Gioco multimediale del capitolo corrente: "Disegna Gli Abiti Di Merry Senza Chiedere Aiuto A Fred Il Gatto".
Per tacere dell'indovinello, riferito al prossimo capitolo in lavorazione: "Scopri Quali Violenze Dovrà Subire Il Vestito Di Merry Per Poter Diventare Della Taglia Di Evelyn".
“Merry mi ucciderà”,
gemette Evelyn, entrando in casa. Chiuse la porta e si lasciò scivolare con la
schiena lungo di essa, fino a sedersi sul pavimento.
“Come dici, cara?”,
chiese zia Libby, spuntando dalla cucina con un grembiulino di sangallo e un
cucchiaio di legno in mano. Evelyn sentì odore di stufato.
“Niente, zia. Che c’è per
cena?”, chiese, tenendo gli occhi chiusi.
“Guanciale brasato al vino
rosso con purè di patate novelle e anelli di cipolle fritte”, rispose la zia, d’un
fiato.
Sempre a occhi chiusi,
Evelyn sorrise.
Hmmm. Brasato.
Merry l’avrebbe uccisa lo
stesso, ma almeno lei avrebbe avuto il brasato nello stomaco. Cara zia Libby, pensò.
“Cara? Non è scomodo,
sedere in quel modo sul pavimento?”, chiese Libby.
“Mi alzo subito, zia”,
rispose Evelyn, diligente. La zia, soddisfatta, scomparve di nuovo in cucina,
sventolando il cucchiaio di legno.
Evelyn sentì che qualcosa
di morbido e voluminoso balzava sulle sue gambe.
“Devo trovare una
soluzione, Fred”, mormorò, grattandogli distrattamente le orecchie.
Il gatto fece le fusa.
“Che dici? Forse è meglio
se chiedo consiglio a qualcuno…”
Fred cominciò a farsi le
unghie sulle sue calze, con suono di grattugia.
Evelyn lo sloggiò dalle
sue ginocchia, con un certo sforzo. Il micio si stiracchiò voluttuosamente e
poi si diresse con passo ondeggiante verso la cucina. La pancia voluminosa rollava e beccheggiava a destra e a sinsitra. Entrò in cucina con un miagolio insistente.
“Vuoi un pezzettino di brasato, piccolo mio?”, Evelyn sentì dire a Libby, con voce zuccherosa.
Evelyn si trascinò a
tavola con meno entusiasmo del solito. Non chiese nemmeno doppia porzione di
cipolle fritte, e questo denotava quanto fosse sconvolta.
Dopo cena, andò in camera
sua, mogia mogia. Scacciò di malavoglia due gatti tigrati dal copriletto.
Uno di essi si leccava i
baffi, soddisfatto. Evelyn sollevò una calza umida e bucherellata, poi la gettò
da una parte, rassegnata.
Si buttò sul letto,
riflettendo sul da farsi.
Si stava appisolando –
non era mai stata brava a ragionare a lungo – quando sentì squillare il
campanello. Si riscosse: zia Libby non riceveva mai visite di sera.
Tranne il venerdì, quando
giocava a canasta con la moglie del pastore, la vedova Fountain e… ma quel
giorno non era venerdì.
Si avvicinò in punta di
piedi alla porta per sbirciare chi fosse il visitatore… E venne colpita in
pieno dalla porta suddetta, che le venne spalancata sul naso.
“Ahia!”, si lamentò,
massaggiandosi il naso.
“Oh! Scusa, Evelyn, non
volevo”, si dolse Cathy, entrando nella stanza di Evelyn.
Seguita a ruota da un
mucchio di vestiti.
Evelyn guardò meglio.
Ah, ecco. Era Merry che
reggeva un mucchio di vestiti.
Oh, maledizione!
Merry!
Evelyn dimenticò
istantaneamente il dolore al naso. Si chiese come si sarebbe giustificata
davanti a lai di averle soffiato il pretendente. Si chiese anche se avrebbe
dovuto domandarle cosa diavolo ci facesse sulla bicicletta di Damian.
Ma non riuscì a fare
nessuna delle due cose, perché Merry gettò l’involto di abiti vaporosi sul
letto e si sedette.
“Ciao, Evelyn. Siamo
venute a fare le prove del tuo vestito per il ballo”, disse.
Evelyn la guardò,
esterrefatta. “Ma…”, iniziò.
Lo sguardo di Merry la
bloccò. Diceva chiaramente “ne parliamo dopo”. Merry fece un cenno con la testa verso Cathy, impegnata a spostare
al centro della stanza la valigia di Evelyn. “Non lo sa?”, sillabò Evelyn senza
parlare, alle sue spalle. Merry scosse la testa.
“Questi sono vecchi abiti
che erano miei: io ne porterò uno di mia madre, che ho rimodernato proprio per
il ballo.” disse Merry a voce alta, a beneficio di Cathy. “Naturalmente,
nessuna di noi può permettersi un vestito nuovo di zecca, di questi tempi. Però
io so cucire molto bene, e sono sicura che riuscirò a ricavare una toilette elegante per tutte noi”,
Evelyn si chiese cosa
c’entrasse la toilette con l’eleganza. Il bagno della zia Libby era grazioso,
ma da qui a dire che fosse elegante…
“È vero, Evelyn, Merry ha
le mani d’oro, per il cucito”, assentì Cathy. “Pensa che ha modificato un
vecchio abito di mia zia Wanda, un orrore di taffettà rigido, coperto di balze
di tulle, e ne ha ricavato un vestitino delizioso. Lo metterò al ballo. Chissà
cosa riuscirà a fare per te”, continuò, eccitata.
“Vediamo subito” Merry
sollevò un abito azzurro dalla pila sul letto e lo appoggiò al corpo di Evelyn.
“No, proprio no”, disse
subito. Lo scartò e ne prese un altro.
“Che dici di questo?”,
chiese, rivolta a Cathy. Lei lo guardò con aria critica.
“Naah, prova questo qui.”
Prese un vestito di raso lucido, di una tenue sfumatura malva, e lo accostò al
viso di Evelyn.
“No, fa a pugni col
colore dei suoi capelli”, affermò Merry.
Evelyn era terribilmente
confusa. Nubi di tulle le vorticavano davanti agli occhi.
Facendo a pugni coi suoi
capelli.
Si agitò, a disagio.
Merry rovistò ancora fra
gli abiti. Afferrò una spallina verde acqua e tirò, facendo emergere un abito
di un delicato color pastello dal cumulo di stoffa. Cathy lanciò un gridolino.
“Questo sì”, fece Merry,
trionfante.
Cathy battè le mani,
deliziata.
“Oh, quel colore ti sta
d’incanto, Evelyn!”, esclamò.
“Su, provalo”, la
incoraggiò Merry. “Così prendo le misure per metterlo a posto”.
Evelyn esitò.
“Su, avanti!”, esortò
Cathy, che si stava divertendo un mondo.
Evelyn corse in bagno,
euforica.