It Always Rains Under The
Trees
“A
morning of beginning
autumn”
Il
vento soffiava tra le poche foglie che erano rimaste aggrappate ai rami
degli
alberi di Beckley’ Park. Era la prima domenica
d’autunno e in quel periodo, un
tempo, la famiglia Beckley si dilettava a passeggiare per il parco
intorno alla
casa, le ragazze si divertivano a leggere e commentare libri comuni e a
fare
lunghe chiacchierate sotto il portico. Ma da anni non era
più così. La casa era
abbandonata e i componenti della famiglia si erano dispersi per il
mondo, chi
in cerca di fortuna e chi tentando di dimenticare la vita passata.
Insomma
quasi tutti si erano dimenticati delle grandi feste che venivano date
nel
salone centrale a inizio primavera e in pochi ricordavano ancora i visi
delle due
giovani e bellissime sorelle Beckley, Elisabeth e Meg.
Eppure
c’era ancora un uomo, che passeggiava per il parco
abbandonato della casa, che
aveva ancora scolpiti nella memoria tutti i lineamenti, tutte le
caratteristiche e tutti i difetti della più giovane delle
sorelle Beckley,
Elisabeth.
Thomas,così
si chiamava, passeggiava solitario lungo i vialetti del parco. A ogni
suo passo
udiva lo stridio delle foglie sotto le suole degli stivali da cavallo,
il vento
freddo gli sferzava il volto e i capelli striati d’argento
che, a ogni folata,
gli ricadevano sulla fronte, disordinati e capricciosi come del resto
tutti i
ricci.
Cominciava
a sentire freddo e così si alzò il bavero del
cappotto, ma grazie al cielo era
quasi arrivato.
Si
fermò di colpo davanti a un acero ormai del tutto spoglio
delle sue grandi
foglie dorate, toccò la corteccia, fece tre passi a destra e
due all’indietro e
si ritrovò con la schiena inchiodata a un altro tronco.
Appoggiò
le mani alla corteccia della betulla, si inginocchiò a terra
e non badando al
fango che gli sporcava i pantaloni di velluto nero. Cercava
disperatamente
qualcosa, una scritta, un segno, qualunque cosa.
La
trovò. Scrostò il muschio da sopra il tronco e
fece respirare l’incisione,
quasi del tutto scomparsa, che lui stesso aveva fatto due anni orsono
con il
temperino regalatogli da suo fratello.
“It
always rains under the trees”
Senza
prendersi il permesso due grosse lacrime gli rigarono il viso,
scivolarono fino
al mento e poi caddero silenziose sul terreno bagnato da quella pioggia
che non
cessava mai. Thomas si abbandonò a quel tronco e non
poté far a meno di
trattenere quel nome che, impudente come le lacrime, gli
scappò dalle labbra:
“Beth…”.
Gli
tornarono in mente i lunghi ricci rossi della ragazza, i suoi occhi
verdi e il
tono della sua voce, così infantile ogni tanto e
così tagliente quando voleva
ferirti nel profondo. Quanto l’aveva amata. Eppure non
gliel’aveva mai
dimostrato fino in fondo. Era stato egoista, aveva preferito i soldi al
suo
amore. Dio quanto si odiava.
Ma
mentre ripensava a Beth avvertì alle sue spalle una risata o
qualcosa che ci
assomigliava, una risata infantile, una risata di bambina.
Scattò in piedi e si
guardò intorno impaurito, ma non vide e non sentì
nessuno. Un brivido gli
scosse la schiena e quel luogo, che pochi istanti prima gli sembrava
così
magico e carico di ricordi positivi, si impregno di una sensazione
marcia e
vecchia. Ebbe paura dei suoi stessi ricordi.
Così
raccolse il cappello e si incamminò verso la casa dove aveva
lasciato il suo
cavallo.
Quando
raggiunse il limitare del boschetto si guardò alle spalle e
non riuscì a
fermare un lungo gemito di dolore e tristezza che gli uscì
dalla bocca e ricreò
una nuvoletta di vapore, subito spazzata via da quel vento che, in
quella mattina
d’inizio autunno, aveva accompagnato Thomas in quel viaggio
attraverso i suoi
ricordi.