Prologo
Ben Jager
attraversò in fretta il giardino, cercando di percorrere
quel breve tratto che lo separava dal portone velocemente e sfruttando
le ombre
della notte per nascondersi alla vista di eventuali passanti.
Di tanto in tanto si voltava indietro per controllare che nessuno lo
avesse
seguito.
Appena uscito da casa, aveva infatti avuto la sensazione di essere
osservato e
lungo la strada gli era sembrato che una macchina lo stesse pedinando,
ma poi i
fari dell’ipotetica auto inseguitrice erano scomparsi nel
buio e Ben non vi
aveva più fatto caso.
Starò diventando paranoico,
pensò
alzando le spalle ed entrando nel grande atrio del palazzo.
Salì le scale in fretta e in perfetto silenzio, calibrando i
passi in modo da
produrre il minimo rumore possibile.
Raggiunse l’appartamento e aprì la porta superando
le transenne che aveva
lasciato la polizia il pomeriggio stesso, sempre assicurandosi di tanto
in
tanto che nessuno avesse seguito le sue tracce.
Con calma raggiunse la camera della vittima e cominciò a
rimestare tra
l’infinita quantità di oggetti che ricopriva la
scrivania, non prima di essersi
infilato un guanto in lattice di quelli che usava la scientifica per
non
contaminare in alcun modo la scena del crimine.
Maledisse se stesso e la sua impulsività per non essersi
portato dietro nemmeno
una torcia e aprì la finestra nella vana speranza che almeno
la luce lontana
della luna lo potesse in qualche modo aiutare.
Si fermò per un attimo a guardare il giardino sottostante
dalla finestra e ne
rimase affascinato.
L’oscurità mista alla fioca luce della luna
produceva sul prato e sugli alberi
che lo circondavano strani effetti che sembravano distorcere le figure,
rendendole a dir poco inquietanti.
Ben si morse il labbro inferiore, rendendosi conto di provare una certa
paura
nello stare lì, nel bel mezzo della notte, tutto solo nella
stanza di una
persona ormai morta e circondato da una natura che pareva quasi
surreale.
Scosse il capo cercando di non pensarci e distolse lo sguardo dal
misterioso
panorama, tornando a setacciare la scrivania.
Doveva trovare qualcosa,
doveva farlo assolutamente e anche in fretta.
Sentiva che in tutta quella storia qualcosa continuava a non quadrare
ma ancora
non era riuscito a capire che cosa gli stesse sfuggendo.
Assorto com’era nei suoi pensieri, nemmeno si accorse dei
passi felpati alle
sue spalle e non udì il respiro della persona che, nel
silenzio, si
avvicinava sempre più a lui.
Percepì solo la canna della pistola appoggiata alla sua
schiena e sussultò.
Mapporca!
Adesso sì che era finito in un bel guaio.
Lentamente, alzò le mani in segno di resa, con un sospiro.
«Ehm... con calma... vediamo di trovare un
accordo.» sussurrò nel buio.
Eh sì, lo
so, non dovrei essere qui.
Perché
ho una storia in corso e un’altra serie inconclusa e non
dovrei
cimentarmi in un nuovo racconto ma... cosa ci posso fare?
L’ispirazione è
troppa e non riesco a tenerla tutta per me!
Quindi
benvenuti in questa mia nuova storia, che non ha nessun legame con le
altre e che spero vi possa incuriosire.
Grazie mille
a chi ha letto fino a qui e grazie in anticipo a chi vorrà
lasciare un commentino.
Aggiornerò
con cadenza settimanale, probabilmente il martedì.
Grazie
ancora e un bacione!
Sophie :D