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Autore: Chu    14/12/2014    1 recensioni
Raccolta eterogenea di flash-fic/oneshot ispirate ai prompt della Klaine Advent Drabble Challenge.
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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The Klaine Advent Challenge Day 10 Jukebox

Avvertimenti per questo capitolo: AU, punto di vista esterno

Fic conosciuta anche come "quella in cui il jukebox è un fanboy guardone" XD

Quel vecchio jukebox

Quel jukebox ne aveva viste tante: ai bei tempi in cui andava di moda averne uno, quel bar-ristorante era sempre pieno di gente e lui osservava tutti quegli esseri umani con curiosità, felice di fare da sottofondo alle loro vite. Il momento del giorno che amava di più era quello in cui i più giovani uscivano di scuola e si riversavano tutti lì, per dividersi un milkshake e delle patatine o per ascoltare qualche brano proprio da lui.

Il jukebox se li ricordava tutti, quelli che nel corso degli anni erano passati di lì: si ricordava della bella biondina attaccata al braccio del suo ragazzo mentre flirtava col migliore amico di lui; si ricordava di quello che aveva grandi sogni, ma non abbastanza coraggio per seguirli, preferendo farsi incastrare da una ragazza e stare lì, in quel posto che, gli umani dicevano, non valeva niente. Ricordava i piccoli drammi della vita quotidiana e le risate che aveva sentito, i fatti buffi e i fatti gravi, tutto quello che succedeva, lui lo osservava e ricordava.

Ma quelli che ricordava sempre con maggior piacere erano due ragazzi che non si parlavano mai, non con la bocca e le parole, almeno; il jukebox li vedeva andare lì tutti i giorni, con compagnie diverse, e non scambiare che un saluto vago nella direzione l’uno dell’altro, poi ognuno con la propria cricca, ognuno per i fatti propri. Ma i loro occhi e i loro sguardi, oh, parlavano chiaramente a chi sapeva ascoltare. E il jukebox non aveva niente di meglio di fare che osservare e captare tutti quei piccoli dettagli, come il modo in cui il figlio del meccanico s’attardava al bancone solo per guardare un minuto di più la schiena dell’altro; o il modo in cui, ogni pomeriggio, puntuale come una sveglia, il ragazzo di buona famiglia si avvicinava a lui, selezionava la canzone d’amore che in quel momento era più in voga e, non appena le prime note riempivano la stanza, lanciava un’occhiata all’altro, che ricambiava brevemente per non destare sospetti.

Al jukebox piaceva il modo segreto e tenero in cui sorridevano, non visti da nessuno che non contasse.

Le cose era cambiate in maniera impercettibile; i due ragazzi erano sempre lì, ma cambiavano i loro vestiti, cambiava il loro atteggiamento, i visi si facevano più stanchi, più frustrati e c’erano volte in cui nemmeno la sua musica – che ormai non veniva quasi più suonata, perché a nessuno piaceva un vecchio jukebox – serviva a distrarli.

Arrivò un giorno in cui il jukebox, ormai fuori moda, venne messo via in un deposito buio, a prendere polvere insieme ad altre macchine che avevano servito il loro tempo. I giorni passavano insieme alle settimane e i mesi, finché non furono passati tanti e tanti anni, quando qualcuno lo ritrovò e decise di metterlo a posto e di nuovo in bella mostra, sulla parete di un locale moderno.

Le cose erano diverse da come le aveva lasciate il jukebox, ma la sua musica, per scelta di chi l’aveva rimesso in sesto, era sempre la stessa e a lui ora si avvicinavano solo quelle persone che l’avevano amato una volta; il jukebox guardava i loro volti invecchiati raggrinzirsi in un sorriso nostalgico e felice, quando sceglievano da lui una vecchia canzone che significata un ricordo perduto, un momento passato che tornava vivo solo per un momento, nella loro memoria stanca.

Una sera, mentre il jukebox osservava curioso e rapito come al solito, qualcuno che lui non riconobbe subito gli si avvicinò. La mano era grande e rugosa, un po’ malferma prima di posarsi sicura sulle sue manopole; quando avvicinò il viso per guardare meglio la canzone da scegliere, il jukebox lo riconobbe e, se avesse avuto un cuore, avrebbe sussultato: era lui, quel ragazzo di buona famiglia che ora era diventato vecchio, ma che aveva ancora quel sorriso segreto, quello sguardo acceso mentre le prime note di You make me feel so young riempivano la stanza.

L’uomo prese a ballare proprio lì davanti e, un momento dopo, a lui si unì un altro ricordo del jukebox: il figlio del meccanico prese le mani dell’altro ed insieme ballarono liberamente e apertamente, forse non per la prima volta, ma per la prima volta davanti a lui, che li ricordava giovani e guardinghi, e poi adulti e tristi.

Ora li vedeva vecchi e ridenti e riconobbe i loro sguardi innamorati ed i loro sorrisi non più segreti; e se il disco del vecchio jukebox saltò per un momento nessuno sembrò farci caso.

  
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