Fanfic su attori > Coppia Hemsworth/Hiddleston
Segui la storia  |       
Autore: Angeline Farewell    14/12/2014    4 recensioni
La vita non si misura in "se" e "ma".
Eppure, basta davvero poco perchè le cose cambino e ci portino ad un futuro completamente diverso.
[...]C’era un ragazzo nudo in casa. Con sua madre.
O meglio, quella schiena nuda fu la prima cosa Tom registrò, ma era l’unica nudità vera, perché per il resto, il ragazzo aveva su almeno i pantaloni. E le scarpe. Non sapeva perché fosse importante avesse su le scarpe, ma Tom si sentì curiosamente sollevato.
“Tesoro, sei arrivato finalmente!”
La madre di Tom non sembrava per nulla turbata suo figlio l’avesse appena beccata con uomo nudo in salotto e lo abbracciò con calore dandogli il bentornato.
Tom non riusciva a fare altro che guardare il tizio che continuava ad essere nudo dalla cintola in su e continuava a rimanere nel salotto di sua madre senza apparente ragione.[...]
Genere: Introspettivo, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Chris Hemsworth, Nuovo personaggio, Tom Hiddleston
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo Tredici.


Il tempo passa e non te ne rendi quasi conto, chiudi gli occhi e ti svegli con i capelli di un colore diverso, con stelle che non brillano più nel cielo ma tutto intorno a te, la notte s’illumina di mille soli artificiali e da Nessuno, improvvisamente, diventi Qualcuno.

Il tempo passa ed è difficile stare dietro ad ogni svolta, ogni ostacolo ed ogni coincidenza, così come ad ogni battito.

Le luci della ribalta si erano accese davvero e Tom ancora si chiedeva come fosse potuto succedere, come fosse possibile non fosse più uno dei tanti ma un nome a chiare lettere su un enorme cartellone pubblicitario, un nome scritto maiuscolo talmente in alto che non riusciva nemmeno a fare ombra al tappeto rosso steso ai suoi piedi.
Le luci dei flash si susseguivano a scatti irregolari e velocissimi, eppure la notte era talmente illuminata che non riuscivano a ferirgli gli occhi, la luce era talmente forte da non riuscire a vedere più nulla oltre la linea di un tappeto incredibilmente rosso.

Un autografo, un secondo autografo, un terzo, poi un altro. Tanti autografi e sorrisi e occhi brillanti nel buio oltre il confine delle transenne, un altro un altro un altro, palmi protesi a chiedere l’obolo della fama e non riusciva a credere di essere ormai abbastanza agiato da dover riempire ogni mano.

Era quel che voleva. Era felice?

“Sembri sul punto di essere ingoiato. E credo tu sia in ritardo.”

Suo padre aleggiava alle sue spalle come un fantasma ed un memento, il suo mezzo sorriso beffardo  sempre presente, guardava critico la folla questuante davanti a suo figlio e sembrava chiedersi le ragioni di tanto chiasso.

Sono un attore famoso, papà, sono Qualcuno.

Avrebbe dovuto rispondergli a tono, perché finalmente poteva. Invece la lingua gli si era incollata al palato, la saliva era diventata calce ed il respiro quasi non passava più, aveva sbagliato a scrivere il suo stesso nome un paio di volte e nessuno sembrava essersene accorto, il rumore era troppo e forse suo padre aveva ragione, perché c’era tanto chiasso, dove stava andando, cosa stavano cercando tutti. Non lui, probabilmente.

Il vento di Sydney portava l’odore del mare fino all’Events Cinemas (1) sporcato dallo smog, imputridito dal calore insopportabile dei troppi faretti che cominciavano a bruciargli la pelle sotto il cerone troppo spesso che sentiva pizzicare agli angoli degli occhi. Gli mancava il respiro, come facevano gli altri a non sentirlo?

“Tom, vieni, stanno aspettando solo noi per cominciare.”

La voce proveniva dall’ingresso del cinema, dove sua madre s’intratteneva con Leonie e Craig, Chris aveva terminato il suo giro trionfale senza intoppi e lo chiamava facendogli cenno di avvicinarsi, di sbrigarsi, sorrideva. Jamie (2) era al suo fianco alta e bellissima nel suo abito candido, gli sorrideva anche lei, sorrideva anche Ken, sorridevano tutti, erano felici, era la serata del loro trionfo, perché non avrebbe dovuto essere felice anche lui? Le cose avevano preso una piega decisamente migliore di qualunque cosa avesse anche solo osato sperare due anni prima.

Chris era con lui, ce l’avevano fatta entrambi. E Tom a volte ancora non riusciva a credere alla sua fortuna.

In quasi tre anni non avevano fatto che rincorrersi, su un aereo o sui cavi di una linea telefonica, da quell’intervallo californiano avevano riportato a casa la certezza che le loro vite erano cambiate per sempre, non solo grazie ai Marvel Studios.

Tom alla fine non aveva avuto il ruolo per cui era stato chiamato più volte a Los Angeles. Era con Chris quando quella telefonata di conferma era arrivata a lui, quando, confusi, felici, delusi, eccitati all’inverosimile, una nuova chiamata era stata fatta per Tom stesso, perché Thor era stato trovato, ma Loki, quel ruolo era stato tenuto da parte solo per lui, avevano capito sarebbe stato un Loki perfetto senza nemmeno fargli leggere la parte. Chris e Tom sarebbero stati Thor e Loki. Ed erano accostamenti perfetti.

Tom non sapeva come avesse fatto a sopravvivere qualunque cosa fosse nata tra loro, sapeva solo che una volta arrivato a Londra ed essersi sistemato nel suo appartamento in vista di una nuova partenza per il nord, si era steso sul letto da solo ed era stato colto da una nostalgia tale da schiacciarlo. Era nel suo appartamento eppure aveva sentito nostalgia di casa.
Si era sentito ridicolo e infantile ed aveva ingoiato le lacrime senza chiedersi nulla.

Non aveva chiamato sua madre, non subito. Aveva avuto paura riuscisse a leggere qualcosa nella sua voce, qualcosa che non poteva permettere trapelasse, perché poi sarebbe stato costretto a parlarne, rendendo tutto reale. Rendendo impossibile non includere suo padre.

Non voleva includere suo padre.

Tom aveva raggiunto Chris e gli altri quasi di corsa, si era scusato con la manciata di persone cui non era riuscito a lasciare un autografo, suo padre l’aveva seguito con calma, senza perdere la sua invidiabile flemma scozzese: non perdeva mai il controllo, nulla lo agitava.
Tom sentiva che l’adrenalina che l’aveva tenuto in piedi fino a quel momento cominciava a scemare lasciandogli le ginocchia molli e le dita tremanti. Dita che non poteva nemmeno stringere a quelle di Chris, che in fondo non voleva stringere a quelle di Chris, perché dopo quasi tre anni ancora aveva paura di cosa quel bisogno rappresentava.

Non stavano insieme, dopo tutto, poteva essere altrimenti?

Leonie era ancora la sola a sapere. E quello era stato il loro primo vero litigio, perchè Tom si era arrabbiato quando aveva scoperto che Chris aveva detto di loro a sua madre, il terrore si era trasformato in collera irrazionale e altrettanto irragionevolmente aveva reagito, quasi si vergognasse di quel che avevano diviso fino a quel momento, quasi il letto non fosse stato solo una delle tappe di un percorso cominciato molto tempo prima, ma l’unica cosa ad averli uniti.

“L’abbiamo fatto anche in cucina, stronzo!”

Ed era stata un’uscita talmente imprevista, così spontanea ed esasperata che aveva colto di sorpresa entrambi. Ma Chris aveva mantenuto lo sguardo alto, nascosto l’imbarazzo per una replica sciocca data d’impulso in preda alla delusione ed alla rabbia, ed aveva atteso una risposta sensata alle sue rimostranze. Perché era vero. Si erano cercati e voluti ovunque, studiando l’uno il corpo dell’altro come un manuale, come la parole del copione per la parte più importante delle loro carriere, alla fine avevano scoperto il linguaggio di corpi tanto simili da credere fossero alieni al loro desiderio.

Ed avevano finito col ridere di quel primo litigio, delle insicurezze di entrambi, delle loro differenze. Avevano preferito riderne, perché non erano pronti a parlarne davvero, quindi avevano riso e messo da parte la discussione, si erano chiesti scusa senza crederci nemmeno un po’ e lo sapevano entrambi.
Non era stato l’ultimo confronto sull’argomento.

Tom aveva visto saltuariamente Chris prima dell’inizio delle riprese, ed ogni volta l’aveva ritrovato più imponente: il suo corpo cresceva, si gonfiava e si scolpiva, mentre quello di Tom sembrava come asciugarsi, ritirarsi in se stesso, quasi una triste metafora di quel che sentivano dentro. Non erano più su un terreno paritario.

Ogni volta che si erano rivisti, ogni volta che erano stati insieme, Chris sembrava più sicuro, più felice, più esuberante e più avventato, perché non gl’importava davvero chi poteva vedere o sentire quel che si dicevano, che fossero in America o a Londra, per lui non cambiava nulla. Per Tom cambiava tutto. Nascondeva nella fame la sua apatia, sfuggiva al contatto percorrendo miglia di spiaggia o cemento, sempre da solo.

Aveva quasi smesso di vedere la sua famiglia, sua madre lo chiamava e si sforzava di essere allegro come sempre, di essere giocoso, persino fastidioso con Emma, come era sempre stato, perché non capissero che qualcosa era irrimediabilmente cambiato.

La cosa divertente era non sarebbe stato un problema per nessuno sapere che si era innamorato di un altro ragazzo. Probabilmente sarebbero rimasti stupiti, l’impatto iniziale non sarebbe stato semplice, ma non sarebbe stato un problema, non avrebbero smesso di amarlo, non l’avrebbero trattato diversamente.
Neppure suo padre. Tom sapeva bene che da Norman non avrebbe avuto scenate, non avrebbe minacciato né urlato, forse avrebbe persino accettato il nuovo corso della sua vita privata con più grazia di come non avesse fatto per quella professionale. Forse.

Suo padre, probabilmente, non avrebbe fatto proprio niente, dirgli che andava a letto con un uomo non avrebbe cambiato nulla nella piega sempre vagamente delusa che avevano le rughe intorno ai suoi occhi quando lo guardava: Tom era il progetto fallito, ci sarebbe sempre stato qualcosa a stonare nella perfezione del quadro che suo padre aveva immaginato.

E Tom era terrorizzato all’idea di doversi presentare nuovamente davanti all’inquisizione paterna, gli veniva da vomitare al solo pensiero di quella voce controllata, delle mani ferme, del quieto sguardo di disappunto che l’avrebbe fissato per l’ennesima volta, perché per l’ennesima volta non era stato all’Altezza delle Aspettative.

Questo Chris non lo capiva, perché lui sì che era sempre stato all’altezza di tutto, non c’era stato nessun figlio dei Nelson ad essere cresciuto più in fretta e più slanciato di lui, nessuna nipote del colonnello Turner ad aver imparato lo spagnolo prima e meglio di lui, nessun cugino Philip ad aver fondato un’azienda dal nulla a ventiquattro anni, nessun altro in tutta la dannata Gran Bretagna ad essere meglio di Tom in qualcosa agli occhi di suo padre.

C’è il mio nome sul cartellone, e allora? Non significa niente. Non sono niente.

Emma era rimasta in Inghilterra, ma Sarah era riuscita a rosicchiare un po’ di tempo alla sua famiglia appena nata per essere lì con lui: aveva tinto i capelli di rosso come aveva sempre desiderato fin da ragazzina ed era sempre più bella, la maternità le aveva ridato luce e freschezza, finalmente appagata in ogni più impronunciabile desiderio. Chiacchierava con Samantha in disparte, la moglie del maggiore dei fratelli Hemsworth già madre di due piccole valchirie bionde e bellissime come il resto di quel clan rumoroso e allegro.

Suo padre li aveva soppesati perplesso fin dal primo momento in cui glieli aveva presentati, Leonie avrebbe potuto tranquillamente essere sua figlia, eppure i loro figli erano coetanei: come poteva essere sensata una cosa del genere?
Come poteva essere stato sensato il matrimonio tra i suoi genitori, piuttosto? Tom si era sempre vergognato di quel pensiero, perché li amava entrambi, perché i suoi genitori erano le persone migliori conoscesse, eppure il loro non era stato un matrimonio scontato. Tom ricordava nonno Bill e nonna Patty e le pesche pasquali, la ricerca delle uova colorate nel giardino della tenuta nel Suffolk, i regali tutti uguali e i biglietti personalizzati per ognuno dei tanti nipoti frutto di quattro figli. Nessun preferito e nessun affetto diviso, davano tutto il loro cuore per ognuno di loro.

Ma suo padre era uno scienziato e credeva nella scomposizione, avevano sempre dovuto combattere per aggiudicarsi il pezzetto più grande della sua stima e del suo affetto. Che poi erano sempre stati la stessa cosa.

Tom non aveva pressoché guardato il film per cui aveva quasi perso il matrimonio di sua sorella maggiore, per cui aveva praticamente cambiato ogni sua abitudine ed ogni suo punto di vista. Non gl’interessava più, non davvero, non quando Chris tentava di sfiorargli la mano approfittando della complicità dell’oscurità della sala. Con la stampa, i loro amici e colleghi, con i loro genitori, a poche file di distanza, seduti accanto a loro. Avrebbe voluto urlare.
L’Australia non era come l’America, era troppo simile a casa, era troppo simile a Londra, c’erano troppi amici e parenti, troppe persone a cui dover dar conto e spiegazioni. E Tom non era pronto a dare spiegazioni neppure a se stesso, anche se erano passati quasi tre anni e i momenti con Chris erano stati i più felici della sua vita.

Preparatevi ragazzi, questo film cambierà tutto per voi due, e sarà un uragano.

Ken aveva ragione, Tom ci aveva sperato, ma in realtà non ci aveva creduto più di tanto, almeno non per se stesso. Era solo un nome sul cartellone, il personaggio meno amato, il villain di turno. Guardava Chris ed era difficile non essere invidioso proprio come Loki. Non geloso, ma roso da quell’invidia cattiva che ti morde mentre ti sussurra all’orecchio che comunque tu non meriti quello che ha lui, anche se lo vorresti. Il Padre ha un solo preferito, perché non sono mai io?

Chris era con la sua famiglia e non aveva – per fortuna – ascoltato lo scambio che Norman aveva avuto con Tony Hopkins, perché non avrebbe resistito all’ulteriore umiliazione, non voleva Chris si rendesse conto di quanto poco valesse. Sua madre gli aveva fatto un cenno rassegnata, l’aveva invitato a non lasciarsi scoraggiare, sapeva com’era suo padre, Norman non badava a convenevoli e smancerie, si distraeva in fretta, Norman sapeva bene quanto Tom fosse stato bravo, l’avevano visto tutti.

Chris non aveva sentito nulla ed era un bene, per il momento a Tom importava solo quello.

E Tom aveva perso il conto delle ragazze – bellissime, vestite come splendide Barbie in mostra, famose per motivi poco chiari – che avevano tentato di abbordarlo, di farsi offrire da bere, di seguirlo in bagno al party che era seguito alla proiezione. Non sono nessuno, avrebbe voluto dir loro, e sono un nessuno che si fa scopare da un gigante australiano biondo come un abusato cliché. Dio, alla fin fine nonno Attie (3) aveva puntato bene quelle dannate cinque sterline, ma avrebbe riso di lui comunque.

“Finalmente ti ho trovato”.

Chris l’aveva raggiunto sul terrazzo dell’albergo dove era riuscito miracolosamente a sgattaiolare senza farsi notare. Un bicchiere di qualcosa di forte tra le dita tremanti nel freddo umido della notte australiana.

“Mi sentivo soffocare.”

Chris gli aveva preso il bicchiere senza chiedere e ne aveva preso una lunga sorsata. Chris faceva molte cose senza chiedergli nulla e Tom dovette ammettere una volta di più che la cosa non gli aveva mai dato fastidio. Non quanto sapere che il motivo stava nel fatto Chris riuscisse sempre ad anticipare quel di cui sentiva più il bisogno, fosse uno sguardo gentile, una risata condivisa, l’evitargli una sbronza triste.

“Lo so, è tutto così assurdo, vero? E’ troppo tutto insieme, non sembra nemmeno verosimile.”

Dividersi una paura difficile da pronunciare.

Aveva restituito il bicchiere a Tom, indugiando più del necessario prima di lasciarlo tra le sue dita. Per un attimo era sembrato sul punto di piegarsi verso di lui e baciarlo, ma le vetrate della sala erano abbastanza ampie da lasciar loro meno intimità di quel che avrebbero gradito. Qualcuno li stava guardando, un paio di calici si erano alzati nella loro direzione, Tom aveva ricambiato con un sorriso fingendo il cuore non gli stesse scoppiando nel petto.

“Se scappassimo in albergo ora, insieme, sarebbe una prima pagina sul The Sun (4), vero?”

“Temo proprio non avremmo scampo.”

“Però più tardi ci vieni lo stesso in camera mia, vero?”

“Chris…”

“Oh, andiamo. Domani avremo finalmente un giorno libero dopo settimane che ci trascinano in giro come trottole. Non verrà nessuno a cercarci, non se ne accorgerà nessuno. Potremmo andare a casa mia.”

Chris non era un bravo attore. Non nella vita, non quando credeva non ce ne fosse bisogno: aveva ancora la pia illusione non vivessero perennemente su un palcoscenico, tutti, non dovessero costantemente recitare un ruolo a beneficio di chi ci sta di fronte. Chris non recitava mai con Tom, non quando erano da soli, non vedeva gli sguardi curiosi che sempre più sgradevoli, rumorosi uccellini rivolgevano loro fingendo di non star registrando ogni sfumatura delle loro posture per poi ricamarci su tragedie degne di Euripide. Chris lo guardava con affetto ed aspettativa evidenti, tutto il corpo teso verso di lui, pronto a stringerlo forte. E Tom non desiderava altro che poter stare infine di nuovo solo con lui, dormirgli di nuovo accanto per poi svegliarsi nudo con il suo odore sulla pelle. Ma i suoi occhi non mostravano nulla di quel che pensava, perché Tom era un ottimo attore, Tom aveva imparato molto presto a recitare – no, a fingere – per non mostrare il fianco al Mondo. Non poteva farlo, nemmeno con lui. Quindi Tom rimaneva rilassato, il bicchiere tenuto con naturalezza tra le dita, un sorriso condiscendente sulle labbra. Che bella serata non trovi certo che il tempo qui è sempre gradevole!

“I nostri genitori sono tutti qui.”

Aveva visto Chris sospirare pesantemente, scuotere la testa con un mezzo sorriso tra il rassegnato ed il divertito. Poi aveva raddrizzato la schiena, impostato le spalle, Thor fatto e finito imponente e bellissimo com’era anche con i capelli corti e la barba più scusa.

“E’ davvero questo il problema? Come sta Charlie, piuttosto?”

Era stato un colpo tanto basso che Tom aveva fatto tremare il bicchiere. Maledizione: perché con Chris non riusciva mai a fingere fino in fondo? Non sentiva Charlie da mesi, da quasi un anno. Era sicuramente tornato dalla luna di miele, forse lui e Joy avevano già deciso di avere un bambino. Magari era già incinta e nessuno glielo aveva fatto sapere. Avrebbe dovuto fare da testimone al matrimonio di Charlie, fare un discorso strappalacrime e far al contempo ridere tutti, un bel brindisi agli sposi, Dio siete bellissimi perché non l’avete fatto prima non sarei mancato nemmeno se avesse chiamato Spielberg in persona.

Invece Spielberg aveva chiamato davvero, l’aveva contattato di persona, l’aveva voluto in un suo film senza nemmeno chiedere un provino. E Charlie non gliel’aveva perdonata.

“Io ho ben chiare le mie priorità, Tom, le conosci anche tu. So quello che possiamo e non possiamo far sapere, a chi possiamo e non possiamo far sapere. Ma se il numero si riduce a sole due persone, che senso ha, come possiamo dire che stiamo insieme?”

Chris aveva di nuovo scosso la testa, deluso dal silenzio che aveva risposto alle sue insistenze.

“Non chiuderò la porta a chiave, stanotte. Se non verrai la chiuderò quella successiva.”

Era tornato dentro senza aggiungere altro e senza attendere una replica. Le spalle dritte di chi ha sempre saputo quel che vuole e il sorriso tranquillo di chi sa di non aver davvero bisogno di nulla.

Tom avrebbe voluto tirargli il bicchiere e urlargli che non aveva bisogno di nessuno nemmeno lui, ma sarebbe stata una mezza bugia difficile da rimangiarsi. Non aveva bisogno di Charlie, ma la sua mancanza faceva male.
Non aveva davvero bisogno di Chris nella sua vita, ma era diventato l’unica costante che voleva davvero.

Tom aveva alzato gli occhi al cielo buttando giù l’ultimo sorso di liquido ambrato nel bicchiere, tutto d’un sorso, senza quasi sentirlo. La notte di Sydney era bellissima, il cielo alto punteggiato di minuscole stelle che non avrebbe saputo riconoscere comunque, neppure se le avesse guardate davvero.
 


 
Note:
(1) Il nome del cinema in cui è stata proiettata la prima assoluta di Thor il 17 Aprile del 2011.

(2) Jamie Alexander a.k.a. Lady Sif, ovviamente.

(3) Anthony “Attie” Hiddleston. Non chiedetemi il giro che ho dovuto fare per scoprirlo, sappiate che è, con molta probabilità (non do sicurezze su nulla u.u) il nome dell’immortale nonno paterno di Tom, quello delle cinque sterline, appunto.

(4) Tabloid scandalistico inglese.
 

Note 2:
Mi scuso per l'enorme ritardo con cui arriva questo capitolo, come sempre non accampo scuse e/o spiegazioni che lasciano il tempo che trovano, ma ci tengo a ringraziare chi, nonostante tutto, rimane per cercare di arrivare in fondo a questa storia insieme a me. Sono lenta, ma giuro che non rimarrà incompiuta, ho tutta la storia in testa già conclusa, ho solo difficoltà a metterla nero su bianco in modo decente. -.-
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su attori > Coppia Hemsworth/Hiddleston / Vai alla pagina dell'autore: Angeline Farewell