Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: StarFighter    18/12/2014    9 recensioni
Un anno di Frozen. Un anno di intossicanti fanfiction e superbe fanart, che hanno scatenato le nostre fantasie. Un anno per decidere quale coppia shippare e se fosse giusto o meno shipparla. Un anno di questo fandom pieno di talento.
E quale modo migliore di festeggiare quest'anno d'intensa attività creativa, se non scrivendo qualcosa sulla mia otp preferita?
Per chi mi conosce, sa che quei due idioti di Anna e Kristoff (Kristanna per gli amici) mi sono entrati dentro e ad un anno di distanza, non sembrano intenzionati a voler togliere ancora le tende dalla mia mente. Per questo, carissime/i adepte/i Kristanna (per quei pochi rimasti) beccatevi questa carrellata di one-shot ispirate ad headcanon trovati in giro per la rete, che vanno dal fluff allo steam(che sarebbe un qualcosina in meno dello smut, per chi bazzica ff.net).
Detto questo, vi auguro buona lettura!
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Capitolo 1- First Impressions: “Ora chiudi la bocca e dormi, principessa. L’alba è vicina, ci aspetta una lunga e faticosa marcia e non ho intenzione di trascinarti incosciente su per la montagna.”
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna, Kristoff, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                         -Cold as ice-

 

 

Deve essersi addormentata, perché un rumore sordo la fa sussultare, facendole aprire di scatto gli occhi. Il libro che stringeva tra le mani, giace in terra, aperto su una pagina a caso. Deve esserle scivolato, mentre si muoveva nel suo stato di dormiveglia. Si strofina gli occhi e si alza a raccoglierlo. La schiena le duole e si ritrova a pensare che il bovindo della sua camera, per quanto possa essere comodo, non è adatto per schiacciare un pisolino. Il suo piano iniziale non era certo quello di addormentarsi, ma quello di rimanere a vegliare finché necessario, finché non avesse visto Kristoff e Sven attraversare le porte del castello. Ma il sonno l’ha sorpresa all’improvviso, nel bel mezzo della lettura.

Si volta e guarda il mare livido all’orizzonte, attraverso i vetri bagnati della finestra. Non sembra essere cambiato molto da quando si è addormentata: Arendelle è ancora grigia e lavata dalla pioggia incessante di novembre. E di lui ancora nessuna traccia.

 «Quanto starai via?» gli aveva chiesto tre giorni prima, con un groppo in gola.

«Solo per due giorni, non ti accorgerai nemmeno della mia assenza.» le aveva risposto, stringendola in un abbraccio.

Lei aveva fatto un verso strano, come per dissentire «Fidati, la tua assenza si avverte anche più della tua presenza.» gli aveva detto, punzecchiandolo con un dito.

«Se questo è un modo maldestro per dirmi che ti mancherò,» aveva ridacchiato ad un soffio dal suo orecchio, e la sua risata l’aveva attraversata, facendola rabbrividire di piacere «sappi che mi mancherai anche tu.»

E allora lei si era stretta di più a lui, affondando la faccia sulla sua spalla, ed erano rimasti in silenzio, stretti l’uno all’altra, per un tempo che a lei era sembrato troppo breve.

E in quel silenzio, carico di parole non dette, lei si era resa conto di quanto lo amasse; ma non glielo aveva ancora detto, per paura di affrettare troppo le cose, per paura di commettere di nuovo gli sbagli del passato.

«Anna, per quanto anche a me non vada di andare, devi lasciarmi, altrimenti non potrò raggiungere in tempo gli altri.» l’aveva presa in giro, allentando il loro abbraccio, poi tenendola per le mani, le aveva dato un bacio sulla fronte, così delicato da farla sciogliere sotto il suo tocco.

«Sì, scusa hai ragione. Vai, non voglio che gli altri pensino che il tuo ritardo è colpa mia.» l’aveva lasciato andare, torturandosi le mani, e il calore delle braccia di Kristoff aveva lasciato il posto alla morsa fredda del vento.

«Ma è colpa tua, furia scatenata.» le aveva detto con un mezzo sorriso, appena accennato, mentre prendeva le redini di Sven.

«Ehi! Sto solo cercando di dire che…» ma le sue parole erano state smorzate dalle labbra di Kristoff, premute prepotentemente sulle sue.

«Prometto di tornare il prima possibile, per un altro assaggio.» le aveva sussurrato ad un centimetro dalle sue labbra, e lei aveva sussultato per l’intensità del suo sguardo e delle sue parole. Negli ultimi tempi, lui si era lasciato andare un po’ nei suoi confronti, ma mai fino ad usare quel tono di voce profondo e da brivido, mai fino ad usare parole piene di significati nascosti. Oppure, lei aveva semplicemente frainteso.

«Non vedo l’ora.» aveva balbettato, lasciando, ancora per una volta, la presa su di lui.

Poi era saltato in groppa a Sven e si era voltato un’ultima volta verso di lei, con gli occhi scuri illuminati da una luce strana «Tornerò prima che tu possa dire montagna del Nord.» l’aveva rassicurata e poi era sparito tra le strade di Arendelle, attraverso il portale d’ingresso del castello, diretto sulle montagne.

E lei è ancora lì a fissare quel portale, tre giorni dopo la sua partenza. Elsa le ha detto di non preoccuparsi, che Kristoff sa badare a se stesso e che, come gli altri tagliatori di ghiaccio, conosce le montagne come le sue tasche. E poi è solo un giro di ricognizione, ha aggiunto scoccandole un debole sorriso. Ma, negli occhi della sorella ha visto le immagini della violenta tempesta che si è abbattuta su Arendelle il secondo giorno, la stessa tempesta che le ha instillato la paura nelle ossa, che non l’ha fatta riposare per due notti di fila.

«Montagna del Nord» sussurra, come una preghiera, sperando di vederlo apparire all’orizzonte.

Poi qualcosa cambia nel paesaggio oltre il vetro della finestra. Una carovana di carri attraversa il ponte che collega Arendelle al castello; sono carri anonimi, trainati da un cavallo ognuno, e teli scuri a coprire i vagoni. Il cuore le salta in gola, ma subito si calma: devono essere carri di provviste per le cucine, si dice.

Guarda i carri fermarsi ordinati nel cortile, e poi vede un valletto correre sotto la pioggia, fermarsi vicino al primo carro. Il valletto arretra di un passo, mentre l’uomo alla guida parla, e poi corre via, scomparendo all’interno del castello.

Lei preme le mani contro il vetro, per vedere meglio, con il cuore che batte all’impazzata.

Passano interi minuti, lenti come giorni, nell’attesa che accada qualcosa. Poi, bussano alla porta.

Sembra che abbia scordato come si parla. La porta si schiude piano, e dall’altra parte, Elsa appare in tutto il suo splendore. Ma, qualcosa di impalpabile altera i suoi lineamenti, un’oscurità che sembra aver estinto la luce dei suoi occhi chiari.

«Anna.» la chiama piano, in un sussurro. Si rende subito conto che qualcosa non va, quando la guarda negli occhi umidi di pianto.

«Kristoff?» mormora tra sé, voltandosi di nuovo a guardare i carri nel cortile.

Ingoia un singhiozzo, mentre Elsa fa un passo e poi un altro, avvicinandosi. Lei al contrario, arretra, come per fuggire da quello che la sorella sta per dirle, scuote la testa. Sa già quali saranno le sue parole, prima ancora che lascino la sua bocca. Ma non è pronta a sentirle.

«A-anna.» la chiama di nuovo, con la voce spezzata, allungando una mano verso di lei «M-mi dispia…» prova a dire.

«No. No. No.» la interrompe, premendosi le mani sulle orecchie, per non sentire. Le braccia di Elsa, sono subito lì, pronte a sorreggerla. La stringono forte, come se lei potesse andare in pezzi da un momento all’altro.

«Elsa, non dirlo. T-ti prego, non dirlo.» la supplica mentre annega tra le lacrime.

«Mi dispiace.» le sussurra all’orecchio, con la voce rotta dai singhiozzi «Mi dispiace tanto.» ed è la prima volta che vede Elsa piangere e lasciarsi andare.

«Non può essere, Elsa.» piagnucola aggrappandosi alle spalle della sorella «Dimmi che non è vero. Dimmi che è nelle stalle, che è tornato sano e salvo.»

Come risposta ottiene il silenzio.

«Come?» chiede, e la voce non sembra nemmeno la sua.

«Una valanga. La pioggia ha sciolto la neve fresca e ha staccato dalla montagna i banchi che non avevano ancora attecchito.» Elsa tace, mentre lei assimila tutte quelle informazioni «Non sono mai arrivati a destinazione.» conclude, e lei sussulta, come se l’avessero colpita.

Trema fin nelle ossa, mentre lascia andare Elsa e si dirige, con passi incerti, verso la porta.

«Dove vai?»

«Devo vederlo.»

«Anna, no!» cerca di fermarla sulle scale.

Non si ferma, nemmeno quando la pioggia e le lacrime la accecano: cammina spedita verso il primo carro.

«Vostra Altezza» la saluta un uomo.

«Dov’è?» sibila, ignorandolo.

«Non credo sia il caso.» cerca di farla desistere.

«Dov’è?» ripete.

«Ma…»

«Dov’è?» grida tra le lacrime, tenendosi una mano al petto, come per tenere insieme i frammenti del suo cuore.

Vede l’uomo sobbalzare e poi muoversi sul retro del carro. Non si muove, rimane fermo, in attesa di un ordine.

Lo scosta con poca grazia, e stringe tra le mani la stoffa del telo scuro che copre il vagone del carro. Trema, come un albero scosso dal vento. Non riesce a farlo smettere. E non capisce, come riesca ancora a mantenersi in piedi. Tira piano il telo, e quando guarda cosa copre, si rende conto che tra le mani stringe un sudario.

Spalanca gli occhi, incredula, aggrappandosi alla figura immobile e fredda, davanti a lei. Fino all’ultimo ha sperato che si trattasse di uno scherzo di cattivo gusto, ma la vista non la tradisce.

Kristoff è lì, davanti a lei. Ma non le sorride, non la bacia, non le stringe le mani, non la circonda con le sue braccia, non la chiama per nome. Gli occhi sono chiusi, serrati da cristalli di ghiaccio tra le ciglia scure, e le labbra sono blu, piegate per sempre in una linea grave.

Piange, piegata su quello che rimane di lui, un involucro freddo. Piange, per quelle che le sembrano ore, poggiando la testa sul petto immobile. Piange, per il gelo che irradia il suo corpo, una volta caldo e accogliente. Poi, le lacrime cessano. Non ne ha più.

È il cielo a piangere per lei.

«Avevi promesso che saresti tornato.» mormora chiudendo gli occhi, ormai secchi «Me lo avevi promesso!» si lamenta, stringendo una mano gelata «Bugiardo!» esplode, colpendolo con un pugno al petto.

«Bugiardo.» continua «Ti odio.» urla, sperando di vedere i suoi occhi spalancarsi per la sorpresa.

Nessuno attorno a lei si muove, si sente solo il ticchettare incessante della pioggia sul terreno; non sa nemmeno se Elsa stia osservando quello spettacolo pietoso. Francamente, non le interessa.

«Ti odio.» ripete a bassa voce, spezzandosi. Le lacrime riprendono a riempirle gli occhi: le sente premere, chiuderle la gola. Le sembra di annegare.

«Ti amo.» sussurra alla fine, con l’ultimo debole filo di voce rimastole. Rimpiange di non averglielo detto prima. Ora non serve a nulla.  

Aspetta in vano di ricevere una risposta, ancora aggrappata con tutte le sue forze a lui. Qualcuno le poggia una mano sulla schiena e lei sa che è Elsa, e sa cosa vuol dire quel tocco leggero. Non può farlo: il solo pensiero di lasciarlo andare, la uccide.

Gli prende il viso tra le mani, e poggia la sua fronte a quella di lui. Trema ancora, ma non ci fa più caso.

Gli bacia le labbra blu, sono fredde come il ghiaccio e non sembrano nemmeno le sue «Ti amo.» sussurra un’ultima volta, prima che qualcuno la tiri via. Qualcun altro copre il corpo di Kristoff.

Elsa è subito al suo fianco, la tiene ferma, la stringe forte, impedendole di muoversi, di seguire i carri che escono dal cortile, diretti chissà dove.

«No.» grida «Dove lo stanno portando?» chiede, ma nessuno risponde «Elsa, Elsa, ti prego…» la supplica, non sa nemmeno lei per cosa. Non riesce a dire altro.

«Shh, andrà tutto bene.» la zittisce la sorella, carezzandole la testa.

No. È tutto sbagliato! Come potrà andare bene, senza lui? Come potrà andare avanti?

È l’ultima cosa che pensa, prima che il portale del castello si chiuda, prima di urlare il suo nome.

Prima che il buio la accolga.

 

 

 

 

NdA: salve gente! Faccio schifo? Sì. Sono una cacca? Sì. Merito di essere linciata? Ancora una volta, sì! Merito tutta la gente che mi segue? No…assolutamente no. Non chiedo scusa per il ritardo, tanto sarebbe inutile parlarne. Non chiedetemi da dove esce fuori questa cosa, vi direi solo che è lo specchio del mio stato d’animo…XD è puro e semplice angst, mi andava punto. Non ho preso spunto da un headcanon in particolare. Lo stile di scrittura usato è diverso e poi capirete il perché dell’uso del presente (spero di non aver pasticciato troppo con i tempi verbali)…cioè ve lo dirò, non c’è nulla da capire ;) Comunque, spero di non aver fatto arrabbiare nessuno con la morte del povero kris, e spero vivamente che vi sia piaciuto anche un minimo, se così non fosse fatemelo sapere nei commenti (che sono SEMPRE graditi, anche quelli critici!!). Ringrazio chi ha continuato a mettere la ff tra le seguite e le preferite, nonostante i miei ritardi infiniti e niente…spero davvero vivamente di sentirvi numerose, e l’invito è esteso non solo alle mie solite tesorine che mi danno i loro pareri, ma a tutti gli altri! :) So di essere una palla a ripetermi sempre, ma andiamo, ignorarmi non porta a nulla di buono XD

Come sempre vi saluto e vi aspetto al prossimo capitolo che *rullo di tamburi* arriverà in giornata! Si, mi sento ispirata quando ho il morale sotto le scarpe ^.^

Stay tuned, snowflakes!

   
 
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