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Autore: KH4    12/12/2014    1 recensioni
Estratto dal prologo:
"Io lo so…Tu non sei il tipo di persona che si lascia uccidere così facilmente. Non è nel tuo stile. Ti è sempre piaciuto essere teatrale in tutto ciò che fai, essere la svolta di una situazione prossima al fallimento. Ami essere egocentrico, vanitoso, arrogante, sai di esserlo, e non ti arrenderesti mai d’innanzi a una morte che non ti renderebbe il giusto onore. La sceglieresti solo dopo aver guardato a lungo una bella donna e averle sussurrato frasi che avrebbero fatto di te un ricordo prezioso e insostituibile. Soltanto allora, ne saresti soddisfatto." 
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Allen Walker, Lenalee Lee, Marian Cross, Nuovo personaggio | Coppie: Allen/Lenalee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Santi Oscuri.'
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Come previsto, l’attraversamento delle miniere di Kamamura richiese più tempo di quello calcolato. Due giorni, per l’esattezza, quarantotto ore drasticamente allargatesi a causa della presenza sempre più ingombrante degli Akuma. Il cuore del Giappone fremeva di un’eccitazione stanca di essere trattenuta, le viscere traboccavano di veleno pronto allo scoppio decisivo. Mancava davvero poco.   

Amèlie e Hatsue riemersero in superficie con la luna alta in cielo e l’aria frizzantina della tarda notte a sanare i loro polmoni da tutta l’umidità inalata. I cunicoli percorsi a lume di candela  avevano reso quelle ore un travaglio peggiore di quanto potesse sembrare per il solo fatto che le vie si assomigliavano a tal punto da essere indistinguibili; non erano mancati ripensamenti e momenti dove, davanti a un crocevia non segnato dalla mappa, la frustrazione fosse salita con sbuffo esasperato. Unica fortuna riservata, era stato il non incrociare nessun’altro Livello Tre oltre a quello eliminato. Elegante, la francese si diede una spolverata agli abiti, passandosi una mano dietro al collo per  scrollarsi la chioma inchiostrata di nero e lasciarla ondulare morbidamente sulla schiena nuda. Una piccola foresta di canne di bambù incorniciava un sentierino dismesso, dove si intravvedevano stracci di muri appartenenti ad abitazioni, indubbiamente abbandonate come quelle notate nei pressi della spiaggia.


- Questi sono…Akuma? – Da lontano, un sinistro stridere metallico giunse con aliti di vento temperato. La somiglianza con i sibili disumani delle Bambole del Conte del Millennio era ineccepibile, un’impronta uditiva inconfondibile che diveniva sempre più forte – Sembrano parecchio irrequieti. -
- E’ sua…Sua eccellenza il Conte… -

La voce mozzata di Hatsue giunse alle spalle di Amèlie come richiamo affannato a un problema cominciatosi a manifestare qualche ora prima. Il Livello Due modificato da Marian Cross era seduto per terra, le unghie piantate nel terreno per non cadere a causa del peso della schiena ingobbita. I capelli dorati penzolavano in avanti, nascondendone il viso sudato e tirato. Affaticata per quel prosciugamento di forze improvviso, aveva dato prova di grande resistenza non crollando prima di uscire dalla labirintica miniera, ma Amèlie ebbe i suoi buoni motivi per sondare l’involucro di carne umana che nascondeva la macchina omicida con fondato distacco emotivo e la falce sguainata. Per costrutti artificiali del genere non poteva esserci alcuna forma d’affetto da parte sua, pur con un dispositivo di blocco che ne enfatizzava l’umana coscienza. Gli Akuma erano Akuma e la modifica alchemica operata dal Generale era un semplice espediente temporaneo per avvantaggiarsi sul nemico.

Ci chiama, A-Amèlie-sama…Ci sta chiamando –, ansimò il Livello Due, mostrando il viso ingrigito, sulla cui fronte spiccava un pentacolo, nero come il petrolio riversatosi negli occhi dalle pupille luccicanti di un rosso febbrile – Qui sopra…I-Il segnale è più forte…Lui e la famiglia Noah…N-Non manca molto. -
- Risparmia il fiato per contrastare la reazione di rigetto alla modifica alchemica -, obbiettò l’Esorcista, chinatasi per tirarla su col braccio – La nostra meta è poco più avanti, no? –
- Sì, il…Il villaggio -, annuì Hatsue – C’è una casa…E’ sicura… -
- Bene, allora non perdiamo tempo. - 




Il manipolo d’abitazioni raggiunto giaceva in un sonno catatonico alternato dal cozzare tintinnante delle spesse armature dei Livello Tre, che si aggiravano senza meta nelle strade dissestate. Tetti spioventi e porte scorrevoli caratterizzavano quelle case riempitesi di polvere e ragnatele, dove gli Akuma attendevano con l’elmo lucido e la criniera dai capelli svolazzanti il segnale a loro rivolto, imbrigliandone l’essere che li avrebbe fatti convergere in un solo e unico punto appena distinguibile nell’oscurità.
Edo era appena visibile, con le sagome scure degli imponenti edifici a fare da sfondo a un cielo dalle angoscianti tonalità spettrali, ma l’Arca Bianca ne indicava l’esatta ubicazione spiccando sulla cima del palazzo più alto. La struttura quadrata era irradiata da una candida e ipnotica luminescenza, spiata segretamente da Amèlie con occhi stentanti a credere che, cotanto splendore, fosse frutto del più grande male incarnato che il mondo avesse mai conosciuto. Il suo valore affettivo si poteva intuire dal ronzio emanato dai miliardi di punti neri che le volteggiavano attorno con famelica fibrillazione: tanti Akuma riuniti in un unico punto facevano passare la voglia di rimanere lì un solo secondo in più e neppure se la situazione l’avesse richiesto, Amèlie avrebbe scelto la battaglia anziché la ritirata.

Cauta, si inginocchiò vicino alla porta, sbirciando l’esterno tramite un minuscolo spiraglio, con la mano a premere sul pavimento di legno per attivare il Talisman d’occultamento. Criticità a parte, fuori tutto taceva, le macchine assassine vagabondavano con le lingua appuntite a bagnare i canini zannuti. La loro presenza sbordava dai confini terreni del Paese del Sol Levante quasi questo non riuscisse più a contenerne il numero sempre più crescente, istigate dal richiamo del loro padrone pronto a riaprirne le porte dopo secoli di reclusione voluta.


- Bene, non sembrano averci percepito. -  Amèlie si voltò verso Hatsue; a giudicare dal respiro regolarizzato, il segnale emesso dall’atavico avversario doveva essersi attenuato. 

La casa dentro cui si erano rifugiate, era logora e spoglia come tutte le altre; per raggiungerla avevano attraversato l’interno di altre abitazioni, sgattaiolando in alcuni vicoli appena agibili per non perdersi in inutili giri lunghi. Il tatami era di un verde sporco seriamente provato dall’abbandono, con un caminetto al centro pieno di mucchietti di cenere grigia sparsa attorno. Richiudendo la porta scorrevole senza emettere alcun rumore, la donna si avvicinò tetra all’Akuma, rannicchiata nell’angolo a destra, con la schiena appoggiata al muro. Fisico e psiche mentale sostavano in un ripristino lento, la pelle era perforata parzialmente da appuntite spigolosità ferruginose fuoriuscenti come ossa rotte anche dalla chioma bionda. Difficile dire per quanto ancora avrebbe conservato le sue sembianze umane. Poco, forse mezz’ora; il grigiore corporeo persisteva come la fame e l’impulso omicida rabboniti e una semplice Kekkai non le avrebbe nascoste a lungo dai poteri percettivi dei Livello Tre.

Come Hatsue tirò indietro la testa, per poggiare la nuca al muro, le condizioni del suo viso parlarono per lei. Una piccola ragnatela di crepe le deturpava il setto nasale estendendosi alle guance, con gli zigomi e i lineamenti in generale orribilmente ingrossati. I suoi occhi, rossi e neri, catturarono uno sfuggente barlume argenteo che ne stimolò l’apertura completa.


La può anche mettere via -, respirò profondamente l’Akuma, per nulla impaurito dalla punta di Lucifer a pochi centimetri dalla sua carotide – Hatsu-chan non ha intenzione di cedere fino a che non avrà portato a termine il suo compito.
- Sarà meglio per te -, replicò fredda l’Esorcista, sedendosi di fronte a lei – Non prenderla sul personale, ma una tua improvvisa dipartita non giocherebbe a mio favore, quindi vedi di impiegare il poco tempo che ti rimane per spiegarmi una volta per tutte cos’ha in mente Cross. –
- D…D’accordo, è giusto. -

Teneva la voce bassa per non far celare la propria presenza oltre le consunte pareti della casa. Anche con i Talisman a loro difesa, la pressione e l’infido potere della Dark Matter puntellava la schiena di Amèlie con aghi d’aria appuntita, il folle ardore messo da parte dall’innato autocontrollo ne era istigato dal malefico soffiare. 

Quattro anni fa, Cross-sama ha ricevuto l’ordine diretto dal Papa di trovare l’impianto di produzione di noi Akuma. Aveva già qualche sospetto su Edo, ma solo dopo aver appurato le sue teorie…Anf…Ne ha avuta l’assoluta certezza -, raccontò piano Hatsue – L’Arca di sua eccellenza il Conte ne è la custode, è un mezzo prodigioso che da secoli viene utilizzato dal Lord e dalla famiglia Noah come quartier generale: ha il potere di spostarsi in ogni dove…A seconda del desiderio di chi la manovra, tuttavia, date le circostanze, non vi è altro modo per accedervi se non dai varchi principali e con i nobili Noah a presidiarla, il…Il Generale ha dovuto pazientare a lungo prima di riuscire a infiltrarsi fra le file nemiche senza destare sospetti. -  
- Ecco dove stava il collegamento -, mormorò fra sé e sé Amelìe.

Finalmente la nebbia cominciò a diramarsi sui nodi cruciali di quell’intricata faccenda. L’impianto di produzione degli Akuma non rappresentava altro che una delle molte forme di illimitato potere di cui il Conte del Millennio si serviva per concretizzare l’avvento del Ragnarok. La più conosciuta e la più preziosa, ma la corvina si sorprese comunque nello scoprire che l’ordine fosse addirittura partito dal Papa in persona; le informazioni raccolte durante l’ultimo anno si erano rifatte a quella struttura quadrata galleggiante in aria e all’impianto che ora sapeva essere nascosto al suo interno, insieme ad altri particolari che aveva mescolato e posto in ordini diversi al fine di trovare un adeguato senso, ma non aveva mai osato supporre infondate teorie riguardo le intenzioni del Generale, nonostante fossero ben poche le cose che un Esorcista potesse fare con un impianto di produzione per gli Akuma.
Una sua distruzione era l’ipotesi più ovvia; avrebbe significato la prima vittoria significativa a discapito del Conte del Millennio, tuttavia, a prescindere dalle difficoltà che il Generale poteva aver contratto soltanto per inoltrarsi nel cuore del Giappone, Amèlie corrugò la fronte, dubbiosa.
Mancava qualcosa, un vuoto di ignota comprensione balzatole in mente giorni prima e riesumato con maggior curiosità a carico. La  lenta e studiata attenzione di Cross nell’insinuarsi fra i ranghi nemici, il lasciarle delle direttive con tanto di guida, il recente agire corrispondente a un delicato frangente in procinto di schiarirsi del tutto…
Non erano coincidenze da prendere singolarmente, ma vere e proprie pianificazioni che si congiungevano e vertevano in un’unica direzione cominciante ad avere un senso logico, una preparazione curata nei minimi dettagli che le apparve sempre più fattibile al ricordare le parole di quell’Akuma interrogato prima che partisse insieme ad Allen e agli altri.

Il vascello millenario era la risposta a ogni suo quesito, l’oggetto chiave a cui ruotavano attorno tutte le tematiche irrisolte e le intenzioni del Conte del Millennio.


- Hatsue, spiegami solo una cosa. - L’Esorcista le si accostò meglio – Hai detto che l’impianto di produzione è nascosto sull’Arca Bianca, ma quella scatola sta per essere distrutta, giusto? –
- Cos…M-Ma è un progetto segretissimo! Come…? – Lo sconcerto fece sì che il Livello Due sobbalzasse, rischiando di farla parlare con voce più alta del necessario.
- Tutti questi Akuma non sono qui per l’Arca che si vede da qui e nemmeno i preparativi che hai accennato alla spiaggia. Ti stavi riferendo a un'altra Arca, non è così? Un’Arca Nera -, incalzò Amèlie – Per quale ragione il Conte del Millennio dovrebbe disfarsi di un mezzo tanto utile per sostituirlo con un altro? –
- Ma perché è maledetta, Amèlie-sama! Maledetta! – Squittì Hatsue, scattando in avanti con tutte le forze perdute ritrovate.
- Maledetta? – Il Livello Due annuì energicamente alla sua confusione, come mossa da un sentimento intriso di timore ed eccitazione – Cosa intendi dire? –
- Che non si può più muovere! – Le rispose l’Akuma – Prima ho detto che si poteva accedere all’interno dell’Arca Bianca soltanto dai varchi principali anche per questo: quella scatola non è più in grado di solcare i cieli, può aprire le sue porte soltanto fra i confini di questa terra! E’ rotta, Amèlie-sama! Rotta, rottissima!
- E il Conte non la può riparare? –
- Non…Non è così semplice -, balbettò Hatsue, alzandosi in piedi e stringendosi i pugni in petto.
- Almeno saprai dirmi chi è stato. –
- C-Chi è stato chi? – Tremò l’Akuma.
- A maledire l’Arca Bianca -, borbottò spazientita la corvina – Qualcuno deve pur.... –
- IIIH!!! NON LO CHIEDA! NON LO CHIEDA! NON LO CHIEDAAA!!! – La bionda si prostrò fulminea ai piedi della francese, più agitata che mai – E’ PROIBITO, PROIBITISSIMO! E’ UNA COSA CHE RIGUARDA SUA ECCELLENZA IL CONTE E QUEL NOAH!!!
- Quel Noah? – Amèlie stranì, socchiudendo le labbra rosse – E’ stato un Noah a maledire l’Arca Bianca? –
- IIIH!!! – L’Akuma strepitò con più disperazione dopo aver trascorso tre secondi a dar mostra della sua ebete stupidità con viso raggelato – NON DEVE CHIEDERE, NON DEVE!!! PERCHE’ HA COSTRETTO HATSU-CHAN A PARLARE?!? PERC…?!?

SBONK!

O-Ok…Hatsu-chan parlerà, ahia… -

Se Amèlie non si fosse decisa a sedare la sua irrequieta e isterica guida con un sinistro di primo ordine, avrebbe finito per impazzire dal mal di testa. Ringraziò la sua buona stella che i Livello Tre e qualunque altra mostruosità non si fossero accorti di nulla: l’eccessiva quantità di polvere che inzuppava il tatami le pungeva gli occhi con leggero prurito al naso e più che mai, in quel frangente, aveva bisogno di rielaborare quanto riferitole senza futili distrazioni.
L’Arca Bianca continuava a galleggiare in cielo come fosse una seconda luna dalle dimensioni drasticamente ridotte, mirarne i contorni quadrati e l’abbagliante splendore le accalorò il corpo di immediata attrattiva devota alla natura enigmatica che affondava le sue radici in una storia ancor più intricata: Noah.
 Attorno a quel nome era eretto un autentico banco di nebbia oscura, secoli d’antico mistero che proteggevano ciascun membro di quella famiglia alleata del Conte del Millennio con ermetico silenzio, pronta ad accompagnarlo sino alla realizzazione dei tre leggendari Giorni di Tenebra.
Chi mai avrebbe immaginato che da tanta abnegazione potesse nascere un sentimento sfociante nel tradimento? Un Noah che malediceva l’Arca Bianca tanto cara al Conte del Millennio, costringendolo addirittura a costruirne una seconda…
Non riusciva a figurarlo, Amèlie, il potere, la ragione, che avevano comportato lo spezzarsi di un’unione così inscalfibile, ma bramava scoprire tutti i particolari anche torchiando Hatsue fino al pianto.

L’Akuma in questione tirò su col naso piagnucolando mugugni incomprensibili, acciambellata a terra con le dita a giocherellare con la stoffa dello yukata in muto tentativo di ricomporsi. Accidenti a lei e alla sua boccaccia larga! Perché non riusciva mai ad accorgersi in tempo delle cavolate che commetteva?!? Ore e ore sprecate a raccomandarsi di non svelare per nessun motivo al mondo quella faccenda e in meno di cinque minuti aveva mandato tutto all’aria!
Affranta, nascose il capo con un broncio ancor più disperato. Ormai il danno era fatto, tirarsi indietro non era fattibile, tuttalpiù che, se ci avesse provato, la cosa le sarebbe costata un altro pugno e la sua povera testa ne aveva sopportate anche troppe di percosse.


E’ successo molto prima che Hatsu-chan venisse costruita -, iniziò lei, incespicando con la lingua – Più di trent’anni fa, sull’Arca Bianca, accadde qualcosa di orribile, che ne ha incrinato l’equilibrio armonico. C’era un Noah a quel tempo…Mai visto, mai comparso nelle generazioni passate dei Tredici Agnelli, un..Quattordicesimo. Lui…Tentò di uccidere sua eccellenza il Conte. – Hatsue dovette rivelarlo tutto ad un fiato, tant’era forte il tremore che le faceva vibrare le corde vocali - Nessuno, neppure Hatsu-chan conosce il perché: i Noah proteggono sua eccellenza il Conte, gli sono legati da secoli, ma lui ci provò e…E fallì. Non potendo restare, fuggì via, ma prima di farlo, maledisse la scatola bloccandola proprio sopra Edo, cosicché nessuno potesse seguirlo. Da lì in poi…Non c’è stato giorno dove il Conte non l’abbia cercato, ma quel Noah non si lasciò mai catturare. – Il Livello Due deglutì pesantemente, con la bocca impastata di saliva – Uccise quasi tutti i membri della famiglia Noah precedente prima che sua eccellenza il Conte riuscisse a fermarlo, ma…Sfortunatamente, quello morì senza sciogliere l’incantesimo dell’Arca Bianca. -

Di nuovo, cadde il silenzio, giusto smorzato dal respirare copioso di Hatsue avente le labbra asciutte, le iridi rossastre velate d’inquietudine nell’osservare Amèlie, ritta, con le braccia conserte e il ciondolo di rubino a roteare fra le dita inguantate. La donna aveva ascoltato tutto, recepito ogni sillaba con il nome di quella famiglia a rifletterle su viso fine di malizioso interesse; se pochi attimi prima non era apparsa sufficientemente attratta da quella questione, ora era pronta anche giocare carte false per saperne di più.

Un Noah traditore. Le parvero secoli dall’’ultima volta che avesse messo le mani su qualcosa di tanto appetibile. Nella sua mente, la microscopica composizione di due parole apparentemente inconciliabili le colò incandescente lungo tutto il corpo, un’eccitazione portatrice di segreti sconosciuti che andavano oltre i campi di battaglia e si insinuavano nelle file più intime del nemico; non avrebbe potuto chiedere di meglio, quella lacerazione nascosta agli occhi dell’universo intero celava senz’altro molto più di quanto già intendesse da sé e nemmeno stette a chiedersi se Cross fosse al corrente di un tale retroscena. Sicuramente era più informato di lei.


- Un Noah comparso nella generazione precedente che tenta di uccidere quel lardone sorridente e strappa le ali alla sua preziosa creatura. A quanto pare non è stata una gran perdita di tempo venire qui. – Nuove domande scalzarono le precedenti, trascinate da una che fece da regina a tutte le altre – Come si chiamava questo Noah? –
- C-Cosa? – Hatsue sobbalzò nuovamente, nascondendo timorosa la testa nell’incavo delle spalle.
- Il nome -, ripeté Amèlie, avvicinandosi col volto a quello dell’Akuma – Doveva pur averne uno, no? Voglio saperlo. –
- IIH…!!! – L’Esorcista agguantò repentina il Livello Due prima che si lasciasse andare in una seconda sceneggiata melodrammatica spinta all’estremo – Non ci chieda anche questo, Amèlie-sama! Non chieda una cosa simile ad Hatsu-chan! – La supplicò la bionda, dopo che le fu tolta la mano dalla bocca – Questa cosa è davvero proibitissima, più proibita del proibito di prima! Tabù! Nessuno conosce il nome di quello là e nessuno deve saperlo! Perfino sua eccellenza il Conte lo ha cancellato dalla sua memoria! Tutto quello che rimane di quel tizio è l’Arca Bianca, ma fra un po’ anche quella cesserà di esistere.
- E io ancora non ne capisco la ragione -, borbottò stizzita la donna – Perché costruirne una seconda invece di sciogliere l’incantesimo di quella attuale? Se il Conte l’ha costruita, può anche ripararla. –
- Ve…Ve l’ho detto prima: non è così semplice. - Il respiro dell’Akuma si indebolì, affaticandosi sospettosamente – Ogni nobile Noah nasce con una qualifica specifica che lo rende unico nel suo genere, una…Una natura scaturita dalla Memory contro cui perfino sua eccellenza il Conte non può interferire. Il Noah traditore era un Suonatore, come il Lord e Road-sama, ma l’incantesimo lanciato all’Arca Bianca è frutto esclusivo della sua Memory. Le Memory…Sono ciò che trasformano un essere umano in un Noah, Soltanto…S-Soltanto lui o la persona in cui è andata a impiantarsi la sua Memory possono sciogliere l’incantesimo ed è per questo che sua eccellenza il Conte ha costruito un nuovo veliero; ora che questo è pronto, non resta che scaricare i dati per completare…Ah!

L’accasciarsi al suolo di Hatsue corrispose al repentino quanto agile movimento del corpo di Amèlie, voltosi in direzione della porta scorrevole sul cui tessuto giallastro si stavano allungando minacciosi ombre sogghignanti.

- Ci hanno individuato. – Fu l’unico pensiero che la sua mente produsse prima di guardarsi attorno per capire se l’intera abitazione era stata circondata.

La Kekkai cartacea aveva quasi esaurito del tutto il suo effetto; una manciata scarsa di minuti e il tetto e le pareti sarebbero state aperte con mollezza, riducendo l’interno a un cumulo di cemento polverizzato.

- In piedi, Hatsue: ce ne andiamo. – La francese agguantò per un braccio l’Akuma, sollevandola di peso la donna. L’improvviso crollo del Livello Due non poteva che essere opera della trasmissione a lungo raggio del Conte: evidentemente stava lanciando l’ultimo appello ai suoi balocchi meccanici.
- N-No…Non c’è tempo. Ormai… -

Lo sentiva, crescente e corrosivo come acido caldo. Il guscio di tessuti, nervature e ossa aveva sopportato troppo e il cominciare a ingrossarsi sotto il semplice yukata fece sì che Amèlie mollasse la presa e si armasse della falce con entrambe le mani. Hatsue tossì, sporcandosi labbra e denti di liquido nero che sputò con rantolo gutturale; barcollò col viso solcato da un sorriso ampissimo, pieno di denti aguzzi sporgenti dalle labbra. La mano cenerina, quell’unica non ancora del tutto priva di lineamenti umani, si tese a fatica in avanti, schiudendo le sottili dita e porgendo un foglio di carta accuratamente piegato, conservato fino al dato utilizzo. La Maitresse della Rosa Nere lo afferrò rapida, creando un contatto temporaneo fra la sua pelle tiepida e quella gelida del Livello Due, prossimo al congelamento totale non appena anche l’ultimo briciolo di coscienza ancora restio a venire inghiottito nell’oblio si fosse esaurito.

- A breve…Tutto il materiale conservato nell’Arca Bianca verrà trasferito nell’Arca Nera, con un Download che caricherà per ultimo l’impianto di produzione. Cross-sama aspetterà fino ad allora per agire, prima…Non potrebbe. Lei deve…S-Salire sull’Arca -, ansimò faticosamente, inspirando forte dal naso – Esca dalla finestra -, e fece cenno con la testa all’apertura alle sue spalle – Vada dritto fino a che non troverà uno spiazzo…L-Lì c’è l’ultimo Gate aperto. Dentro...Dovrà fare attenzione: ogni volta che il Download scaricherà un’area della scatola, q-questa si distruggerà, f-fino alla completa distruzione… -

Rumori di mani artigliate che schiacciavano le mura molli della casa si levarono attorno a loro con la stessa intensità dello scricchiolare delle vecchie travi legnose. Il piccolo riquadro alle spalle di Hatsue dava sulla foresta di canne di bambù, il cui fruscio non era minimamente distinguibile con l’avanzare metallico e ferruginoso aleggiante. Era questione di secondi, sia per una cosa che per l’altra: la fame dei Livello Tre a incalzare con ringhi sibillini e quella del Livello Due istigata dall’argentea Rose Cross ricamata sul suo bustino. Amèlie dubitò che avessero percepito entrambe, ma ciò non toglieva che dovesse andarsene senza far intuire loro la sua direzione di fuga. Un’esca era l’unica maniera per guadagnare un po’ di tempo e quasi le avesse letto nella mente, Hatsue si rizzò al meglio delle sue possibilità.


Eh eh… Nonostante la confusione e gli imprevisti, alla fine il piano di Cross-sama andrà a buon fine, anche se Hatsu-chan avrebbe preferito morire diversamente. Venire mangiati dai propri simili…O esplodere…E’ spaventoso… - Non nascose la paura per quel destino, probabilmente il più orribile che un Akuma armato di ego potesse concepire – Speriamo che almeno Sachiko-chan ce la faccia… -

Fu con quell’ultima nota speranzosa rivolta a una persona del tutto sconosciuta, che il tempo a loro disposizione si azzerò. Avrebbe potuto fare qualcosa, Amèlie, forse darle quel riposo eterno che Allen le avrebbe regalato senza alcuna esitazione, anche a costo di mettere a repentaglio il proprio anonimato. Quell’albino dal cuore irrimediabilmente buono e compassionevole si sarebbe spremuto le meningi per cercare una soluzione che accontentasse entrambe le parti, tutto, pur di non vedere sacrificare ingiustamente un’anima tormentata, ma tanta accondiscendenza non avrebbe mai trovato alcuno spiraglio aperto nel cinismo della Chevalier.
Qualcuno doveva pur prendersi carico delle priorità e lei lo aveva sempre fatto, preferendo addossarsi il dissenso altrui piuttosto che venire meno ai suoi principi.
L’aveva già respinta una volta, l’ingenuità speranzosa di quello scricciolo, con parole crudeli e veritiere, e la respinse nuovamente dando le spalle al grido disumano e terrorizzato di Hatsue, maciullata violentemente dai denti dei suoi superiori, che ne strapparono il tozzo e grasso corpo spigoloso in parti diseguali, senza che vi fosse un grammo di rimpianto a velarle il viso.




Avanti, vediamo di sbrigarci: è quasi ora.

Il gracchiante suono di una voce anomala si levò bassa da un minuscolo spiazzo di terra solitaria immersa nella fitta vegetazione di bambù. Un gruppetto di Skull si sgranchì le gambe con gli ampi cappotti dai bordi in pelliccia a mostrarne i piedi lunghi e neri, componendo una perfetta fila indiana dopo aver pazientato a lungo che l’entrata dell’Arca Bianca fosse finalmente agibile. Il Gate fece capolino nello spiazzo con una sottile linea bianca apparsa da nulla, aprendosi da ambedue le parti fino a creare un varco dai lati squadrati e di calda luminosità, senza mostrare l’interno. Amèlie Chevalier osservò da prima gli esseri dal cranio del tutto privo di carnosità, nero e di resistenza visibilmente superiore alla norma. Non erano Akuma, questo lo appurò quasi subito, ma le dita affilate e le mandibole piegate lasciarono intendere una natura maligna da non prendere sottogamba.

Nascosta fra le canne, l’oscurità ne agevolava la mimetizzazione. Inginocchiata, osservò con respiro rallentato ogni movimento, rimanendo in allerta anche qualora qualcosa le fosse arrivato da dietro. Tese la testa in avanti di qualche millimetro, accostando l’orecchio per aguzzare l’udito e interpretare quel borbottare in una lingua che le fosse comprensibile.


- Dovremo essere cauti -, avvisò il primo della fila, voltatosi verso i suoi compagni - Sua eccellenza il Conte conta che il Download scarichi il contenuto dell’Arca Bianca in quella Nera il più velocemente possibile, ma fino ad allora la custodia dell’Uovo è di nostra competenza.
- Pensi che sia per la presenza di quel Generale qui in Giappone che il Lord del Millennio ha rafforzato le file degli Akuma? – Domandò un secondo.

Amèlie, corrugò la fronte; dunque il Conte del Millennio era al corrente delle intenzioni di Cross…
L’Uovo di cui parlavano, doveva trattarsi dell’impianto di produzione degli Akuma.


Sì, ha buone ragioni di credere che voglia mettere le mani sulla matrice di Dark Matter, ma non c’è di che preoccuparsi -, ridacchiò beffardo lo Skull, con i pendenti dorati a dondolare dalle orecchie appuntite - Il prezioso Uovo del Lord del Millennio è protetto da una barriera mistica impenetrabile. Se anche riuscisse a salire sull’Arca Bianca, quell’Esorcista non ci potrebbe fare niente e finirà per con lo sparire insieme a essa. Adesso, muoviamoci. -

Una ad una, le creature iniziarono a entrare nel Gate, sparendo all’interno del bagliore emanato. Man mano che il numero diminuiva, Amèlie accorciava la distanza che la separava dall’entrata dell’Arca, tastando il terreno in punta di piedi e cercando di non incappare in qualche ramoscello o spazio che avrebbe fruttato un qualche rumore sospetto. Con la mascherina di pizzo a coprirle la parte superiore del viso, non aveva occhi che per quella porta che si rifletteva nell’onice delle sue iridi con bagliore fremente. Hatsue era stata chiara: doveva entrare nell’Arca Bianca. Per fare cosa ancora lo ignorava, ma entrata in perfetta simbiosi con l’armoniosa quiete della foresta, vi sorpassò sopra con noncuranza. Un passo alla volta, senza aver fretta di agire e con i riflessi pronti a ogni evenienza.

A circa una decina di metri dal Gate, proprio ai margini della sua copertura, la corvina si fermò, scaldando la pianta dei piedi per l’imminente scatto. Una manciata esigua di secondi per scivolare con rapidità e fluente impalpabilità verso il portale prima che si richiudesse; una questione di tempistica che cercò di calcolare a mente lucida senza per questo lasciarsi influenzare dalla pressante attesa sempre più estenuante.Qualunque cosa fossero quei mostri, si muovevano con una pigrizia nelle gambe che avrebbe fatto sbuffare chiunque.
A est si percepiva odore di battaglia, un flebile rimbombo che scuoteva le foglie sottili sporcandole di leggero olezzo polveroso. Edo si stava tingendo di luci contrastanti, svegliandosi dal sonno durato oltre un secolo, con le stelle in cielo ad accoglierne i fuochi e la terra a macchiarsi di sangue catramoso e detriti. Un pensiero di Amèlie andò ai ragazzi: Allen, Lenalee, Lavi…Che fossero laggiù, le loro vite erano affidate unicamente a loro stessi.

Attenta, appoggiò le punta delle dita sul terreno umido, inarcando la schiena in avanti. Era quasi fatta.


- E adesso che succede? – L’arcata superiore dei denti morse le labbra della francese, con le sopracciglia inarcate per l’insensatezza a cui si ritrovò ad assistere.

La fila si era ridotta a una sola di quei mostri, ma questo, ad un passo dal Gate, gli aveva dato le spalle, senza che la fretta dei suoi simili gli fosse. Un comportamento insolito, che rallentò il già bassissimo respirare di Amèlie, quando colse la direzione di quella testa ossea e compatta.

Stava puntando le sue orbite vuote verso di lei.

Perse qualche battito, ma, imperturbabile, rimase perfettamente immobile, calma, nascosta fra le ombre. In un primo momento avrebbe pensato che fosse tutta una sua impressione, ma ora, nel sondare quelle piccole cavità scuro, fu certa che stesse contraccambiando lo sguardo. E la cosa, anziché farle precipitare l’animo in una pozza di panico – cosa comunque impossibile, per lei - risvegliò un fastidioso astio che le montò in groppa con pizzicore irritante.
Chiuse gli occhi per cinque secondi contati non ritenendo saggio compiere alcun movimento, ma i suoi nervi erano stati istigati con un famigliarità istintiva che palpitava con ronzante trillo che aveva semplicemente del pazzesco; non aveva idea di che cosa fosse quella creatura e desiderava tranciargli la testa più di qualunque altra cosa.

- Cosa diavolo…? – Non ci avrebbe creduto se non l’avesse visto e non poté rimanere basita per questo.

Quell’affare le aveva appena ammiccato, fatto l’occhiolino con sogghignante naturalezza. Il sospetto si fece strada in lei nonostante la riluttanza ad ammettere che potesse esserci una remota possibilità a quello che, per pochi istanti, le era balzato in testa. Non poteva essere, era impossibile: tanto viaggiare senza mai fermarsi le aveva fatto accumulare troppa stanchezza che non era più abituata a percepire come un peso, forse stava saltando a conclusioni troppo affrettate…

Perché quell’infido bastardo non poteva essere veramente davanti a lei come nulla fosse...


- Col cavolo che può essere! Lo è eccome!!! -

Ma con i nervi sollecitati in una maniera che da anni non provava, il suo intuito di donna esplose inevitabile, infiammandole il corpo di adrenalinico furore a tal punto da farla lanciare con foga verso il Gate. Certo che quello scellerato di uomo poteva guardarla con fare suadente pur camuffato da scheletro vivente, il suo inconscio lo aveva riconosciuto dal semplice ammiccarle tant’era diventato abile a smascherarlo da ogni suo trucco congeniato. Quell’immagine odiata, esasperante, fonte indiscussa di problemi e crisi interiori placabili soltanto con un abbondante bicchiere di vino - o meglio ancora di tequila fresca di produzione -, si era imposta con prepotenza d’innanzi agli occhi della sua mente con automaticità propria, soltanto una persona al mondo avrebbe potuto farsi riconoscere da lei in tale maniera, insinuarsi nella sua testa con rapidità fastidiosa e darle il tormento col solo nome.

- Non pensare di potermi sfuggire, fils de pute*!E si lanciò a braccia aperte nel Gate. 




Note di fine capitolo.
1*: Figlio di buona donna (usiamo una forma più elegante, al momento).
E anche questa è fatta. Ormai penso che riuscirò ad aggiornare una volta al mese, il che può andarmi anche bene, visto che progredisco lentamente. La povera Hatsue ha avuto vita breve, purtroppo – pace all’anima sua -, ma il suo ruolo lo ha fatto, svelando una storiella interessante su un certo Quattordicesimo che Amèlie cercherà di approfondire durante la sua permanenza sull’Arca (che non sarà affatto tranquilla, uh uh!). Ce la farà a uscire viva la bella francese e a prendere a sassate il maestro che tutte vorrebbero avere? A me, perlomeno, non dispiacerebbe, debiti e traumi a parte^^. Auguro a tutti quanti voi un buon Natale e Capodanno!
 
  
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