
Rivolsi di nuovo l'attenzione alla ragazza.
'A
occhio e croce abbiamo la stessa età', pensai.
La madre di Mina mi sorrise. Un sorriso stanco, preoccupato. E pieno di
disperazione.
Passarono le ore, e la donna se ne andò.
Mina, dal canto suo, rimase davanti alla finestra. Era buio fuori.
Mi avvicinai, cauto, nella speranza di non spaventarla, e forse
scambiare
qualche parola.
"Ehm... Ciao! Io sono David, e sono appena..."
Completamente ignorato. Non si era mossa, nemmeno un battito di ciglia.
Stavo per riprendere a parlare, quando arrivò l'infermiera.
"D'accordo, Mina! È ora di cena, e poi si va a dormire."
Il tono irritato mi diede fastidio. È così che si
trattano le persone?
La donna si rivolse a me.
"Anche lei, signor David."
Senza aggiungere altro, se ne andò via, trascinando con
forza la sedia a
rotelle della ragazza.
Io ero ancora sconvolto. Non una parola, non uno sguardo. Nulla. Decisi
che non
avrei rinunciato così facilmente.
La
mattina seguente, ci riprovai. Più e più volte
cercai di
parlarle, ma ottenni lo stesso risultato del giorno precedente. Era un
lunedì,
e sua madre non si fece vedere.
Andai lì anche il giorno seguente, ma non successe nulla. Di
nuovo.
Deciso a vincere, cambiai tattica.
Presi una sedia e mi affiancai a lei, osservando il cielo limpido e i
fiori
primaverili del giardino. Non aprii bocca, quella volta. E non lo feci
nemmeno
per i giorni a seguire. Stavo lì, semplicemente. Solo io,
lei e la finestra sul
mondo esterno.
Il sabato pomeriggio, durante la mia operazione del "zitto e guarda",
arrivò sua madre.
Lo so, non è un bel nome per un'operazione, ma non ero sano
di mente, a quel
tempo.
Subito la donna si presentò. Il suo sorriso era tanto dolce,
solo come una
madre sa fare.
"Sono Annabel Shay, la mamma di Mina. Le infermiere mi hanno detto che
passi molto tempo con lei, e volevo ringraziarti."
Era prima volta che qualcuno mi ringraziava. Arrossii, nervoso.
"Non... Non c'è bisogno che mi ringrazi, signora. Lo faccio
con
piacere." Allungai la mano. "Io sono David."
La signora scosse la testa.
"Chiamami pure Annabel, David."
Un altro dolce sorriso.
"Hai visto, Mina? Ti sei fatta un amico, eh?" Si chinò sulla
ragazza.
Nessuna reazione. La delusione sul viso della donna era palese, anche
se
cercava di mascherarla.
Continuò a parlottare con la figlia finché non
fece buio. Poco prima di cena si
congedò.
"Ti ringrazio ancora per quello che fai, David. Spero tu possa
prenderti
cura del mio tesoro anche in futuro."
Piangeva, eppure sorrideva. Mina non aveva fatto progressi nemmeno quel
giorno.
'Che donna forte' era il mio unico
pensiero.
Quando arrivò l'infermiera per portare la ragazza nella sua
camera, la fermai.
"Le dispiace se la accompagno io, oggi?"
Con un'alzata di spalle, mi lasciò fare. Arrivati davanti
alla porta della sua
stanza, esitai. Avevo paura.
Paura di vedere quella stanza vuota, priva di calore. Morta.
Aprii cautamente la porta. Prima di lasciare che l'infermiera la
prendesse e la
portasse a mangiare, Mina si voltò.
Mi guardò dritto in faccia per qualche secondo.
Poi sparì, dietro la pesante porta bianca.
Una scintilla nei suoi occhi, potente come un uragano, e altrettanto
fragile.
Scoppiai in lacrime.
Angolo
autrice:
Salve a tutti! È la prima volta che mi metto a scrivere una
storia così...
Così... Beh, capirete più avanti! Fatemi sapere
cosa ne pensate di questo
capitolo con una recensione, bella o brutta che sia!
Al prossimo capitolo!