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Autore: PeNnImaN_Mercury92    13/12/2014    1 recensioni
Fu solo quando John e io ci trasferimmo a Londra, nel 1970, che lui entrò a far parte della band che gli avrebbe cambiato la sua vita e in qualche modo stravolse anche me, perché mi fece innamorare di una persona che non avrei mai concepito essere il mio tipo di ragazzo ideale.
E' infatti una storia d'amore che non mi sarei mai aspettata, e ora che lo racconto a te posso dimostrartelo...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, John Deacon, Nuovo personaggio, Roger Taylor
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il giorno dopo, alla fine delle lezioni, me ne tornai a casa da sola con tutta la tranquillità possibile, visto che quel giorno, per ragioni che Mr. Spitzer non aveva spiegato a me né a Veronica, avevamo giornata libera .
John doveva fare delle cose con la band, precisamente non sapevo cosa, per cui presi io la macchina.
Ma quando mi arrivai pochi passi più lontano dall'Imperial, vidi un ragazzo con una borsa a tracolla beige e vestito completamente di grigio.
Abbassai il finestrino.—Buongiorno, topo di biblioteca!
Liam si girò, cercando di capire da dove proveniva la voce.
Poi vide me, arrivata ormai sul ciglio del marciapiedi accanto a lui.—Ehilà, Frodo! Come va?
—Bene, tu? Dove vai?
—Faccio un giro, oggi la biblioteca apre alle quattro.
Mi venne poi un'idea.—Perché non vieni a mangiare da me? Sono sola, oggi. Dai!
Rimase un po' pensieroso.—Mh, okay.—disse poi.
—Vieni, sali!—lo invitai, entusiasta. 
Lui mi si sedette accanto.—Non sapevo che guidassi, non me l'hai mai detto.
—Solo per poco, siamo qua vicino.
E infatti, poco dopo arrivammo.
Molto frettolosamente, entrammo in casa.
—Wow, che casetta! Tuo fratello non c'è?
Gli avevo detto che avevo un fratello, e di conseguenza ho parlato a John di lui, anche se non si erano mai incontrati prima.
—No, aveva degli impegni. Faccio una pasta alla panna veloce.
—Posso aiutarti? Me la cavo un po' in cucina.—disse lui.
—Perfetto, comincia col prendere la panna dal frigo, io butto la pasta.
In fondo non dovevamo fare granchè, dovevamo solo aspettare che la pasta si cuocesse e poi bisognava immergerci la panna.
E infatti, il tempo della cottura della pasta e avevamo cominciato a mangiare.
—Sono venuti buoni, sai?—mi disse lui.
—Io sono l'unica che cucina qui. Qualcosina la so fare.—spiegai.
—Beh, non te la cavi per nulla male.
Ridacchiai.—Abbiamo fatto solo della semplice pasta con la panna, non ci vuole l'ira di Dio per un piatto così facile.
—Siamo stati comunque fantastici.
Scoppiammo a ridere.
Quando finimmo, gli chiesi se voleva un caffè e lui accettò.
Intanto, andò a visitare la casa.
E, come tutti gli ospiti che per la prima volta in quella dimora, sentii esclamare dal salotto:—Quanti vinili!
Portai due tazze di caffè fumante nella stanza.—Già. Come ti ho già detto, io e John siamo musicisti, più lui che me, ma entrambi apprezziamo i cantanti famosi come Stevie Wonder, Beatles o Elvis.
—Dove sono i libri? Ah, eccoli.
Accanto allo scaffale della libreria dove c'erano i vinili, ve ne era un'altra dove invece si trovavano tutti i libri di John.—Anche mio fratello legge molto.
Mentre passava le sue dita sui dorsi dei libri, disse:—Conosci "La Metamorfosi" di Apuleio?—negai con la testa.—Sicuramente conosci "Amore e Psiche".
Alla scuola primaria la professoressa ce ne lesse un tratto.—Ne ho un vago ricordo, sinceramente non riesco a mettere a fuoco la trama. Ti prego, non dirmi "leggilo", sono ancora alla fine delle "Due Torri". Fammi finire questa maledetta trilogia senza fretta.
Alzò le mani in alto.—Mi scusi, signorina. Non intendevo in nessun modo sollecitarla a finire il suo libro attuale subito.
Scoppiai in un'altra risata.
—Eppure non pensavo fossi così aggressiva nei miei confronti.
Alzai le sopracciglia con un sorrisino malizioso.—Non sai molte cose di me, ragazzo della biblioteca.
Anche lui mi mostrò un largo sorriso.
Dopo aver chiacchierato a lungo di libri, addirittura con "Magical Mistery Tour"  e "I Was Made to Love Her" di Stevie come sottofondo, sentimmo la porta di casa aprirsi e due voci parlare tra di loro, poi un:—Rose, sei in casa?
Roger e John ci raggiunsero nel salotto, con entrambi le bocche aperte.
—John, sei già qui?—dissi imbarazzata.—Comunque, lui è Liam. Liam, lui è mio fratello John.
I due si avvicinarono e si diedero la mano.
.—E lui invece è Roger, un nostro amico, nonché mio compagno di corso. Rog, lui è Liam.
Anche loro si strinsero la mano, e, nonostante Roger avesse uno sguardo sereno, Roger ricambiò leggermente scocciato.
—Bene, io credo debba andare. Sono le—guardò l'orologio.—Oh, santo cielo, le sei e mezza passate. Come è possibile sia passato tutto questo tempo così in fretta?—mi guardò.
Mi strinsi nelle spalle, diffidente.—Allora ci vediamo, Rose.—mi diede due baci su entrambe le guancie, salutò gli altri due con un cenno della testa, e io lo accompagnai alla porta.
Non mi diede il tempo di dirgli nulla, che se ne era già andato.
Tornai in salotto per riprendere le tazze di caffè, rimanendo sempre indifferente.
—Rose, perché l'hai invitato qui?—mi chiese John.
—E' vietato far entrare gente a casa nostra? Ti ricordo che anche io ci abito, qui.—risposi un tantino acida, con le tazze in mano.
—Rose, ti ricordi cosa ti ho detto ieri?—disse poi Roger.
Di colpo mi ricordai la cena con lui.—Di già? Non è un po' presto? E poi, non ci dovevamo incontrare a casa tua alle sette e mezza, hai detto tu stamattina?
—Volevo fare un giro con l'auto, ma se non vuoi ci vado da solo e vengo a prenderti più tardi.
—No, non preoccuparti. Un attimo, sistemo qui.
Posai le tazze, misi un giubbino verde pistacchio e degli stivali neri senza tacco.
—Eccomi, sono pronta.—dissi, mentre alzavo la cerniera del giubbino.—John, ci vediamo più tardi.
—Ah, sì. Roger me l'aveva detto che uscivate a cena. Beh, ciao!—disse lui.
—A dopo!—risposi, prima di uscire insieme a Roger di casa.

—Cosa stavi facendo insieme a quel… Come hai detto che si chiama?—mi chiese, sempre con fare scocciato.
—Liam. È un mio amico della biblioteca. Abbiamo pranzato insieme, e non abbiamo fatto niente di inquietante, ci siamo solo messi a parlare.—spiegai, mentre ci gustavamo un buonissimo "English Breskfast".
Guardai poi la sua espressione in viso: un po' imbronciata.—Cos'è? Sei geloso?—dissi maliziosa, per pura presa in giro, sia chiaro.
Mi guardò in faccia.—Io? No, era tanto per chiedere. Come ti vengono in mente cose del genere?—ridacchiai a bocca chiusa.—Ti fa ridere?
—No, no.
—A me non importa nulla, se per questo potevate anche baciarvi, tanto.
—Ma che cazzo dici? Ci conosciamo da un mesetto!—risposi divertita.—E tu? Qualche giorno fa, Freddie mi ha detto che l'ultima a cui hai fatto la corte sono stata io. Devo preoccuparmi?—risi nuovamente.
—Ah, te l'ho detto! Non ho più tempo di pensare a questo genere di cose. Brian non fa altro che organizzare prove su prove.
Gli sorrisi.—Comunque io credo che ci dovremmo arrendere per John e Veronica. Non si vogliono decidere.—Ma sei idiota? Manca poco, me lo sento. E poi, li abbiamo visti. Quei due scopano con gli occhi!
Spalancai, guarda caso, proprio i miei di occhi a quella battuta, mentre lui se la rideva di gusto.—Merda, Roger!—esclamai, aggregandomi a lui.—E di Freddie che mi dici?
—Non sai che cosa è successo ieri sera quando tu e Deacy ve ne siete andati! Mary doveva tornare a casa da sola, così lui si è offerto per accompagnarla, solo che dopo è spuntato Brian dicendo che lui era più vicino alla piccola casa che ha Mary. Credo che non esista un nome da dare al colore della faccia di Freddie.
Scoppiai a ridere talmente forte che mi colò la salsa del bacon dalle labbra, e lui doveva averlo notato, perché mi guardo la bocca in modo preoccupato.—Attenta, hai del…—mi indicò le labbra.
Sfortunatamente non capii nulla, grande idiota qual ero.
La sua mano prese un fazzoletto dal tavolo e me lo passò, con mia grande sorpresa, sul punto della bocca.
Per mia grande fortuna non avevo il rossetto, ma solo del semplice mascara, che non c'entrava nulla.
Prima di avvampare più forte di quel momento, presi il fazzoletto dalla mano di Roger e me lo passai da sola.
Tornammo a mangiare.
Al che, per dimenticare ciò che era appena successo, dissi—Questo piatto è davvero delizioso! Avevi ragione!
—Roger Taylor non si sbaglia mai, tesoro.
—Siamo modesti, non è vero?—ironizzai.

—Non hai freddo con solo questa giacca di pelle? Io sto letteralmente morendo con questo giubbino.
—Aha, freddolosa, eh? Perché ti interessa tanto se sto bene?
—Perché può darsi che sono io che sto male se ho tutto questo freddo.—mi scappò qualche brivido, avere le mani nelle tasche non serviva a nulla.
Fatalità, mi trovai poco dopo sotto il braccio sinistro muscoloso e protettivo di Roger.
Lo guardai in faccia per ricevere risposta, peccato che risposta non c'era, semplicemente mi sorrise, facendo intravedere i denti frontali sporgersi dalle sue labbra sottili.
Non avevo meno freddo, no. Mi sentivo nel Sahara completamente.
Non so per quanto tempo rimanemmo così, fatto sta che il tempo non passava più.
E nessuno riuscirebbe mai ad immaginare come mi sentii sollevata quando svoltammo verso la strada di casa mia.
Il ristorante in cui eravamo andati non era lontano, ma il tempo non passava più con me e lui abbracciati.
Fummo quasi arrivati di fronte la porta di casa, ci fermammo solo qualche metro più distante.
Finalmente mi lasciò libera.
In quel momento successe qualcosa che ancora ora non so spiegarmi.
Eppure avevo bevuto solo un bicchiere di birra, che non ha mai ucciso nessuno.
—Grazie, Rog. Ho trascorso una bella serata. Non so da quanto tempo non mangiavo così bene.
—Sono contento ti sia piaciuta la serata. Ci vediamo domani a scuola?
No. Non potevo dire "Okay", dovevo per forza dire:—Aspetta un secondo.—mi misi di fronte a lui.—Volevo chiederti… Secondo te cos'è l'amore?—mi guardò un po' confuso.—Insomma, siamo stati tutto questo tempo a parlare di John e Veronica, di quanto siano sdolcinati, ma seriamente credi che l'amore sia solo un sentimento diabetico?—ero sul punto di mettermi la mano davanti la bocca, dopo tutto ciò che avevo detto.
Rimase un po' pensieroso.—Io penso che l'amore sia un sentimento che ognuno di noi ne ha solo la metà.
—E l'altra?
—Beh.—mise anche lui le mani in tasca.—L'altra bisogna cercarla. Sappiamo tutti che è difficile trovarla. Ma sai come si dice? L'amore è un sentimento di cui tutti hanno bisogno. Anche i più senza cuore come me. Lo sai, anche se ho poco più di vent'anni, ho cercato di scovare l'altra metà in tante anime. E una volta trovato, nulla ti rende più felice.
Finalmente il mio buonsenso si azionò, e abbassai lo sguardo sul marciapiede.—E come pensi di trovarlo?—dissi poi timidamente.
—Io, non so se te l'ho detto, ma penso di averlo già trovato.
No, non mi diede nemmeno il tempo di pensare.
Fu come un colpo di pistola.
Mi trovai improvvisamente le sue labbra sulle mie.
La sua presa era micidiale.
Ero sul punto di allontanarlo da me, ma non potei fare più nulla quando la sua mano coprì il mio collo, avvicinandomi ancor di più a lui.
Era un bacio agevole, semplicemente allontanava e avvicinava con piccoli intervalli la sua bocca dalla mia.
Ad un certo punto, anche la mia mano partì, andando a perdersi nella sua chioma bionda.
Anche io lo strinsi più forte a me. E alcune volte aprivo gli occhi per godermi lui all'opera.
E non so per quanto tempo stavamo continuando così. So solo che dopo un po' fui io quella che decise di staccarsi da lui.
Rimanemmo a guardarci. Io avevo ancora la mano nei suoi capelli, mentre lui dal punto del collo era passato alla guancia destra.
Entrambi avevamo una faccia compiaciuta.
Tutti dovranno credermi, in quel momento non sapevo proprio che dire.
Una cosa era certa. Dovevo allontanarmi da lui prima che avrei combinato qualcosa.
Rimanemmo in silenzio dallo stacco, poi fui io quella a dire:—Ci vediamo domani.
Lasciai malvolentieri la presa dei capelli e feci per andare verso il portone principale del palazzo, ma lui mi prese il polso, facendomi rigirare.
—Tu non mi hai ancora risposto, però. Cos'è per te l'amore?—mi guardò intensamente negli occhi.
—Semplicemente la cosa più bella che ti possa capitare.—risposi, prima di congedarmi definitivamente da lui.

Quella notte non riuscivo per niente a prendere sonno.
Non so per quante volte mi ero rigirata nel letto, disfacendolo del tutto.
L'unica cosa certa era che non sarei riuscita ad addormentarmi.
E solitamente, in questi casi, c'era solo una cosa da fare.
Andai in camera di John, intento a dormire tranquillamente.
Non appena aprii la porta di camera sua, lo chiamai.—John? Svegliati.
Si alzò dal cuscino.—Che ore sono?—chiese con voce impastata.
—Non lo so, ma non riesco a prendere sonno.
Rimase a guardarmi per un po'.—Vuoi dormire qui vicino a me?
Annuii, e in men che non si dica, mi coricai accanto a lui.
—Come mai non riesci a dormire?
—Non lo so.—mentii.—Non riesco a tranquillizzarmi.
—Va meglio, ora?
—Sì.
—Domani alle due abbiamo le prove. Tu e Ver volete venire?
Non me la sentivo di vedere Roger con tutto quello che era successo.—No. Torno direttamente a casa.
—Posso sapere che è successo? Avete litigato tu e Rog?
—No, non preoccuparti. Ora pensiamo a dormire. Ho sonno.
Così mi abbandonai nelle sue braccia fraterne, dimenticando nel buio tutti i pensieri che mi tormentavano.


Spazio Autore: EVVAIIIIII!
SI SONO BACIATI QUEI DUE, FINALMENTE.
Il bacio è stato un momento molto delicato. Credo di averci messo due ore solo per scrivere quella sequenza, e ancora ora non mi soddisfa.
Io non so voi, ma non vedo l'ora di vedere come andrà avanti…

 

  
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