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Autore: shevaara    15/12/2014    1 recensioni
- Vuoi che... ti insegni ancora? - esitò.
- Si - rispose l'uomo, resistendo alla tentazione di alzare lo sguardo - mi hai insegnato così poco.
Lei mosse i piedi, a disagio, restia.
Quella sua morte, così misteriosa, così cruenta, era sicuramente legata al hoodoo. Non c'erano altre spiegazioni per i rituali che gli chiedeva ogni luna, non c'era altra motivazione per le sue conoscenze oscure. Il suo corpo e la sua anima erano stati torturati da un rito hoodoo.
Genere: Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Stringeva la sua bambola rovinata con mani pallide, esangui, piene di graffi, le unghie sporche di terra. Julian non poteva girarsi a guardarla, lei non voleva essere vista in quello stato, ma era lì a guardarlo, poteva sentirlo.
- Blu... - sussurrò flebilmente - mi sento meglio questo mese - la sua voce era così delicata, infantile, quasi impercettibile.
Se il vento avesse soffiato appena più forte avrebbe pensato ad un debole fruscio di foglie.
Si, foglie, quello gli ricordava la sua voce: fruscio di foglie, terra smossa e umida, il fiume in lontananza.
Prese la piccola bacinella in terracotta che aveva riempito con l'acqua del fiume e la pose sul davanzale illuminato dei raggi di luna piena. Poi, da un cassetto, prese quattro candele blu, basse e tozze e le immerse delicatamente una ad una.
- Eucalipto - frusciò - e timo -
Julian ubbidì silenziosamente, prendendo le boccettine richieste dalla piccola e versando le essenze che contenevano nell'acqua.
Le ripose delicatamente, senza trattenere però un fremito di impazienza.
Chiuse gli occhi, chinò la testa e si inginocchiò davanti alla bambina. Socchiuse gli occhi quanto bastava per vedere i suoi piedi nudi sporchi di terra umida e il bordo della gonna ormai rovinato. Anche le unghie dei piedi erano sporche di sangue, sottili graffi rossi le deturpavano le caviglie e, se il vestito non l'avesse nascosto, era certo che avrebbe visto orribili ferite sfigurare anche le sue pallide gambe. Orribili, ma regolari e studiate.
Intravide per un attimo il piede della bambola contro la gonna prima che la piccola se lo portasse al petto.
- Vuoi che... ti insegni ancora? - esitò.
- Si - rispose l'uomo, resistendo alla tentazione di alzare lo sguardo - mi hai insegnato così poco.
Lei mosse i piedi, a disagio, restia.
Quella sua morte, così misteriosa, così cruenta, era sicuramente legata al hoodoo. Non c'erano altre spiegazioni per i rituali che gli chiedeva ogni luna, non c'era altra motivazione per le sue conoscenze oscure. Il suo corpo e la sua anima erano stati torturati da un rito hoodoo.
- Io... non... -
- Troppo poco - ribatte secco Julian, alzando appena lo sguardo.
La piccola fece un passo indietro, spaventata.
- Va bene - acconsentì in un sussurrò debolissimo.
Gli dispiacque averla spaventata, ma lui la stava aiutando a stare meglio da più di un anno e in cambio aveva avuto così poco. Il minimo che voleva avere in cambio erano i suoi insegnamenti, per quanto oscuri e terribili potessero essere.

Aveva un libro dalla copertina di pelle nera e lucida, l'aveva fatto rilegare apposta quasi un anno prima. Era spesso, voluminoso e, con suo grande dispiacere, ancora per la maggior parte vuoto.
Lui voleva sapere! Voleva conoscere ogni Loa, ogni spirito, ogni rituale, il significato di ogni oggetto, simbolo, colore, erba, essenza. Voleva sapere ogni cosa, e la piccola morta era la miglior maestra che avrebbe mai potuto avere. Nessuno avrebbe mai potuto avere le conoscenze che lei, suo malgrado, aveva.
Si sedette e aprì il libro alla prima pagina bianca. Alzò lo sguardo alla finestra aperta, la luna era bassa, non avrebbero avuto molto tempo.
Prese la penna e si mise comodo, pronto a scrivere.
Un respiro gelido gli prese la spalla sinistra. Della terra cadde lieve sulle pagine bianche aperte davanti a lui. Con la coda dell'occhio intravide la piccola mano poggiata sulla sua spalla.
- Iniziamo... - sussurrò lei.
Silenzio.
E quando riniziò a parlare la sua voce non sapeva più di fruscii e terra umida.
Sapeva di tamburi, oscurità e divinità antiche quanto il mondo.

Quando la luna scomparve dietro le colline stava riponendo il libro sullo scaffale.
L'unica luce rimasta era quella di una lanterna appesa al centro della stanza, schermata per non infastidire la sensibile vista della bambina.
Estrasse un grosso foglio e un carboncino da un ripiano dello scaffale posandoli a terra davanti a se.
Con mano sicura disegnò il cerchio e poi ogni singola riga e scritta che la piccola gli aveva dettato tanto tempo addietro.
Si alzò e prese la bacinella posandola al centro del disegno. Estrasse le quattro candele posandole agli angoli del foglio e con un fiammifero le accese, liberando una sottile linea di fumo.
Poi prese la scatola ancora chiusa con la corda, spacchettandola con calma, senza movimenti bruschi che potessero farla innervosire. Da dentro la scatola estrasse una bambola in plastica, i capelli lunghi biondi e un vestitino azzurro.
La posò nella bacinella e il freddo prese di nuovo la sua spalla facendolo rabbrividire in quella calda notte estiva.
- Nel nome di Maman Brigitte e di Baron Samedì, che regnano sulla vita e sulla morte -
Le candele parvero avvampare, il vesto fece frusciare le foglie degli alberi intorno alla sua casupola.
- La magia ripara, le candele bruciano, il riposo eterno scende su di noi.
- Il riposo eterno scende su di noi - sussurrò gelida al suo orecchio.
- Il riposo eterno scende su di noi -
Una folata improvvisa entrò dalla finestra, spegnendo la lanterna. Le candele continuarono a bruciare vivide, unica luce nella stanza, fino a quando si consumarono del tutto e sia la luce che la fredda mano lo abbandonarono.

Uscì di casa, la bambola tra le mani e la bambina alle sue spalle. Viveva in una modesta casa su una piccola isola in mezzo al fiume, popolata solo da un orto e alberi. Il fiume lo circondava completamente scorrendo calmo e silenzioso.
Si avvicinò all'acqua inginocchiandosi sulla terra umida e posando la bambola nella corrente.
- Accetta il mio dono -
- Lo accetto -
- Che i Loa ti proteggano -
Lasciò andare la bambola e quella si allontanò lentamente, sparendo poco dopo nel buio della notte insieme alla sua piccola nuova padrona.
Si ritrovò solo, brividi di freddo gli percorrevano la spalla sinistra.
Quello era hoodoo, quella era la magia che cercava, quella era la conoscenza che voleva.
Si lascio cadere sull'erba al margine del fiume. La schiena contro il terreno caldo, il cuore che gli batteva forte nel petto, le stelle davanti agli occhi.

C'era qualcosa di strano, di diverso.
La sua presenza era meno opprimente, più leggera.
La sua voce più nitida, quasi... allegra?
- Blu, di nuovo -
Blu, ancora candele blu, era il quarto mese che gli chiedeva candele blu.
- Eucalipto e timo - ridacchiò - e un po di tiglio -
Tiglio, non capiva.
Fuori la pioggia imperversava, ma nonostante le nuvole qualche raggio lunare arrivava fino alla sua finestra.
Forse per questo il tiglio.
Ubbidì, paziente, anche se di pazienza non ne aveva più. Si stava prendendo gioco di lui.
Ma ubbidì zitto. Preparò le candele e le essenze. Nel silenzio rotto solo dal leggero scrosciare della pioggia.
- Me ne sto andando - sussurrò lei appena la bacinella toccò il davanzale.
Julian sgranò gli occhi, lo sguardo fisso sulle quattro candele.
- Cosa...? -
- Grazie a te, ai rituali, alla tua bontà... finalmente davvero il riposo eterno scenderà su di me. Questo sarà l'ultimo, non ne serviranno più! - era la prima volta che la sua voce si faceva sentire più forte di un sussurro - Posso andarmene! -
- E la mia parte? - L'uomo voltò appena il viso verso sinistra, sopra la spalla - Non l'ho fatto per bontà, l'ho fatto per un patto che noi avevamo! - un fulmine illumino per un secondo la stanza. Il rombo fece tremare le pareti mentre la pioggia aumentava di intensità battendo forte contro la finestra.
- Noi avevamo un patto! Io ti avrei aiutato a stare meglio e tu mi avresti insegnato tutto quello che sapevi, tutto! -
Silenzio. L'acqua iniziò a scrosciare da qualche parte, veloce.
- No.... - sussurrò lei, la voce incrinata. - No... -
Con il pugno colpì il davanzale, la bacinella tremò sull'orlo di cadere. Non ne poteva più di quella bambina, di quella sciocca, lo aveva illuso, approfittandosi di lui, e ora lui voleva la sua parte.
- Se non mi insegni tutto quello che sai non finirò il rituale, se non mi insegni tutto non ci saranno più rituali! Non mi prenderai più in giro ragazzina! -
Lei iniziò a piangere sommessamente.
- No... ti prego, non ora... aiutami... - biascicò tra le lacrime - aiutami -
Acqua fredda gli lambì i piedi.
Si voltò di scatto, arrabbiato e allarmato.
- Voglio la mia parte! -
Julian si zittì mentre un nuovo lampo illuminava la stanza.
Lei era lì.
I capelli neri le incorniciavano il volto e, bagnati, le si appiccicavano alla fronte e alle guance senza però poter nascondere le orribili incisioni. Il vestito era sdrucito, sporco e chiazzato di fango e sangue, strappato qua e la mostrando piccoli lembi di pelle.
La sua pelle candida era ovunque orribilmente deturpata.
Era pallida come la morte.
Anche la piccola si zittì, smise di muoversi, fissando il proprio sguardo davanti a se, sul petto dell'uomo, ma i suoi occhi stavano guardando altrove.
Dai suoi vestiti colava acqua mista a fango, formando una grossa pozza ai suoi piedi, spandendosi per tutto il pavimento.
Era una vista orribile, finalmente capiva perché lo spirito non aveva mai voluto farsi vedere. Uno spettacolo crudele, una morte rude e cruenta eseguita su un corpo troppo giovane per meritarlo.
E in quel momento si vergognò, rendendosi conto della sua crudeltà. Chiuse gli occhi di colpo, inginocchiandosi sul pavimento bagnato.
Lo stomaco gli si contrasse così forte che temette di vomitare.
No, non lo meritava. Lei non aveva rispettato il patto, ma non meritava di essere ricattata per quello.
Voleva scusarsi ma nessuna parole gli giunse alle labbra.
Un tonfo sordo, qualcosa colpì il pavimento. Julien aprì in tempo gli occhi per vedere la bambola della piccola a terra. La sua padrona la seguì dopo un attimo.
- Aiutami! - gridò, in ginocchio per terra.
Allungo una mano verso l'uomo, sfiorandolo con il suo tocco gelido. Prima che potesse ritrarsi lei gli fu addosso con il suo odore di marcio e di terra, congelandolo fin nell'anima con il suo tocco.
- Aiutami... - sussurrò - Mi stanno portando via, sto scivolando... -
L'acqua continuava a riempire la stanza, sgorgando dalla piccola, bagnandogli i pantaloni.
Julien iniziò a tremare, senza più la forza di muoversi. La piccola si raggomitolò contro il suo petto in cerca di conforto.
- No... - biascicò. Lo strinse così forte da piantargli le unghie sporche di sangue nel petto, lasciandogli sottili solchi rossi.
Voleva andarsene, staccarsi da lei, ma non poteva.
- No... -
Il fiato gli si congelò nei polmoni.
- Aiuto...! -
Sentiva il sangue pulsare nelle vene a passo con il ritmo sempre più lento del suo cuore.
- NO! -
Un grido lungo, acuto, straziante perforò l'aria.
Lei sparì, lasciando il suo petto libero.
Il suo cuore riprese a battere forte, il fiato gli tornò nei polmoni. Cadde su un lato, nel fango.
L'acqua cadeva forte, il fiume scorciava veloce, la sua piccola casa sull'isola tremava e i suoi occhi lentamente si chiusero.

Aprì gli occhi al grido del suo gallo.
La luce filtrava dalla finestra, calda e luminosa.
Si alzò sui gomiti rompendo le croste di fango che aveva attaccate ai vestiti e ai capelli.
Non era stato un sogno, la sera prima. Il fango ricopriva il pavimento, ormai seccato. I pannelli in legno sotto di esso era gonfi. Scricchiolarono sotto il suo peso.
Era stato il peggiore degli incubi ad occhi aperti. Il freddo...
Si alzò lentamente affacciandosi alla finestra dove la bacinella in terracotta conteneva ancora le candele.
Il cielo era limpido, le nuvole e quel tremendo temporale erano stati spazzati via dal vento. Gli uccellini cantavano, ogni segno della sera prima sembrava essere scomparso. Si incamminò verso la porta come in un sogno fatto di luce e suoni ovattati.
Uscì di casa sul terreno fangoso guardandosi intorno con gli occhi socchiusi. Con passi goffi si avvicinò al ponte che collegava l'isola con la terra ferma. Un tronco si era fermato di traverso contro i pali bloccando i detriti trasportati dal fiume. Nonostante questo la passerella non era crollata.
Fissò il paesaggio desolato che lo circondava, svegliandosi lentamente all'aria fredda del mattino.
Un grosso corvo nero gli volò vicino, andando a posarsi sui detriti, catturando la sua attenzione. Inclinò la testa di lato un paio di volte prima di dare una beccata. Rami e foglie marce sobbalzarono spaventando l'uccello che volò via.
Qualcosa di bianco emerse tra i rami.
Qualcosa di pallido.
Qualcosa di marcio, coperto appena da un vestito sdrucito.
Qualcosa... Qualcuno.
Davanti a lui sull'acqua una bambola galleggiava portata dal fiume marrone. Andò ad incastrarsi, tra i rami morti e le foglie marce.
Julian vomitò.

Non era luna piena, non più, ma non importava.
Mise eucalipto, timo e tiglio. Si tiglio. Doveva servire a quello.
La luna brillava splendida e fredda, riflettendosi sulla bacinella. Aspettò fissandone il riflesso. L'aria fredda entrava dalla finestra spalancata, facendolo rabbrividire.
Fece il disegno, i fiammiferi gli scivolarono di mano. Li raccolse tremante e ne accese uno. Gli stoppini presero fuoco debolmente.
- Nel nome di Maman Brigitte e di Baron Samedì, che regnano sulla vita e sulla morte... - biascicò.
Prese la scatola ancora legata con il nastro.
- Nel nome di Maman Brigitte e di Baron Samedì, che regnano sulla vita e sulla morte... -
Si voltò di scatto alle sue spalle. Lei era stata lì, ne era sicuro. L'aveva fissato con quei suoi occhi morti e marci.
Era arrabbiato con lui.
Strappò la carta, strappò la scatola in cartone prendendo la bambola tra le mani.
La carta cadde vicino ad una delle candele prendendo fuoco. Si alzò in piedi di scattò, domando le fiamme con la scarpa.
La bambola era chiara, dalla pelle quasi bianca, il vestito blu.
- Nel nome di Maman Brigitte e di Baron Samedì, che regnano sulla vita e sulla morte... -
La depose nella bacinella con mani tremanti.
- La magia ripara, le candele bruciano, il riposo eterno scende su di noi.
Con le mani bagnate si strinse le spalle, tremando nel freddo della notte.
- Il riposo eterno scende su di noi -
Lei era lì, lo stava fissando.
- Il riposo eterno scende su di noi -
Lo stava maledicendo.
- Il riposo eterno scende su di noi -
Non l'aveva salvata.
- Il riposo eterno scende su di noi -
Anzi, l'aveva ricattata, le aveva fatto del male.
- Il riposo eterno scende su di noi -
L'aveva uccisa. Era colpa sua se era morta.
- Il riposo eterno scende su di noi -

Una, cinque, dieci, venti bambole.
Ogni giorno in cui la luna brillava abbastanza ripeteva il rituale di guarigione.
- Il feticcio va donato alla persona malata.... - biascicò mentre legava la corda ad uno dei gli alberi della sua isola - o tenuto vicino ad essa.
La bambola penzolava macabra alla luce della luna calante.
Julien si girò di scatto scrutando il buio.
- Accetti il mio dono vero? - non una domanda, una supplica.
Era lì, lei era lì.
Sentiva il freddo penetrargli le ossa ogni sera. Come una mano che gli si chiudesse contro il collo.
Tremava, tremava nel suo letto sotto le coperte, la stufa accesa.
Lei era lì, lo fissava.
E appena lui riprendeva calore, appena gli sembrava di poter sentire di nuovo del calore nel suo corpo, il freddo tornava.
Aprì il libro di pelle nera.
Il rituale per allontanare gli spiriti non era difficile.
Andò a compare quello che gli serviva, le bambole lo fissarono dagli alberi. Lo seguirono con lo sguardo fin quando non attraversò il fiume.
- Non l'hai uccisa tu - cercava di consolarlo sua figlia.
Quella dolce signora del negozio cercò di tranquillizzarlo. Allontanare gli spiriti non è difficile. Gli vendette le essenze giuste, gli diede i consigli adeguati e una pacca sulla spalla.
- Era sparita da anni, probabilmente era morta vicino al fiume, la pioggia deve averla trascinata via - cercava di consolarlo sua figlia.
Le bambole lo osservavano.
Sbagliò il disegno per via della mano tremante. Accartocciò con forza il foglio lanciandolo nella stufa.
Aveva freddo.
Un fiammifero si spezzò mentre cercava di accenderlo.
Finalmente le candele brillarono, il cerchio fu disegnato correttamente, l'altarino preparato nel modo giusto.
- Non sei la benvenuta... - Non ebbe la forza di gridarlo - Non sei la benvenuta, questo io dico...! -
Lo stava fissando.
Prese il feticcio di fieno, bagnandolo con l'essenza.
- Non sei la benvenuta! - trovò il coraggio.
- Vattene, altrimenti ti maledico! - Portò il feticcio contro la grossa candela bianca. Per un attimo il fieno parve avvampare.
Lei lo stava fissando.
La stufa si spense di colpo, una folata gelide percorse la stanza.
Le candele si spensero. Rimase la buio. Rimase solo.
No, c'era lei, c'era lei. Lo stava fissando.
Si mise a piangere.
- Ti prego perdonami -
Pianse e pianse, raggomitolandosi per terra. Le mani nei capelli. Le candele caddero, anche l'altarino.
- Perdonami - biascicò nel pianto.
- Perdonami, non volevo -
Lei era lì.
Non lo avrebbe perdonato.
- Giuro, non cercherò più di allontanarti -
- Lo giuro sulla mia stessa vita -
La paura gli strinse lo stomaco. E dopo la paura venne il freddo.
No.
Non lo avrebbe perdonato.
Lei era lì.
Con il suo abbraccio di ghiaccio e il suo odore di morte.


Un'altra bambola. Un altra ancora.
Lei era lì, era lì.
Il freddo.
Non lo avrebbe perdonato.
- Lo accetti il dono? -
Le bambole lo fissavano.
Anche lei lo fissava.
- Papà devi smetterla! -
Un'altra bambola.
- Accetta il mio dono -
- Lo accetto -
- Che i Loa ti proteggano -
- Il riposo eterno scende su di noi -


Note:
La storia è stata scritta per il concorso "Storie di Ruggine"
 

   
 
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