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Autore: rossella0806    15/12/2014    3 recensioni
Piemonte, inizi del 1900.
Adele ha appena vent'anni quando è costretta a sposare il visconte Malgari di Pierre Robin, di quindici anni più vecchio, scelto in circostanze non chiarite dal padre di lei, dopo la chiusura in convento di Umberto, il ragazzo amato da Adele.
I genitori del giovane, infatti, in seguito ad una promessa fatta a Dio per risparmiarlo dalla tubercolosi, non ebbero alcun dubbio a sacrificare il figlio ad una vita di clausura, impedendogli di scegliere una strada alternativa.
Sono passati due anni dal matrimonio e dall'allontanamento forzato da Umberto, e Adele si è in parte rassegnata a condurre quell'esistenza tra Italia e Francia, circondata da persone che non significano nulla per lei, in balia di un marito che non ama, fino a quando, una sera di marzo, giunge a palazzo una lettera di Umberto, che le confessa di essere scappato dal convento di monaci e che presto la raggiungerà per portarla via.
Genere: Avventura, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago, Storico
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La piazza del mercato, giù al paese, straripava come tutti venerdì di bancarelle di ogni genere: c'erano gli ambulanti con i sacchi delle spezie, il fornaio che esponeva focacce e filoni di pane ancora caldi e fragranti, il fruttivendolo con le ceste di pere e le cassette di zucchine, la solita donna anziana che vendeva i sacchetti di lenticchie e di ceci di fianco alla giovane fioraia e, per concludere il quadretto di vita popolare, i due fratelli arrotini che, insieme al cognato calzolaio, occupavano gli ultimi banchi dello spiazzo circolare.
Adele si guardò intorno, frastornata dal rumore, dagli aromi e dai colori che da così tanto tempo non le erano familiari.
Fino a due anni prima, infatti, quando ancora non era sposata, le capitava piuttosto frequentemente di recarsi al mercato insieme alla balia, soprattutto l'ultimo venerdì del mese, quando veniva ad esporre la sua merce la signorina Felicita, una donna dall'età indefinibile, con i capelli insolitamente corti e biondi, gli occhi vivaci di un azzurro slavato, e la bocca perennemente aperta allo scopo di richiamare più clienti possibili.
La signorina Felicita, infatti, era una venditrice di stoffe che, quando non era al mercato, viveva serenamente nel suo negozio, sommersa da campioni di tessuti e abiti confezionati su misura, per accontentare le clienti più esigenti del suo atelier di alta moda, come amava definirlo lei stessa.
Adele si riscosse da quei ricordi ormai lontani nel tempo, perché qualcuno l'aveva urtata.
In effetti era in mezzo a quella baraonda, ferma e immobile come una statua di sale esposta alle intemperie.
Le prese un'improvvisa nostalgia di rivedere la signorina Felicita, dal momento che, da quando era sposata, non aveva più avuto occasione di incontrarla, anche se la sua balia l'aveva rassicurata della continua presenza della donna ogni ultimo venerdì del mese.
La giovane, dopo essersi fatta carico dell’ennesima occhiata di disapprovazione lanciata da un gruppo di contadine che erano appena arrivato per vendere le uova, si allontanò discretamente dal centro della bolgia, e si guardò intorno.
L'orologio dell'imponente campanile lì vicino, batté nove rintocchi.
Adele cominciò a stropicciarsi le mani guantate, come se quel gesto rappresentasse un rito apotropaico, nella speranza di incontrare al più presto l'innamorato.
Cercò con gli occhi umidi per il freddo di nuovo pungente, la rassicurante e famigliare figura del ragazzo e, finalmente, lo notò.
Umberto era seduto sul bordo della fontana della piazza di marmo, il luogo che dava meno nell'occhio nei giorni di mercato come quello.
Indossava un pesante maglione di lana grigia, ma vestiva ancora gli stessi pantaloni scuri di tela grezza e, ai piedi, portava il solito paio di stivali rattoppati, di due giorni avanti.
Adele gli andò incontro, schivando le urla e la gente che si frapponeva tra loro due e, soprattutto, cercando di trattenere l'entusiasmo dei suoi piedi, un ampio sorriso d'amore sul volto.
"Credevo che non ti avessero recapitato la mia lettera ..." cominciò con voce tremante la giovane, mentre sfiorava le dita fredde di Umberto.
"É venuta una ragazzina a consegnarmela, non si é fermata nemmeno a bere un bicchiere d'acqua, poverina. Si é presentata come la tua cameriera ... "
"Sì, era Andreina, ma ti prego, non parliamo di lei ..." proruppe Adele, temendo che qualcuno l'avesse seguita.
"Perché mi hai fatto cercare? É forse successo qualcosa?"
La ragazza abbassò gli occhi sulla lunga gonna color cammello poi, prendendo coraggio, spiegò:
"Tre giorni fa ho chiesto a mio marito di partire per la Francia, dove la sua famiglia ha dei possedimenti … "
Umberto si ritrasse leggermente dalla giovane, le mani forti discoste da quelle di lei.
"Perché? Non avevi già ricevuto la mia lettera?"
"Sì, il pomeriggio precedente ..."
"E allora che cosa ti ha spinto a fargli una richiesta del genere, sapendo che io ti stavo cercando, che sarei venuto a riprenderti?!"
La voce del ragazzo stava crescendo d'intensità ma, per fortuna, nessuno stava badando a loro due.
"Ti prego, non arrabbiarti. Non so dirti perché l'ho fatto, forse avevo paura che non mi avessi mai più ritrovata, temevo che quella lettera non l'avessi realmente inviata tu! Non lo so a cosa pensavo, a cosa credevo, Umberto, ti chiedo solo di avere pazienza, solo questo!"
La giovane si avvicinò di qualche centimetro di più a lui, facendo strisciare la gonna lungo il bordo della fontana di marmo.
"Non ti riconosco più, Adele, davvero. Sei così cambiata, sei diventata insicura e diffidente ..."
"Hai ragione, ma riesci a immaginare l'angoscia e il desiderio che ho provato ogni giorno, in questi due anni di lontananza?!"
"Certo che riesco a farlo. Sono fuggito dal convento perché quella non era la mia vita e mai lo sarà!" la voce di Umberto cominciava a tingersi di una sfumatura rabbiosa, il volto arrossato per lo sdegno " il destino ha voluto che ci rincontrassimo, e ti giuro che se non fossi venuta tu a cercarmi, l'altro giorno, avrei fatto di tutto per riaverti, di tutto, Adele!"
La ragazza si sentì un'egoista, un'ingrata, la peggiore tra le amanti. Il suo Umberto aveva fatto ogni cosa per lei, si era messo contro Dio, aveva rinnegato l'Ordine che lo aveva accolto tempo addietro, aveva tradito la promessa fatta dai suoi genitori all'Altissimo, quando si era ammalato di tubercolosi, e lei invece, che cosa aveva fatto per lui? A cosa o a chi aveva rinunciato per il suo amore?
"A niente" si rispose, poi, ad alta voce, cercando di non apparire infantile, proseguì:
"Lo so, Umberto, so tutto quello che hai fatto e continui a fare per me! Ti amo immensamente, ma ho una gran confusione in testa!"
"Ma é tutto così semplice, Adele!" le rispose il ragazzo, posandogli nuovamente le mani su quelle guantate di lei.
"Non lo so se é così semplice, Umberto. Se rivedendoti, se abbracciandoti o peggio ancora baciandoti, non avessi provato nulla, allora voleva dire che non ti desideravo più ... Invece, da quando ci siamo incontrati, non ho fatto altro che pensare a te, e questo sentimento non fa altro che generare confusione nella mia testa!"
"Tu ami tuo marito?"
"No!" rispose senza alcuna esitazione la giovane " non potrei mai! Io amo te, Umberto, sempre e solo te!"
"E allora cos'è che ti fa nascere tutti questi dubbi, queste incertezze?" domandò il ragazzo, abbassando con dolcezza la voce.
"Non riesco ad abbandonare mio marito ..."
"Ma non ti sto chiedendo di farlo, amore mio! Non adesso, almeno! Prima devo trovare un lavoro e, soprattutto, devo riuscire a recuperare da mio padre i soldi che mi spettano!"
"E poi potremo finalmente vivere insieme?" continuò Adele, le gote rosse per il freddo e per tutto l'amore che provava.
"Sì, dopo staremo insieme per sempre!"
 
 
Tra i lievi scossoni della diligenza e il paesaggio piatto per i campi e i terreni avvolti dalla bruma mattutina, la giovane sposa si ritrovò a pensare all’incontro che aveva appena avuto: era infinitamente felice perché Umberto aveva compreso la sua decisione e, cosa più importante, le aveva promesso che avrebbe atteso il suo ritorno.
Dal canto proprio Adele, aveva ventilato l'ipotesi che, con un po’ di fortuna e di libertà, avrebbe potuto spedirgli almeno un paio di lettere dalla Francia: al suo arrivo per comunicargli come era andato il viaggio e, l'altra, per informarlo del ritorno a casa, che già bramava avvenisse nel più breve periodo possibile.
Ovviamente non gli aveva accennato nulla riguardo l'assurda richiesta che aveva espresso al marito, appena tre giorni prima, forse perché si vergognava ad avere così poca fiducia nel destino.
Si convinse perciò che, dopotutto, il desiderio bruciante di avere un bambino era solo un capriccio che poteva attendere, magari realizzandosi proprio insieme al suo Umberto.
 
 
 
Quando rientrò a palazzo, trovò ad attenderla i due setter del marito, due cani meravigliosamente affettuosi con lei, che le andarono incontro scodinzolando non appena la videro.
La ragazza accarezzò i fedeli animali sulle teste e, una veloce passata di mano sul manto lucido, salì di corsa la scalinata, per andare nella sala da pranzo.
Nel momento in cui entrò, notò con la coda dell'occhio, l'altro grande amore -insieme ai due setter- del marito, il gatto persiano acciambellato su una delle poltrone della stanza.
"Buongiorno, mia cara" la salutò il visconte, già seduto alla tavola imbandito, dopo aver appoggiato il bicchiere colmo a metà di vino rosso.
"Scusate il ritardo, Francesco. Al mercato era un delirio riuscire a vedere la merce senza essere travolta da quel marasma di gente!"
La giovane sposa prese posto di fronte al marito, mentre si sforzava di risultare il più possibile a suo agio, le mani leggermente tremanti nell’adagiare il tovagliolo color crema sulle gambe.
"Avete corso?"
"No, perché?"
"Nulla, avete le guance leggermente arrossate ..."
Adele si sfiorò meccanicamente il punto del corpo indicatole dal visconte poi, sforzandosi di sorridere, spiegò:
"Oh no, é solo che ho fatto le scale più in fretta del solito, credevo di essere in ritardo per il pranzo! Inoltre fuori é ritornato il freddo e ..."
"Lo so, mia cara, me ne sono accorto" accondiscese l'uomo, intanto che un valletto cominciava a servire la prima portata.
"Avete comprato qualche cosa al mercato?"
"Sì" rispose la giovane sposa mentre, con il cucchiaio, assaporava un po’ di quel brodo caldo.
"Ho preso dei sacchetti con la lavanda essiccata, sapete quella per profumare gli abiti? In realtà non c'era granché, solo una gran confusione, come vi ho detto!"
Adele si rincuorò perché, almeno in quell'occasione, non aveva dovuto mentire completamente al marito: aveva effettivamente comprato un paio di quei sacchetti che aveva appena menzionato, al banco delle spezie, quindi non era un’autentica bugia.
Il pranzo continuò senza molte altre parole, fino a quando, a proposito di una conversazione su come gestire il palazzo durante la loro assenza, il visconte stuzzicò la moglie, dicendole:
"Il vostro più grande difetto è che volete sempre primeggiare in tutto e su tutti, ogni cosa facciate”
“Avete ragione, Francesco: è nella mia natura e, anche se volessi, non potrei fare altrimenti”
“Ma così finirete solo per farvi del male”
“Sapete, per ottenere qualcosa bisogna dare in cambio qualcosa e io, per essere quella che sono oggi, ho dovuto rinunciare alla mia felicità”
“Allora questo significa che non vi rendo felice …?” l’uomo, la voce più profonda del solito, si pulì con discrezione un angolo della bocca.
Posò su un angolo del piatto il cucchiaino utilizzato per mangiare la bavarese, quindi continuò: “Eppure domani partiremo, vi ho accontentata nel più breve tempo possibile. Ho realizzato un vostro desiderio solo per rendervi felice. Non vi basta questo?”
“Lo so, Francesco, e vi ringrazio. Ma il mio stato d’animo è ben lontano dal definirsi anche solo contento, figuriamoci felice. A proposito, quanto ci tratteremo dalla vostra famiglia?”
“Staremo tutto il tempo che vorrete rimanere, Adele”
“Molto bene. Ora scusatemi, vado a dare disposizioni per i bagagli. A più tardi”
 
 
 
Il mattino successivo, alle otto, i due coniugi avevano già percorso metà del viaggio.
Dopo un' ora di carrozza verso la stazione, adesso erano sul treno che li avrebbe portati in Francia, due ore di lievi scossoni già superate e altrettante per raggiungere il palazzo del marito.
"Vi piace il treno?"
Adele stava guardando fuori dal finestrino di prima classe, i vagoni tappezzati di tessuto damascato e i morbidi sedili in pelle: il paesaggio piatto delle campagne attorno al palazzo, disseminato da casolari di contadini avvolti dalla foschia, aveva lasciato spazio alle catene montuose di confine, le cui punte erano ancora spruzzate dell’ultima neve caduta.
"Sì, molto. É sicuramente più affascinante di un monotono viaggio in carrozza" continuò la giovane sposa, rivolgendo un'occhiata distratta al visconte.
"Spero che direte altrettanto della nostra permanenza dalla mia famiglia. Ogni volta che mi sono recato in visita senza di voi, rimanevano delusi, e mi tormentavano chiedendomi quando vi avrei portata con me!"
Adele guardò il marito, gli occhi fino ad allora posati oltre il finestrino e, prima di rispondere, si accertò che la donna di mezza età accanto a lei, avvolta in un pesante cappotto nero che le arrivava fino alle ginocchia fasciate da un abito apparentemente troppo stretto, continuasse a sonnecchiare:
"Ora finalmente potrete accontentarli" permise alla fine.
La ragazza continuò ad incrociare per una manciata di secondi lo sguardo del visconte, che sembrò non aver notato il tono di scherno della moglie: si sentì leggermente in colpa per l’impostazione di ironica accondiscendenza che aveva dato alla sua voce, quindi abbozzò un sorriso di scusa, per poi riprendere –come nulla fosse- a guardare fuori dal finestrino.
 
   
 
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