Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: Lady Stark    19/12/2014    2 recensioni
"In un'altra occasione non si sarebbe mai permesso di leggere una lettera scritta dalla sua collega; ma in quel momento, la parte razionale del suo cervello sembrò addormentarsi.
Levi accese la mangiucchiata candela posta al lato destro dello scrittoio, attendendo che la fiamma prendesse vita sullo stoppino."
Anche i cuori più forti si spezzano di fronte a sentimenti dolci come l'amore.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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.Sentimenti Inascoltati. 

La caserma era immersa nel più totale silenzio, le luci delle candele erano desolatamente spente malgrado non fosse ancora l'ora del coprifuoco.

I pochi soldati sopravvissuti all'ultima, terrificante spedizione erano sdraiati nei propri letti, desiderosi di prendere sonno ed allontanarsi così dai propri fantasmi.

Peccato che nessun sogno avrebbe mai potuto coprire le macchie di sangue lasciate dalla visione di quegli orrori.

Il caporale Levi si tolse con uno scatto secco la cappa dalle spalle fradice di pioggia; i suoi capelli corti, incollati alla fronte, rilasciavano sul viso tanti rivoli gelati.

Il dolore quella sera stava seriamente minacciando di farlo impazzire; la caviglia slogata pulsava come se non fosse neanche passato un minuto dalla lussazione.

Hanji non era riuscita a far molto con la ferita se non applicare dell'inutile ghiaccio e una sorta di improvvisato tutore di legno.

Rivaille strinse i denti appoggiandosi al muro con una spalla; un tiepido rivolo di sudore tracciò la curva del suo mento, mescolandosi alla pioggia fredda.

La stecca aveva dolorosamente raschiato la sua pelle, ricordandogli minuto per minuto quali fossero le sue pietose condizioni.
L'uomo colpì con un pugno il muro alle sue spalle, tornando cocciutamente a camminare lungo il buio corridoio che l'avrebbe condotto alle sue stanze.

Odiava più di ogni altra cosa sentirsi così dannatamente debole e vulnerabile.

Lui era il capo della Legione Esplorativa, come poteva farsi abbattere da una stupida slogatura?!

Quando finalmente arrivò alla porta massiccia della sua camera da letto, il dolore alla caviglia si era fatto tanto intenso da risultare pressoché insopportabile.

La sua gamba si era trasformata in un formicolante inferno di sofferenza; cosa che non contribuì assolutamente a placare il suo furibondo umore nero.

«Non mi sono mai sentito tanto frustrato in vita mia.» ruggì sbattendo veementemente la porta alle sue spalle. Lo scricchiolio del legno si diffuse nel corridoio, lì dove vuote abitazioni avrebbero vanamente atteso il ritorno dei loro soldati.

Il cuore del caporale ebbe un lieve sobbalzo quando le immagini frammentate di quell'infernale pomeriggio tornarono a perseguitarlo.

Gli evanescenti sensi di colpa tornarono a sussurrargli nelle orecchie; nel buio i visi esanimi dei suoi compagni sfilavano in una macabra danza.

I sorrisi di Erd, Petra, Auruo e Gunther si rincorsero nell'oscurità assieme all'eco distante delle loro voci che lo chiamavano.

I fantasmi risero crudelmente sfiorandogli il viso con le gelide dita.

Levi appoggiò una mano sulla maniglia della sua camera, abbandonando inconsciamente quell'asfittico, spoglio luogo.

L'attutito fragore dei ricordi lo condusse di fronte agli usci, le sue dita sfiorarono quegli occhi ciechi ed ormai incapaci di vedere.

Solo in quel momento si accorse di quanto il passaggio risultasse silenzioso senza i continui e piccoli rumori prodotti dai suoi sottoposti.

Per un attimo, quasi credette di percepire il russare pesante di Gunther attraverso le assi di legno umido, i borbottii scocciati di Auruo, il grattare della penna di Erd sulla carta ed il segreto, dolce cantare di Petra.

Un vuoto spaventoso si impossessò dell'anima del caporale, tanto da spingerlo ad entrare a caso in una delle stanze, quasi nella speranza di ritrovarsi di fronte allo sguardo allucinato di uno dei suoi soldati.

Sfortunatamente però, le sue aspettative vennero divorate dalla risposta gelida del buio che accerchiava l'abitazione. La finestra, affacciata su uno dei cortili d'addestramento, era l'unica fonte di luce in quel mare di quiete appiccicosa.

Levi zoppicò nella stanza guardandosi lentamente intorno; dopo qualche istante riconobbe senza difficoltà il preciso ordine della camera di Petra.

I suoi effetti personali erano ancora perfettamente disposti sulla scrivania e nei cassetti del solo mobile che occupava una parete del muro. Il letto della donna era ancora parzialmente sfatto per la fretta d'uscire in missione, il suo pigiama giaceva piegato sul cuscino sgualcito. Il caporale arrancò fino all'ingombra scrivania; fogli ancora bianchi erano stati sistemati in attesa del lavoro che la giovane donna avrebbe probabilmente svolto una volta ritornata alla base.

Levi sfiorò distrattamente la carta e la penna sopra depositata; nel farlo scoprì per sbaglio l'angolo di un foglio stropicciato.

Unicamente grazie alla luce delle fievoli stelle, il caporale riuscì ad accorgersi che sotto le sue dita, la tondeggiante grafia della donna aveva vergato il suo nome.

In un'altra occasione non si sarebbe mai permesso di leggere una lettera scritta dalla sua collega; ma in quel momento, la parte razionale del suo cervello sembrò addormentarsi.

Levi accese la mangiucchiata candela posta al lato destro dello scrittoio, attendendo che la fiamma prendesse vita sullo stoppino.

L'alone caldo della luce si diffuse sul foglio, illuminando le eleganti parole vergate dalla ragazza che era stata un membro della sua élite.

Levi cominciò lentamente a leggere, lasciando che la sua mente venisse totalmente assorbita dal profumo dell'inchiostro e dalla ruvidezza della carta che stringeva tra le dita.

 

Salve, caporale.

 

Premetto dicendo che non conosco il vero perché di questa mia breve lettera, dato che i suoi occhi non leggeranno mai queste poche righe che le dedico.

Eppure in questa notte di pioggia ho sentito il terribile bisogno di mettere per iscritto i pensieri che così spesso hanno torturato il mio sciocco cuore.

Sentivo che se non avessi messo per inciso queste mie parole, avrei commesso un grosso errore di cui, in seguito, mi sarei sempre pentita.

Ed ora eccomi qui, seduta allo scrittoio con la sola luce della candela a farmi compagnia. Tutta la caserma sta dormendo ed il rumore della pioggia battente fa da sfondo alla confusione che ho in testa.

Questa lettera contiene ogni mio più intimo e segreto sentimento; tutto quello che nel corso di questi fedeli anni di servizio militare non sono mai riuscita a confessare.

Prima di tutto vorrei però sottolineare cosa mi spinse ad unirmi alla gloriosa Legione Esplorativa.

Ciascun soldato, come ben lei saprà Caporale, è guidato nella sua scelta da un sogno.

Anche io venni guidata da una speranza che sin dalla più tenera età aveva affascinato il mio cuore.

Desideravo volare via, lontano da queste asfittiche Mura.

Volevo vedere il mondo, respirare l'aria frizzante delle montagne, sentire tra le dita dei piedi la ruvidezza sottile della sabbia; volevo correre sul bagno asciuga a piedi nudi per avvertire sulla pelle la frescura dell'acqua salata.

Desideravo ammirare la neve, caporale.

I libri dicono che sia uno degli spettacoli più belli che la natura abbia mai offerto all'occhio umano.

Ebbene sì, questo era ed è tutt'ora il mio sogno.

Mia madre mi disconobbe per questa mia decisione, ma neanche questo mi fermò dall'arruolarmi; desideravo solo vivere in quel mondo sconosciuto che nessuno aveva mai avuto il coraggio di esplorare.

Rimasi totalmente sola.

I primi mesi furono un vero inferno di sofferenza e, persa e confusa in quel mare di cambiamenti, mi chiesi se non avessi sbagliato nell'intraprendere cocciutamente quella scelta.

Mi chiesi se in un mondo così crudele avessi davvero il diritto di sognare.

I desideri non erano altro che lucciole in quel mare di oscurità che ci circondava.

Poi, un giorno, la vidi seduto fieramente sulla sella del suo destriero scuro come la notte. Alle sue spalle il mantello della Squadra di Ricognizione sventolava con fierezza mentre il suo squadrone si dirigeva verso la porta principale.

In quell'istante compresi chiaramente quale sarebbe stata la mia strada; capì che avrei potuto seguire il mio sogno, incidendo sulle mie spalle le valorose ali della libertà.

Caporale, lei divenne il mio punto di riferimento, il punto fisso su un orizzonte in costante mutamento. Non c'era orrore che potesse sconvolgermi, paura che potesse bloccarmi se c'era lei a guidarmi.

Non dimenticherò mai il giorno in cui mi chiamò per far parte della sua squadra d'élite assieme agli altri ragazzi; fu probabilmente il giorno più felice della mia intera esistenza.

Progressivamente, con l'agglomerarsi delle avventure e delle missioni svolte insieme, mi accorsi che qualcosa era radicalmente cambiato in me.

Non c'era più un solo sogno a guidare le mie azioni, ma ben due.

La voglia di esplorare il mondo non è di certo svanita, ma ad essa si è aggiunta la necessità della sua presenza, Generale.

Ho impiegato parecchio tempo per comprendere l'origine di questi miei strani sentimenti, ma sono finalmente arrivata alla piena consapevolezza di ciò che sento.

L'amo, caporale Rivaille.

Adoro la sua forza, la sua capacità di controllare tutto anche nei momenti più disperati.

Adoro i suoi rari sorrisi, condivisi con noi nei momenti di soddisfazione e festeggiamento.

So benissimo che ora i suoi occhi non potranno mai rivolgersi ad una donna timida ed introversa come me; ma prometto a questi silenziosi fogli che una volta terminata l'attuale missione le confesserò ciò che provo.

Ed anche se lei non ricambierà i miei sentimenti, aspetterò.

Io l'amerò per sempre, comandante.

 

La lettera si concludeva con quelle tenere, delicate parole.

Levi rimase immobile, cementificato sulla sedia in cui Petra aveva forse letto e riletto quella medesima lettera che ora lui stringeva tra le mani.

Qualcosa di liquido cadde sull'angolo del foglio sgualcito.

Rivaille sollevò lentamente una mano per toccare la propria guancia, trovandola tiepidamente umida.

Il comandante osservò per l'ennesima volta le parole conclusive della lettera, sentendo il proprio cuore scheggiarsi di fronte alla promessa di sentimento inascoltato.

Per la prima volta in anni di servizio, disperazione ed orrore, Levi si abbandonò senza forze contro lo schienale della sedia, oppresso da una tristezza che andava ben oltre la soglia delle lacrime.

La candela si spense, rovesciando sul suo stelo una serie di colorate stille di cera.

Io l'amerò per sempre, comandante.”

Quelle strazianti parole distrussero il granitico cuore del veterano, mentre l'etereo fantasma di Petra sorrideva nei suoi ricordi, ormai lontano ed irraggiungibile. 

   
 
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