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Autore: Some kind of sociopath    17/12/2014    3 recensioni
Anno 1769: Haytham E. Kenway, dopo il suicidio dell'amico Jim Holden e la morte della sorella Jenny è tornato a Boston alla ricerca di Tiio. Lei è sopravvissuta all'incendio del villaggio, nonostante il figlio non lo sappia, e Haytham ha intenzione di ricucire la sua famiglia, quella che non è riuscito ad avere nella propria gioventù. Ma non ha messo in conto gli altri Templari, il suo vecchio Gran Maestro Reginald Birch e la piccola e fastidiosissima Confraternita degli Assassini...
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Il testo dei primi due capitoli è stato rivisto e modificato. Mi farebbe piacere sapere che cosa ne pensate al riguardo e quale "versione" preferite, ;)
 
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Achille Davenport, Altro personaggio, Connor Kenway, Haytham Kenway
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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– Allora?
Trovai Thomas seduto sui gradini di casa, intento a fissare con quei suoi occhietti lascivi una donna che stendeva i panni. Non mi sembrava di averla mai vista alla tenuta: alta e slanciata, pelle scura e capelli avvolti in uno strano turbante dai colori vivaci, arrotolato sopra la testa. Tom schioccò la lingua, gli occhi puntati sul suo fondoschiena, e si passò rumorosamente la lingua sulle labbra.
Era così bello vedere come certe cose non cambiassero mai. – In che senso, “allora”? – domandai, distratto. Il mio sguardo finì per seguire quello di Thomas. Il mio ultimo rapporto con una donna era finito tra le fiamme del Grande Incendio di New York, ma niente mi vietava una sana scopata occasionale.
Tirò fuori la pipa dalla tasca della giacca con sorrisetto. – È sposata – brontolò. Oh. Peccato. Sembrava anche decisamente più giovane di me. – Dai, siediti – disse, battendo il palmo sul legno dei gradini, accanto a sé. – Che ha detto il bastardo?
Mi strinsi nelle spalle. – Ha ammazzato un suo amico. Uno del villaggio.
– Sono fottutamente dispiaciuto – sibilò con la pipa tra le labbra, le mani affondate nelle tasche alla ricerca di un fiammifero. – Era giù?
– Parecchio. – E io tremavo al solo pensiero.
Thomas si batté le mani sulle cosce. – Ti stai cagando addosso, eh? – Si era sfilato la pipa di bocca, e ora mi guardava con un misto di sfida e compassione negli occhi.
Insopportabile. E, al tempo stesso, era l’unica persona con cui riuscissi a essere sincero. – Ci hai pensato? – sussurrai mentre gli passavo un cerino. – Potrebbe tornare qui e dire… Dire che non vuole più ammazzare Reginald. Che mi vuole morto e non mi darà la Mela neanche se lo pregassi in ginocchio. – Affondai il capo tra le mani. – Che cosa faremmo, Tom?
– Non ha motivo di agire così – brontolò, intento a respirare una grossa boccata di fumo. – Perché preoccuparsi?
– Perché sono esausto – ammisi. – Ne ho abbastanza di combattere con lui, con Achille e con Reginald. Con la Prima Civilizzazione.
Aggrottò la fronte. – Chi?
– Sono… – Agitai una mano. Non volevo neanche pensarci. – Coloro che Vennero Prima. I costruttori effettivi del Grande Tempio. Spiriti, oggigiorno. – Mi picchiai la tempia con l’indice e presi fiato. Occhio, Tom, adesso viene il bello. – Ce li ho in testa, sai? Mi parlano.
Thomas Hickey sogghignò. – Per davvero?
Avevo solo la forza di annuire. Non chiedermi nulla. Per piacere. – Dev’essere… strano – grugnì mentre tirava nuovamente il tabacco nei polmoni. – Capo, il bastardo tiene a te.
– Metterà sempre gli Assassini prima – replicai tra i denti sbarrati. Proprio come facevo io, no?
– Ah, questo è sicuro. Però, credimi, non ti lascerà solo.
– Non sono solo, Tom. – Sollevai un istante gli occhi. Cercavo i suoi. – Ci sei tu, giusto?
Quando si voltò, la sua bocca era mollemente aperta nell’espressione più stranita che gli avessi mai visto addosso. – Diavolo! – Emise un lungo fischio tra i denti, poi scoppiò a ridere come un ragazzino alla sua prima visita in un bordello. Cristo, per una volta che volevo essere serio. – Oh, Gran Maestro, le vostre parole mi lusingano! – sussurrò tra un sussulto e l’altra, una mano sul cuore, la pipa stretta tra due dita, e l’altra al cavallo dei pantaloni. – Davvero, io… Porca merda!
Diede un botta sul gradino col palmo della mano e mi si abbandonò addosso, la testa sulla mia spalla, senza riuscire a smettere di ridere. Dalla bocca gli usciva un latrato acuto, e lì per lì pensai che il demonio dovesse avere una risata simile. – Gesù – sussurrai con un sorriso forzato in viso. La donna scura che stendeva i panni si era voltata verso di noi, guardandoci come fossimo pazzi. Le rivolsi un cenno cortese con la mano. Fossi stato dell’umore giusto e senza quell’idiota di Thomas in mezzo ai piedi avrei anche potuto convincerla a seguirmi fin dentro la villa per un lavoretto.
Sospirai. La realtà continuava a deludere le mie aspettative. Che potevo farci?
Clic. La lama celata scattò fuori dalla polsiera, la punta premuta contro il petto tremante di Tom. – Piantala – ringhiai. Probabilmente l’occhiata omicida che gli lanciai fu abbastanza per farlo smettere di ridere come l’ebbro bastardo che era. – Cristo, Tom, parlavo sul serio – brontolai mentre mi scostavo. La lama degli Assassini tornò al suo posto con un cigolio fastidioso. – Chi è rimasto dell’Ordine, qui? Io e te. Nessun altro.
Si passò una mano sotto gli occhi e vuotò la pipa a terra. Quanto tabacco sprecato. Cazzone. – Forse il vero Ordine è quello di Reginald, e gli impostori siamo noi – disse noncurante. – T’immagini?
– No – replicai secco. – Ultimamente penso solo a rimanere vivo.
Ghignò. – La più saggia delle mosse. – Mi rivolse un sorrisetto, strofinandosi i palmi sui calzoni di tela ruvida. – Davvero, capo, mi sopravvaluti.
Scossi piano la testa. Era ancora al mio fianco. Chiunque lo fosse non era affatto sopravvalutato, non ai miei occhi, quantomeno. – Quando io e te siamo insieme ammazziamo, andiamo a puttane, parliamo di puttane. – Fece un sorrisetto malizioso. – Non esattamente ciò di cui ti occupavi con Birch, eh?
Sollevai lo sguardo al cielo terso della Frontiera. – Ti piacerebbe sperimentarlo?
– In un posto più intimo, magari – rispose Tom, sporgendo il labbro inferiore.
Gli mollai uno scappellotto senza neanche guardarlo. – Idiota. – In quello stava la sua forza. Riusciva a farmi sorridere, a farmi reagire. Era l’unico che se ne fregasse altamente di tutto quello che avevo subito e parlasse solo perché poteva. Perché aveva l’aria per farlo. Finché era vivo avrebbe continuato a sputarmi in faccia la verità, su qualsiasi cosa.
Mi tornò in mente la mia conversazione con Connor, a Valley Forge, e un rigurgito acido risalì l’esofago insieme ai ricordi. – Tom. – Costrinsi quel getto di merda a tornarsene da dove era venuto, le labbra strette. – So che sei dalla mia parte. – D’istinto le dita corsero alla cicatrice sul braccio, quella lasciata dal nostro vecchio patto di sangue.
Erano passati anni. Ah, Cristo. – Posso chiederti una cosa? – grugnii, lo sguardo perso tra gli alberi di fronte a me. Avevo paura di voltarmi nella sua direzione. Di scorgere qualcosa che non avrei voluto vedere. Avevo deciso di fidarmi di lui, senza nessun vincolo. Che così fosse, dunque.
Emise un grugnito che poteva significare qualsiasi cosa. ‘Fanculo. Tanto il Gran Maestro ero io, no?
Non cantare vittoria.
Ah, zitto. – Perché l'hai fatto? – Davanti alla sua espressione perplessa inalai una grossa boccata d’aria. Devi sempre rendermi le cose difficili, eh, Tom? – Perché nonostante Reginald non ti piacesse ti sei messo al suo servizio per accopparmi?
Thomas Hickey sospirò, le braccia incrociate dietro la testa. Fissava la Frontiera, seguendo l’esempio del sottoscritto, come se non esistesse vista migliore al mondo.
Io ne conoscevo un paio. Quella di me stesso a capo dell’Ordine, per esempio. Il cadavere di Reginald ai miei piedi, nel Tempio. – Te l’ho detto – mugugnò a un tratto, facendomi sussultare. –  A me piaceva l'Ordine. Far parte di un gruppo di persone che hanno il tuo stesso scopo, con cui puoi parlare. Era… interessante.
Sogghignai. – Diciamo che pagavo bene. E c'erano molti più pro che contro. – Avevamo una discreta forza numerica dalla nostra parte, l’addestramento dei Templari, armi e soldi a non finire.
Allora credevo che nessuno avrebbe potuto fermarci.
Quanto mi sbagliavo. – Già – rispose Hickey con un sorrisino, – ma poi te ne sei andato senza dire niente a nessuno. Siamo rimasti soli. – Sbuffai ancora. Immagino quanto si fosse divertito in quel periodo, senza che gli ordinassi cosa fare, con la possibilità di andare a puttane quanto voleva e in qualsiasi momento. Doveva essere stato il periodo in cui l’idea dei soldi falsi aveva preso piede nella sua testolina da criminale. – Ero deluso, sai? – Stronzate. Povero, ecco cos’era. Sicuro. Quindi aveva deciso di arrangiarsi. Bravo, ragazzo. Lui sì che aveva capito la filosofia templare. – Quand'é arrivato Reginald ci siamo tirati su. Pensavo avrei avuto di nuovo uno scopo. Così l'ho accontentato. Se un capo nuovo sostituisce quello vecchio non farà gli stessi errori, giusto?
Sogghignai. Intendeva dire che Reginald avrebbe continuato a pagarli? Sicuro. Per un po’. Quando fosse riuscito a uccidermi… Be’, sapevamo entrambi che cosa aveva combinato.
Dovetti ammettere, almeno con me stesso, che prendere Charles come ostaggio, adepto o comunque si potesse definire era stata una mossa geniale. Vecchio bastardo. – E poi? – Lo chiesi per puro piacere personale. Una parte di me moriva dalla voglia di sentire Thomas Hickey ammettere i propri sbagli.
– Poi un cazzo di niente. Dopo che gli Assassini ti hanno portato via, le cose sono ricominciate da capo. Reginald se n'é andato e noi siamo rimasti soli. – Sputò un grumo di saliva biancastra e catarro nel prato davanti casa. – Ognuno per i cazzi suoi, con i propri affari da sbrigare.
Strinsi i pugni. Aveva saltato un punto. Era la prova di quanto la considerasse importante. Quella promessa del non ammazzare nessuno… Siamo onesti, non sarebbe mai riuscito a mantenerla. Bastava guardarlo per capire che razza di persona fosse in realtà. Uno stronzo sanguinario come pochi altri al mondo. – Non prima di aver ucciso Tiio, giusto?
Ci voltammo, guardandoci l’un l’altro nel medesimo istante. Nei suoi occhi brillava una scintilla gelida. La schiettezza. Una cosa mi era sempre piaciuta di Thomas Hickey.
Non aveva mai avuto paura di me. Diceva la verità, da bravo Templare. Da ottimo amico. E io non volevo nient’altro. Basta con le bugie. Mi ero tappato gli occhi per troppo tempo. Davanti a Reginald. Davanti a mio padre. Aveva ragione, sapete? Essere un Gran Maestro significava prendersi le proprie responsabilità. L’età per le bugie, per il sangue coperto con un letto di petali di rosa e innocenza, era passato da un po’.
Ora, la realtà. Proprio per com’era andata. – Chi? – sibilò, le sopracciglia sollevate in una folle espressione interrogativa.
Non stessi parlando di lei avrei anche potuto sorridere. – La donna Mohawk. La madre di Connor. – Come se parlarne in quel modo la rendesse più distante, più morta. Era un oltraggio a lei, alla sua intelligenza e alla sua memoria. Allora perché sembrava far meno male? – É vero che l'hai stuprata, Tom?  

– Uh. Lei. – Già. Lei.
Sollevò le mani in segno di resa. È andata così. – Mi dispiace, d'accordo? – Strano. Pensavo facesse più male. Che riaprire quella vecchia ferita di mia volontà potesse uccidermi. Invece no. C’era solo il caldo. Un bizzarro prurito in mezzo al petto, tra i peli, come uno sfogo. – Credevo che se avessi fatto quello che diceva Reginald saremmo rimasti uniti. E poi, probabilmente ero ubriaco.
Mi morsi le labbra, cercando le parole giuste. Davvero era quella la sua unica scusante?
Ci pensai un attimo. Giunsi alla conclusione che non fosse nemmeno troppo ignobile. Aveva solo obbedito a un ordine, sperando che avrebbe tenuto in piedi i Templari.
Magari bastasse scopare per aggiustare queste cose. – Quindi… – Non riuscii a trattenere il tono inasprito. Stava… stava parlando di Tiio. Era normale, credo. –  …hai violentato la madre di mio figlio perché avevi paura di rimanere solo? – Avevo alzato gradualmente la voce, lo sguardo che lanciava fiamme. Ah, Gesù, controllati. Non vorrai mica ammazzare pure lui, no? – Perché l'hai fatto?
Il suo sguardo non tentennò, nemmeno per un istante. Come potevo ucciderlo, eh? Non era per niente sopravvalutato. A una prima occhiata poteva sembrare soltanto uno stronzetto con la testa gonfia di alcool e sesso, ma dietro l’apparenza c’era molto di più.
Era l’uomo più coraggioso che mi fosse rimasto accanto. Per quanto mi dispiacesse, per quanto gli volessi bene, di Charles non potevo essere certo. Le mie speranze del cazzo non valevano proprio niente.
I muscoli della sua mascella si tesero, ferrei. – Ti ho già detto che ero ubriaco, Kenway. Lo sai, no? – Fece un sorrisetto, uno dei suoi classici ghigni da bastardo. Fatto sta che non avevo bisogno di nient’altro.
Quando hai la mente così piena di peccati, paura e confusione c’è un solo una persona che può tirarti su. Un bastardo peggio di te. – Da sbronzo faccio sesso anche con i comodini. Sii comprensivo, capo. Manco fossi stato l'unico. – Abbassò la voce, i gomiti puntati sulle ginocchia e l’aria da bambino disobbediente. – Pure Charles le ha fatto un gran bel servizio.
Strabuzzai gli occhi. Oh, merda. – Lee?
– E chi altro? L’ho visto, sai? Era lì,  a letto con la tua donna. E si dava da fare, Charlie. – Ridacchiò amaramente. – Ma immagino che a lui lo perdonerai perché é Charles, giusto?
No, no, un attimo. Cosa?
Charles? Charles aveva violentato… Tiio? La mia Tiio, la donna che avevo amato con tutto me stesso? La madre di mio figlio? Mio figlio… Come aveva potuto? Era sempre stato così schivo, quando si parlava di sesso. Forse pensava che Reginald avrebbe smesso di divertirsi con lui vedendo come se la fottesse.
Oh, Cristo. Era proprio quello il problema. Si parlava di Tiio. La mia Tiio. Non era una puttana qualsiasi. Era la voce della coscienza che mi tormentava quando ero nel torto, era nei tratti severi di Connor, era nell’aria della Frontiera. Era in me, quando mi sentivo solo.
Mi aveva quasi fatto impiccare, Tiio. Era stata presa come esca dai Templari, e tutto grazie a Washington. E Charles… Non gli era bastato farla scopare da Tom. Hickey aveva torto. Perdonare una cosa simile a lui era molto più difficile. Sapevo benissimo che Thomas, potendo, si sarebbe scopato anche la propria branda.
Da lui non mi sarei mai aspettato una cosa del genere. Era sempre stato dalla mia parte. Come poteva fare una cosa simile a Tiio? Era stato l’unico davvero al corrente del mio rapporto con lei, prima ancora che finisse. C’era un solo motivo per cui poteva volerla ferire.
Per colpire me.
Come Tom.
Lo avevo lasciato solo, in balia di un uomo che probabilmente aveva già iniziato a scoparlo come un vecchio tappeto.
Un padre non fa queste cose.
Strinsi i pugni, le nocche bianche e le unghie affondate nella carne. Ah, Dio.
 E Reginald. La colpa era tutta sua. Solo sua. Mi aveva allontanato dall’Ordine con un pretesto cui non avrei potuto dire di no e se l’era preso, infamandomi. Me li aveva messi contro. Un fratello dopo l’altro. Forse pensava fossi tanto stupido ed orgoglioso da ripudiare Thomas e Charles perché avevano violentato l'unica donna che avessi mai amato davvero.
Si sbagliava di grosso.
Così come Charles e Thomas avrebbero fatto qualsiasi cosa per danneggiarmi, per essermi allontanato e averli abbandonati – aver abbandonato l’Ordine – quando più avevano bisogno di me, io avrei venduto la mia anima agli Assassini pur di vedere quel vecchio pezzo di merda andare all’altro mondo. Come aveva detto Connor, i vecchi rancori possono essere messi da parte per qualcosa di più grande.
Era giunto il momento di farlo. Di mettere da parte i morti e concentrarsi su chi ancora era vivo. Chi, di lì a poco, non lo sarebbe stato più. – Considerati perdonato, Thomas. – Non avevo intenzione di spiegargli le mie teorie. Poteva essere un figlio di puttana sempre a caccia di sesso e sbronze, ma era anche abbastanza sveglio da arrivarci. – A una sola condizione. – Portai di nuovo le dita alla vecchia cicatrice.
Quella sì che bruciava, cazzo. Sembrava che un grosso chiodo volesse riaprirla dall’interno, facendomi grondare sangue sul terreno immacolato degli Assassini. – Posso fidarmi di te?
Sorrise. – Senza alcun dubbio, capo.  
Il mio sguardo e la mia voce si fecero duri. La mia non era una scelta, cazzo. William Johnson, John Pitcairn, Benjamin Church: Reginald era riuscito a portarmi via metà dell’Ordine. La mia unica possibilità era quell’ubriacone. Ci eravamo salvati a vicenda. Non c’era praticamente nulla che non sapesse di me. Era l’unico uomo su cui potessi contare, senza alternative. La mia unica possibilità.
Ma, conoscendola, la vita poteva darmene di peggiori.
Mi passai una mano tra i capelli, le gambe tese di fronte a me, oltre i gradini. – Allora rispondimi – sussurrai tra i denti stretti. Forza. Me lo devi, no? Voglio sentirtelo dire. – Chi le ha dato il colpo di grazia?
Tom sbadigliò, come se stuprare e ammazzare una donna facesse parte della sua tipica giornata di lavoro. – Charles l'ha sgozzata.
Annuii, ma non riuscii a fermare la mia immaginazione. Charles. Di nuovo. Le immagini erano così forti nella mia mente, così veloci. Non lui. Chiunque altro, davvero, ma non lui.
Doveva essere una bugia. – Ha detto che sei stato tu ad ucciderla. – Pronunciare quelle poche parole mi provocò una forte fitta all’altezza del cuore, come fossi a un passo dalla morte.
Thomas fece spallucce, lanciandomi un’occhiata divertita. – E tu gli credi, non è così? – Ridacchiò piano.
Sai, Thomas le ha dato una ripassata prima di tagliarle la gola. Le sue parole risuonavano ancora nella mia mente, un’eco distante e dolorosa. – Ti fidi più di lui che di me! Gesù, non può essere. – Si passò una mano sulla fronte, ridacchiando. – Sai che non l’avrei mai fatto, Haytham. Lo sai. Io non sono quel tipo di persona.
Non era quel tipo di persona? Lui? Perdio, aveva impiccato un bambino. Come poteva dirmi di non essere quel tipo di persona? Negli anni lo avevo visto ammazzare così tanta gente da non avere nemmeno il coraggio di tenere un conto, aveva agito senza nessuna remora né rimpianti. Era l’unico, nel gruppo, a guardare le cose in faccia qualunque fosse il loro aspetto. Non si era mai tirato indietro davanti alla violenza. Che uomo pensava di essere, di grazia?
Non era un santo. Nessuno di noi lo era. Peccato che lo conoscessi abbastanza bene da non stupirmi quando mi veniva detta una cosa del genere. Thomas Hickey che ammazza qualcuno? Nessun problema. Quando aveva detto di non voler più uccidere, ecco, lì sì che parte delle mie convinzioni era rovinosamente crollata su se stessa. Per poi essere smentita da Connor, mentre attraversavamo Valley Forge alla ricerca di Washington.
Gesù. Era tutto così complicato, così… strano.  
Tenevo gli occhi fissi davanti a me, torcendomi le mani. – E l’hai violentata? – chiesi, i canini a torturare il labbro. – L’hai fatto davvero?
Allargò le braccia, come se le mie supposizioni lo stupissero. Charles era il mio pupillo. Una mia creatura. Lui… Lui era diverso. E io avevo un fottuto bisogno di certezze. – Dio! – Mi lanciò un’occhiata colma di disprezzo e schioccò la lingua contro il palato. – Vuoi che ti dica la verità? L’ho fatto. E mi dispiace che sia successo, capo, dico sul serio, ma ero sbronzo. – Sospirò. – Una cazzo di spugna. Reginald mi ha fatto ubriacare, ha continuato a ripetere che ci avevi abbandonati, che volevi distruggere l’Ordine, che saresti tornato con gli Assassini per ucciderci tutti… Non lo sto dicendo per giustificarmi, eh. – Sollevò i palmi con quel suo fottuto sorrisetto sarcastico spalmato sul viso. Era la verità, o almeno, lo speravo. Ne avevo abbastanza di dubitare sempre di tutti. Volevo potermi fidare di qualcuno. E che ragioni aveva Thomas di mentirmi?
Nessuna. Era solo… Solo troppo difficile da accettare, ecco. Charles che ammazzava la mia donna?
Oh, Dio. Non era nemmeno così poco plausibile. Chi avevo cercato per primo, tornato da Damasco? Io l’avevo abbandonato a se stesso, a Reginald. Si trattava di una vendetta. Un dispettuccio da bambini di cinque anni.
Come a dire che mi stava bene. Avevo scelto la mia strada, giusto? Ecco che cosa ne avrei tratto.
Reginald, figlio di troia. Soltanto lui poteva aver messo un’idea del genere nella testa di Lee. Charles non era così. Non lo era affatto. Io… Io lo conoscevo, diavolo. Forse considerava Tiio una distrazione al fine dell’Ordine, ma da lì a ucciderla c’era un divario enorme. Non avrebbe mai, mai architettato il suo omicidio tutto da solo. – So che lo credi, Haytham – disse Thomas sbuffando. – A me dispiace di averlo fatto. Ti chiedo scusa, perché non avrei dovuto. Hai ragione, cazzo: Reginald Birch è persuasivo. Molto persuasivo. Che posso farci, arrivato a questo punto? – Si ravviò i capelli tra le dita. – Ma se c’è qualcosa per cui sono profondamente dispiaciuto, una cosa che mi fa venir voglia di vomitare, è la tua fiducia in Charles. A prescindere da cosa chiunque altro possa dire, continuerai a fidarti di lui. È un bravo ragazzo, in fondo, e avete qualche… esperienza in comune. Lo capisco. So che vuoi salvarlo. – Abbassò la voce, appoggiando le mani sui gradini di legno chiaro. – Ma non pensare mai, mai, nemmeno per un secondo che Reginald non sia riuscito a corromperlo. Che sia rimasto puro nell’animo come un agnellino. – Sospirò. – Haytham, è stato lui a sgozzarla. Non io. – Alzò le mani. Non riuscivo a smettere di battere le palpebre per lo stupore, lo sguardo vitreo. – Ora, a te. Credi ciò che vuoi. – Scostò l’orlo del cappotto per mostrarmi la cicatrice sul polso. Avevo capito. Avevo messo insieme i pezzi di quel rompicapo per dar forma alla peggiore di tutte le ipotesi. – Io ho detto la verità.
Era stato lui. Tutto ciò che avevo sempre creduto… Charles Lee aveva ucciso Tiio. Non Reginald. Non Thomas. Charles. Perché Birch sapeva che avrei lottato per tenerlo in vita. Sperava che l’avrei lasciato andare, nemmeno dopo una cosa del genere.
Non riuscivo a capacitarmi di che cosa avesse fatto, di come si fosse comportato. Era diventato la marionetta del Gran Maestro, il suo giocattolo in tutto e per tutto. Il Charles Lee che mi aveva salvato la pelle da George Washington e mi aveva permesso di uccidere Edward Braddock, quello che mi chiamava sempre “signore” e prendeva ogni mia parola come una verità rivelata da Dio non avrebbe mai nemmeno pensato di fare una cosa del genere.
Oh, ma che importava? Le parole di Thomas stavano prendendo il sopravvento su di me, la testa mi bruciava e le immagini si susseguivano l’una con l’altra, come lampi di fuoco dietro le orbite. Sembrava che mi stessero affondando un chiodo arroventato dentro la testa, e a ogni colpo di martello una di quelle terrificanti visioni faceva capolino davanti ai miei occhi. Eccola in una pozza di sangue, un sottile taglio da orecchio a orecchio, i capelli macchiati di rosso, gli occhi scuri ancora aperti, fissi, fieri, e magari anche una macchia vermiglia in mezzo alle gambe aperte, a deturpare l’abito nativo che indossava anche al nostro ultimo incontro e mi aveva affascinato così tanto.
Trassi un breve respiro, i pugni serrati così forte da far male. Charles non ammazzava le donne.
Il chiodo andò più in profondità. Uno squarcio slabbrato e scomposto sul collo aperto, questa volta. Un’altra Tiio, completamente nuda su uno dei materassi sudici del Green Dragon. Thomas che rideva, appoggiato alla cornice della porta. Un ubriacone che cantava dal piano di sotto, forse Benjamin, o John.
Ma Charles non l’aveva ammazzata per ciò che era.
Di nuovo, stesa inerme sotto Tom Hickey, lui che la cavalcava ridendo e Charles che affondava un pugnale tra i suoi seni, proprio nel cuore. Colpiva e gridava, gridava, gridava, e Thomas non si fermava mai.
L’aveva uccisa per me. Per il suo legame con me.
–  Che figlio di puttana.
Hickey ridacchiò, riportandomi alla realtà. – Non hai detto che lo perdonavi?  
– Birch – grugnii soltanto. Mi tirai in piedi e presi fiato, la mano destra poggiata sul pomello della porta. – Ho giurato che gliel'avrei fatta pagare. Questo… – Non riuscivo nemmeno a parlarne, Cristo santo. – Questo non cambia niente. – Anzi, chiariva una posizione.
Tom si alzò dietro di me e si strofinò i palmi sporchi di terra e tabacco sulla giacca. – Mi dispiace, Haytham – sussurrò, la mano poggiata sulla mia spalla. – È andata com’è andata.
Credevo che in un momento come quello mi sarei messo a pensare cose orrende. Su Charles. Su Thomas, soprattutto. Il sanguinario che se l’era scopata e ora mi chiedeva scusa. Poteva essere lecito rammentare chi avessi davvero davanti. C’erano così tante cose cattive in quell’uomo. Il fatto che fosse un mercenario della peggior specie perché era rimasto dalla parte di Reginald solo finché gli aveva fatto comodo, finché io non ero tornato chiedendogli un patto di sangue e delle informazioni, o che fosse un gran figlio di puttana perché aveva violentato la mia donna, la mia Tiio.
Non che fosse il solo, eh. Nessuno, all’interno dell’Ordine, poteva considerarsi una brava persona. Neanche Benjamin, con i suoi propositi per salvare le Colonie da Washington.
Non furono quelli i pensieri che giunsero alla mia testa. Ne avevo abbastanza di prendermela con gli altri, specie quando sapevo di chi fosse la vera responsabilità.
Come vorrei che fossi morto, Reginald. Come lo vorrei. Mi schiarii la voce, temendo di singhiozzare da un momento all’altro. – La sai una cosa, Tom? – Perdio, stavo tremando, la voce ridotta a un sussurro. – Io non volevo questo. Non volevo niente di tutto questo. Non volevo che lei morisse. Non l’ho mai voluto, per nessuno di loro. Non volevo questo – sussurrai agitando il moncherino dell’anulare. – Non volevo tutto il sangue che è stato sparso. – Non volevo che Reginald mi violentasse, o che lo facesse con Charles, e non avrei mai voluto vedere mio padre morire. Non volevo quella guerra, né quella situazione. C’erano così tante cose che avrei potuto evitare. La rabbia di Achille, le accuse infamanti degli Assassini su qualunque cosa facessimo. Potevo evitare la morte di London, e quella di Alice, e quella di Kanen’tò:kon. Perché non l’avevo fatto, allora? Perché?
Mi era mancato il coraggio, forse. E la concentrazione. E la volontà.
Le stesse cose che mi mancavano in quel momento per dirlo a Thomas Hickey. – Quando sono venuto qui dall’Inghilterra volevo soltanto la pace. La pace in questa terra. – Scrollai il capo in un cenno sconsolato. – Dentro di me. Sei in pace seguendomi in un’impresa del genere, Tom?
Mi guardò con un sorriso sornione sul volto e tirò un pigro calcio all’erba. – Tu sei in pace compiendola, Haytham?
Avevo la risposta, senza nemmeno pensarci.
No. Non lo ero e non lo sarei mai stato, semplicemente perché non ero fatto per quell’obiettivo. Ero un Kenway. Buona parte delle persone a me care era caduta per colpa mia. Non sarei mai stato in pace compiendo alcunché, ma la sola idea del cadavere di Reginald steso ai miei piedi, grondante sangue, il petto aperto in modo che soffrisse il più possibile, dissanguando fino all’ultima goccia, era sufficiente a calmarmi.
Quella non era pace. Soltanto… quiete. La pace non esiste. È una stronzata che si sono inventati gli uomini per convincere la gente comune che ci sia qualcosa oltre la guerra.
È sbagliato. La guerra non molla mai la presa. Ti resta dentro, incassata nel petto, è impossibile da fermare, cresce e vive di vita propria, ti ingloba. La guerra non è fatta solo di cannoni, spade e morti. È dentro ognuno di noi, nei nostri dubbi e nelle nostre paure.
Nelle mie, quantomeno. Ecco per cosa ero fatto. Non c’era niente che mi calzasse meglio dell’arte bellica. – Lo sarò – dissi piano a Thomas. – Se non in pace, più tranquillo.
Hickey sbuffò. – La pace non esiste.
Sgranai gli occhi.
Oh, Dio. Non era la mia unica possibilità. Era solo la migliore che la vita potesse offrirmi.
Sul suo volto si disegnò un sorriso sereno. – Non è ciò di cui ho bisogno per stare bene. Mi basta qualcuno che mi dica cosa fare. Insomma, guardami. Sono un puttaniere, un ubriacone. Un cane della peggior specie. Solo il branco mi fa andare avanti, Kenway. – Appoggiò la schiena a una delle colonne in legno bianco che ornavano il portico. – Sapere che c’è una preda, e poi un’altra, e un’altra ancora. Uno scopo.
Mi passò accanto, battendo una pacca sulla mia spalla, e aprì la porta con una lieve spinta. – Ecco cos’è per me la tua fottuta pace.
Sparì nella villa, i passi pesanti che si perdevano tra la polvere e la tappezzeria di scarso valore. Gesù Cristo, Tom. Rimasi un attimo fuori, da solo, a riflettere su ciò che mi aveva appena detto. Uno scopo, queste erano state le sue parole.
Serrai i denti. Mi sarebbe piaciuto avere un’idea altrettanto profonda della vita, dell’Ordine e della nostra amicizia, ma la verità era un’altra storia. Thomas poteva anche pensare che fossi Dio sceso in terra, mi bastava fosse con me. Secondo lui avrei ridato un fine ai Templari? Nessun problema, anche due. Doveva solo rimanere lì, dietro di me sulla corda che portava a Reginald, e non lasciarmi cadere.
Nessuno sapeva dove finisse il baratro. Di certo non sarebbe stato piacevole.
Presi un respiro, l’aria calda e umida sulla lingua.
C’era ancora una persona che non avevo sentito parlare, l’unica di cui mi mancasse il parere. Prendetemi per stupido, ma dentro di me sentivo il bisogno di essere supportato in quell’impresa. Sapere che stavo facendo la cosa giusta. Thomas Hickey poteva smettere di darmi consigli sulla strada da seguire, ma nessun altro aveva stretto quel patetico giuramento con se stesso.
Tentennai sulla soglia, riempiendomi i polmoni con tutto il coraggio che riuscii a scovare dentro di me – ciò che era rimasto da mio padre e mia madre, le persone più forti che avessi mai conosciuto – e presi le scale, saltando i gradini a due a due senza nemmeno preoccuparmi di dove si fosse cacciato Thomas. In cucina a bere? In sala da pranzo, accasciato su una poltrona mentre si faceva una sega? Non mi interessava.
L’unica cosa cui avrei prestato attenzione sarebbero state le parole del vecchio bastardo che aveva cercato di ucciderci entrambi, diversi mesi prima.
Parole. Colpi di tosse, forse.
Feci un sorrisetto.
Ero così vicino alla vendetta da sentirla premere dentro il mio petto. Si agitava per uscire fuori e prendere possesso di me come un demone. Piano, piano. Ancora poco, mia cara. Ancora poco.
Gonfiai il petto senza neanche rendermene conto. Quello era il mio momento. Nessuno avrebbe potuto fermarmi.
Nessuno.
Illuso di merda.
  
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