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Autore: 0oDamnedSoulo0    15/12/2014    1 recensioni
Morgan si immerse nella vasca piena di acqua fumante. Sentì il suo corpo assorbire il calore del liquido che lo circondava e si sentì meglio, rilassò i muscoli lasciando andare all'indietro la testa. Cominciò a canticchiare e ad agitare le mani a ritmo di musica. Abbassò lo sguardo e vide un rivolo d'acqua risalirgli lungo il braccio invece di gocciolare via. Spaventato agitò il braccio come si fa quando si ha addosso un insetto indesiderato. Schizzò acqua ovunque nel bagno. Imprecò desiderando che l'acqua tornasse tutta nella vasca. Non accadde proprio nulla.
Sono questi gli scherzi che la natura, se così vogliamo dire, fa a Morgan, l'eaufil, uno dei quattro protagonisti di queste cronache. Eaufil, feufil, airfil e terfil: 4 persone dotate di un potere tanto esteso quanto difficile da gestire,catapultati in una Terra totalmente diversa, di cui non conoscevano l'esistenza.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alzò il volume dell’mp3 al massimo. La musica gli trapanava forte i timpani, a lui piaceva così. Quando era nervoso, ascoltava sempre canzoni ad altissimo volume per non sentire il terribile rumore che produce l’ambiente intorno a lui, i clacson delle macchine, i saluti delle persone, lo scalpiccio dei pedoni. Tutti quei rumori lo infastidivano, gli entravano nell’animo e ne turbavano la tranquillità che aveva duramente conquistato.
Continuò a camminare guardandosi intorno incurante anche degli improperi che gli aveva lanciato una signora che lui aveva urtato per caso, tutto aveva una luce diversa, un ritmo diverso con la musica come sottofondo, quel ragazzo sulla bicicletta sembrava pedalare proprio a ritmo di quella canzone, così anche i passi di quella signora davanti a lui e quel gatto che gli era passato davanti.

Mormorava le parole del testo inglese con molta facilità, quella era una lingua che a lui piaceva molto e la capiva anche abbastanza facilmente all’orecchio. Avrebbe voluto fermarsi e ballare per strada ma si rendeva conto che avrebbe fatto meglio a tirare dritto per conservare la dignità.
Pochi passi e sarebbe arrivato alla stazione per prendere il treno. Controllò l’ora sul display del cellulare e si aggiustò lo zaino sulla spalla. Dopo aver obliterato il biglietto, si mise ad aspettare sul binario, quando non accorgendosene urtò un ragazzo con lo zaino. L’altro imprecò e lui si girò indietro alzando la mano per chiedere scusa ma quando alzò lo sguardo restò come congelato dagli occhi di quello, erano di un colore che lui non aveva mai visto negli occhi di nessun altro, avevano una sfumatura particolare, le iridi nere con delle venature rosse, quasi come fossero dei tizzoni ardenti.

Batté le palpebre e quelli che guardava erano semplici occhi castano chiaro incorniciati da lunghi capelli corvini, eppure un attimo fa gli era parso di vederli diversi. L’altro ora gli dava le spalle appoggiato alla colonna che stava tra i due binari e lui si andò a sedere sulla panca di pietra, leggermente scombussolato. Alzò ancora di più il volume dell’mp3, ora le sue orecchie quasi non reggevano la musica ma lui non se ne accorgeva.
Era sovrappensiero.

Mentre aveva lo sguardo basso, sentì qualcuno sedersi al suo fianco.
Si girò e vide il suo amico Jamie, staccò le cuffie dal dispositivo e se li mise in tasca, mentre l’altro gli diceva: - Ehi, Morgan, ti ho inseguito fin qui! Ma quando imparerai a tenere il volume basso? Ti ho chiamato si e no 4 volte per farti girare e tu niente -.
Morgan ora che ci faceva caso notava che l’amico aveva un leggero affanno: - Scusa Jamie, non volevo -, dannazione ora non si può neanche ascoltare un po’ di musica come piace a me!
L’altro gli disse che non faceva niente, finalmente il capostazione annunciò l’arrivo del loro treno con voce stentorea e loro salirono su.
Morgan lanciò un ultimo sguardo verso il ragazzo dagli occhi di brace o almeno dove credeva si fosse fermato, ma i suoi occhi non videro che una colonna spoglia e grigia, di lui nessuna traccia.

Il tragitto sul treno fu tranquillo, lui e Jamie trovarono addirittura due posti a sedere, una cosa rara per la Circumvesuviana, parlarono un po’ di cosa li aspettava nella loro ennesima prima giornata di scuola. Il quinto anno li spaventava, insieme condivisero ansie e paura in comune, dopotutto era l’ultimo anno di liceo e poi sarebbero finiti scaraventati a calci nel culo nel mondo dell’università o del lavoro. Ed entrambi non erano famosi per i loro comitati di accoglienza.

Arrivati a scuola salì le scale e imboccò il corridoio per la sua classe, questo era affollato come sempre da studenti quando la campanella stava per suonare, mentre camminava tra quel gruppo di persone gli parve di distinguere quegli stessi occhi di prima, si bloccò di nuovo ma li perse e allora riprendendosi, si diresse dritto in classe sua senza alzare lo sguardo. Salutò i suoi amici e si sedette.

 Proprio in quel momento suonò la campanella e subito dopo qualche istante di forti chiacchiericci, arrivò il professor Hafling, avevano geografia astronomica alla prima ora. In contrasto col disappunto di tutti, lui aveva accolto con intimo favore questa notizia, data la sua passione per quella materia.
Ma quel giorno non era concentrato, non riuscì a seguire una parola del prof. perché aveva un unico pensiero in testa, quello sguardo. Era come se fosse dotato di un suo campo magnetico, che lo attirava e respingeva nello stesso momento.

Restò tutte e cinque le ore a cercare di convincersi che non fossero reali, ma in effetti era convinto di averli visti due volte, e a meno che potesse dubitare dei suoi sensi, decise che doveva capire cosa diamine erano.
Magari usava le lentine o qualcosa di simile, sì, doveva essere così. Nel frattempo erano passate già le prime tre ore. Ne mancano solo due, pensò con sollievo. Strappò un pezzo di carta dalla pagina del quaderno e scrisse: Dopo scuola, andiamo a prendere qualcosa da mangiare?
Lo accartocciò e lo fece strisciare verso Jamie mentre la professoressa di latino parlava di Petronio.  L'amico lo lesse e annuì. Ora non poteva fare altro che aspettare che finissero quelle interminabili due ore. Il torpore gli scese addosso come una coperta.

Stava sognando, almeno era quella la sensazione. Era consapevole che quello che aveva intorno non fosse la realtà. Era completamente immerso in acqua, sembrava quasi stesse facendo un’immersione subacquea. Ma non era così, non aveva muta né pinne né bombole d’ossigeno.
Ossigeno! Come riusciva a respirare senza? D’istinto si lanciò verso l’alto per arrivare alla superficie, per un po’ continuò ad agitarsi ma poi si accorse che nessuna superficie sembrava avvicinarsi. Ok, pensò, questo non è mare.

Improvvisamente una luce soffusa si diffuse tutto intorno e sembrava provenire da qualche parte alla sua destra. Questa volta decise di riprovare a nuotare verso la luce, un paio di calci nell’acqua. Dai, cazzo, puoi farcela Morgan! Hai sempre fatto piscina.

Infine riuscì a muoversi, la luce cominciò a crescere d’intensità fino ad accecarlo, si portò una mano davanti agli occhi, come si fa quando si guarda verso il sole. Tese l’altra mano in quella direzione, con le dita protese riuscì a sfiorare qualcosa, toccò una superficie liscia come il vetro. Diede un paio di colpi coi piedi per avvicinarsi, era strano, quella luce non emanava calore eppure era intensissima.

Afferrò con la mano la superficie liscia che aveva sfiorato, era una sfera. Improvvisamente la luce svanì.
Fu allora che sentì un dolore lancinante nella mano dove stringeva l’oggetto. Abbassò lo sguardo e vide che la sfera sembrava come sciogliersi nel suo palmo mentre strani ghirigori celesti si estendevano lungo il braccio.
In un attimo la sfera sparì, il dolore aumentò agli estremi. Allora sentì una forte pressione sul petto, gli mancava l’aria. Si agitò come un forsennato per risalire finché non riuscì nemmeno più a muoversi. Non resistette e lasciò che l’aria gli entrasse nei polmoni.
Si svegliò. Saltò tanto da cadere quasi dalla sedia. Qualcuno lo stava chiamando: - Morgan, Morgan Alissa! Si svegli, la lezione è finita vada a dormire a casa sua, per piacere -
Il trillo squillante della campanella sembrò assordante. Nonostante ciò la fine delle lezioni aveva sollevato l'umore della classe, accompagnato da tanti sospiri di rilascio. Jamie che aveva già lo zaino pronto scattò in piedi per unirsi alla coda di compagni che uscivano dalla classe. Rimase un attimo stordito nel ripensare al sogno che aveva fatto. Mise le cose nello zaino alla rinfusa e uscì dall’aula.
Fuori, il tempo non sembrava dei migliori, grandi nuvoloni si ammassavano nel cielo. Non aveva più tanta voglia di andare a mangiare fuori, era stanchissimo e voleva tornare a casa.
- Hei, Jamie - esordì, - mi è venuto improvvisamente un fortissimo mal di testa, non ti offendi se torno a casa vero?
L’amico si girò e gli disse che non c’era alcun problema. Rimase ad aspettare alla fermata dell’autobus, il cielo ora era plumbeo. Morgan guardò in alto cupamente mentre ripensò a quante cose strane gli erano successe quella mattina.

Il pullman arrivò come al solito in ritardo. Il viaggio fu solo intenso torpore. Gli venne in mente del sogno, alzò la manica della maglia e si sfiorò la pelle del braccio. Morgan, era soltanto un sogno, pensò. Eppure era sembrato così vivido, così reale.
Arrivato a casa, ormai il cielo era quasi nero promettendo tanta bella tempestosa pioggia.
Entrò con un tuono che fece eco alla porta che si chiudeva.
- Mamma? – chiamò – Ci sei?
Nessuno rispose, evidentemente non era ancora tornata dal lavoro.

Mi ci vuole proprio una bella doccia rilassante, il pensiero lo accompagnò fino in bagno dove aprì il rubinetto dell’acqua calda della vasca.
Chiuse la porta e poi si spogliò.
Morgan si immerse nella vasca piena di acqua fumante. Sentì il suo corpo assorbire il calore del liquido che lo circondava e si sentì meglio, rilassò i muscoli lasciando andare all'indietro la testa. Cominciò a canticchiare e ad agitare le mani a ritmo di musica.

And the arms of the ocean are carrying me,

And all this devotion was rushing over me,
And the question of heaven, for a sinner like me,
But the arms of the ocean deliver me.
[Florence + the machine - Never let me go]

Aveva una bella voce. E quella canzone gli piaceva proprio tanto.
Abbassò lo sguardo e vide un rivolo d'acqua risalirgli lungo il braccio invece di gocciolare via. Alzò la mano e l’acqua dal braccio si sospese per un secondo nell’aria.

Spaventato agitò il braccio come si fa quando si ha addosso un insetto indesiderato.  Il risultato fu che schizzò acqua ovunque nel bagno.
Imprecò desiderando che l'acqua tornasse tutta nella vasca. Non accadde proprio nulla.
Uscì dalla vasca tutto gocciolante, e, avendo scordato di mettere un asciugamano a terra, scivolò sul pavimento ed andò a sbattere con la testa contro il lavandino.

Si rialzò tenendo una mano dove aveva sbattuto, - Cazzo, che dolore! –
Non aveva mai dubitato della sua formidabile agilità nei movimenti, era anche consapevole del suo precario equilibrio.
Passato il dolore, ripulì per terra e svuotò la vasca. Indossò un accappatoio e indugiò un attimo allo specchio. L’immagine riflessa era quella di un ragazzo sui 18 anni, capelli corvini, pelle chiara, barba piena che a discapito dei capelli era rossiccia, un naso nella norma e un paio di grandi occhi blu profondi come il mare. L’unica cosa che lui aveva sempre apprezzato del suo viso.

Si legò l’accappatoio in vita e andò nella sua cameretta gettandosi sul letto a peso morto.
Bene, facciamo il resoconto della giornata. 
Stamattina uno per poco non mi bruciava con lo sguardo, non ho seguito nemmeno un’ora di lezione, ho sognato di affogare e ho anche sbattuto la testa come un ebete. Che culo!

Si girò su un lato e si riaddormentò.

Rifece di nuovo lo stesso sogno, solo che ora mentre stava soffocando, udì una voce dire: - Sei un eaufil, Morgan, risveglia i tuoi poteri, presto ne avrai bisogno, nubi cariche di pericolo si stanno avvicinando. Devi cercare gli altri, Morgan, cercali! -
   
 
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