Acerca de roses, noches y hadas
Le
fotografie sono un ponte con il passato. Ricordi in bianco e nero
di come andavano le cose. Un legame con chi non c'è
più. Tesori inestimabili.
(Batman:
Una
morte in famiglia)
Riley
era sdraiata sul suo letto all’interno
dell’Istituto di Los Angeles. Aveva ritrovato la vecchia
scatola in cui
conservava i ricordi. Aveva cominciato a riempirla
all’età di tredici anni,
quando suo padre era morto durante la battaglia di Hydris e sua madre
aveva
deciso che stare loro troppo vicina la faceva soffrire
perché, con quei capelli
scuri come la mezzanotte e gli occhi che sembravano tizzoni ardenti, le
ricordavano troppo il suo amato e defunto marito.
Era
una donna debole, Riley l’aveva sempre
saputo, ma non riusciva a provare odio per lei. Non dopo sei anni, non
dopo
aver perso lui …
Neanche
a farlo apposta, quasi fosse stato un
crudele scherzo del destino, tra le sue dita sottili capitò
proprio una vecchia
foto. Risaliva a poco dopo il suo arrivo all’Istituto, quando
ce l’aveva con il
mondo intero, quando aveva conosciuto i Blackthorn … quando
aveva incontrato
Mark.
L’immagine
ritraeva quattro adolescenti stretti
in un abbraccio di gruppo. C’erano le chiome biondissime, i
lineamenti fatati e
gli occhi verde azzurri di Hellen e Mark Blackthorn, e poi i volti
dagli zigomi
alti e i tratti decisi, gli occhi scuri in cui sembravano divampare le
fiamme
dell’inferno, di lei e suo fratello Richard.
Accarezzò
la superficie patinata con lentezza,
quasi avesse paura di rovinare la perfezione di quel momento. Si
soffermò sul
volto di Mark, pensando a quante volte le sue dita erano scivolate su
quella
pelle morbida e alabastrina, per poi affondare tra le onde dorate e
perdersi in
quegli occhi profondi.
La
mise via con un gesto brusco.
Quello
era il passato; era una vita che sembrava
essere distante anni luce. Mark non c’era più, era
stato portato via dalla
Caccia Selvaggia, e lei aveva imparato ad andare avanti; aveva scoperto
come
fosse possibile stringere i denti e far finta che tutto andasse bene
anche
quando dentro di lei si sentiva morire. Immaginava che ciò
che albergava nel
suo cuore non fosse poi molto diverso da quello che provava Emma.
Un
lieve bussare la riscosse dai
suoi pensieri, spingendola a scacciare
via ogni traccia di turbamento dal suo volto.
-
Sì? –
La
porta venne aperta e la sagoma asciutta e
muscolosa di Jaime Rosales si stagliò davanti a lei.
-
Non ti ho vista a cena, è tutto okay? – chiese,
con quella sua cadenza lievemente strascicata che gli veniva dal lieve
accento
spagnolo che rendeva più sensuale e allo stesso tempo
musicale il suo inglese.
I
capelli castani erano scompigliati come se avesse
appena corso e probabilmente era davvero così. Gli occhi
color mogano avevano
la solita scintilla malandrina e in quel momento non la perdevano di
vista per
un momento.
-
Non avevo fame – replicò, asciutta, mettendo
via le foto e riponendo la scatola sotto al letto.
Jaime
non parve affatto scoraggiato da quel tono
distaccato e si avvicinò a lei, sedendole accanto.
-
Sei di umore pessimo, princesita, perché non mi
dici di che si tratta? –
-
Perché non sono affari tuoi, Rosales. –
Il
ragazzo abbozzò un sorrisetto divertito. –
Ahi, cariña, così mi spezzi il cuore. –
-
Buffo che proprio tu mi venga a parlare di
cuori spezzati – commentò, sarcastica.
Jaime
Rosales aveva una lunga e ingloriosa storia
di relazioni brevi e fugaci che si erano concluse, puntualmente, con
lui che
abbandonava senza una ragione apparente una povera ragazza in lacrime.
-
Golpeado y hundido – ammise, con un sorrisetto
colpevole, - Però a mia discolpa posso dire che
c’è una ragione se mi comporto
così. L’indifferenza del mio primo amore.
–
-
Ora sono ufficialmente confusa. Il tuo primo
amore non era te stesso? –
Finse
di pensarci su, per poi scuotere la testa.
-
No, me stesso è il mio secondo amore. –
-
E chi sarebbe questa ragazza capace di
respingere nientemeno che il grande Jaime Rosales? –
La
risposta non le fu mai data. O almeno non in
senso letterale, perché le labbra di Jaime catturarono le
sue con rapidità. Fu
un bacio lungo, passionale, che la colse del tutto impreparata.
-
Te amé desde el primer momento que te
vi – le sussurrò a
fior di labbra, guardandola fissa negli occhi per darle modo di capire
che in
quel momento era assolutamente sincero.
Gli
Shadowhunters amavano una volta nella vita ed
era per sempre. Intensamente, senza respiro, con tutto loro stessi. Lei
aveva
già amato in quel modo e il dolore l’aveva quasi
annientata. Amava ancora,
seppur non avesse avuto modo di vedere Mark da ormai cinque anni.
Cercò
le parole giuste per dire ciò che provava,
per cercare di non ferirlo.
-
Jaime, io … - cominciò, ma il ragazzo la
interruppe subito.
-
Non c’è bisogno che tu lo dica. So che ami
ancora Mark, probabilmente non smetterai mai di farlo, ma volevo che lo
sapessi
– concluse, alzandosi e uscendo dalla stanza come se nulla
fosse. Come se non
le avesse appena aperto il suo cuore conscio che lei
l’avrebbe calpestato e
ridotto in mille brandelli sanguinanti.
Ma
lui era Jaime Rosales, il ragazzo che faceva
di tutto per dare costantemente l’impressione che niente e
nessuno potesse mai
ferirlo.
Tessa
Gray, la strega che aveva sempre avuto un
occhio di riguardo per i Blackthorn e in generale tutti gli abitanti
dell’Istituto di Los Angeles, una volta aveva detto che Jaime
le ricordava
moltissimo un altro giovane Shadowhunters. Non aveva mai fatto il suo
nome, ma
Riley sospettava che si stesse riferendo a suo figlio James.
Rimase
così sdraiata sulla schiena, ripensando a
quella vecchia foto e chiedendosi se Mark, ovunque fosse, avesse mai
continuato
ad amarla così come aveva fatto lei o se si fosse arreso al
destino e avesse
trovato conforto tra le braccia di un nuovo amore.
La
porta della sua stanza venne aperta
nuovamente, ma questa volta si trattava di Richard. Suo fratello stava
in piedi
sulla soglia e la guardava con un’aria che non prometteva
nulla di buono.
-
Che succede? –
-
Problemi. Pare che uno degli stregoni abbia
evocato un demone Incubo e che sia sfuggito dal suo controllo.
–
Un
demone Incubo, come se le sue notti non ne
fossero già popolate a sufficienza.
-
D’accordo, andiamo – sospirò,
recuperando la
lama angelica e seguendolo fuori dalla stanza e lungo il corridoio che
conduceva all’ingresso.
Jamie,
Emma, Jules e Cristina erano già lì.
Jamie
distolse lo sguardo da lei, come se tra
loro non ci fosse stata nulla più che una delle loro solite
conversazioni
quando si era recato nella sua stanza, e rivolse ostentatamente
l’attenzione
sulla sicura della sua balestra.
-
Visto che ci siamo tutti, possiamo andare –
stabilì Richard, prendendo il comando della situazione in
qualità di membro più
anziano del gruppo.
Avanzarono
compatti fino al Golden Triangle, la
zona che incrociava Santa Monica Boulevard, Wilshire Boulevard e North
Beverly
Drive. In Rodeo Drive si trovavano le boutique più famose
della California, con
firme di lusso di ogni tipo, ed era una delle strade più
frequentate dalle star
di Hollywood desiderose di fare una passeggiata. Decisamente una zona
poco
usuale per un’evocazione demoniaca.
Poi,
d’un tratto, il demone Incubo comparve
davanti a loro e fu veloce … così veloce che
Riley non si rese conto del suo
movimento finchè non la colpì. Fu un morso
rapido, doloroso, e il bruciore inondò
le sue vene annunciandole che il veleno era appena entrato in circolo.
I
contorni delle sagome attorno a lei sfocarono finchè davanti
ai suoi occhi non
ci fu nient’altro che buio.
Before you met me
I was alright but things
Were kinda heavy
You brought me to life
Riley
non aveva mai permesso a nessuno di avvicinarlesi da quando era
arrivata all’Istituto,
ovviamente fatta eccezione per Richard. Perciò quando vide
quel ragazzo, di un
paio d’anni più grande di lei, entrare in
biblioteca come se nulla fosse ne fu
indispettita.
-
Non
mi sembra di averti detto che potevi sederti –
commentò, quando il biondo
sconosciuto prese posto accanto a lei.
-
Mark
Blackthorn, sono il figlio del capo dell’Istituto –
si presentò, come se quello
bastasse a farle capire che non aveva certo bisogno del suo permesso
per stare
lì.
-
Buon
per te. –
-
E tu
sei? –
-
Riley
Nightmark e non ho voglia di parlare. –
-
Bene,
perché io sono qui per leggere. –
La risposta ironica le strappò l’accenno di un sorriso. Forse, dopotutto, quel Mark non era poi così male.
You make me
Feel like I'm living a
Teenage dream
Mark
le
piaceva. Sì, le piaceva decisamente. L’aveva
capito quando si era sorpresa a
notare come fosse cresciuto in quei mesi, con quella
rapidità assurda tipica
dei ragazzi adolescenti, e si era persa in quelle iridi verde azzurre
che erano
un po’ il marchio di fabbrica dei Blackthorn.
-
A
cosa pensi? – le chiese, chinandosi per portarsi alla sua
altezza mentre
combatteva con i legacci del fodero della spada angelica.
-
A
nulla. –
Mark
si
chinò un po’ più su di lei,
stringendola a sé e baciandola.
-
E
adesso a cosa pensi? –
Gli
rivolse un sorriso aperto e sincero.
Il
suo
primo bacio. Aveva dato il suo primo bacio a Mark Blackthorn.
-
Penso
che voglio che mi baci di nuovo. –
In
quel momento riaprì gli occhi, trovandosi sdraiata su uno
dei letti dell’infermeria dell’Istituto.
C’era qualcosa ai piedi del letto e,
strizzando gli occhi per mettere a fuoco la sagoma, riuscì a
capire di chi si
trattava. Jaime.
Il
ragazzo aprì gli occhi in quel momento, rivolgendole un
pigro sorriso sollevato.
-
Sei stato qui per tutto il tempo? –
Annuì.
– Ti ho sentita mormorare il nome di Mark –
aggiunse poi,
abbassando lo sguardo.
-
Perché ho sognato lui – ammise.
Gli
occhi color mogano di Jaime si sgranarono leggermente.
I
demoni Incubo facevano rivivere le paure peggiori di chi
era stato morso, quindi la cosa non aveva alcun senso. Non per lui,
almeno, ma
per Riley ce l’aveva eccome.
Si
era aggrappata al ricordo di Mark per cinque anni,
sforzandosi disperatamente di non smettere mai di amarlo, ma tutto
ciò non le
era stato di alcun aiuto. Mark non sarebbe mai tornato e probabilmente
ormai
era un giovane uomo molto diverso dall’adolescente che era
stato il suo primo
amore.
-
Credo che la mia paura più grande sia di amare di nuovo,
di accettare di essere capace di provare ancora vero amore per
qualcuno. Non
voglio soffrire ancora. –
Jaime
le prese la mano, stringendola con delicatezza.
My heart stops
When you look at me
Just one touch
Now baby I believe
This is real
So take a chance and
Don't ever look back
-
Io non voglio farti soffrire e non voglio lasciarti. Mai. Tú
eres el amor de mi vida. –
E
per qualche strano motivo lei ci credeva davvero. Sentiva
che quella non era una delle tante sdolcinate dichiarazioni alla
Rosales per
conquistare una ragazza.
E
magari era arrivato il momento di cogliere la nuova
opportunità
che l’Angelo le stava offrendo su un piatto
d’argento. Non significava
rinnegare ciò che c’era stato tra lei e Mark, ma
semplicemente guardare avanti.
-
Voglio provarci. Voglio provare ad avere un nuovo inizio
con te – mormorò in risposta.
E
lo sguardo che Jaime le rivolse fu probabilmente la cosa
più bella che avesse mai visto in quegli ultimi cinque anni.
O sarebbe più
giusto dire la seconda, perché il primo posto spettava
decisamente al bacio con
cui la ricompensò. Lungo e passionale come il primo che le
aveva dato, capace
di sconvolgerla e convincerla allo stesso tempo che quella fosse la
migliore
decisione che prendeva da molto tempo.
Spazio
autrice:
Amo
incondizionatamente sia il personaggio di Mark Blackthorn che quello di
Jaime
Rosales (o almeno di quest’ultimo mi piace l’idea
che ne ha dato la Clare nelle
sue interviste) quindi una storia con un triangolo incentrato su loro
due era d’obbligo.
Spero che vi sia piaciuta e che vogliate farmi sapere che ne pensate.
Alla
prossima.
Baci
baci,
Fiamma
Erin Gaunt