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Autore: inibizione    19/12/2014    0 recensioni
Faccio finta di non sentire perché non è quello che avrei detto io, ma va bene lo stesso e se mi guardi cosi e poi mi porti a vedere l’oceano che sbatte sui tramonti allora posso anche rimanere ad ascoltarti un altro po’, posso addirittura crederti se mi porti a Barcellona a luglio e ai concerti a cui nessuno dei miei amici vuole accompagnarmi.
Genere: Angst, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Fotografie stracciate'
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Ho sempre avuto paura di chi parla tanto. Le persone non sono mai all’altezza delle loro parole, lo sai?

Io ne dico una trentina al giorno, se tutto va bene, ma posso farne anche a meno.

Non mi piace fare promesse che non riesco a mantenere. Invece la gente parla, rassicura, ti consiglia. Si tratta più o meno delle stesse frasi, ma ogni volta profumano di un dopobarba differente e portano un altro paio di orecchini.

E va bene, credo. Va bene cosi perché le persone hanno bisogno di rassicurazioni, di qualcuno che dica loro che va tutto bene e il sole brilla ancora, però no, proprio no, a me non va.

E non puoi nemmeno prendertela con loro. Il problema è tuo perché nel momento in cui decidi di fidarti stai lasciando a qualcuno la facoltà di decidere anche per te, di influenzarti in maniera irreparabile. La tua vita nelle mani di qualcun altro, capisci che impegno? E quanta fiducia? 
Io ho sempre avuto paura di chi parla tanto e le persone parlano troppo.

Anche tu, quante promesse hai fatto? Quante volte hai detto a tua madre che saresti tornato in tempo per cena e hai passato la notte fuori e quante partite di calcetto al posto di studiare per gli esami? E quanti ti amo, lo sai. Resta ancora un po’, ne ho bisogno, sei il mio posto, per sempre?

Ed è sicuramente un po’ colpa mia perché ti ho lasciato stringermi le dita cosi forte e giocare con i miei capelli, guidare la mia macchina e pagarmi la cena due volte. E nel frattempo parlavi, parlavi, riempivi gli spazi e la stanza di parole, anche al posto mio, “sei cosi silenziosa”. Stavi zitto solo per i baci.

Quante parole, Dio, quante! Ci stavamo stretti in macchina, nella tua stanza, al bar, sulla spiaggia.

Tu parlavi e ci piovevano addosso tutte quelle sillabe una dietro l’altra, quelle promesse serie, quelle parole importanti. Ti rendi conto? “Sei bella”, “ti voglio”, “Quando avremo una casa tutta nostra” e io ridevo e ti baciavo perché io di parlare non sono capace, figurati se so dire cose cosi serie ad alta voce. Ho paura anche di pensarle e non l’avrei mai fatto se tu non avessi tanto insistito, se non avessi parlato cosi tanto da convincermi che forse, ma solo forse, non erano parole e basta, stavolta. Che la gente parla, è vero, ma qualcuno fa anche e forse è più importante.

Io le mie poesie le ho sempre tenute per me, nei libri ordinati sopra il letto e i quaderni blu nelle scatole delle scarpe, le citazioni sottolineate a matita e scarabocchiate sui muri con i pennarelli indelebili, ma che paura a dirle, a pronunciarle. C’è differenza, sai, tra leggerle e dirle. Perché se lo dici ad alta voce è reale, stai ammettendo che esiste, se lo dici ad alta voce lo sento anche io.

E’ certamente colpa mia e avrei dovuto zittirti più spesso, baciarti più spesso, parlare di più e sviare l’argomento, dirti delle mie paranoie che mi tolgono la fame e che non riesco a dormire se non chiudo la porta della mia stanza. Forse avrei dovuto stemperare le tue parole, diluirle con i miei vaneggiamenti, perché se io non parlo lo fai tu per tutti e due, ed è un po’ come se dovessi interpretare due parti, una doppia voce, una doppia intensità. E allora vedi, forse sta tutto la. Che ti ho reso troppo responsabile dei nostri dialoghi inesistenti, custode anche delle mie parole, ma tu le mie non le sai pronunciare, ti fanno strano in bocca perché sono vuote e anche un po’ acide, a volte. Rincari la dose, parli per due e prometti per entrambi e io faccio finta di non sentire perché non è quello che avrei detto io, ma va bene lo stesso e se mi guardi cosi e poi mi porti a vedere l’oceano che sbatte sui tramonti allora posso anche rimanere ad ascoltarti un altro po’, posso addirittura crederti se mi porti a Barcellona a luglio e ai concerti a cui nessuno dei miei amici vuole accompagnarmi. 
E poi come la metti quando ti va via la voce e non parli più? C’avevi pensato anche a questo? Che a parlare da soli prima o poi ci si stanca e si fa più attenzione a quello che si dice e forse te ne sei accorto che avevi promesso qualcosa che non conoscevi nemmeno tu. Perché andiamo, ma d avvero “per sempre”?, ma davvero “ti giuro che ti amo”?
Io delle persone che parlano tanto non mi sono mai fidata, perché nessuno è mai all’altezza delle sue parole. E se tu avessi detto meno cose di quante ne hai fatte poi, forse riuscirei anche a piangere adesso che ci stiamo perdendo, sfilacciando come i tappeti persiani del salotto. Riuscirei a sentirmi meno male di adesso, meno delusa, meno angosciata. Forse potrei farmene anche una ragione e urlarti che sei un fottuto bastardo  perché se mi amavi, allora, perché, perché, perché?

Vedi che succede a parlare cosi tanto?

Tu sei rimasto senza parole, per una volta, io ho perso anche quelle che avevo da parte e non c’è nient’altro da aggiungere.

 

 

 

868 parole perché fa tutto troppo male e non c’è nient’altro da dire.

 

   
 
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