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Autore: A Swiftie Life    13/12/2014    7 recensioni
Luke Hemmings era il ragazzo più antipatico e sfacciato che Charlie avesse mai conosciuto. Voleva credere che fossero talmente diversi da non trovare mai una tregua ai loro continui battibecchi. Ma infondo, Charlie sapeva che non erano proprio due mondi paralleli.
"Ogni estate Kate andava da suo padre a Miami per trascorrere del tempo con lui. In pratica, ospitava me, Emily e Mikey in un'enorme villa a tre piani per circa tre mesi."
"«Potrei avere dell'acqua?»
Ringraziando, afferrai il bicchiere per poi portarlo al tavolo. O almeno quella era l'intenzione. Non appena mi voltai una figura alta mi si parò davanti, facendomi fare un balzo all'indietro. Il bicchiere rimase arpionato alla mia mano, ma un po' di liquido finì sulla maglia nera del tipo.
«Cazzo!» pronunciò.
«Oh mio Dio, scusami tanto!» iniziai. «Beh, è solo acqua, quindi non dovrebb-» lasciai la frase in sospeso quando vidi per la prima volta il viso dello sconosciuto. Era... era... stupendo.
L'espressione leggermente confusa del ragazzo scomparve, lasciando spazio ad un ghigno divertito.
«Lo sospettavo; una ragazzina come te non avrebbe potuto di certo bere del whisky»"
Riuscirà Charlie a sopportare Luke e il suo ego per tre lunghissimi mesi?
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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14° capitolo


We look such cool kidz with our shoes off.




«Michael, se non stai fermo ti tingerò anche le orecchie, piantala!» brontolai contro quel deficiente di mio fratello, che stava ballando la macarena sulla sedia. Eh già, eravamo nel bagno della nostra camera e stavo cercando di tingere i capelli di Michael di un rosso fuoco. Ma era parecchio complicato dal momento che non stava un secondo fermo. 
«Non ci riesco, le setole mi fanno il solletico!» biascicò tra una risata e l’altra mentre continuava a muoversi a scatti, per niente preoccupato dal fatto che io avessi un pennello pieno di colore che poteva benissimo scivolarmi dalle mani e finire sul pregiato parquet di casa Grey. Se il padre di Kate ci vedesse in questo momento gli verrebbero due infarti, cinque attacchi cardiaci e una crisi epilettica. Kate invece l’aveva presa meglio: ci aveva guardati e aveva detto “Una sola goccia di colore per terra e non vedrete mai più la luce del sole”. Beh, meglio si fa per dire. Scostai la coda di cavallo disordinata che avevo improvvisato appena sveglia dagli occhi e sbuffai.
Emily, seduta sul bordo della vasca da bagno intenta a maneggiare il cellulare, fece una risatina con gli occhi incollati sullo schermo.
«Vorresti una pennellata di rosso su quelle impeccabili ciocche bionde, Em?» scherzai continuando con il mio lavoro da titani. Charlie passione parrucchiera.
«Almeno la distrarrebbe da quel cellulare a cui è attaccata da giorni» ridacchiò invece Michael, riferendosi al suo continuo mandare messaggi con Calum.
Lei ci lanciò un’occhiata di fuoco e mise il cellulare in tasca, ma l’avevo comunque vista arrossire dallo specchio di fronte a me. 
«Lo dici solo perché tu non hai la ragazza» borbottò la bionda, incrociando le braccia al petto. 
«Non ho bisogno di una ragazza, santarellina» rispose mio fratello a tono. Mi accigliai.
«Michael, hai qualcosa da confessare?» chiesi molto seria, facendo ridere Emily dietro di me. Lui allungò una mano e mi diede uno schiaffo sul sedere. Uno schiaffo molto forte.
«Non sono gay, cogliona» meno male.
Scoppiai a ridere fragorosamente, contagiando poi anche i due. 
«Sul serio, Mikey. Quando ti deciderai a trovare una ragazza?» ripresi, abbastanza seriamente. Non volevo che mio fratello trascorresse la sua adolescenza scopandosi ogni cosa vivente e avente un buco. Mi ricordai di quante volte era tornato a casa con delle ragazze, a volte anche più grandi di lui.
Lo sentii sbuffare. «Non la voglio la ragazza. Sto bene così»
La mia risposta fu bloccata dalla voce di Kate dal piano di sotto. Probabilmente stava sclerando al cellulare con Ashton. Emily scattò in piedi e si precipitò alla porta del bagno, preoccupata. Quando ritornò nella piccola stanza aveva un sorrisetto che avrei osato definire ‘perverso’. 
«Credo che ci sia qualcuno per te, Charlie» disse indicando la porta. Rimasi col pennello a mezz’aria e un’espressione stranita. 
«Di’ a Kate che se si tratta del suo orripilante amico che vuole il mio numero di telefon-»
«No. Ti conviene scendere»
Sbuffai e lasciai il pennello sporco nel lavandino. «Hey! E io?» strillò Michael indicandosi i capelli.
«Arrivo subito» soffiai prima di scendere le scale con Emi, che stava ridacchiando sommessamente. 
Quando riuscii a intravedere la porta d’ingresso e Kate al suo fianco, mi accigliai. Scesi gli ultimi scalini molto lentamente, bloccandomi alla fine della rampa, con la mano ancora arpionata alla ringhiera. Luke era nel salotto, intento a parlottare con Kate. Resistetti all’impulso di cedere alle ginocchia che stavano tremando come due… ginocchia che tremano. Quando entrambi si voltarono verso di me, deglutii. «Charlie! Erano ore che ti chiamavo!» esclamò Kate, senza alcuna traccia del suo solito nervosismo tipico della fase premestruale. Mi avvicinai a loro due.
Luke mi sorrise strafottente. «Hey»
Mi sporsi per dargli un bacio sulla guancia. «Cosa ci fai qui?» chiesi una volta che ebbe ricambiato il saluto.
«Dovete uscire, idiota» si intromise Kate, dal nulla. Aggrottai le sopracciglia.
Non sapevo di un’uscita. «E quando l’avremmo deciso, scusa?»
«Che palle che sei. Muovi quel culo e andiamo» rispose molto finemente quel biondo antipatico, prendendo il mio braccio per trascinarmi fuori. 
Sentii Kate ridere. «Hey, hey! Aspetta, devo cambiarmi!» strillai strattonando il suo braccio di ferro. Mi lanciò un’occhiata di sufficienza e osservò il mio penoso outfit, composto da canotta, pantaloncini decisamente troppo corti (simili a delle mutande, ) e ai piedi… ah, bene, ero a piedi nudi.
«Stai bene così, andiamo» questo è pazzo.
«Luke!»
Alzò gli occhi al cielo, sorridendo appena. Sgusciai dalla sua presa e mi infilai degli shorts di jeans di Kate che erano piegati sul divano.
Lo vidi aprire la porta. Cos’era tutta quella fretta? «Dove sono le scarpe, K?»
Prima che la mia amica potesse rispondere, Luke mi prese la mano per farmi uscire sul portico. «Non servono le scarpe»
Non feci in tempo a chiedere “cosa?” perché vidi che anche lui non le aveva. Ma che cazz…
«Divertitevi!» esclamò la stronza, chiudendo la porta nel tentativo di nascondere la sua risata malata.
In parole povere, ero sul portico di una schizzata mora, con indosso una canotta da riciclare, a piedi nudi e un figlio di Zeus davanti agli occhi, occupato a mordersi il piercing nero. Aprii la bocca per sputargli tutte le bestemmie che avevo elaborato nel corso di quei due minuti imbarazzanti e pazzoidi, ma prima che potessi emettere suono mi bloccò le labbra con la sua mano enorme. 
«Prima che tu parli, stammi a sentire» iniziò, sopprimendo una risata. «1°: qui a Miami girano tutti senza scarpe, quindi non ti sorprendere, e 2°…»
Tolse la mano dalla mia bocca, premendoci sopra le sue labbra, gonfie e morbide, in un lungo bacio a stampo. Quello era sicuramente il modo migliore per zittirmi. Quando si staccò e potei osservarlo meglio, notai che aveva un cappello in testa, i suoi occhiali da sole sul naso, una canotta larga e dei pantaloni very very skinny, ma very very sexy. Sorrise con la lingua tra i denti e fece scivolare le dita lungo il profilo del braccio per poi prendere la mia mano sinistra. Cercai di nascondere l’imbarazzo e il rossore, ma a quanto pare risultò inutile perché con la sua mano libera mi diede un leggerissimo colpetto al naso, ridacchiando. Iniziammo a camminare lentamente lungo il viale alberato, di fronte a cui c’era la spiaggia che era tanto amata da me medesima. Il volto di Luke veniva coperto di volta in volta dall’ombra degli alberi sotto i quali passeggiavamo, rendendolo ancora più bello e roseo. Accanto a Luke mi sentivo una vera cacca: lui era sempre fantastico, io… beh, io no. Dal momento in cui l’avevo conosciuto ero cambiata completamente. Non mi sentivo più pronta, sicura di me e bella. Ero sicura di piacere, il più delle volte. E anche se Luke l’aveva ammesso apertamente, sentivo di dovermi preoccupare del mio aspetto in ogni momento, solo per compiacergli. Non so se avete mai vissuto un’esperienza del genere; sapete, quell’orribile momento in cui ti senti insicura di te stessa. Probabilmente avevo solo paura che se un giorno mi fossi presentata in modo diverso da come Luke si aspettasse, mi avrebbe mandata a cagare e non gli sarei più piaciuta. Vederlo camminare a piedi nudi, con la sua mano nella mia e un’espressione solare, come se fosse in pace col mondo, mi fece stringere il cuore. 
Passai il pollice sulle sue nocche, e giurai di aver visto per il suo viso un filo di compiacimento. 
«Posso parlare?» sussurrai scherzosamente, dondolando le nostre mani.
Si morse il labbro prima di rispondere. «Aspetta…» si sporse improvvisamente per darmi un bacio sulle labbra. «Okay, parla»
Feci una risatina divertita per il suo comportamento deviato.
«Dove stiamo andando?»
Arricciò il naso, sempre tenendo lo sguardo di fronte a sé. Sollevò le nostre mani e posò il braccio sulle mie spalle, continuando però a stringere le nostre dita. Lo guardavo dal basso. Era come se tutto ciò che faceva, anche solo camminare, sbattere le palpebre, qualunque cosa, mi meravigliasse.
«In un posto dove io possa violentarti» commentò, apparentemente serio. Sgranai gli occhi alla sua risposta.
Quando vide che non avevo praticamente reagito, si voltò verso di me e, prendendomi alla sprovvista, mi fece girare su me stessa in modo da trovarmi di fronte a lui. Ora stavo camminando a mo’ di gambero, con il suo petto completamente spiaccicato sul mio, le braccia bloccate dietro la schiena dalle sue mani e un’espressione ancora più sbigottita. Continuava a sorridere come se il modo in cui stavamo camminando fosse del tutto normale. 
«Luke, sento che sto per inciampare» borbottai ricordandomi di avere una coordinazione cervello-gambe davvero debole. Pessima, oserei dire. Rise di gusto, ma lasciò andare i miei polsi permettendomi così di ritornare a camminare normalmente, al suo fianco. 
Osservai i miei piedi nudi. «Non avevo mai camminato senza scarpe prima d’ora» commentai continuando a tenere lo sguardo basso. Era una strana sensazione. Sorrise compiaciuto. Camminammo in silenzio per una manciata di minuti. Avevamo superato la zona urbana del quartiere; ormai il paesaggio era costituito da campi di fiori e alberi. Raggiungemmo in pochi secondi una distesa d’erba davvero grande, incorniciata da alberi e fili di rampicanti che sfioravano il suolo. Seguii Luke fino ad un piccolo muretto dietro alla staccionata che contornava la radura, alto circa un metro e mezzo. 
Una volta ai piedi del muretto, il biondo si inginocchiò e incrociò le mani a coppa, lasciandomi intendere che avrei dovuto scavalcare con il suo aiuto.
«Ho capito, oggi vuoi la mia morte» gracchiai scaturendo la sua risata, mentre posavo una mano sulla sua spalla forte. La strinsi prima di poggiare il piede sulle sue mani e premere fino a fare un piccolo salto, che mi fece finire seduta sulla parte alta del muro. A Luke bastò sollevarsi con le braccia per scavalcare e saltare direttamente dall’altra parte della distesa. Ginnaste vite parallele versione Hemmings. Lo vidi pararsi di fronte a me, con le braccia tese. Elaborai un secondo ciò che stava accadendo: la mia mente arrivò dunque alla conclusione che voleva che gli saltassi in braccio. Esattamente come se non fossi capace di scendere da sola da un muretto di merda. Esitai prima di lasciarmi prendere dalla vita; mi sentii posare a terra dolcemente, sotto i nostri piedi c’era altra erba. Dopo aver ricevuto un sorriso da Luke, mi voltai e rimasi basita. Dietro di noi c’era un ruscello limpido e grande, alimentato da una piccola cascata situata fra le rocce. Era un vero spettacolo; non credevo che a Miami potessero esserci posti del genere, così naturali e puliti. Feci qualche passo avanti, ancora a bocca aperta. Quando girai il capo verso destra, notai che il biondo era al mio fianco, con le mani in tasca e un sorriso accennato, che consisteva solo nell’alzare un lato della bocca.
«Vengo qui quando ho bisogno di stare da solo» disse dopo qualche secondo, mentre raggiungeva una passerella in legno. Collegava la sponda destra del laghetto con la sinistra, e i bordi erano contornati da due file di ringhiere, sempre in legno, con la differenza che i piedi erano quasi interamente ricoperte di muschio. Una volta lì, potevo benissimo vedere tutto il ruscello e la cascata. Sotto di noi l’acqua scorreva tranquilla.
«A cosa pensi mentre sei qui?» chiesi poggiando i gomiti sulla ringhiera sinistra. 
Lo vidi osservare attentamente il paesaggio, con le mani in tasca. «A tutto, più o meno»
Annuii. «Non capisco, se avevi bisogno di stare solo, perché mi ci hai portata?»
Non rispose, ma sollevò la gamba destra per scavalcare la piccola recinzione e sedersi. Con un sospiro, lo imitai. Non avevo mai capito perché continuava a fare il difficile, nonostante non ci fosse più nulla da nascondere. Insomma, ieri sera mi aveva confessato ciò che pensava. Quando mi sedetti, stesi le braccia per reggermi meglio sulla poco stabile ringhiera, lasciando che i miei piedi nudi penzolassero liberamente. 
«In realtà non avevo bisogno di stare da solo - iniziò facendomi voltare verso di lui - volevo solo che tu sapessi che, se mai volessi cercarmi…» spinse le mani sulla ringhiera in modo da sollevarsi di poco e avvicinarsi a me. Passò il suo braccio attorno alla mia vita, facendo sì che la mia testa si poggiasse sulla sua spalla. «… saprai dove guardare»
Sorrisi appena guardandolo dal basso. Tutto quello che riuscii a fare fu lasciargli un bacio sulla pelle sotto-mento, per quanto il suo braccio mi permise. Sentii la sua testa posarsi sulla mia, e non riuscii più a definire i miei precisi sentimenti in quell’istante perché il mio cervello si disattivò completamente.






 

SIMMER DOWN, SIMMER DOWN!
 
Oh Em Jee, salve girlz.
So che non dovrei nemmeno azzardarmi ad introdurre il mio penoso spazio autrice con uno schifoso 'salve', specialmente dopo tutto questo tempo d'attesa e dopo non aver aggiornato 'Don't', per chi se ne frega qualcosa. Lo so, faccio schifo ma non ho ancora finito il capitolo e ho un sacco di compiti ogni giorno perché ho scelto una scuola di merda, ecco perché.
Non. Prendete. Lo. Scientifico. Sul. Serio. 
Va bene, passiamo alla mia ff.
Vi piace il 14°, eh, EH? Sono felicissima per i due pappagallini(?), sono riusciti ad avere una mattinata tranquilla senza che nessuno rompesse il cazzo *finezza*. Yaaay. Sono romantica, vero?
E poi OH EM JEE, è sabato! Peppepepepepeppeeee.
Cosa fate oggi? Io credo che uscirò per stalkerare il mio boy crush che non mi si fila, lol.
Ma vabbeh. 
Eniuei, ringrazio le pupette che hanno recensito lo scorso capitolo, siete fantastiche! E scusate se non ho risposto, ma non ho più tempo mannaggia.
39 ragazze hanno messo la storia tra le seguite, OMG.
GRAZIE DI CUORE!
Vi prometto che nelle vacanze di Natale scriverò come una macchinetta. 
OMG NATALE. Ne approfitto ora per augurarvi Merry Xmas visto che so che non passerò fino al 26 lol.
Cosa fate a Natale? Partite? Fate baldoria? O come la sottoscritta rimarrete con gli occhi incollati sul televisore che trasmette film natalizi? Parlo tantissimo, sarà perchè è SABATO.
Va bene, basta, evaporo, volo, me ne vado, mi smaterializzo, vado a fancu-.
Credo che alcune di voi - tutte - mi abbiano già mandato appena hanno letto il 'simmer down'.
OOOOH EEEEEM JEEEEEEE 
OGGI E' IL COMPLEANNO DI TAYLOR SWIFT!
Happy birthday to youuuu, lalalaaaa. We love you since 1989, babe!
E Happy Swift Day, piccole swifties!
Dopo questo annuncio piccolissimo, vado a prepararmi.
p.s. il banner vi piace? è una piccola cagatella sono incapace, lol.
Au revoir.

Tanti baci,
Au.

 

La scena del lago è tipo così:




 

 

  
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