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Autore: Chu    12/12/2014    1 recensioni
Raccolta eterogenea di flash-fic/oneshot ispirate ai prompt della Klaine Advent Drabble Challenge.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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The Klaine Advent Challenge Day 09 Imprint

Avvertimenti per questo capitolo: vago angst, AU, demon!fic, non-con (non c'è assolutamente niente di grafico, ma è comunque non-con), OOC, violenza non descrittiva. Scordatevi il fluff dei capitoli precedenti, insomma XD e date la colpa a Once upon a dream di Lana Del Rey che mi ha ispirato roba tetra. Ecco.

Once upon a dream

C’erano segni lungo tutto il suo corpo: lividi sulle braccia e sulle gambe, lunghe impronte rosse sul torace, sullo stomaco e sul ventre; la sua schiena era coperta di graffi e l’unica parte che restava inviolata era il suo viso, sconvolto e terrorizzato.

Andava avanti da settimane eppure non trovava spiegazione logica; all’inizio pensava dipendesse dal fatto che il suo sonno era agitato, inquieto, il corpo che doveva muoversi e scattare durante la notte, come testimoniavano le lenzuola sfatte ed i cuscini trovati a terra. Poi aveva capito che i segni ed il sonno agitato erano entrambi sintomi di qualcos’altro, qualcosa che esulava dalla normalità di un sonno agitato.

Non ricordava i suoi incubi, sapeva solo che quando si svegliava il suo sguardo si spostava con angoscia verso l’angolo più buio, quello tra la finestra e l’armadio a muro. Non c’era niente, ovviamente, eppure sentiva che i suoi sensi lo stavano ingannando, che lì avrebbe dovuto esserci qualcosa di spaventoso e orribile, ma era nascosto e, celato ai suoi occhi con un ghigno crudele, si beava del suo terrore e della sua confusione.

C’era qualcuno dentro casa; c’era qualcosa che lo perseguitava.

Non ne aveva parlato con nessuno ed aveva tenuto segreti i segni sul suo corpo perché le persone avrebbero pensato ad altro, a soluzioni più razionali e logiche; avrebbero detto che era colpa dello stress, che i mostri non esistono.

Lui sapeva che tutto quello non aveva niente di logico e razionale e che i mostri esistono; sapeva che la causa dei suoi incubi e di quei segni sul corpo non erano generati dallo stress. Quelle lunghe unghiate sulle sue spalle, graffi rossi che gli coloravano la pelle candida erano le impronte di artigli affilati che avrebbero potuto ucciderlo. E lui sapeva che lo faceva, ogni notte, ad ogni nuovo incubo, perché, nonostante non li ricordasse, la sensazione restava anche al risveglio: la corsa disperata verso una salvezza effimera, l’essere in trappola, la sensazione d’essere afferrato e preso con violenza, e gli occhi che lo guardavano mentre gli artigli stringevano, la pelle cedeva, la carne sanguinava.

Ogni volta gli sembrava che quello non fosse solo un sogno, ma un ricordo di una vita passata, di tutte le sue vite passate, o meglio delle loro conclusioni: ciascuna delle sue morti, tutte uguali, tutte causate da quella presenza invisibile e terrorizzante, gli si presentavano alla mente come scene di un macabro film.

La sera cercava di stare sveglio il più possibile nei modi più disparati, beveva più caffè di quanto ne avesse mai bevuto in precedenza e la sua playlist musicale non aveva mai avuto così tanti brani ritmati. Alla fine i suoi occhi stanchi lo tradivano sempre ed era in quei momenti, sospeso fra la veglia e il sonno, che aveva l’impressione di vedere quegli occhi, familiari, ma non meno spaventosi, fissarlo dal buio e poi qualcosa scivolare verso di lui, dicendo: “Stavolta sarò gentile, Kurt, stavolta non ti perderò.”

E poi tutto ricominciava da capo.






E a domani con altre tre shottine :D
  
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