Serie TV > Glee
Segui la storia  |       
Autore: cup of tea    13/12/2014    1 recensioni
[Fic già pubblicata circa due anni fa, ma poi cancellata, riveduta e corretta e ora pubblicata nuovamente]
Kurt e Blaine non si parlano da quando (SPOILER! 4x04) si sono lasciati. Ora è passato qualche anno da quella sera e entrambi hanno le loro vite; Kurt lavora a Vogue.com e si sta preparando per rifare l’audizione per la Nyada, Blaine invece è all’ultimo anno alla NYU e frequenta Sebastian.
Ma il caso vuole che si rincontrino in un negozio di spartiti a New York: il riavvicinamento sarà tanto inevitabile quanto difficoltoso.
Note: I personaggi potrebbero risultare lievemente Out Of Character, ma solo perchè sono più adulti e teoricamente più maturi. Il racconto non tiene ovviamente conto delle vicende successive alla 4x04.
Genere: Angst, Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry, Sebastian Smythe, Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Blaine/Sebastian, Finn/Rachel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
“QUALE IDIOTA SCAPPA DALLA FELICITA’?”
OVVERO IL CAPITOLO 10 DI QUESTA STORIA
 
 
 



 
“When we collide we come together
If we don't we'll always be apart
I'll take a bruise, I know you're worth it
When you hit me, hit me hard.”

(Biffy Clyro – Many of Horror)
        
 


 
[…]“Di’ qualcosa, ti prego.”

“Kurt, ho lasciato Sebastian poco dopo Halloween.”

 

La tazzina scivolò dalle dita di Kurt e rimbalzò dal tavolo al pavimento, finendo in mille pezzi.

Un rumore di vetri rotti.

Di edifici che crollano.

Di corazze che si infrangono.

Di certezze che esplodono.

Rumori stridenti, eppure incapaci di raggiungere le orecchie di due che comunicano con tutto fuorché con la voce.

Occhi negli occhi, pugni sul tavolo, caffè avanzato dappertutto.

Lacrime, rabbia, voglia di urlare tutto il non detto.

Sedie che cadono, gatti che scappano.

Mani che viaggiano, colpiscono il vento, afferrano il corpo.

Pelle che si sfiora, respiri mozzati.

E poi baci.

Baci rudi.

Baci bagnati.

Baci urgenti e infiniti per recuperare tutti quelli mancati.

Incontro di corpi, incontro di spiriti.

Ma una voce… una voce tetra dice che non bisogna fidarsi. Una voce oscura dice di non abbassare la guardia. Una voce…

Kurt si svegliò di soprassalto, completamente sudato e ovviamente solo.
 
Nel buio, si mise seduto a gambe incrociate tra le lenzuola. Si passò una mano sulla fonte, massaggiandosela, mentre realizzava che il sogno che aveva fatto era il riassunto perfetto degli avvenimenti di quel pomeriggio.

Quando sarebbe stata la prossima volta che avrebbe dormito tranquillo?

Sentiva ancora sulle labbra il sapore acido degli insulti che aveva rivolto a Blaine, dovuti prima all’incredulità – insomma, in caffetteria li aveva visti! – poi alla frustrazione e all’incapacità di comprendere perché mai avesse aspettato tanto a metterlo al corrente della rottura.

Sentiva ancora il sapore salino delle sue lacrime e di quelle di Blaine.
Sentiva Blaine.
Ritirò la mano che era scesa fino alle labbra, desiderosa di accarezzarle al ricordo. Si oppose a quel gesto così naturale, perché sentiva che qualcosa in sé stesso non andava.

Possibile che anche in quel momento, quando gli ostacoli della non comunicazione erano stati finalmente completamente abbattuti, provasse ancora delle riserve ad abbandonarsi completamente all’amore?

Possibile che in quegli anni in cui lui e Blaine erano stati separati -  anni in cui non era passato giorno senza che si fosse sentito ferito e tradito nella fiducia - si fosse inasprito al punto da non riuscire più ad amare del tutto?

Raccolse le ginocchia al petto e le circondò con le braccia, affondando il viso nel gomitolo d’uomo che era diventato.

Vedendolo in crisi, Mr Claws saltò sul letto e si strusciò contro il fianco del suo coinquilino, che alzò la testa e lo accarezzò con fare riconoscente.

Kurt decise di alzarsi solo per dare i croccantini al micione e di tornare a letto subito dopo.

Entrò in cucina e non poté fare a meno di pensare a quanto potesse essere pericoloso quel luogo.

Innanzitutto, era stato il teatro del primo vero riavvicinamento con Blaine, con lo sfioramento delle mani la notte di Halloween. Accarezzò con un lieve tocco di polpastrelli il legno del tavolo ancora in disordine. Poi, il quasi-bacio a Natale, vicino al lavandino. Non gli vennero i brividi a pensarci solo perché aveva già avuto di meglio. Infine, infatti, il terremoto del pomeriggio precedente.

Ma come tutte le cose pericolose, anche quel posto era ormai diventato tremendamente attraente e intrigante. Proprio come Blaine, che lo faceva sentire in pericolo e al sicuro allo stesso tempo. Blaine, che quel pomeriggio aveva capito subito la sua richiesta muta di lasciarlo riflettere da solo e in tranquillità, ed aveva lasciato l’appartamento senza chiedere spiegazioni o insistere per rimanere. Blaine, che lo conosceva meglio di chiunque altro e che per questo costituiva allo stesso tempo un porto protetto e uno spaventoso rischio di rimanere ferito.

Mentre rovesciava un porzione di croccantini nella ciotola di Mr Claws, sentì una lacrima farsi strada lungo la guancia. Quella confusione di sentimenti l’avrebbe presto spezzato, di sicuro. Bloccò la lacrima sulla linea del mento con il dorso della mano libera e, rimessa a posto la scatola, tornò a letto, con la speranza che quei pensieri lo avrebbero lasciato in pace, almeno in sogno. Per qualche ragione non era poi così fiducioso.

Si arrotolò sotto le coperte per chiudere fuori il mondo.

***

Erano le cinque del pomeriggio e Kurt non si era ancora fatto sentire.

Non che fosse obbligato a farlo.

Però in cuor suo Blaine sperava che lo avrebbe fatto.

Uscì di casa per ingannare il tempo e non fissare il telefono in continuazione. Comprò il giornale, passeggiò per Central Park, allungò la strada del ritorno e rientrò a casa.

Ancora nessun messaggio.

Accese la televisione e guardò un reality a caso.

Ancora silenzio.

Ma non c’era scritto da nessuna parte che lui non potesse cominciare per primo a scrivergli, giusto? Prese il cellulare e digitò concitato qualcosa di neutro, magari sul reality – Kurt li conosceva tutti.

(19.13)
Interessante piega degli eventi. Jenny sta per essere eliminata perché il suo vestito è fuori tema.
 
Silenzio. Magari Kurt stava facendo qualcos’altro.
 
(19.30)
Wow, non posso credere che l’abbiano salvata, alla fine.
 
Silenzio. Magari Kurt non aveva fatto la ricarica e non voleva sprecare gli ultimi centesimi in messaggi futili. Oppure il cellulare era scarico e Mr Claws aveva nascosto il caricabatterie.
 
(20.18)
Se fossi preoccupato che mi stai evitando, in questo momento sarei in paranoia.
 
(20.56)
Kurt… non mi stai evitando, vero?
 
Decise di prendere quell’ennesima risposta mancata come un rifiuto non celato, anzi piuttosto palese.
Ma andava bene così, perché era sicuro che Kurt avesse una buona ragione.
 
Non poté però più nascondere a sé stesso di esserci rimasto male, quando il mutismo proseguì anche il giorno dopo, e il giorno dopo ancora.
A metà settimana smise di scrivergli.
E ora della fine decise che i segnali erano abbastanza chiari: Kurt non voleva più aver niente a che fare con lui.
Non sapeva il perché – quella era la parte peggiore - e non riusciva nemmeno a immaginarselo: l’unica cosa che sentiva era che, per la seconda volta in pochi mesi, con lui era finita. Quella volta davvero.
 
Le forze per continuare a rincorrerlo le aveva ancora, e lo avrebbe aspettato anche per tutta la vita, per quanto lo riguardava. Ma, preso dallo sconforto, si chiese quanti rifiuti sarebbe stato in grado di sostenere ancora e quante volte il suo cuore avrebbe potuto spezzarsi prima di smettere di battere del tutto.
Kurt ne valeva completamente la pena, ma era evidente che lui non valesse la pena per Kurt.
 
Con le lacrime agli occhi, prese la lettera dal cassetto del comodino e la buttò direttamente nel cestino.
Poi, chiamò Sebastian e gli impose di portarlo fuori.
 
 
***
 
 
Kurt si mandò al diavolo.

Lo stava facendo di nuovo.

Blaine aveva ragione: quando le cose si facevano difficili, lui alzava veramente un muro e sceglieva sempre la fuga.
 
Codardo.
 
E da cosa stava scappando, questa volta?
Forse, dalla felicità?
Quale idiota scappa dalla felicità?!
 
Tornato a casa di sera tardi, dopo il lavoro, trovò qualcuno ad aspettarlo davanti al portone. Di tutte le persone in cui avrebbe potuto aspettarsi di incappare, incontrò l’unica impensata: Smythe.
Era proprio lì, appoggiato al muro e con le mani in tasca, e lo stava aspettando.
Non si era perso, né era passato di lì per caso.
 
Per qualche ragione Kurt sentì attorcigliarglisi le interiora.
 
“Smythe.” Non lo guardò neanche in faccia, mentre gli passava davanti e girava le chiavi per entrare.

“Hummel.” Sebastian si alzò e lo seguì senza aspettare di essere invitato a entrare.

“Cosa ti porta a Bushwick?” Kurt continuava manifestamente a ignorarlo e il tono utilizzato era volutamente supponente. Gli diede le spalle e si abbassò per accarezzare Mr Claws che cominciava già a soffiare all’estraneo. “Shh, non fare così. Ti dico io quando è il momento di attaccare.” Disse Kurt, questa volta lanciando una frecciatina diretta all’intruso.

“Sai, Hummel, io ho un amico.”

“Mi fa piacere.”

“E mi piacerebbe continuare ad averlo intero. Sono stufo di raccoglierne ciclicamente  i pezzi.”

Sebastian a quel punto aveva attirato l’attenzione di Kurt, che si alzò  lasciando perdere il gatto ma rimase in silenzio. Con occhi ridotti a due fessure ascoltò cosa quell’arrogante aveva da dirgli.

“Per prima cosa, mettiamo in chiaro che non lo sto facendo per Blaine, ma per me. Ha rovinato un sacco di mie camicie con le sue lacrime e odio quando diventa musone perché guasta la festa anche a me.”
Sebastian si sedette comodo sul divano, come se si trovasse a casa sua. Kurt lo seguì con gli occhi e con le orecchie, ma non si sedette.

“Seconda cosa, se questo tuo tira e molla è un modo per farti desiderare, risparmiati la fatica, perchè ti vuole già al punto di star male.”
Qui Kurt non poté fare a meno di notare la pausa e la voce quasi incrinata di Sebastian. Ma il tutto durò poco più di un istante, perché l’usignolo riprese subito nascondendo qualsiasi emozione diversa dalla severità.

“E, terzo, se non riesci a capire cosa ti perdi, allora lasciati dire che sei davvero una testa di cazzo.”
Nello sguardo di fuoco di Sebastian, Kurt lesse le sue intenzioni. Non c’era volontà di insulto dietro quelle parole, bensì fermezza e determinazione a fargli aprire gli occhi.

“E’ stato lui a mandarti qui?” Chiese.

“Blaine? Non dire sciocchezze. Non sa neanche che sono qui. Scommetto che in questo momento è chiuso in casa, seduto al pianoforte a diventare matto su chissà quale melodia inventata, come fa da un po’ di giorni.”

Kurt rimase zitto perso in qualche immagine di Blaine davanti ai tasti bianchi e neri; lo vide accarezzarli, poi premerli con rabbia, gettare all’aria gli spartiti e poi riprenderli e correggerli.

“Ah, se vogliamo dirla tutta, il mio arrivo qui non è l’unica cosa di cui è all’oscuro.”Kurt si ridestò dai suoi pensieri solo per vedere Sebastian tirare fuori dalla tasca una busta bianca piegata a metà.

“Questa te l’ha scritta lui mesi fa. L’ho trovata nel suo cestino e mi sembrava un peccato che finisse nella spazzatura prima che qualcuno la leggesse. Tieni.”

Kurt prese la busta che sul davanti recava il suo nome. Fissò incredulo Sebastian.

“Non guardarmi così, Hummel. Lo so che non è corretto dartela alle sue spalle. Ma pensavo che ormai mi conoscessi: io non sono mai corretto.” Alzò le spalle. “Beh, suppongo che il mio lavoro qui sia finito. Posso anche andare via, anche perché… cavolo Kurt, come puoi vivere in un quartiere del genere? Fa venire i brividi.”

“Smythe che ha paura? Pensavo fossi abituato alle zone losche. Lo Scandals non era certo nella parte più rispettabile di Lima.” Lo punzecchiò un po’, grato che la situazione tra loro fosse tornata quella normale in cui si lanciavano frecciatine e non più quella appena sperimentata in cui uno era Cupido e l’altro la sua vittima.

Sebastian rispose con un’altra alzata di spalle e si diresse verso la porta di ingresso, salutando in silenzio Kurt con un gesto della mano che ricordava quello dei militari.

Kurt lo bloccò prima che uscisse. “E così lo stai facendo per te stesso, vero?”

“Mai avuto vero interesse verso nessun altro.” Gli rispose l’altro, con uno sguardo alla “a buon intenditor poche parole”.

Kurt lo vide uscire e sorrise tra sé: aveva sbagliato di grosso nel giudicare il nuovo Sebastian, e riconoscerlo non era poi così traumatico.
Come avevano cercato di dirgli tutti, forse era davvero cambiato. Per quanto l’usignolo non l’avrebbe mai ammesso, non era più l’egoista di un tempo. A Blaine ci teneva davvero. E la cosa bella era che a Kurt non importava nemmeno di indagare sulla natura di quell’interessamento.
Le uniche cose importanti, in quel momento, erano sé stesso, Blaine e la busta che teneva ancora fra le mani.

La osservò, ne accarezzò i contorni, passò un dito sul nome del destinatario. Infine strappò la carta per liberare la lettera di cui non riusciva a immaginare il contenuto. O forse sì, date le capriole che il suo cuore stava facendo.

Il foglio a quadretti che tirò fuori era scritto fitto e in bella grafia. In alcuni punti i tratti erano più marcati, lì dove si poteva percepire l’impegno e la fatica di trovare le parole giuste.

Già alle prime righe, Kurt sentì la necessità di sedersi su una sedia, prima che le ginocchia lo tradissero del tutto, e si portò una mano alle labbra, sull’orlo delle lacrime.
 

 
“Cominciare questa lettera è la cosa più difficile che mi sia mai trovato a fare.
Cerco le parole, ma si perdono per strada prima che riescano ad arrivarmi.
 
Perciò, lasciami chiedere scusa, per cominciare.
 
Lasciami chiedere scusa per quello che ho detto, o non ti ho detto. Per quello che ho fatto e per quello che non ho fatto.
 
Ho avuto ciò che mi merito: non passa giorno senza che mi maledica per quello che ti ho fatto tre anni fa. Vorrei esistesse la macchina del tempo per tornare indietro e cambiare le cose, ma nemmeno io sono così ingenuo da pensare che ripartendo da capo non rifarei gli stessi errori.
 
Ma gli errori ci rendono quello che siamo, ed è per questo che invece di cambiare il passato preferisco migliorare il futuro.
 
Con te tutto ha un senso. IO ho un senso, e per te non mi fermerei davanti a niente.
Non riesco a fare a meno di pensare che l’amore, quello vero, dura veramente per sempre e che è questa la cosa che conta davvero. Più degli errori commessi, più delle difficoltà, più della lontananza.
Più del fatto che fino a pochi mesi fa la mia vita non era vita.

Perché so che non c’è vita senza di te.

Nel bene e nel male, so che non potrebbe esserci nessun altro per me.

So anche che ho incatenato il tuo cuore e l’ho distrutto.

E so che ora voglio curalo e liberarlo.

Quello che invece non so è se mi permetterai di farlo.

Permettimi di farlo, ti prego. Non tenerlo più nascosto.

Ti amo, Kurt Hummel. 

Ti amo oltre ogni cosa.

Blaine”
 

Kurt non aspettò altro.

Si asciugò le lacrime, prese il cappotto e uscì al volo.

Rincorse un taxi e lo prese quasi saltandoci dentro. Direzione: Upper West Side.

Il mezzo sfrecciava tra le strade deserte, mentre nella sua testa una confusione gridava e strillava e urlava solo un nome: Blaine, Blaine, Blaine. Non riusciva a pensare ad altro.

Pagò il tassista e si precipitò fuori dall’automobile, correndo verso il portone del palazzo. Solo prima di suonare il citofono si rese conto di che ore fossero.

Due del mattino. Bel colpo, Kurt. Che farai adesso?
Citofonerò, questo è certo. Blaine non è l’unico che può fare le improvvisate notturne!

Ci volle un po’, ma alla fine il portone fu aperto.

Kurt corse su per le scale facendo i gradini a tre a tre fino alla porta dell’appartamento di Blaine, già aperta, con lui sulla soglia.

“Kurt, ma ch-?”

“Hai mentito!”

“C- Cosa?”

“Hai detto che non ti saresti fermato davanti a niente!” Kurt indicò la lettera. “Non fermarti più davanti alle mie fughe, per favore.” Disse semplicemente.
Poi si fiondò finalmente tra quelle braccia tanto desiderate.


 
La tavola di cup of tea 
La lettera!!! La lettera è arrivataaaaa!!
Mamma mia, sono agitatissima, spero di aver reso giustizia a Blaine e ai suoi pensieri. Vi invito caldamente a farmi sapere che ne pensate, perché ho davvero il terrore di aver scritto una schifezza e di aver deluso le vostre aspettative!
Ci tengo a sottolineare che l’ho scritta ascoltando tre canzoni a ripetizione: “In Between” (Linkin Park), “Life After You” (Daughtry) e “Hidden Away” (Josh Groban). E’ probabile che qualche verso lo riconosciate tra le parole di Blaine.
Per il resto… ancora qualche capitolo e poi Distance sarà finita. Ho già le lacrime!
Ma manca ancora qualcosina (non avrete mica dimenticato la Nyada, vero??) perciò… a domenica prossima!
Cup of tea <3
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: cup of tea