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Autore: korime    16/12/2014    6 recensioni
Un universo in cui ci si rifugia, avvolte è più infernale degli inferi stessi.
"La mia vita appartiene soltanto a te."
nota: collocata in un ipotetico post Le porte del paradiso.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Pegasus Seiya, Saori Kido
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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Affacciata alla finestra di questo piccolo tempio personale che a me pare una prigione, osservo gli alberi sotto i miei occhi stanchi.
Ormai non sono più una ragazzina inconsapevole di quello che le capita attorno, eppure mi sento ancora stravolta dagli eventi, ancora non ho accettato del tutto il mio ruolo.
Lui avrà fatto lo stesso?
Sì, su di lui non ci sono dubbi
“La mia vita appartiene soltanto a te.” Lo aveva detto con una luce negli occhi così diversa, così vera, non era la luce della devozione ad una Dea quella, non era la luce del dovere. Ne ero sicura, o mi stavo solamente illudendo?
Scuoto il capo cercando di scacciare i pensieri dalla mia testa. Qualunque sia la verità, ormai non lo saprò più. La sua memoria è stata cancellata come da una passata di spugna, tutto è stato cancellato. Ciò che era stato, ciò che siamo, ciò che avremmo potuto essere …
Ciò che io e lui eravamo diventati insieme …
Stringo la mano sul davanzale della finestra e mi mordo il labbro trattenendo le lacrime. Per l’ennesima volta devo sforzarmi di essere forte.
Ma poi a chi devo dimostrarlo? Visto che sono quasi sempre da sola in questa casa sperduta? A me stessa forse? Che idiozia, io non ci credo e mai ci crederò. E’ una sforzo inutile.
Mi allontano dalla finestra ed esco sulla veranda ad odorare il profumo degli alberi e i pini che circondano la casa che ormai mi fa da reggia, tempio, castello e rifugio.
Un rifugio dove non sono al sicuro nemmeno dai miei incubi.
Mi è stato chiesto più volte di fare ritorno al Santuario e il mio senso del dovere stava per farmi cedere a quelle richieste, la parte divina di me. Ma la parte di donna, quella che ancora è in grado di essere ferita, aveva sovrastato l’altra questa volta e mi aveva convinta a rimanermene per un po’ nel mio piccolo mondo. Un mondo dove posso ancora immaginare che lui sia qui con me, un mondo dove lui non è costretto su una sedia a rotelle, in coma, inconsapevole della mia presenza vicino a lui che lo accudisce e se ne prendeva cura. Un mondo dove noi due viviamo come due persone che hanno preso la decisione di stare semplicemente insieme, perché lo vogliono, andando anche contro a tutte quelle regole che ci sono state imposte senza nemmeno chiederci un parere. Dea e cavaliere? Non lo siamo più, non qui, non in questo piccolo rifugio solo nostro.
Sarebbe potuto accadere, poteva succedere, se solo qualcuno, più in alto di noi, non avesse deciso che era un rischio questo sentimento, che era un ostacolo a tutti quegli Dei che si ritengono superiori a degli esseri che sono in grado di provare amore vero, e lo provano proprio perché la loro vita è un battito di ciglia rispetto alla eternità di un Dio, quindi è un battito di vita e di amore molto più intenso, molto più vissuto. Cosa ne possono sapere gli Dei di questo?
Ecco perché io mi ritengo fortunata ad essere quello che sono, almeno rispetto a loro. Io sono disposta a invecchiare, a imbruttirmi, a diventare goffa e debole, se questo vuol dire farlo con lui. Non mi interessa più la mia ricchezza, il mio potere, il mio dovere. Rinuncio a tutto, rinuncio persino alla terra, se la contro parte che mi viene donata è lui.
Per questo ora mi sono rinchiusa in questo mondo secondario, perché non so che farmene di un mondo dove Seiya non c’è.
“Saori.” Mi volto di scatto con un tuffo al cuore, e per un secondo, un piccolo istante, un soffio, lo vedo sulla porta, con il suo sorriso sicuro, fiero, deciso, i suoi occhi grandi che mi scrutano e mi osservano senza adorarmi come una divinità.
Ormai lui era praticamente l’unico a chiamarmi ancora così e ne ero felice
Athena … odio questo nome, lo odio con tutto il cuore, odio questo fardello, lo sempre odiato e il mio egoismo mi aveva portato, molte volte, a desiderare di donare questo peso a qualcun altro, ma poi mi dicevo da sola che era un errore, che non dovevo nemmeno pensarlo.
Eppure guarda a cosa mi ha portato? A perdere l’unica persona che combatteva per me per amore umano e non altro.
-Seiya … - sussurro il suo nome mentre la sua immagine sparisce da davanti i miei occhi e stavolta non posso impedirmi di lasciarmi sfuggire una lacrima.
Se sono arrivata a vederlo come uno spettro nell’aria, forse vuol dire che sto impazzendo?
Volgo il mio sguardo al panorama pomeridiano, il cielo azzurro e arancione che si staglia contro i pini alti che ora paiono quasi neri. C’è un silenzio tombale come se anche la natura attorno a me abbia paura a disturbarmi.
Mi accomodo sulla sedia a dondolo sotto la tettoia e rimango lì immobile, attendendo la sera, come ormai faccio sempre.
Nemmeno il tempo di godermi quel momento di quiete, mentre i miei occhi iniziando ad appisolarsi, che un cosmo non ostile si avvicina a me, camminando con lentezza ma facendo comunque rumore nell’erba incolta
-Shaina, la mia risposta non cambierà nemmeno stavolta.- ancora ad occhi chiusi rispondo a quella domanda che già conosco. L’altra si blocca sul posto, forse un po’ urtata dal mio tono ma io lo sono altrettanto.
Non ho niente contro di lei, nemmeno per quella faccenda spinosa che mi aveva fatto apparire odiosa ai suoi occhi per chissà quanto tempo. Ormai di acqua sotto i ponti ne è passata così tanta che ha sepolto sotto di essa tutti i nostri vecchi rancori e lei stessa ha nascosto quell’amore sotto una valanga di rassegnazione e pace nel cuore. Di questo sono contenta, anche per lei
-Athena Sama, il Santuario mi manda a controllare la situazione. Non avevo intenzione di … -
-So quali sono le vere intenzioni del Santuario.- mi alzo dalla sedia interrompendo il piccolo sonno che mi volevo concedere. Il mio corpo è ancora leggermente intorpidito. La guardò e scruto gli occhi vitrei della sua maschera
-Non esiste più un capo che ci guida.- mi dice lei e la sua voce appare leggermente metallica da là sotto –Siamo come un gregge senza il suo pastore.-
-Purtroppo, in questo momento, non sento il bisogno ne la necessità di fare ritorno sul mio trono.- dico in un impeto di umano egoismo, l’egoismo che, per una volta, vorrei concedermi davvero
-C’è forse qualche pericolo in vista?- ma prima voglio accertarmi di potermelo permettere
-Non al momento mia signora.- bene, è quello che volevo sentire
-Allora concedetemi ancora qualche tempo.-
-Tempo per cosa?- da quando Shaina pone tutte queste domande? Se c’è una cosa che ho imparato nella nobiltà, è che è meglio non porre troppe domande a chi sta al di sopra di noi. Era una regola stupida che avrei preferito dimenticare
-Ne ho bisogno, ti prego di non chiedere altro.- e così lei fa. Abbassa il capo e non parla più. In cuor mio un po’ sono adirata con lei, al pensiero del suo comportamento nei riguardi di Seiya durante l’ultima battaglia, ma provo a dirmi che forse non lo ha fatto con l’intento di ferirlo, e poi, io sono proprio l’ultima che dovrebbe parlare.
-Grazie della tua visita, puoi andare.- voglio solo stare sola, voglio rimanere con me stessa e con il ricordo di lui. Ricordo che è rimasto solo a me.

-Non so dove andare.- mi ripeto quella frase di continuo, mentre cammino per strade che ormai credo di conoscere a memoria
“Spero che tu possa trovare ciò che stai cercando.” Perché continui a tornarmi in mente? Perché ogni volta che giro un angolo spero di rivedere quella piccola casa tanto accogliente. Immagino di vederne l’interno e non devo faticare per crearmi nella mia fantasia l’aspetto che potrebbe avere. Come se, in realtà, lo avessi già visto.
Semplice, eppure elegante, tranquillo, silenzioso, quieto. Una quiete che mi sembra di non aver mai avuto. Una calma e una pace così soavi che potrebbe bastarmi per sempre.
Chi sei? Continuo a domandarmelo. Chi sei?
Sto cercando qualcosa e tu speri che io possa trovarla, ma nemmeno io so cosa sto cercando. Perché, per qualche istante, ogni tanto, mi viene in mente che forse sei tu quella cosa che sto cercando. Ma perché? non riesco a ricordarlo.
Mi siedo sul tronco di una vecchia quercia, abbeverandomi dal boccale della mia borraccia.
Non ricordo nemmeno più il mio nome e in alcuni momenti del mio viaggiare sono stato costretto a inventarmene uno. Non ricordo chi sono, non ricordo perché sto viaggiando da così tanto tempo con la mia sacca in spalla e le scarpe ormai quasi consumate. Ma sento che è quello che devo fare, lo sento sotto la mia pelle come un formicolio continuo. Potrei semplicemente fermarmi, arrestare il mio camminare e farmi una vita normale, perché sento che è una cosa che non ho mai avuto, eppure non riesco a convincermi che la cosa mi renderebbe veramente felice. Sento che avrei sempre un qualche vuoto, una mancanza incolmabile e sento anche che quella mancanza può essere colmata da qualcosa che è molto vicina.
Infatti, sono tornato di nuovo qui, di nuovo in mezzo a questi pini e a queste querci imponenti, proprio dove sono passato tempo fa e ho incrociato il volto di quello che, tutt’oggi, credo essere un angelo sceso in terra. Non sono una persona raffinata, ne uno che se ne intende di bellezza oggettivo … ma quel viso … non può esserci niente di più bello a questo mondo.
Mi stringo le tempie arruffandomi i capelli. È una ossessione? Non riesco a togliermela dalla testa. Mi sembra di impazzire. Nemmeno la conosco, nemmeno so il suo nome. Come si fa ad ossessionarsi tanto per una persona incontrata una sola volta? Che scherzo del destino è questo? Sono così frivolo? Così vuoto da desiderare qualcuno di cui conosco solo il viso?
Ho bisogno di riposare. Ormai è tutto il giorno che vago e le ultime luci del sole stanno iniziando a scurirsi mentre filtrano dalle foglie degli alberi, dando una bella tonalità dorata al ruscello che scorre davanti a me. Prendo dalla sacca una coperta e la stendo per terra e mi ci corico usando il mio bagaglio come cuscino. Chiudo gli occhi e cerco di non pensare a niente.

Sento un caldo talmente opprimente da impedirmi anche di mettere a fuoco ciò che ho davanti. Il corpo mi brucia di ferite e mi sento così debole da sentirmi come un bambino che ha appena iniziato a camminare.
Vedo una bella luce azzurrina nel fondo di questo strano corridoio, il mio corpo si muove da solo verso di lei.
Quando arrivo a destinazione, vedo uno splendido spettacolo e in un sospiro sussurro “Finalmente.” So che stavo cercando quel luogo con testardaggine e decisione. Ho faticato tanto per arrivare e ora le mie ferite non fanno più male. Non sento più il dolore. L’acqua fresca che invade quel luogo raffredda le mie gambe mentre ci cammino dentro, per raggiungere lei, che si volta a guardarmi stupita mentre il sangue scende dal suo polso e io osservo orripilato quello spettacolo. Non sei tu che devi sacrificarti, non sei tu che devi dare la tua vita, siamo noi che dobbiamo farlo … sono … sono io che devo farlo.
Le immagini sono confuse, ma molte cose le percepisco. Percepisco il calore del suo seno dove poggio il viso, la dolcezza delle tue mani che sfiorano i miei capelli e le mie ferite senza preoccuparsi di sporcarsi del mio sangue. Come vorrei che il tempo si arrestasse, vorrei rimanere così per sempre. Vorrei non preoccuparmi di ciò che accade là fuori, vorrei solo bloccarmi in questo piccolo mondo solo nostro.
Poco dopo, questo mondo si sfalda. Il tuo scettro mi trapassa l’addome, e tu, con sguardo omicida, mi dici che morirò per tua mano.
Va bene, non c’è problema, la mia vita appartiene soltanto a te.

Quando riapro gli occhi, la notte è così avanzata che credo che tra poco sorgerà l’alba. Mi rizzò sul busto guardando nel vuoto
Saori … Saori … io …
Quel nome, nella mia mente sorgeva quel nome mentre vedevo le immagini oniriche di quel sogno. Era lei, era l’angelo senza nome che ho incrociato in quel bosco, non posso sbagliarmi e so per certo che quello è il suo nome.
Non mi interessa se sia giusto o sbagliato, devo ritrovarla, parlarci almeno una volta ancora e forse capirò se è lei o meno ciò che sto cercando.
Prendo il mio bagaglio tirandomelo in spalla e corro tra gli alberi, con una velocità così elevata che non credevo nemmeno di avere. Mi sento quasi inumano, quasi divino. Ho così tanta forza nelle gambe e nelle braccia da distruggere un tronco d’albero contro cui sbatto per errore con la spalla. Mi faccio quasi paura mentre sento il rimbombo di quell’albero che cade al suolo.
Purtroppo non conosco la strada,  o meglio, non me la ricordo, così mi trovo a correre per ore, fino al sorgere del sole tra gli alberi, per lo meno è un bello spettacolo e quel luogo è splendido, così soave e sereno, lontano da guerre, sangue, lotte, dolore. Potrei anche rinunciare ai miei ricordi se potessi vivere lì, ma almeno quella cosa devo ritrovarla.
Le mie gambe sono quasi stanche, il mio fiato quasi mozzato, la mia gola quasi secca, quando ritrovo quella casa accogliente e lo steccato che ne delinea il territorio. Lo supero con un balzo e nel frattempo vedo la porta aprirsi.
La vedo uscire con un cesto appeso al braccio, la gonna leggera ondeggiarle intorno alle gambe, come fanno i capelli attorno alle spalle.
Si accorge di me, si blocca come presa da un infarto fulminante e mi guarda spalancando gli occhi.

Perché sei qui? Che cosa ti ha portato a tornare indietro? Che i tuoi ricordi siano tornati? Una enorme speranza mi apre il cuore e potrebbe spezzarmelo se venisse meno all’improvviso. Ma devo cercare di non illudermi
-Tu … - dico solo, anche se l’istinto di gridare il suo nome è grande. Lui mi guarda, ha il fiatone ed è rosso in viso, fa tenerezza quasi. Si guarda attorno come in un momento di sconcerto, spaesato
-Mi sono perso di nuovo.- dice facendo crollare quella mia speranza e facendomi spezzare il cuore a metà … di nuovo.
-Mi dispiace.- rispondo –Forse dovresti uscire dalla foresta.- lui torna a guardarmi
-Ti ricordi di me?- come potrei dimenticarmi di te? Anche se tu lo hai fatto
-Sei quel ragazzo che si era smarrito qualche mese fa proprio qui vero? Non hai trovato ciò che stavi cercando allora.- lui scuote il capo grattandosi la nuca –Capisco.- rispondo. Per un istante c’è il silenzio, così forte da opprimermi. Non c’era mai stato così tanto silenzio tra noi, non per lo meno per mancanza di parole –Io ora sto andando in paese a comprare qualcosa per il pranzo. Ti consiglio di ripartire da lì.- voglio fuggire prima che l’emozione mi tradisca e le lacrime mi escano di nuovo dagli occhi, già la mia voce tremola e questo forse lui lo ha notato. Rimane fermo a fissarmi senza dire niente e capisco allora che forse acconsente a seguire il mio consiglio.
Mi volto per raggiungere la porticina del cancelletto di legno, quando sento la sua voce
-Saori.- perdo un battito, voltandomi penso che succeda ancora quello che succede da un po’: lui che sparisce come un pulviscolo nell’aria per ricordarmi che è solo frutto della mia immaginazione. Invece è ancora lì, proteso leggermente in avanti, la sacca caduta ai suoi piedi e gli occhi increduli verso se stesso –E’ … questo il tuo nome?- mi domanda mettendomi a dura prova nella decisione se dirgli o meno la verità. Mi lascio guidare dall’istinto
-Sì.- rispondo infine e lui sorride
-Ne ero certo.- ritorno sui miei passi e mi cade il cesto dalle mani. Forse ho un aspetto strano, una faccia sconvolta, perché lui mi guarda con preoccupazione
-Come lo sai?-
-Non me lo ricordo.- no, certo, eppure lui sa il mio nome. Sa il mio nome e lo ha chiamato per farmi voltare.

Mentre l’odore del caffè caldo invade la stanza, mi guardo attorno.
Le mie fantasie non avrebbero potuto essere più fedeli all’originale. Io conoscevo quel posto, anche se non lo avevo potuto vedere camminando con le mie gambe
-Va tutto bene?- mi domanda lei e mi volto a guardarla mentre poggia la tazza sul tavolo. Mi avvicino timidamente e gli occhi mi ricadono sulle sue mani prima e sul suo seno poi. Non provo vergogna per questo, perché sto ripensando al bellissimo calore che il suo abbraccio mi trasmetteva, era un abbraccio materno, eppure carico di un amore di donna verso un uomo. Lei si allontana prima che io possa raggiungere la sua mano con la scusa di afferrare la tazza di caffè. Desidero sfiorarla, per sentire cosa si prova a toccare la sua pelle diafana, in contrasto con la mia abbronzata. Pariamo così diversi, eppure percepisco qualche similitudine
-Vivi qui da sola?- domando
-Ogni tanto viene qualche amico a trovarmi.- è una mezza bugia, lo so, ma non so perché ne sono consapevole. Bevo ciò che mi ha offerto ma non ne sento il sapore
-Non è triste stare qui da sola Saori?- la vedo tremolare leggermente mentre sistema la caffettiera. Sentirmi che la chiamo per nome le fa così tanto effetto?
Lo sapevo, sapevo che era questo il posto giusto in cui venire
-Io sto bene qui.- la sua voce trema ancora, sta per piangere ma è brava a trattenersi
-In effetti è un bel posto in cui vivere.- lo penso davvero –Hai come … -
- … un mondo tutto per me.- finisce la frase per me e io rimango immobile, sentendomi felice per questo, per una sciocchezza all’apparenza
-E’ bello questo mondo?- scommetto che odi le domande, vero Saori? Scommetto che ti sto mettendo in difficoltà
-Io … non saprei.-
-Se ci vivi dentro, dovresti saperlo.- non lo sai forse? Parla, dì qualcosa che mi faccia capire, che mi faccia ricordare. Perché so che fai parte della mia vita e sei l’elemento essenziale, ciò attorno cui ruota tutto quanto, lo so, me lo sento dentro.
Tu non ricorderai
Cos’è questa voce dentro di me?
Tu non tornerai a mietere vittime tra gli immortali, non tornerai a proteggere lei, a proteggere la Dea, la donna che ami. La tua protezione ha creato più scompiglio di chiunque, la tua non è protezione votata da devozione, ma da amore umano e carnale, e proprio per questo, tu sei il più pericoloso dei Saint
I Saint? Cosa sono i Saint. Proteggere una Dea? Quale Dea?
-Stai bene?- mi domanda Saori guardandomi preoccupata. Purtroppo non posso sentire bene il suo tocco quando finalmente mi sfiora il collo, ma lei forse sente qualcosa, si irrigidisce e spalanca gli occhi carichi di odio e terrore.

Era ancora lui. Apollo stava ancora manipolando la sua memoria, questo voleva dire solo una cosa: Seiya stava ricordando. La sua mente stava pian piano scavando nei ricordi che gli erano stati tolti dal volere divino
-Seiya.- lo chiamo col suo nome senza nemmeno riflettere, lui mi guarda portandosi una mano alla tempia
-Questo nome?-
-Non ti dice niente?- provo a capire
-Io … non lo so.- abbassa gli occhi, quasi spaventato –Sento qualcuno che mi parla, è così opprimente, così pesante. La testa mi fa male.- mi mordo il labbro con ira e desidero solo liberarlo dalla pesantezza divina che lo ha gettato nell’oblio.
Cosa posso fare per lui? Come posso considerarmi una Dea se non sono in grado nemmeno di contrastare il potere di un mio simile?
Ma io … forse sono più umana degli umani stessi, più debole di loro
-Saori.- stavolta ci riesce, pone la mano sulla mia mentre è ancora posata sul suo collo e stavolta non faccio in tempo a fuggire. Sento il calore della sua pelle ma rabbrividisco. Da tanto non lo sento e ora che è tornato credo che potrei perdere i sensi.
Se non sei qui per ricordarti di me, per rimanere per sempre con me, allora preferisco che sparisci Seiya
-Perché stai piangendo?- mi domanda stupendomi
-Io non sto … - mi sfiora sotto l’occhio con il dorso del dito e mi mostra la goccia umida che ora lo decora come una goccia di rugiada su una foglia di prima mattina
-Tu odi questo tuo piccolo mondo, vero Saori?- anche così, anche senza conoscermi, mi capisci più di qualunque altra persona al mondo, perché?
-Io non lo odio veramente. È solo che manca qualcosa, se questa cosa ci fosse, io vivrei qui per sempre senza pensarci due volte.- la mia voce trema e sento un fastidioso solletico allo stomaco
-Anche per me è così. Io non ricordo chi sono, non ricordo da dove vengo ne dove sto andando, so solo che potrei rimanere privo di questi ricordi se trovassi una sola cosa importante. Vivrei anche io in questo mondo.- si avvicina a me lentamente e io non ho la forza di allontanarmi ne di allontanarlo. Per troppo tempo, tanti giorni, ormai divenuti mesi, ho atteso di riaverlo vicino, di sentire il suo caldo cosmo che ancora non si è spento
-Seiya … -
-Questo … è il mio nome?. Accenno e ormai sento da sola le mie lacrime tiepide, di cui prima nemmeno mi ero accorta –Tu lo conosci? Tu mi conosci?-
-Sì … io … io ti … - non riesco più a fiatare, la mia gola è troppo secca per parlare, abbasso gli occhi ma allungo le braccia e lui non si oppone a me. Lo cullo portandolo al mio seno, stringendolo forte e accarezzandolo con dolcezza materna e amore passionale, come quella volta come in quella stanza ricolma d’acqua dove, per l’ennesima volta, mi stavo immolando per il genere umano e dove, per l’ennesima volta, lui mi ha impedito di farlo, mi ha impedito di sparire da questo mondo, per restare qui, con o senza di lui
-Saori.- sento il suo sussurro che mi solletica il seno mentre affondo il viso nei suoi capelli lasciandomi andare al pianto disperato che mi tenevo dentro da troppo tempo ormai.

Che meraviglia questo paradiso. Che meraviglia questo piccolo mondo. Non mi interessa chi sei, non mi interessa chi eri, se ti conoscevo o no, voglio restare qui, per sempre qui con te.
Voglio vivere il resto dei miei giorni in questo universo dove tu ti sei rifugiata. Non voglio vedere che piangi, non voglio vedere che stai sola qui, isolata da tutto.
Voglio stare con te.
L’urlo di ira che mi percuote da dentro la mia testa, quasi mi fa rabbrividire, ma mi dimentico subito di lui.
Apro gli occhi mentre ancora mi stringo al suo seno e vedo tutto.
Una battaglia nel mondo dei morti …
Compagni di armi che combattono al mio fianco …
La splendida ragazza che mi stringe a se ornata di un’armatura d’oro scintillante …
Poi un uomo dal volto cadaverico mi percuote e mi colpisce al cuore. Sento il pianto di lei, il suo grido disperato, il pianto a distanza di quella che ora so essere una sorella che non vedevo da troppo tempo. Le lacrime dei miei compagni.
E poi ancora, non è finita. Ancora sofferenza. Mi sveglio in quella stessa casa dove mi trovo ora e scopro che Saori non c’è. Percepisco disperazione. Lotto, combatto, vengo ancora martoriato nella battaglia.
Poi, come nel mio sogno, dopo tanta sofferenza la ritrovo, ma veniamo di nuovo separati dalla forza di un Dio che odia questa unione.
Non è possibile
La rabbia e l’ira di quel Dio mi scuote dentro e mi fa cedere sulle ginocchia. Sento Saori chiamarmi preoccupata
-Che ti prende?- mi domanda ancora in lacrime mentre crollo sul parquet del pavimento reggendomi la testa con entrambe le mani. Lei mi fa stendere sulle sue ginocchia e mi guarda sfiorandomi il viso con le dita. Adoro quel gesto, non smettere di farlo ti prego.
Mi fa sentire meglio
Come può un lurido, piccolo e insignificante umano contrastare il volere degli Dei?
Perché esiste qualcosa di più forte del potere divino
Che assurdità. Gli umani osano protrarsi in alto più degli Dei? No, sei tu, sei solo tu quell’umano che osa fare tanto. Avrei dovuto ucciderti invece che darti questa possibilità.
Ormai è troppo tardi. Torno in me, torno ad essere ciò che sono. Era questo che dovevo fare non è vero? Per questo mi hai impedito di ricordarmi di lei. Perché la sua vicinanza, il suo amore, l’amore che prova per me e che io provo per lei avrebbe spezzato il tuo incantesimo da tiranno.
Questo è più forte del tuo potere e tu lo sapevi bene.
Che tu sia maledetto dannato Pegaso. Morirai  per mano mia, se non ora, presto.
E io ti aspetto, se non ora, presto.

È in silenzio, eppure sento che sta provando del dolore anche se non si lamenta. Le sue mani scendono abbandonando la sua testa mentre ansima affaticato. Gli poggiò una mano sul petto sfiorando la maglietta rossa e sento il suo cuore a mille. Ho paura, paura che stavolta possa andarsene per sempre, per davvero.
Poi tutto svanisce, ogni mia paura, ogni mia preoccupazione diventa futile. Guardo i suoi occhi che ora si sono spalancati e guardano me. Riconosco il suo sorriso quasi beffardo, sicuro, che non mi guarda come un uomo guarderebbe un Dio, ma come un uomo guarderebbe la sua donna
-Saori … la mia vita … -
- … appartiene soltanto a te.- concludo io con un umido sorriso che lascia scivolare altre lacrime sulla sua pelle scura. Lui emette una piccola risata e allunga una mano sfiorandomi la guancia
-Sono tornato a casa Saori.- Mi mordo il labbro e mentre lui si alza col busto grido la mia frustrazione stringendomi al suo petto e urlando il mio pianto fino a dentro il suo orecchio. Lui mi stringe così forte che sembra non preoccuparsi di potermi fare male. Gli sono mancata, come lui è mancato a me –Sono tornato amore mio.-
-Ti aspettavo.- dico, anche se forse non si è capito visto che faccio fatica persino a scandire le parole.
Mi guarda, incrocia il mio sguardo di nuovo, ma per poco tempo.
Le nostre bocche si uniscono per la prima volta ed è strano perché non sembra essere, effettivamente, la prima volta. Sembra solo una cosa che non facciamo da tanto tempo, così tanto da esserci quasi dimenticati come si fa.
Ma è bellissimo, dolce e delicato. Ci racchiude in questo mondo che prima era un inferno.
Adesso … è solo il nostro mondo. 
  
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